Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-23, n. 202211265
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Pubblicato il 23/12/2022
N. 11265/2022REG.PROV.COLL.
N. 00055/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 55 del 2022, proposto dall’U.T.G. - Prefettura di Bologna e dal Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
contro
la-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M G e L N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della-OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2022, il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- La società -OMISSIS- si è rivolta al T.A.R. per l’Emilia-Romagna al fine di sentire dichiarare l’illegittimità – e statuire il conseguente annullamento – del provvedimento della Prefettura di Bologna - Ufficio Territoriale di Governo in data 5 ottobre 2020, con il quale è stato disposto il rigetto della sua istanza di iscrizione, quale impresa edile, nelle white list istituite dalla Prefettura di Bologna ai sensi dell’art. 1, commi 52 – 57, l. n. 190/2012 e la contestuale cancellazione della medesima dall’elenco delle imprese richiedenti.
1.1.- In sintesi, la Prefettura bolognese ha desunto l’esistenza di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente dalle relazioni familiari del socio e amministratore unico della stessa, sig. -OMISSIS-, il primo avente presunti legami con la criminalità organizzata e la seconda titolare di altra società (-OMISSIS-) destinataria di interdittiva nel 2013, oltre che dalla coincidenza della sede legale della -OMISSIS- con quelle della -OMISSIS- (riconducibile alla madre) e dell’impresa individuale -OMISSIS- (afferente al padre).
2.- Il T.A.R. ha accolto la domanda attorea sulla scorta dei seguenti rilievi (tralasciandosi la ricognizione di quelli, non contestati dalla parte appellante, aventi rilievo meramente introduttivo e di inquadramento sistematico):
- a carico del padre dell’amministratore unico della società ricorrente, da tempo non più convivente con il figlio e ritenuto dalla Prefettura resistente il dominus della società, “ risultano allo stato attuale dei meri sospetti di appartenenza alla criminalità organizzata, desunti da intercettazioni, sospetti invero ritenuti in sede penale irrilevanti quanto al reato di cui all’art. 416 c.p. giusta archiviazione disposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, e nel 2012 la sottoposizione a misura restrittiva della libertà personale per il reato di estorsione. Risulta altresì in attesa di giudizio per i reati di calunnia, favoreggiamento, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione e truffa ”;
- la sede della società ricorrente presso -OMISSIS-) è poi pacificamente la medesima delle imprese -OMISSIS- e -OMISSIS- rispettivamente riconducibili alla madre ed al padre;
- “ risultano invece totalmente assenti ulteriori elementi indiziari comunemente ritenuti in “subiecta materia” rilevanti al fine di desumere il tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione della società ricorrente, ovvero interessenze economiche, frequentazioni o comunanza di interessi da parte dell’amministratore e socio unico con soggetti pregiudicati ”;
- “ il socio e amministratore unico della società ricorrente, invece, ha costituito la società nell’ottobre 2019 e quantomeno dal novembre 2019 non convive più col padre e non risulta aver precedenti né penali né di polizia di alcun tipo ”;
- “ non ritiene il Collegio che i suindicati elementi siano sufficientemente sintomatici di un pericolo di condizionamento attuale della società ricorrente da parte della criminalità organizzata. Si impone infatti una lettura della normativa interna che non può prescindere dalla rilevanza oltre che costituzionale (art. 41 Cost) comunitaria (artt. 49 e 56 TFUE) e convenzionale (artt. 6 e 13 CEDU) del diritto di libera iniziativa economica, apparendo le interdittive antimafia di cui al d.lgs. n. 159/2011 misure di prevenzione, ma al contempo in chiave CEDU misure “lato sensu” afflittive ovvero pene in senso sostanziale (Corte EDU 8 giugno 1976 Engel e a.c. paesi Bassi;Id sez. I, 10 dicembre 2020 Edizioni del Roma s.c.r.l. c/Italia) invero basate più che su apprezzamenti discrezionali di tipo tecnico sul mero accertamento fattuale da parte del Prefetto di elementi indiziari, nei confronti del quale il sindacato giurisdizionale non appare poter essere soltanto estrinseco bensì pieno ed effettivo, secondo il criterio della “full jurisdiction” ”;
- “ la pendenza del procedimento penale a carico del padre per i pur gravi reati di calunnia, favoreggiamento, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione e truffa, non può di per sé in assenza di ulteriori elementi (quali interessenze economiche e/o frequentazioni con pregiudicati ecc. ) dirsi sintomatica del pericolo attuale e concreto del condizionamento mafioso specie ove, come nella fattispecie, il titolare della società abbia improntato il proprio comportamento al rispetto delle regole di convivenza sociale dell’ordinamento ”.
3.- La sentenza suindicata costituisce l’oggetto dei rilievi critici formulati, con l’appello in esame, dall’Amministrazione appellante e dei quali si darà conto nella parte in diritto della presente decisione.
Si oppone invece all’accoglimento dell’appello l’originaria parte ricorrente, essenzialmente evidenziando che la società -OMISSIS- è stata trasformata nella -OMISSIS-, la quale ha formulato nuova istanza di iscrizione nella cd. white list , cui ha fatto seguito il provvedimento di iscrizione n. -OMISSIS--, e richiamando per il resto i passaggi motivazionali della sentenza appellata.
Con l’ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare della parte appellante, rilevando che “ la sopravvenuta adozione da parte della Prefettura di Bologna del provvedimento prot. n.-OMISSIS-, recante l’iscrizione della società -OMISSIS-, derivante dalla trasformazione della società destinataria dell’impugnato provvedimento interdittivo, negli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa istituiti dalla medesima Prefettura con riferimento ai settori previsti dall’art. 1, comma 53, l. n. 190/2012, sottrae fondamento, in particolare sotto il profilo del periculum in mora, all’istanza cautelare proposta dall’Amministrazione appellante ”.
4.- Prima di procedere all’esame nel merito dell’appello, occorre verificare se la sua ammissibilità/procedibilità possa ritenersi incisa, come dedotto dalla parte appellata, dalla iscrizione nei menzionati elenchi della società -OMISSIS-, derivante dalla trasformazione della società ricorrente, disposta dalla Prefettura di Bologna con la richiamata nota prot. n. -OMISSIS-.
4.1.- Al quesito, ad avviso della Sezione, deve darsi risposta negativa.
4.2.- In primo luogo, la suddetta trasformazione non è suscettibile di determinare alcuna significativa discontinuità – sul piano civilistico e su quello della valutazione antimafia – tra la società ricorrente e quella da essa scaturente, atteso che, come si evince dalla nota prot. n. -OMISSIS- della Prefettura di Bologna, le modifiche apportate riguardano unicamente la ragione sociale (da “-OMISSIS-” a “-OMISSIS-”) e l’assetto societario, caratterizzato dall’ingresso di un nuovo socio nella persona di -OMISSIS-, sorella convivente di -OMISSIS-, socio e amministratore unico della società.
4.3.- Inoltre, come precisato nella nota prefettizia suindicata, il menzionato provvedimento di iscrizione “ deve intendersi come pura ottemperanza al contenuto della sentenza del TAR Emilia – Romagna di annullamento del provvedimento di rigetto di iscrizione nelle c.d. white list provinciale ”, atteso che “ nel comunicare l’iscrizione nelle white list questa Prefettura utilizzava erroneamente le formule di stile normalmente impiegate nelle note indirizzate alle società richiedenti l’iscrizione nei casi di conclusione positiva dell’istruttoria, nelle quali si fa riferimento all’assenza di motivi ostativi al rilascio della documentazione antimafia e all’assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa richiamati agli artt. 84 e 91 del D.Lvo n. 159/20112 ” e che “ la nota in esame (…) a differenza di quanto affermato dalla parte, non deve intendersi emessa a seguito di diversa attività istruttoria ”.
4.4.- Consegue da tali precisazioni, non contestate dalla parte appellata, che, alla luce del rapporto di stretta dipendenza del suddetto provvedimento di iscrizione rispetto all’efficacia conformativa della sentenza appellata, l’Amministrazione appellante conserva il suo interesse alla affermazione della legittimità del provvedimento interdittivo ed alla conseguente riforma della sentenza medesima.
5.- Ciò premesso, l’appello, ad avviso della Sezione, è meritevole di accoglimento.
6.- Sono noti, perché portati gradualmente ad emersione da ampia e consolidata giurisprudenza, i caratteri principali del potere preventivo di cui costituisce espressione il provvedimento interdittivo antimafia, così come i binari lungo i quali deve muoversi il sindacato giurisdizionale amministrativo, inteso a verificare la correttezza dell’uso che l’Amministrazione abbia fatto del potere medesimo.
6.1.- E’ stato in particolare affermato (cfr. la sentenza di questa Sezione n. 1923 del 26 aprile 2017) che la valutazione del rischio di inquinamento mafioso deve essere effettuata sulla base di una considerazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono integrare un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità dell’impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso, sulla base, oltre che della regola causale del “ più probabile che non ”, anche dei dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è appunto quello mafioso), attesa l’estraneità al sistema della prevenzione antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio.
6.2.- In tale ottica – si è affermato - occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali - secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale - sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata: elementi che non vanno tuttavia considerati in modo atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza sintomatica in stretta connessione con gli altri.
6.3.- Secondo il suindicato orientamento giurisprudenziale, da cui non si ravvisa ragione per discostarsi in quanto idoneo a costituire un ragionevole punto di equilibrio tra il diritto di libera iniziativa economica, evidentemente sacrificato dalla misura interdittiva, e l’esigenza di tutelare gli assetti economici, specialmente se coinvolgenti la P.A. e l’interesse pubblico da questa perseguito, dalla contaminazione criminale, gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti penali, o possono finanche essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4693 del 15 settembre 2014), purché sia configurabile una pluralità di “ indizi gravi, precisi e concordanti, oggettivamente riscontrabili, che secondo l’esperienza comune assumono un significato univoco ” (Consiglio di Stato, Sez. IlI, n. 452 del 20 gennaio 2020).
6.4.- Con particolare riguardo alle fattispecie in cui assumono rilievo, ai fini prognostici, le relazioni di natura parentale, si è sottolineato che, affinché le stesse possano assumere significato ai fini interdittivi, occorre che emerga un intreccio di interessi economici e familiari dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2855 del 2 maggio 2019).
La Prefettura, quindi, può dare rilievo ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, laddove tali rapporti, per la loro natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, in virtù della logica del “ più probabile che non ”, che le decisioni inerenti alla sua gestione possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia mediante il contatto col congiunto.
6.5.- Si è infatti affermato che nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “ influenza reciproca ” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza: una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia', sicché in una ‘famiglia' mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione mafiosa.
7.- Venendo all’oggetto del giudizio, deve in primo luogo osservarsi che i principi surrichiamati non sono stati trascurati, quantomeno nella enunciazione dei presupposti normativi e sistematici della decisione, da parte del giudice di primo grado, che ne ha anzi fatto sintetico ma esaustivo richiamo nelle premesse della medesima: ciò che invece non può condividersi sono le ricadute che esso ha ritenuto di trarne ai fini del concreto inquadramento della fattispecie esaminata e della finale decisione della controversia, alla luce delle specifiche connotazioni fattuali assunte dalla prima.
7.1.- Il Collegio è consapevole del fatto che, in subiecta materia , il nucleo del sindacato giurisdizionale non riposa tanto nella ricognizione, operata alla stregua della copiosa giurisprudenza che si è occupata dell’argomento, dei principi fondanti l’esercizio secundum legem del potere preventivo e dei criteri ai quali il giudice amministrativo deve ispirare la sua attività di controllo di legittimità del provvedimento sottoposto alla sua attenzione, ma nella attenta verifica che, nella fattispecie concreta e pur sullo sfondo della innegabile discrezionalità che caratterizza l’azione amministrativa di matrice preventiva, sia stata fatta corretta e coerente applicazione di quei principi, nel rispetto della loro ratio di fondo.
7.2.- Non può negarsi, invero, che l’estrema variabilità delle fattispecie esaminate, riflesso a sua volta delle molteplici forme in cui si manifesta il fenomeno mafioso ed esigente un attento sforzo – prima dell’Amministrazione, quindi del giudice - inteso a discernere le ipotesi di vero e proprio condizionamento mafioso da quelle in cui esso non è suffragato da concreti elementi probatori, nemmeno di tipo latamente presuntivo, impone all’Amministrazione – e, in sede contenziosa, al giudice, nell’esercizio del suo sindacato di legittimità – di individuare di volta in volta, e sulla base di una attività di bilanciamento e ponderazione sempre diversa nelle modalità del suo svolgimento, il punto di equilibrio tra le esigenze contrapposte che vengono in rilievo ogniqualvolta si tratti di determinare la sostanziale incapacità giuridica dell’impresa interdicenda, cui come è noto, per effetto del provvedimento interdittivo e per un periodo di tempo non determinabile nella sua durata, viene precluso l’esercizio dell’attività economica che ne costituisce la ragion d’essere, in vista della tutela di un interesse altrettanto meritevole di considerazione, come quello proteso alla salvaguardia del mercato e dei rapporti contrattuali coinvolgenti la P.A. dall’ingerenza inquinante della criminalità organizzata.
7.3.- Tuttavia, pur nella frammentarietà che contraddistingue l’esperienza giuridica, a tenere insieme le tessere di un mosaico interpretativo estremamente complesso, a garanzia anche delle esigenze di certezza del diritto e di prevedibilità dei criteri decisori cui il giudice adito deve ispirare la soluzione del caso ad esso di volta in volta sottoposto, ed a garantire il collegamento tra l’ acquis ermeneutico frutto della citata stratificazione giurisprudenziale maturata in materia e le specifiche peculiarità della fattispecie esaminata, sono – e non possono non essere - i principi generali che alimentano il sindacato giurisdizionale degli atti espressivi della discrezionalità della P.A., i quali ne limitano - nelle modalità, ma non necessariamente nella profondità del conseguente controllo di legittimità - la capacità di penetrazione alla verifica della adeguatezza istruttoria, della logicità dello sviluppo argomentativo, della ragionevole consequenzialità delle conclusioni rispetto alle premesse, quali si evincono non solo dalla motivazione del provvedimento interdittivo, ma anche dal relativo procedimento formativo e dal materiale istruttorio in esso acquisito.
8.- Fatte queste considerazioni preliminari, l’attenzione del Collegio può senz’altro spostarsi sull’analisi del provvedimento impugnato, onde valutare, alla luce dei motivi di appello, l’effettiva sussistenza dei vizi di illegittimità da cui il T.A.R. ha fatto discendere la relativa statuizione caducante.
9.- Deve premettersi che i presupposti della prognosi infiltrativa sono così enucleabili dalla relativa motivazione:
- la madre convivente (-OMISSIS-) del socio ed amministratore unico della società interdetta, -OMISSIS-, ha ricoperto la carica di amministratrice unica della società-OMISSIS- in liquidazione e, in tale qualità, è stata destinataria di un provvedimento interdittivo adottato in data 21 maggio 2013 dalla Prefettura di Campobasso;
- la medesima è stata anche amministratrice unica della società “-OMISSIS-” e, sempre in tale qualità, è stata destinataria del provvedimento interdittivo adottato in data 27 marzo 2013 dalla Prefettura di Caserta;
- la sede legale della società interdetta coincide con quella della società -OMISSIS- in liquidazione, il cui capitale sociale è interamente detenuto dalla medesima -OMISSIS-, che ne è stata amministratrice unica e ne è ora la liquidatrice, oltre che con quella dell’impresa individuale -OMISSIS-, riconducibile a -OMISSIS-, padre di -OMISSIS-;
- -OMISSIS- – si ripete, padre di -OMISSIS- e marito di -OMISSIS- - è stato coinvolto nel procedimento penale n. -OMISSIS-di Napoli, dal quale sono emersi “ significativi rapporti intrattenuti dal predetto con soggetti appartenenti e/o contigui alla criminalità organizzata di stampo camorristico, con i quali condivideva la realizzazione di operazioni illecite dalle quali trarre un profitto personale per sé stesso e per le attività economiche a lui riconducibili, nonché la circostanza che lo stesso fosse il reale dominus e amministratore di fatto delle imprese formalmente amministrate dalla moglie ”;
- il medesimo -OMISSIS- è indagato anche nel p.p. n. -OMISSIS- presso la DDA di Bologna per i reati di cui agli artt. 110, 629, comma 2, c.p. e 7 l. n. 203/1991: nell’ambito di tale procedimento il suddetto è stato tratto in arresto in data 6 novembre 2012 e successivamente scarcerato a seguito della concessione della misura degli arresti domiciliari;
- nell’ambito del medesimo procedimento penale, il GIP ha emesso in data 25 gennaio 2013 decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto le quote nominali di proprietà di -OMISSIS- della -OMISSIS-;
- per i suddetti reati risulta fissata udienza per il giorno 22 ottobre 2020 (nell’atto di appello si fa riferimento alla nuova udienza fissata per il giorno 16 settembre 2021);
- nella informativa interdittiva del 27 marzo 2013, emessa dalla Prefettura di Caserta nei confronti della -OMISSIS-, si legge che -OMISSIS- “ risulta altresì condannato per favoreggiamento personale e falsa dichiarazione sulla propria identità al fine di favorire un elemento di spicco di un clan camorristico locale ”;
- dalla informativa interdittiva del 21 maggio 2013 emessa dalla Prefettura di Campobasso nei confronti della -OMISSIS- risulta che -OMISSIS- è stato indagato nell’ambito del p.p. n. -OMISSIS- presso la DDA di Napoli per il delitto di cui all’art. 416 c.p. con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 1, d.l. n. 152/1991, nonché di cui all’art. 416 bis c.p., in quanto, quale componente di una struttura criminale dedita ad attività di riciclaggio dei profitti illeciti provenienti da associazioni mafiose nonché al recupero crediti realizzato anche mediante il ricorso a minacce e violenze perpetrate con metodo mafioso, forniva un contributo esterno rilevante all’organizzazione camorristica facente capo a R.S., agendo il suddetto “ quale stabile referente della struttura per le operazioni compiute nell’interesse dell’organizzazione criminale denominata dei casalesi ”;
- dalla medesima interdittiva risulta che, con ordinanza del GIP di Napoli n. -OMISSIS- in data 1° settembre 2011, è stata accolta la richiesta di misura restrittiva del P.M. per il solo reato di cui all’art. 416, comma 2, c.p. con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 1, d.l. n. 152/1991, e che il provvedimento cautelare è stato annullato dal Tribunale del Riesame con ordinanza n. 7041/2010 in data 11 ottobre 2011, con la motivazione che se è dimostrato “ un rapporto intercorrente con il -OMISSIS-, dal quale l’indagato intende trarre il proprio tornaconto ” ed è “ evidente che il -OMISSIS- condivida con il -OMISSIS- la realizzazione di operazioni verosimilmente illecite ”, “ ciò non presuppone necessariamente che il -OMISSIS- partecipi, con la necessaria affectio societatis, alla dinamica associazione che il -OMISSIS- aveva concepito e promosso ”;
- sempre dalla stessa interdittiva risulta che, come si legge nell’ordinanza cautelare n. -OMISSIS- e nella stessa ordinanza di riesame n. -OMISSIS-, sono state intercettate plurime conversazioni telefoniche ed ambientali dalle quali emerge la realizzazione di operazioni illecite attuate da -OMISSIS- anche per il tramite della società -OMISSIS- S.r.l., il cui legale rappresentante è -OMISSIS-, moglie del suddetto.
10.- Ciò premesso, ritiene la Sezione che la prognosi di condizionamento criminale della società interdetta, formulata dalla Prefettura di Bologna sulla base dell’ampio ed articolato quadro indiziario innanzi illustrato, oltre a rispondere ad una oggettiva ricostruzione dei dati fattuali rilevanti, con particolare riguardo a quelli desunti dai precedenti provvedimenti interdittivi e dai richiamati provvedimenti dell’A.G. penale, concorra alla configurazione di un pericolo di ingerenza della criminalità organizzata nella gestione dell’impresa appellata connotato da un sufficiente grado di attendibilità logico-deduttiva, il quale lo rende immune, nella logica probatoria tipica del potere preventivo, dai vizi di illogicità e/o travisamento alla cui ricerca deve essere prioritariamente diretto, come si è detto, il sollecitato sindacato giurisdizionale.
10.1.- Iniziando dalla posizione del -OMISSIS- – dalla quale si irradia, in via principale, il pericolo di condizionamento che ha investito, prima ancora dell’organismo imprenditoriale facente capo a -OMISSIS- (cfr. il provvedimento interdittivo oggetto del presente giudizio), le società -OMISSIS- e -OMISSIS-, aventi quale amministratrice unica la sig.ra -OMISSIS-, coniuge del -OMISSIS- (cfr. le richiamate interdittive emesse dalle Prefetture di Caserta e Campobasso rispettivamente in data 27 marzo e 21 maggio 2013) – occorre osservare che la contiguità del medesimo alla criminalità organizzata è stata desunta dalla Prefettura di Bologna, con un grado di concretezza probatoria compatibile con la natura preventiva del potere de quo , dal coinvolgimento del suddetto in diverse indagini penali, tra le quali spicca quella per il reato di cui agli artt. 110, 629, comma 2, c.p. e 7 l. n. 203/1991, oggetto del p.p. n. -OMISSIS- presso la DDA di Bologna (la cui consistenza indiziaria è attestata dalla sottoposizione dell’indagato alla misura restrittiva prima carceraria, poi domiciliare), per il quale il suddetto si trova allo stato sottoposto a giudizio, nonché quella per il reato di cui all’art. 416 c.p. con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 1, d.l. n. 152/1991, oggetto del procedimento penale n. -OMISSIS-di Napoli.
10.2.- Con particolare riguardo a tale ultima vicenda, la sua rilevanza ai fini indiziari – da apprezzare non isolatamente, ma congiuntamente agli altri elementi posti in evidenza dall’Amministrazione e dianzi richiamati – non è elisa dalla intervenuta archiviazione del relativo procedimento penale, non essendo dimostrato che la stessa, piuttosto che scaturire dal radicale sovvertimento, in fatto e/o in diritto, dell’iniziale ipotesi accusatoria e degli elementi sui quali si fondava (ampiamente richiamati dal provvedimento interdittivo), non sia invece derivata da valutazioni proprie della sfera penalistica, ancorate e condizionate dal dominio di principi (tra i quali, in primo luogo, quello di tipicità del fatto-reato) che non si conciliano con l’atipicità propria della fattispecie sulla quale si fonda l’esercizio del potere preventivo: atipicità la quale consente di abbracciare tutte le forme di contiguità dell’imprenditore (diretta o indiretta, di adesione o mera sudditanza) agli apparati criminali, comprese quelle che sfuggono, per i motivi indicati, alla repressione penale.
10.3.- Ugualmente sorretta da un significativo sostrato indiziario è la propensione del -OMISSIS-, non solo a condizionare la gestione di altri nuclei imprenditoriali, avvalendosi della formale titolarità degli stessi in capo ai familiari (si vedano le vicende che hanno riguardato le società amministrate dalla moglie del medesimo, sig.ra -OMISSIS-), ma anche ad asservirle all’esecuzione di illecite finalità, come risulta, tra l’altro, dal decreto del 25 gennaio 2013, con il quale il GIP presso il Tribunale di Bologna, nell’ambito del p.p. n. -OMISSIS- R.G.N.R., ha sottoposto a sequestro preventivo le quote sociali della -OMISSIS-, formalmente intestate alla amministratrice -OMISSIS-.
10.4.- Quanto invece al pericolo di influenza della criminalità organizzata, per il tramite del -OMISSIS-, nelle scelte imprenditoriali della società appellata, lo stesso trova sostegno, prima ancora che nel rapporto familiare tra il primo e l’amministratore unico della seconda, nel modus agendi già sperimentato dal -OMISSIS- nei confronti delle aziende imputabili formalmente alla moglie, tipico di un sistema relazionale in cui i rapporti familiari vengono utilizzati e strumentalizzati per ampliare il perimetro operativo dell’imprenditore contiguo e/o colluso oltre i limiti, soggettivi ed oggettivi, dell’impresa di cui è formalmente titolare, anche al fine di eludere i controlli cui questa è soggetta in ragione del già acclarato spessore criminale del suo intestatario.
10.5.- In secondo luogo, concorrono nella medesima direzione gli elementi di cointeressenza economica tra la società interdetta ed il -OMISSIS-, cui forniscono sostegno la coincidenza della sede legale della prima con la ditta individuale La Rinascita di -OMISSIS- e l’affinità dell’oggetto delle relative attività imprenditoriali.
10.6.- Peraltro, anche ammesso che possa valorizzarsi, in chiave liberatoria, il fatto che l’amministratore della società interdetta ed il padre -OMISSIS- non abbiano più la stessa residenza (ciò che, peraltro, non è sostenibile con riferimento alla data di costituzione della società interdetta), non può trascurarsi, nella diversa e prevalente prospettiva interdittiva, che permangono (anche in ragione del rapporto di convivenza) i legami di frequentazione tra -OMISSIS- e la madre -OMISSIS-: situazione che costituisce, da un punto di vista indiziario, il naturale preludio del ripetersi dei tentativi di ingerenza del -OMISSIS-, per il tramite della moglie (che ha già dimostrato di tollerare siffatta ingerenza, tanto da essere interessata da misure interdittive quale amministratrice delle società -OMISSIS- e -OMISSIS-), nei confronti della società formalmente imputabile al figlio.
10.7.- Infine, non può sottacersi che il quadro indiziario sotteso al provvedimento interdittivo impugnato riceve ulteriore rinforzo dalla giovane età dell’amministratore unico della società interdetta alla data della costituzione della stessa (avendo egli all’epoca appena 23 anni) e dalla coincidenza dell’oggetto dell’iniziativa imprenditoriale con quello delle attività svolte, per il tramite delle imprese di cui sono formalmente intestatari, il medesimo -OMISSIS- e la moglie -OMISSIS-: tutti elementi, quelli appena menzionati, che non possono non determinare l’esposizione del legale rappresentante della società interdetta all’influenza dei genitori nella relativa gestione imprenditoriale e, per il tramite di essi, all’ingerenza della criminalità organizzata.
11.- L’appello, in conclusione, deve essere accolto e conseguentemente respinto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
12.- La complessità dell’oggetto della controversia e l’esito difforme dei due gradi di giudizio giustificano la compensazione delle spese del primo e del secondo grado.