Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-06-04, n. 201303083
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N. 03083/2013REG.PROV.COLL.
N. 00553/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 553 del 2013, proposto dal
Comune di Bari, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A V, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. R C in Roma, via Bertoloani n. 37, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
V L, rappresentato e difeso dall’avv. R G R, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
nei confronti di
Gaetano Remine, non costituito in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Regione Puglia, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso la delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini n. 6, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione terza, n. 1927 del 15 novembre 2012, redatta in forma semplificata.;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vistio l'atto di costituzione in giudizio di V L e l’intervento della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2013 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati Chiara Lonero Baldassarra (su delega di A V), R G R e Giampaolo Sechi (su delega di Anna Bucci);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 553 del 2013, il Comune di Bari propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione terza, n. 1927 del 15 novembre 2012 con la quale è stato deciso il ricorso proposto da V L Regione Puglia per l'ottemperanza alla sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, n. 2185/2008 in materia di ritipizzazione di aree.
Dinanzi al giudice di prime cure, V L ha agito per l’ottemperanza alla sentenza n. 2185/2008 di quel T.A.R., esponendo di essere proprietario di una struttura alberghiera edificata sul suolo sito in Bari identificato al Catasto al fg. 81, particelle 80-81-82, destinato dal PRG del Comune di Bari ad “arenili e coste”;poiché tale destinazione non si conciliava con la ormai completa edificazione dell’area, in data 7 novembre 2006 il ricorrente aveva diffidato l’Amministrazione a concludere il procedimento di ritipizzazione dell’area, assegnando il termine di giorni 60 per adempiere.
A seguito della proposizione del ricorso innanzi al T.A.R. avverso il silenzio del Comune, quest’ultimo aveva depositato una nota attestante l’avvio del procedimento di ritipizzazione, cosicché il primo giudice aveva dichiarato improcedibile il ricorso.
Stante la perdurante successiva inerzia del Comune, la ricorrente aveva radicato un nuovo giudizio, conclusosi con l’ordine all’ente di concludere entro 40 giorni il detto procedimento, contenuto nella sentenza n. 2185/2008.
Il termine per provvedere è stato poi prorogato di due mesi con l’ordinanza n. 210/2009 e, con l’ordinanza n. 110/2009, è stato nominato il primo commissario ad acta;a seguito di rinuncia di quest’ultimo, è stato nominato un nuovo commissario con l’ordinanza n. 257/2009.
Quest’ultimo ha quindi provveduto alla ritipizzazione, attribuendo, con la delibera n. 1/2010, ai suoli in questione la destinazione di “zona di completamento di tipo B3” e demandando al Comune gli ulteriori adempimenti;il Comune ha trasmesso la deliberazione alla Regione perché si pronunciasse sulla stessa, ma, nonostante l’acquisizione della documentazione integrativa richiesta dalla Regione in data 28 ottobre 2011, quest’ultima non si è pronunciata, lasciando spirare il termine di giorni 150 previsto dall’art. 11, comma 8, della L.R. 20/2001 per provvedere sulla variante adottata.
A sostegno del ricorso è stata dedotta la violazione degli artt. 11 e 12 della L.R. 20/2001 in relazione all’art. 16 della L.R. 16/80, l’eccesso di potere per difetto assoluto d’istruttoria e motivazione, l’elusione del giudicato e l’ingiustizia manifesta, in quanto, non essendosi la Regione pronunciata nel termine di 150 giorni previsto dal comma 8 dell’art. 11 della L.R. 20/2001, si era formato il silenzio-assenso previsto dalla norma, di tal che il commissario avrebbe dovuto provvedere all’approvazione definitiva della variante.
Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione al perfezionamento per silenzio assenso della nuova tipizzazione.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, evidenziando l’inapplicabilità della disciplina evocata dal T.A.R..
Nel giudizio di appello, si è costituito V L, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. Si è costituita altresì la Regione Puglia, in funzione adesiva alla posizione processuale del Comune di Bari.
Alla pubblica udienza del 14 maggio 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. - Occorre evidenziare come la Sezione si sia già soffermata sul tema della sovrapposizione delle discipline urbanistiche secondo la legge regionale Puglia n. 20 del 27 luglio 2001, recante “Norme generali di governo e uso del territorio” e sull’ulteriore applicabilità delle disposizioni previgenti. In particolare (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2514 del 9 maggio 2013) si è evidenziata la corretta lettura da fornire al comma 4 dell’art. 20 della legge, laddove, nel dettare le “Norme di prima attuazione” dell’innovativa disciplina urbanistica introdotta dalla medesima legge, precisa: “...Le varianti agli strumenti comunali di pianificazione urbanistica adeguati alla l.r. n. 56/1980 e non conformi alle prescrizioni della presente legge possono essere formate e seguono le disposizioni stabilite dalla vigente legislazione regionale e statale. Esse devono conformarsi al D.R.A.G., ove esistente”.
La Sezione ha evidenziato come il riferimento contenuto nella citata disposizione alla “vigente legislazione regionale e statale” vada inteso come un richiamo alla normativa previgente, e non certo alla medesima legge del 2001, evidenziando come la precedente legge regionale n. 56 del 31 maggio 1980 “Tutela ed uso del territorio” sia ancora del tutto vigente, come sarebbe dimostrato non solo dall’assenza di espresse previsioni abrogatrici nella stessa legge n. 20 del 2001, ma anche dalla legislazione successiva (l.r. 19 luglio 2006, nr. 22).
Per tali ragioni, la norma regionale sopravvenuta deove raccordarsi con le altre contenute negli altri commi del medesimo art. 20 della legge n. 20 del 2001, in modo da delineare un sistema coerente di passaggio dalla vecchia normativa, ancora legata alla tradizionale distinzione tra il P.R.G. e gli strumenti urbanistici attuativi, alla nuova, che configura invece un sistema multilivello che muove dal documento regionale di assetto generale (D.R.A.G.) verso i successivi livelli di pianificazione provinciale (Piano territoriale di coordinamento provinciale – P.T.C.P.) e comunale (Piano urbanistico generale – P.U.G.).
Nella presente fattispecie, si tratta pacificamente di variante a strumento urbanistico adeguato alla già citata legge regionale n. 56 del 1980, per la quale soccorre la diversa prescrizione del comma 4, con la quale il legislatore regionale – oltre alla necessità di rispettare il D.R.A.G., ove esistente – ha introdotto un rinvio dinamico all’intero complesso della legislazione nazionale e regionale già in vigore al momento dell’entrata in vigore della disciplina del 2001.
Pertanto, sulla scorta della ricostruzione appena ricordata, lo strumento utilizzato dal T.A.R. per affermare l’intervenuta approvazione della variante sulla base del silenzio assenso appare inapplicabile, essendo collegato al sopravvenuto sistema disciplinato dalla legge del 2001 e non certo applicabile nel regime della legge del 1980, che è invece qui concretamente applicabile.
Pertanto, fermo rimanendo l’obbligo di concludere il procedimento, vicenda che peraltro può aver luogo anche in maniera non satisfattiva della pretesa del privato (e quindi fatta salva l’eventuale impugnazione dei provvedimenti regionali di mancata approvazione), lo strumento utilizzabile non è certamente quello dell’evocato silenzio assenso, che nella fattispecie de qua non risulta previsto.
3. - L’appello va quindi accolto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.