Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-11-28, n. 202210448
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Pubblicato il 28/11/2022
N. 10448/2022REG.PROV.COLL.
N. 04100/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4100 del 2015, proposto da
Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
contro
S S, rappresentata e difesa dall'avvocato S D P, con domicilio eletto presso lo studio Avvocati Associati Regus in Roma, piazza del Popolo n. 18;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) n. 00573/2014, resa tra le parti, concernente revoca contributo concesso nell'ambito del POR Molise per acquisto animali riproduttori.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di S S;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 573/2014 del 24-10-2014 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise accoglieva il ricorso proposto dalla signora S S, inteso ad ottenere l’annullamento della determinazione del Direttore generale della Regione Molise, Direzione generale III, n. 445 del 21-12-2009, con la quale era stata disposta la decadenza dai benefici di cui alla Misura 4.9 “ Acquisto di Riproduttori ” e la revoca della determinazione dirigenziale di concessione del contributo del 14-12-2006.
La prefata sentenza esponeva in fatto quanto segue.
“ Con bando pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise (n. 21 del 4 giugno 2005), il Presidente della Regione in attuazione della delibera di giunta n. 285 del 24 marzo 2005 recante le modalità per la concessione delle agevolazioni previste, tra le altre, dalla misura 4.9 sugli investimenti nelle aziende agricole, ha indetto una procedura per la presentazione delle domande di assegnazione di finanziamenti specificamente rivolti all’acquisto di riproduttori.
Ai sensi del paragrafo 3 del bando, alla procedura potevano partecipare “aziende agricole singole e associate iscritte nei registri della Camera di Commercio Industria e Artigianato e in possesso di partita IVA che hanno allevamenti”;il par. 6.2 secondo trattino del bando escludeva dal finanziamento le imprese agricole che non rispettassero “i requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali”e precisava che le imprese agricole dovessero essere iscritte alla C.C.I.A.A. e fossero dotate di contabilità fiscale (par. 6.1 del bando).
In data 2 agosto 2005 la sig.ra S S proponeva domanda di partecipazione alla selezione, dichiarando la propria qualifica di imprenditore agricolo professionale e chiedendo pertanto, di essere ammessa al finanziamento per l’acquisto di animali riproduttori.
Con determinazione n. 24/2006 pubblicata sul BURM del 16 febbraio 2006, veniva approvata la graduatoria delle istanze ammissibili, tra cui figurava anche quella proposta dalla sig.ra S. Pertanto con determinazione dirigenziale del 14 dicembre 2006, veniva approvata la domanda di finanziamento per l’importo complessivo di euro 14.300,00 di cui 7.150,00 a carico della Regione finanziatrice.
Con nota del 12 marzo 2007 ricevuta dall’assessorato competente in data 15 marzo 2007, la sig.ra S comunicava di aver acquistato i riproduttori e chiedeva quindi la liquidazione del contributo pubblico sopra indicato.
Con nota interna dell’8 giugno 2007 n. 16286, l’assessorato regionale che aveva ricevuto la richiesta di liquidazione del contributo, chiedeva ai responsabili dei settori regionali competenti, tra l’altro, di verificare presso l’INPS la regolarità della posizione previdenziale della sig.ra S.
Con nota del 6 agosto 2007 n. 4423, l’INPS trasmetteva un elenco nel quale erano riportate le situazioni contributive dei soggetti per i quali era stata effettuata la richiesta verifica tra i quali figurava anche la sig.ra S, la quale, tuttavia, non risultava iscritta negli elenchi della gestione INPS.
Con nota n. 27885 del 16 settembre 2008 la Regione Molise comunicava, quindi, alla sig.ra S l’avvio del procedimento di “revoca della concessione dell’aiuto e archiviazione della domanda presentata” per la seguente motivazione “mancata iscrizione alla gestione previdenziale e assistenziale per l’agricoltura, condizione per essere imprenditore professionale e di accesso al bando”.
Infine con determinazione del direttore generale della Regione Molise n. 445 del 21 dicembre 2009, notificata il 23 dicembre 2009, la sig.ra S veniva dichiarata “decaduta dai benefici di cui alla misura 4.9 - acquisto riproduttori” e, per l’effetto, veniva revocata la determinazione dirigenziale del 14 dicembre 2006 con la quale era stata ammessa a beneficiare del contributo.
Avverso tale determinazione la sig.ra S ha proposto ricorso ritualmente notificato il 25 febbraio 2010, affidato ad un unico articolato motivo di ricorso così rubricato: violazione della legge n. 241/1990 e ss.mm.;violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 99/2004;violazione e falsa applicazione della delibera di giunta della Regione Molise n. 285/2005;eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, illogicità, sviamento dall’interesse pubblico, disparità di trattamento, difetto di motivazione, manifesta ingiustizia, violazione dei principi di ragionevolezza e trasparenza. Violazione dei principi di correttezza e buona fede eccesso di potere per carenza di motivazione.
Con memoria depositata in data 1° luglio 2010 si è costituita in giudizio l’Amministrazione regionale, chiedendo il rigetto del ricorso. ”.
Il giudice di primo grado, dopo aver affermato la giurisdizione del giudice amministrativo a decidere la controversia, riteneva la fondatezza del ricorso, evidenziando, in sintesi, che:
-il bando subordinava l’erogazione del finanziamento alla sussistenza della qualifica di imprenditore agricolo professionale, senza tuttavia prevedere che questi dovesse essere anche iscritto alla gestione previdenziale dell’INPS;
-dalle disposizioni contenute nell’articolo 1 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (commi 1, 2 e 5 bis) non risulta che la qualifica di imprenditore agricolo presupponga l’iscrizione negli elenchi dell’INPS, sussistendo solo un generalizzato obbligo di iscrizione alla gestione previdenziale, che non è costitutivo della suddetta qualifica, la quale si fonda su requisiti di carattere fattuale, che richiedono l’accertamento in concreto dell’attività svolta;
-tale conclusione troverebbe conferma nelle stesse linee guida con cui la Regione Molise ha disciplinato le modalità di accertamento della qualifica di imprenditore agricolo ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del d.lgs. n. 99/2004;
-la legittimità del disposto provvedimento di revoca non poteva, inoltre, fondarsi sulla circostanza che il privato aveva violato l’obbligo, stabilito dal bando di gara, di mantenimento degli animali acquistati nei tre anni successivi alla domanda di sostegno, in quanto tale circostanza non era menzionata nell’atto impugnato ed era stata addotta dall’amministrazione solo in sede giudiziale, in una memoria difensiva, senza che sul punto vi fosse stato alcun contraddittorio procedimentale.
Avverso la sentenza del Tribunale amministrativo Regionale la Regione Molise ha proposto appello, deducendo l’erroneità della stessa sotto plurimi profili e chiedendone l’integrale riforma, con la conseguente reiezione del ricorso di primo grado.
La signora S si è costituita in giudizio, deducendo, con articolata prospettazione, l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 2607/2015 dell’11-6-2015, la Sezione ha respinto la domanda cautelare proposta dalla Regione.
A seguito di ordinanza presidenziale istruttoria n. 1636/2022 del 30-8-2022, la Regione Molise ha manifestato il proprio permanente interesse alla decisione dell’appello, dichiarando altresì l’insussistenza di connessioni con altri giudizi pendenti in sede di giustizia amministrativa.
La signora S ha depositato nota spese e, in data 20-10- 2022, memoria difensiva in vista dell’udienza di discussione, insistendo per il rigetto dell’appello e per la condanna della Regione alle spese di giudizio, anche ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del c.p.a.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 24-11-2022.
DIRITTO
L’appello non è meritevole di accoglimento.
E tanto per le ragioni che di seguito si svolgono.
Con una prima doglianza la Regione Molise censura la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale in quanto la sua portata vincolante “ verrebbe a ledere, tra l’altro, il principio secondo cu viene riconosciuta la qualifica di imprenditore agricolo professionale (Iap), destabilizzando e stravolgendo un sistema amministrativo consolidato di controlli, potendo condizionare viepiù la futura programmazione dello sviluppo rurale ”;aggiungendo che “ L’orientamento del giudice di primo grado appare viziato da evidente disparità di trattamento nei confronti di coloro che già possiedono la qualifica di Iap, che verrebbero avvantaggiati da siffatta decisione, da chi invece intende acquisirla ex novo ”.
La Regione evidenzia in proposito che l’istruttoria preordinata al rilascio della qualifica si fonda anche e soprattutto sulla avvenuta attivazione della propria posizione previdenziale presso l’Inps, ritenuta propedeutica, e, in assenza della quale, essa viene preclusa.
In buona sostanza, parte appellante ritiene errata la statuizione del giudice di primo grado laddove essa ha ritenuto illegittima la determinazione di revoca del contributo originariamente concesso, fondata sul difetto di tale qualifica in capo alla signora S per non essere la stessa iscritta alla gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura.
Il Tribunale amministrativo, secondo l’appellante Regione, avrebbe erroneamente ritenuto che l’iscrizione alla gestione previdenziale non era condizione costitutiva per l’acquisto ed il mantenimento di tale qualifica né era requisito necessario per la partecipazione alla procedura di concessione dell’aiuto.
I rilievi mossi dall’appellante non sono condivisi dalla Sezione e, pertanto, la statuizione del giudice di primo grado merita conferma.
La determinazione del Direttore della Direzione generale III della Regione Molise (“ Lavoro, Formazione professionale, Promozione e Tutela sociale, Istruzione, Politiche agricole, forestali e politiche della montagna, Pesca produttiva ”) n. 445 del 21-12-2009, oggetto di annullamento da parte del Tribunale amministrativo regionale, dispone di “ dichiarare la ditta S Stefanina…decaduta dai benefici di cui alla Misura 4.9 ‘acquisto di riproduttori’ e, per l’effetto, …revocare la determinazione dirigenziale di concessione n. 2’O’/140 del 14 dicembre 2006 ”.
Essa richiama, a sostegno della propria statuizione, in primo luogo le disposizioni del bando pubblico per la presentazione delle domande di agevolazioni approvato con decreto n. 21 del 27-5-2005 del Presidente della Regione Molise Commissario delegato, nonché la legge 2-8-1990, n. 233 “ che ha introdotto l’obbligo di iscrizione alla gestione previdenziale per gli imprenditori agricoli ”, il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 e il decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 101.
Evidenzia, poi, che il controllo dei requisiti di ammissibilità al sostegno verte anche sulla verifica del possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale, mediante richiesta all’INPS in ordine alla posizione contributiva del beneficiario;esponendo che nella specie la ditta S Stefanina, per quanto comunicato dall’Istituto, non risulta essere iscritta alla gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura.
Ritiene, pertanto, “ il venir meno delle condizioni di ammissibilità al sostegno contemplate dalla deliberazione di Giunta regionale n. 285/2005 e dal bando (Punto 6.1 parametri economici) ”.
La mancata iscrizione alla suddetta gestione previdenziale e, di conseguenza, il mancato possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale quale ragione esclusiva della disposta revoca, trova, poi, conferma nella comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota prot. n. 27885 del 16-8-2008, laddove si riferisce della “ mancata iscrizione alla gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura, condizione per essere imprenditore agricolo professionale e di accesso al bando ”.
Ciò posto, il Collegio osserva, così condividendo quanto affermato dal giudice di primo grado, che il bando (allegato A al decreto presidenziale n. 21 del 27-5-2005) non prevede affatto, quale requisito di ammissibilità della domanda di sostegno, l’iscrizione dell’azienda alla gestione previdenziale INPS, né correla alla sua mancanza l’esclusione dalla procedura.
Il punto 3 dello stesso indica, infatti, come “ Beneficiari ”, le “ Aziende agricole singole e associate iscritte nei registri della Camera di Commercio Industria e Artigianato e in possesso di partita IVA che hanno allevamenti ” ed il successivo punto 4.2, nel disciplinare le cause di esclusione dal finanziamento, non contempla tra queste la mancata iscrizione alla gestione previdenziale.
Le condizioni di ammissibilità al sostegno vengono, poi, dettagliate al paragrafo 6, il cui punto 6.1 (“ Parametri economici ”) recita che “ L’aiuto agli investimenti sarà concesso unicamente ad aziende in possesso della partita IVA ed iscritte alla C.C.I.I.A. e che tengono una contabilità fiscale ”;precisando, inoltre, che “ In base a quanto previsto dall’articolo 1 del Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99 relativo alle disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro ”.
Dalle chiare previsioni del bando, pertanto, emerge che, tra i requisiti soggettivi di ammissibilità al finanziamento, vi sono la qualifica di imprenditore agricolo professionale, il possesso della partita IVA, l’iscrizione alla Camera di commercio e la tenuta della contabilità fiscale, ma non risulta affatto necessaria l’iscrizione alla gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura.
Poiché la lex specialis consente la concessione del sostegno ai soli imprenditori agricoli professionali, è, peraltro, necessario verificare se, in base alla normativa generale disciplinatrice della materia, la suddetta qualifica richieda, quale elemento costitutivo della stessa, anche la suddetta iscrizione previdenziale.
Al quesito, a giudizio del Collegio, deve darsi risposta negativa.
L’articolo 1 del d.lgs. n. 99 del 29-3-2004 contiene, al comma 1, la definizione di imprenditore agricolo professionale, specificando gli elementi che consentono l’attribuzione della relativa qualifica.
La norma prevede in proposito che “ Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro ”.
La norma, dunque, collega la suddetta qualità al possesso di conoscenze e competenze professionali e ad una specifica percentuale del tempo di lavoro impiegato e dei redditi ricavati nell’esercizio dell’attività agricola.
Il successivo comma 2 dispone, poi, che “ Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1 ”, confermando in tal modo che il riconoscimento della qualifica di AIP è del tutto sganciata, in termini costitutivi della stessa, dal dato formale dell’iscrizione alla relativa gestione previdenziale.
Non induce, poi, a diversa conclusione il dato normativo che pone, a carico dell’imprenditore agricolo professionale, l’obbligo di iscrizione nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura.
Il comma 5 bis dell’articolo 1 del d.lgs. n. 99/2004 prevede che “ L’imprenditore agricolo professionale persona fisica, anche ove socio di società di persone o cooperative, ovvero amministratore di società di capitali, deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura ”.
Orbene, vi è certamente per tale soggetto l’obbligo dell’iscrizione, ma questa non è presupposto indefettibile per l’acquisizione della qualifica e, dunque, elemento costitutivo della stessa;risultando piuttosto un adempimento la cui mancanza giustifica conseguenze accertative e sanzionatorie, ove previste, ma non anche il venir meno della qualifica soggettiva, che dipende unicamente dai requisiti di ordine fattuale sopra evidenziati.
Tale conclusione riceve conferma dalle stesse ulteriori disposizioni contenute nell’articolo 1 sopra citato.
Invero, il comma 4 prevede che “ All’imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione diretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime ”.
La qualità di AIP non è subordinata, dunque, all’iscrizione nella gestione previdenziale, atteso che questa è condizione indefettibile unicamente per il riconoscimento delle agevolazioni tributarie e creditizie spettanti ai coltivatori diretti, mentre la decadenza dalle agevolazioni ricevute nella suddetta qualità è stabilita solo in caso di perdita dei requisiti fattuali previsti dal comma 1 e non anche dalla mancata iscrizione nella gestione previdenziale.
L’iscrizione, infine, si configura come necessaria, unitamente alla avvenuta presentazione della domanda di riconoscimento della qualifica alla Regione competente, ai sensi del successivo comma 5 ter, solo per quei soggetti che non siano in possesso dei requisiti sostanziali di cui al comma 1, ai soli fini dell’applicazione anche ad essi delle disposizioni relative all’imprenditore agricolo professionale.
Tale comma, nel consentire l’applicazione delle “ disposizioni relative all’imprenditore agricolo professionale ” a soggetti che sostanzialmente non lo sono (in quanto non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 3) e che siano iscritti alla gestione previdenziale, ribadisce, pertanto, che il possesso della qualifica è collegato ai soli elementi contemplati dal comma 1 e che la suddetta iscrizione, pur costituendo un obbligo per l’AIP, non è elemento necessario e costitutivo per il possesso di tale qualifica, assumendo detta portata solo in caso di mancanza dei requisiti previsti dal richiamato comma 1.
Le considerazioni sopra svolte dimostrano, quindi, l’illegittimità della determinazione di decadenza e revoca assunta dalla Regione Molise, fondata sulla considerazione della “ mancata iscrizione alla gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura, condizione per essere imprenditore agricolo professionale e di accesso al bando ”.
Invero, come si è innanzi evidenziato, né la lex specialis né la normativa generale in materia contemplano l’iscrizione alla gestione previdenziale quale elemento costitutivo per il possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo professionale.
La normativa nazionale sopra citata fonda di per sé sola l’illegittimità della determina di revoca impugnata con il ricorso in primo grado e ne giustifica il disposto annullamento giurisdizionale, senza che a tal fine possa acquisire valenza dirimente il richiamo, operato in sentenza, alle linee guida formulate dalla Regione (delibera n. 395 del 31-5-2010);con la conseguenza che le doglianze in proposito formulate nell’atto di appello, anche ove in ipotesi fondate, non potrebbero comunque condurre al suo accoglimento.
Merita, pertanto, condivisione la sentenza di prime cure, laddove afferma che “ la mancata iscrizione di un imprenditore agricolo alla gestione previdenziale dell’INPS, seppure può rappresentare in molti casi una violazione di un obbligo previdenziale, non costituisce un requisito influente sul conseguimento o la conservazione della qualifica soggettiva in questione, in coerenza con l’approccio sostanzialistico seguito dal legislatore…in cui la qualifica di imprenditore agricolo costituisce il frutto di un accertamento di requisiti fattuali, tra cui quello del tempo di lavoro dedicato dall’imprenditore (almeno il 50% della sua energia lavorativa)” e che “ non si ravvisano quindi nemmeno nell’ordinamento generale dati normativi che inducano a ritenere l’iscrizione alla gestione INPS essenziale ai fini del conseguimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale, con la conseguenza che la revoca disposta dalla Regione sulla base di tale presupposto deve ritenersi erronea e debba pertanto essere annullata ”.
La piena coerenza della statuizione annullatoria contenuta nella sentenza di primo grado con le previsioni del bando e con la normativa disciplinatrice della figura dell’imprenditore agricolo professionale esclude che la statuizione in essa contenuta possa determinare un vizio di disparità di trattamento tra imprenditori già in possesso della qualifica e soggetti che intendano acquisirla ex novo .
Essa, inoltre, non pone assolutamente in discussione l’esistenza dell’obbligo, in capo all’IAP, di iscrizione nella gestione previdenziale, limitandosi a stabilire, come condiviso dalla Sezione, che questa non costituisce, contrariamente a quanto affermato dalla Regione a sostegno della propria determinazione di autotutela, condizione per essere ritenuto imprenditore agricolo a titolo professionale.
Non vengono, infatti, in alcun modo in rilievo né l’obbligo di iscrizione né il fatto che la Regione, ai fini del formale conseguimento della qualifica, richieda, nel relativo procedimento, la suddetta iscrizione, al fine di ottenere in via preventiva l’adempimento dell’obbligo di legge;discutendosi, invece, nella specie della sola necessità di tale iscrizione in termini di requisito costitutivo della qualità di IAP.
Lo svolgimento dell’attività agricola in modo professionale non dipende, diversamente da quanto sostenuto nell’appello, dal mantenimento dell’iscrizione nella gestione previdenziale INPS, ma dalla permanenza, in capo al soggetto, degli specifici requisiti previsti dall’articolo 1, comma 1, del d.lgs. n. 99/2004;circostanza quest’ultima che non è assolutamente posta in discussione nel provvedimento impugnato, il quale non motiva la determinazione di ritiro con riferimento al venir meno dei requisiti sostanziali previsti dal richiamato comma 1.
La precipua ragione posta a base della pronuncia di decadenza dal sostegno e di revoca del precedente provvedimento di concessione – fondata, ripetesi, in via esclusiva sulla mancanza del requisito di IAP in capo alla signora S – denota, altresì, l’infondatezza della doglianza con la quale si censura la gravata sentenza per non avere considerato, al fine di ritenere legittimo il provvedimento di primo grado, la circostanza che il privato non aveva rispettato l’obbligo, sancito dal bando, di mantenimento del bestiame per almeno tre anni e che tale inadempimento ben giustificava la risoluzione della concessione.
Vi è, invero, da considerare che correttamente il giudice di primo grado non ha tenuto conto di tanto, affermando in proposito che “ Tale circostanza non è minimamente menzionata nel provvedimento impugnato, nel quale si invoca quale unica ragione dell’atto di ritiro adottato la mancata iscrizione della ricorrente nella gestione previdenziale INPS. Pertanto, il preteso inadempimento agli impegni assunti in sede di partecipazione non può essere invocato per la prima volta in sede giudiziale, senza che su tale circostanza vi sia stato alcun contraddittorio procedimentale ”.
Tale ulteriore motivo, a sostegno del ritiro del sostegno concesso, non è stato esternato nel provvedimento oggetto di impugnazione né la riferita circostanza risulta essere stata accertata dall’amministrazione nel corso del procedimento che ha condotto alla revoca (sul punto, nello stesso atto di appello la Regione chiarisce che “ la verifica è avvenuta all’indomani della presentazione del ricorso ”).
Trattasi, pertanto, di una integrazione postuma della motivazione del provvedimento, inammissibile in sede giurisdizionale.
Costituisce, invero, costante affermazione della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., ex multis , Cons. Stato, III, 13-7-2022, n. 5959;II, 1-6-2022, n. 4505;VI, 4-4-2022, n. 2441) che nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante atti del procedimento- nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta- oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida;è, invece, inammissibile una integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali o, comunque, scritti difensivi.
Orbene, nella vicenda oggetto del presente contenzioso la Regione Molise ha esternato il motivo di ritiro derivante dalla inosservanza dell’obbligo di mantenimento del bestiame solo in giudizio, con memoria difensiva e, in ogni caso, tale ragione, pur se non evidenziata nel provvedimento finale, non emergeva neppure dall’istruttoria procedimentale che lo ha preceduto, tant’è che l’ente afferma, a pagina 3 dell’atto di appello, che la relativa verifica era avvenuta successivamente alla presentazione del ricorso da parte della signora S.
Trattasi, pertanto, di circostanza assolutamente estranea alla determinazione amministrativa impugnata, non riconducibile né al provvedimento finale né al procedimento che lo ha generato.
Da ultimo, la Sezione ritiene che non meriti accoglimento neppure la censura con la quale la Regione deduce, a fondamento della legittimità del proprio atto di ritiro, l’incompletezza e, pertanto, l’irricevibilità della domanda di aiuto presentata per non avere il privato barrato le relative caselle, con conseguente mancata presentazione, con assunzione di responsabilità, di alcuna dichiarazione.
Deve al riguardo essere in primo luogo evidenziato che anche tale ragione di ritiro è del tutto assente nel provvedimento impugnato, risultando la stessa palesata solo in sede giurisdizionale con memoria difensiva.
Va, inoltre, osservato che, se è vero che nella domanda non erano state barrate le caselle di interesse, tali omissioni, ai fini della ricevibilità dell’istanza, non risultano dirimenti, considerandosi che la documentazione alla stessa allegata dalla ricorrente, anche mediante dichiarazioni sostitutive, rendono evidenti i contenuti specifici dell’istanza e consentono all’amministrazione, conformemente agli obblighi di allegazione documentale previsti dal bando, di operarne la dovuta valutazione.
Sulla base delle argomentazioni tutte sopra svolte, in conclusione, la Sezione ritiene che l’appello sia infondato e debba, per l’effetto, essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (cfr., ex multis , Cass.civ. 16-5-2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La peculiarità della controversia e la sua obiettiva complessità giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
Non sussistono, inoltre, per le prefate ragioni, i presupposti di applicabilità della invocata previsione del comma 2 dell’articolo 26 del c.p.a., non potendosi ritenere la temerarietà della lite.