Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-10-09, n. 201805797
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Testo completo
Pubblicato il 09/10/2018
N. 05797/2018REG.PROV.COLL.
N. 02761/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2761 del 2018, proposto dal Comune di Mirabella Imbaccari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di San Basilio n. 61;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi 12, è ope legis domiciliato;
nei confronti
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi 12, è ope legis domiciliato;
Comune di Modica, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 09856/2017, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso proposto dall'odierna parte appellante avverso il decreto dell’11 ottobre 2016 recante l’applicazione della sanzione di euro 587.100,00 per il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all’anno 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 il Cons. Umberto Maiello e uditi per le parti l’avvocato A B e l'avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame in epigrafe il Comune appellante agisce per l’annullamento della sentenza del TAR Lazio, sezione di Roma, n. 9856 del 20/6/2017, pubblicata in data 20/9/2017, con cui è stato respinto il ricorso proposto avverso il decreto dell’11 ottobre 2016 recante l’applicazione della sanzione di euro 587.100,00 per il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all’anno 2015.
Nel proprio mezzo, con il quale chiedeva altresì la condanna della parte intimata, anche ai sensi dell’art. 34, 1° comma, lett. c), del D.Lgs. n. 104/2010, all’immediata erogazione di quanto illegittimamente trattenuto in sede di minori trasferimenti erariali, il Comune di Mirabella Imbaccari rappresentava, peraltro, di essere in dissesto finanziario giusta deliberazione del Commissario Straordinario con i poteri del Consiglio, n. 5 del 29.6.2015 ai sensi degli artt. 244 e ss. del d. lgs. n. 267/2000.
Il giudice di prime cure, con la sentenza qui appellata, respingeva l’azione impugnatoria, rilevando, in sintesi, la compatibilità della disciplina di settore alla normativa costituzionale e l’inconferenza, ai fini della sua corretta applicazione, dello stato di dissesto in cui versava il Comune appellante.
Avverso la mentovata decisione, con l’appello qui in rilievo, il Comune di Mirabella Imbaccari ha articolato i seguenti motivi di gravame:
1) error in iudicando con riferimento al motivo di ricorso con il quale l’appellante lamentava il mancato coordinamento tra l’art. 31, comma 20, della legge n. 183/2011 e l’art. 227 del T.U.E.L. (D.Lgs. n. 267/2000). Ed, invero, il Comune avrebbe inviato al Ministero competente dati meramente provvisori in quanto, all’epoca dell’accertamento della violazione del patto di stabilità, non aveva ancora approvato il bilancio consuntivo e, peraltro, ad oggi, anche il bilancio stabilmente riequilibrato del Comune di Mirabella Imbaccari non risulta ancora approvato. Segnatamente, ai sensi dell’art. 248, comma 1, TUEL: “a seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all’emanazione del decreto di cui all’art. 261, dovrebbero essere sospesi i termini per la deliberazione del bilancio. In tal senso, sarebbe di conforto il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - n. 18628 del 4.3.2016
2) erronea interpretazione dell’art. 31 comma 20 bis della L. n. 183/2011 anche alla stregua della disciplina in tema di dissesto degli enti locali che consentirebbe un recupero retroattivo dei saldi relativi al patto di stabilità. Ed, invero, il Comune avrebbe recentemente deliberato l’aumento delle aliquote e delle tariffe di base nella misura massima consentita e dovrà adottare l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato da sottoporre all’approvazione del Ministero dell’Interno nella misura massima consentita;
3) erroneità della decisione di prime cure nella parte in cui ha ritenuto non applicabile alla fattispecie qui in rilievo l’art. 248, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000. Ed, invero, contrariamente a quanto ritenuto, non vi sarebbe differenza tra le procedure esecutive a cui fa riferimento il suddetto art. 248 e le sanzioni come quella de qua ;
4) erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha rilevato che “la decorrenza e le modalità di applicazione” della sanzione impugnata in primo grado avrebbero dovuto essere stabilite sulla base dell’art. 13 del D.Lgs. n. 149/2011, secondo le procedure di cui all’art. 27 della legge n. 42/2009, quali garanzia dell’autonomia speciale. Tanto troverebbe conferma nell’accordo recepito con legge 232/2016. D’altro canto la decisione di prime cure sarebbe contraddittoria nella parte in cui, da un lato, predica la non applicabilità dell’articolo 13 e, dall’altro, ne afferma la disapplicabilità;
5) l’appellante ripropone quindi i vizi di illegittimità costituzionale, già denunciati in primo grado, dell’art. 31 (commi 26, lett. a), 20 e 20 bis) della L. n. 183/2011 che risulterebbe incostituzionale per violazione del parametro di ragionevolezza e del principio di uguaglianza. L’irragionevolezza sarebbe nella eccessiva rigidità della legge n. 183/2011, nel suo “deficit di flessibilità” rispetto a situazioni particolari, come il dissesto finanziario, che impongono di tener conto delle specificità del caso concreto.
L’articolo 31 cit. sarebbe altresì incostituzionale:
- in quanto mortificherebbe la competenza legislativa esclusiva della Regione Siciliana in materia di “regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative” nonché di “circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”, come sancita dall’art. 14, lett. o), e dall’art. 15, 3° comma, dello Statuto regionale siciliano, approvato con R.D.L. n. 455/1946 e convertito in legge costituzionale n. 2/1948, incidendo in via tanto unilaterale quanto illegittima anche sull’autonomia finanziaria regionale siciliana (art. 36, 37 e 38 dello Statuto speciale siciliano);
- per violazione dell’art. 43 dello Statuto della Regione Siciliana, ai sensi del quale: “una Commissione paritetica di quattro membri nominati dall’Alto Commissario della Sicilia e dal Governo dello Stato, determinerà (...) le norme per l’attuazione del presente Statuto”.
6) l’appellante ripropone le censure di incostituzionalità dell’articolo dell’art. 13 della L. n. 149/2011 ove interpretato nel senso della impossibilità di applicarlo estensivamente ad una disposizione di contenuto identico ad altra già contenuta nel medesimo decreto.
Resiste in giudizio l’Amministrazione appellata che ha concluso per il rigetto dell’appello.
All’udienza del 20.9.2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
Un primo gruppo di doglianze muove dalla pretesa insussistenza dei presupposti di applicazione della fattispecie sanzionatoria qui in rilievo a cagione del diverso risultato esegetico cui condurrebbe una lettura sistemica dell’articolo 31, comma 20, della legge n. 183/2011 con le disposizioni di cui al testo unico sugli enti locali (e segnatamente artt. 227 e 248 del d. lgs 267/2000); ciò anche in considerazione dello stato di dissesto in cui il Comune appellante già versava, giusta deliberazione del Commissario Straordinario n. 5 del 29.6.2015, al momento dell’adozione dell’avversato decreto ministeriale, assunto in data 11.10.2016.
Sul punto, vale premettere che la salvaguardia degli equilibri di bilancio ha assunto nel corso degli ultimi anni un rilievo sempre più stringente anche a cagione dei vincoli rinvenienti dal processo di integrazione europea. Da qui l’introduzione a livello di legislazione statale di sempre più stringenti condizionamenti imposti, nei saldi, alle politiche di bilancio degli Enti locali siccome volti a salvaguardare l’equilibrio unitario della finanza pubblica, a sua volta condizionata anche da obblighi comunitari (Patto di stabilità e di crescita europeo).
In tale ottica, per l’annualità in argomento, la disciplina di settore ha, anzitutto, previsto le modalità attraverso le quali lo Stato procede alla verifica del rispetto del pareggio di bilancio, facendo carico agli Enti obbligati di trasmettere un’apposita certificazione entro un preciso termine espressamente qualificato come perentorio.
Segnatamente, per l’esercizio qui in rilievo, risulta dettata una disciplina speciale (oggettivo di modifiche per i successivi anni di esercizio) rappresentata, per quanto di più diretto interesse, dall’articolo 31 comma 20 della legge 183/2011 a mente del quale “ ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ciascuno degli enti di cui al comma 1 è tenuto a inviare, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito web