Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-06, n. 202102771
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Testo completo
Pubblicato il 06/04/2021
N. 02771/2021REG.PROV.COLL.
N. 01239/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1239 del 2013, proposto dalla signora IC AL, rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio Neri, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Cristina Speranza in Roma, via Cipro, n. 77,
contro
il Comune di Campomarino, in persona del Sindaco in carica pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato Margherita Zezza, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Michele Lioi in Roma, piazza della Libertà, n. 20,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Molise, n. 237 del 14 giugno 2012, resa inter partes , concernente una domanda di risarcimento del danno per esclusione da una procedura concorsuale illegittima.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Campomarino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70) il consigliere Giovanni Sabbato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n. 167 del 2005, proposto innanzi al T.a.r. per il Molise, la signora IC AL aveva chiesto quanto segue:
a ) la declaratoria del suo diritto al risarcimento del danno ingiusto subito a causa del colpevole comportamento del Comune di Campomarino;
b ) la conseguente condanna del Comune medesimo a corrispondere a tale titolo la somma accertata in corso di causa, eventualmente a seguito di apposita c.t.u., con interessi e rivalutazione monetaria, dal maturato al saldo effettivo.
2. A sostegno della pretesa aveva dedotto che l’Amministrazione avrebbe assunto un comportamento colpevolmente lesivo per avere reiterato per ben due volte la graduatoria del concorso pubblico per tre posti di applicato di segreteria dopo che il T.a.r. provvedeva al suo annullamento, accogliendo i relativi ricorsi, per la mancata valutazione del suo titolo di maturità scientifica.
3. Costituitasi l’Amministrazione comunale resistendo, il Tribunale amministrativo ha così deciso il gravame al suo esame:
- ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);
- ha dichiarato il ricorso inammissibile “ per l’inutile decorso del termine del 15 settembre 2000, imposto dalla normativa di cui all’art. 45 comma 17 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 e, successivamente, dall’art. 69 comma settimo del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 ”;
- ha compensato le spese di lite.
4. Avverso tale pronuncia la signora AL ha interposto appello, notificato il 31 gennaio 2013 e depositato il 21 febbraio 2013, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 4-7), quanto di seguito sintetizzato:
I) la sentenza sarebbe erronea perché il T.a.r. non ha considerato che, alla data del 15 settembre 2000, non aveva ancora acquisito il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni essendo questo sorto solo in data 21 maggio 2001 con il passaggio in giudicato della sentenza n. 80/2000 di annullamento della sua esclusione dal concorso e dalla graduatoria concorsuale;
II) nemmeno il T.a.r. si sarebbe avveduto che ha finito per dichiarare “ decaduto ” un diritto (al risarcimento dei danni) che, all’epoca della entrata in vigore delle norme di cui al d. lgs. n. 80/98, non era ancora sorto;
III) si ripropone pertanto, nell’auspicata rimozione della contestata statuizione in rito, la domanda di risarcimento del danno, consistente sia nella perdita della retribuzione che nel danno morale e nella perdita di chance .
5. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno nella misura da stabilirsi anche eventualmente a mezzo CTU.
6. In data 30 luglio 2013, il Comune di Campomarino si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.
7. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti hanno svolto difese scritte, l’appellante anche in replica, insistendo per le rispettive conclusioni. In particolare, l’appellato ha rimarcato la possibilità di esercitare l’azione risarcitoria ancor prima del passaggio in giudicato della sentenza annullatoria, peraltro rispetto ad un danno occorso prima della data fatidica del 30 giugno 1998, mentre l’appellante ha a sua volta evidenziato l’impossibilità di esercitare il proprio diritto prima del passaggio in giudicato della ridetta sentenza.
8. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 16 febbraio 2021, è stata ivi trattenuta in decisione.
9. L’appello è infondato.
9.1 Con i primi due motivi del gravame in esame, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, si avversa la statuizione in rito recata dall’impugnata sentenza, con la quale il T.a.r. ha dichiarato il ricorso inammissibile per la violazione del termine decadenziale di cui all’art. 45 comma 17, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (confermato dall’art. 69, settimo comma del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165) il quale, nel disciplinare il transito della materia del pubblico impiego dalla giurisdizione amministrativa a quella ordinaria, statuisce quanto segue: “ Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000 ”. Il ricorso introduttivo della lite, infatti, è stato notificato soltanto in data 5 aprile 2005 e, osserva il Collegio di prime cure, trattandosi di un “ termine di decadenza del diritto di azione e di proponibilità della domanda giudiziale ”, una volta scaduto, la domanda non può essere più proposta né davanti al giudice amministrativo né innanzi al giudice ordinario.
9.2 Osserva l’appellante, al riguardo, che la sentenza n. 80/2000 di annullamento dell’esclusione della ricorrente dal concorso e dalla graduatoria concorsuale è stata pronunciata in data 6 aprile 2000 ed è passata in cosa giudicata - in assenza di impugnazione e di notifica - in data 21 maggio 2001 ai sensi degli artt. 28 legge 1034/71 e 327 c.p.c. all’epoca vigenti. Ne consegue, a suo parere, che alla data del 15 settembre 2000, prevista dalla disciplina dianzi menzionata, non aveva ancora acquisito il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni, diritto che sarebbe sorto, invece, solo in data 21 maggio 2001 con il passaggio in giudicato della richiamata sentenza n. 80/2000. L’appellante richiama, a conforto della sua tesi, la pronuncia dell’Adunanza plenaria (n. 2/2006) secondo cui solo il passaggio in giudicato di una tale sentenza di annullamento fa sorgere in capo all’interessato il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni. L’appellante evidenzia che, ad opinare in senso conforme alle statuizioni del T.a.r., verrebbe paradossalmente dichiarato decaduto un diritto, nel caso di specie risarcitorio, non ancora sorto e che tali argomentazioni erano state articolate con apposita memoria di replica trascurata dal T.a.r. tanto da nemmeno prenderla in considerazione in sede motivazionale.
9.3 Premesso che tale pretesa mancanza della sentenza non è in grado di inficiare ex se le statuizioni del giudice di prime cure, non avendo altra conseguenza se non quella di dover provvedere in questa sede alla disamina delle argomentazioni difensive non oggetto di specifica statuizione della sentenza impugnata, la questione sollevata dall’appellante richiede una breve illustrazione del più ampio tema nel quale essa si colloca, che è quello che attiene al riparto tra giurisdizione ordinaria e amministrativa nell’evoluzione normativa.
9.4 Il trasferimento della materia del pubblico impiego, ad eccezione delle categorie cosiddette eccettuate, dal giudice amministrativo al giudice ordinario ha rappresentato un momento epocale nel lungo percorso compiuto dal legislatore alla ricerca del giusto equilibrio tra le due giurisdizioni, soprattutto a fronte della progressiva implementazione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; invero il legislatore ordinario, nel biennio 1998-2000, con l’attribuzione al giudice amministrativo di un sindacato esteso anche ai diritti soggettivi nell’ambito dei servizi pubblici, dell’urbanistica e dell’edilizia, aveva indotto all’elaborazione di un sistema di riparto della giurisdizione tra G.O. e G.A. fondato sui “ blocchi di materie ” almeno fino alla sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, che, nel dichiarare la parziale illegittimità costituzionale degli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80/1998, ha ribadito il ruolo primario del criterio di riparto fondato sulla consistenza delle posizioni giuridiche azionate in giudizio, individuando l’esistenza di determinati limiti costituzionali alla discrezionalità del legislatore nell’individuazione delle materie oggetto di giurisdizione esclusiva.
Ma il complesso processo di privatizzazione del pubblico impiego, innescato