Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-17, n. 201304619

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-17, n. 201304619
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304619
Data del deposito : 17 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10232/2009 REG.RIC.

N. 04619/2013REG.PROV.COLL.

N. 10232/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10232 del 2009, proposto da:
Luigi Stefani', rappresentato e difeso dall'avv. F L, con domicilio eletto presso Raffaele Bifulco in Roma, via Attilio Friggeri, 96;

contro

Comune di Gallipoli;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 00735/2009, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2013 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati F L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al TAR della Puglia- Sezione di Lecce, l’odierna parte appellante, premesso di aver presentato al Comune di Gallipoli (prov. di Lecce) istanza per la definizione di illeciti edilizi ai sensi del d.l. n. 269/2003 (convertito nella l. n.326/2003), impugnava il provvedimento con il quale il dirigente comunale dell’Area politiche territoriali rigettava la domanda predetta. Tale atto era motivato con l’impossibilità di beneficiare del condono, insistendo l’abuso in zona sottoposta a vincolo paesaggistico preesistente.

A sostegno del ricorso venivano proposti motivi di violazione di legge ed eccesso di potere, riassumibili in sostanza nelle seguenti ragioni:

- difetto di motivazione, in violazione dell’art. 3, in relazione all’art. 10 bis della legge n.241/1990;

- erronea applicazione della normativa risultante dalle norme statali e regionali disciplinanti il condono edilizio del 2003, in relazione alla giurisprudenza costituzionale ed alle disposizioni sul c.d. condono ambientale (art.1,c.37,l. n.308/2004).

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo adito ha ritenuto infondato e quindi respinto il ricorso proposto .

Di qui l’odierno appello proposto contro la decisione, della quale viene chiesta la riforma alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassumibili come segue:

a)- violazione , erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge n.269/2003 e degli artt. 2, comma 1, della l.r. Puglia n.28/2003 e 4 della l.r.Puglia m.19/2004;

b)- violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art.1, legge n.308/2004;
difetto di istruttoria;
vari profili di eccesso di potere (sviamento, contraddittorietà, difetto di motivazione, illogicità, perplessità ed irrazionalità dell’azione amministrativa);

c)- violazione di legge per mancata valutazione dell’art. 167 e dell’art. 182, commi 3 bis e 3 ter, del d.leg.vo n42/2004.

Non si è costituito nel giudizio il Comune di Gallipoli.

Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi e, alla pubblica udienza del 28 maggio 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

La controversia sottoposta alla Sezione verte sulla legittimità di un diniego di condono edilizio , reso ai sensi dell’art.32, comma 25 lett d, del d.l.n.269/2003, a fronte di opere realizzate su immobili vincolati (nella specie oggetto di vincolo paesaggistico) e non conformi alle norme ed alle prescrizioni urbanistiche;
al diniego, reso per le cennate ragioni , è seguito contestualmente l’ordine di demolizione ai sensi dell’art.7, comma 3, della legge n.47/1985, delle opere abusive come individuate nella premessa dell’atto.

In particolare l’appellante avversa l’orientamento accolto dal TAR, nel respingere il ricorso, per il quale la combinazione delle norme citate con la legge n. 47/1985, precluderebbe (in base all’art. 32, comma 27 lett. d della decreto citato) la sanabilità dell’abuso nel caso in cui ricorrano insieme l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima dell’esecuzione delle opere, l’assenza del titolo o la difformità dallo stesso) e la non conformità alle norme ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

La posizione assunta dal primo giudice, peraltro sulla scorta di precedenti giurisprudenziali analoghi, sarebbe erronea in quanto il vincolo di inedificabilità relativa non ostacolerebbe la sanatoria allorquando il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sia stato reso (come nella fattispecie) in senso positivo. Ne deriverebbe l’irrilevanza delle altre due condizioni ostative alla regolarizzazione, poste dalla legge.

2.- L’appello, sostenuto da articolati motivi , è infondato.

Esso investe quattro tematiche sostanziali : la corretta applicazione dell’art. 32 della legge n. 326/2003;
la rilevanza della legislazione regionale pugliese intervenuta in materia, ed in particolare degli artt 2, comma 1, della legge n.28/2003 e 4 delle legge n.19/2004;
l’applicabilità, ai fini della sanatoria, dell’art. 37 della legge n. 308/2004 (il c.d. “condono ambientale”);
la possibilità di fare applicazione degli artt. 167 e 182 del d.leg.vo n.42/2004.

Sono poi stati riproposti profili di eccesso di potere e vizi procedimentali, la cui infondatezza consegue alla corretta applicazione delle norme sopra riportate.

2.1.- Quanto alla prima questione , che costituisce il punto centrale della controversia, la Sezione ha già avuto modo di affermare che “L'art. 32, comma 27, lett. d), l. n. 269 del 2003 è previsione normativa che esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali) “, subordinando peraltro l'esclusione a due condizioni costituite:

a) dal fatto che il vincolo sia stato istituto prima dell'esecuzione delle opere abusive;

b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” (Cons. di Stato, sez.IV, n. 3174/2010).

La Sezione ha anche chiarito che le due condizioni sono previste e possono operare disgiuntamente, determinando la sanatoria dell’abuso in zona soggetta a vincolo relativo, quale quello paesaggistico;
ma nel caso in esame si osserva che il Comune (nel provvedimento impugnato) ha opposto la carenza di entrambe e che entrambe in effetti non si ravvisano, la prima perché è incontestata la preesistenza del vincolo, la seconda perché non sono emersi elementi sulla conformità delle opere alle norme urbanistiche. In sintonia contro la sanabilità delle opere si registrano inoltre i seguenti orientamenti giurisprudenziali:

- “l’art. 32, comma 27, lett. D) del D.L. 269/2003 (convertito in L. 326/2003), il quale, comunque, esclude dalla sanatoria le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli istituiti anche prima dell'esecuzione delle opere ma che non siano conformi alle norme urbanistiche ed alle disposizioni prescritte dagli strumenti urbanistici” (Cons. di Stato, sez. IV, n. 4396/2007);

- “l'art. 32 L. n. 47/1985, quale risulta dalle modificazioni contenute nell'art. 32 comma 43 D.L. n. 269/2003, per le opere costruite su aree sottoposte a vincolo, al comma 3 prevede che, ove non si verifichino le condizioni di cui al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'art. 33 della stessa legge, prevedendo, tale ultima disposizione, fra le opere non suscettibili di sanatoria, quelle in contrasto con i vincoli imposti da leggi statali e regionali, nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse” (Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 4020/2009).

L’applicazione dei cennati limiti specifici alla sanatoria introdotta dalla normativa citata palesa quindi l’infondatezza della tesi appellante (riassunta al punto a.4 dell’atto d’appello) per cui le opere in argomento avrebbero potuto beneficiare di sanatoria per effetto dell’art.26 della legge n. 326/2003, rientrando nei numeri da 1 a 3,nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo, di cui all'articolo 32 della legge citata.

2.2.- Né a conclusione favorevole può pervenirsi esaminando le censure formulate alla stregua della legislazione regionale pugliese. L’art.2, comma 1, della legge n.28/2003 (come modificato dall’art. 4 della legge n. 19/2004) nell’attuare la legge statale n. 326/2003, permette la sanatoria di tutti gli abusi ma con riferimento all’osservanza del requisito generale dell’art. 31 comma 2 della legge n.47/1985, vale a dire della ultimazione delle opere nel termine di legge, che però non è “ex se” sufficiente a configurare la possibilità giuridica del condono, non consentendo quindi il superamento dei rilevati limiti imposti dal comma 27 dell’art. 32 della legge n. 326/2003. Al riguardo, pertanto, si palesa altresì inconferente il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n.196/2004 che ha aperto alla legislazione regionale la possibilità di introdurre il condono con riferimento a tutte le tipologie d’abuso. Ciò infatti non elide in alcun modo la portata dei limiti imposti per gli abusi nelle zone vincolate, sicché in tal senso si rivela corretta anche l’affermazione del TAR per cui la legislazione regionale non si è affatto discostata dalle previsioni nazionali.

- Né la sanatoria è conseguibile, come si afferma nel motivo di cui al punto a.7, in applicazione del meccanismo di cui all’art. 32 della legge n. 47/1985 che, per la sanatoria di opere realizzate su aree sottoposte vincoli di carattere paesaggistico, la preclude solo in caso di parere negativo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo stesso. La legge n. 326/2003, infatti pur collocandosi sull’impianto generale della legge n. 47, norma (col cennato art. 27) in maniera più restrittiva le fattispecie di cui si tratta, poiché con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici) preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria (ex art. 33 l. n.47/85).

- Per la medesima ragione non rilevano i richiamati:

-- parere favorevole (richiamato a p. 26 dell’appello) rilasciato in data 23.01.06 dall’autorità preposta al vincolo;
la carenza della sua previsione da parte del comma 27 dell’art. 32 della legge n.326/2003;
le disposizioni da questo recate precludono infatti che il medesimo possa assumere valenza giuridica ai fini della sanatoria e tanto meno natura “vincolante”;

-- riferimento al comma 43, dell’art.32 della legge n. 326/2003 che, secondo l’appellante, avrebbe introdotto una generale sanabilità nelle aree vincolate, sia pure previo parere dell’autorità preposta al vincolo.

2.3.- L’appello è infondato anche ove sostiene l’applicabilità, ai fini della sanatoria, dell’art. 37 della legge n. 308/2004 (il c.d. “condono ambientale”);
ed invero anche qui il Collegio condivide la tesi accolta dal giudice di prima istanza per cui detto istituto “ comporta dunque la sottrazione del fatto alla disciplina penale ed a quella amministrativa attinenti alla tutela paesistica” lasciando ferma però “la sanzionabilità del fatto sotto il profilo amministrativo…”. Conseguentemente detta normativa è del tutto inidonea a configurare la sostenuta estinzione della sanzionabilità amministrativa dell’abuso edilizio, necessità di parere sulla compatibilità paesaggistica dell’abuso e di espressa motivazione sul punto del provvedimento che esita la domanda.

2.4- Analogo esito negativo va riservato alla possibilità di fare applicazione degli artt. 167 e 182 del d.leg.vo n.42/2004, risultando del tutto irrilevanti ai fini della repressione amministrativa degli abusi classificati di tipologia 1, dall’allegato I della legge n. 326/2003.

2.5.- Non sussiste infine alcuno dei denunciati profili di eccesso di potere, ivi compreso il sostenuto difetto di motivazione;
si tratta infatti di vizi ravvisabili solo in presenza di atti discrezionali, mentre, alla luce delle disposizioni di legge, il contestato diniego di sanatoria riveste natura di atto vincolato, unitamente alla demolizione che ne deriva.

3.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

4.- Nulla si dispone per le spese della presente fase del giudizio tra appellante ed appellato non costituitosi.

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