Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-07-18, n. 201905077
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Testo completo
Pubblicato il 18/07/2019
N. 05077/2019REG.PROV.COLL.
N. 03654/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3654 del 2019, proposto da G B, C M, C P, A R, F P, C B, C B, G A, A A, M P, C T, F S, D V, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato G C e dall’Avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato A G in Roma, via Gramsci, n. 9;
contro
Presidenza della Repubblica, in persona del Presidente della Repubblica pro tempore , Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore , Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone, in persona del Prefetto pro tempore , tutti rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Comune di Isola Capo Rizzuto, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 1433 del 5 febbraio 2019 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti avverso il decreto del Presidente della Repubblica del 24 novembre 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2017, con il quale è stato disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Isola Capo Rizzuto (KR) nonché gli atti presupposti e connessi.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio delle pubbliche amministrazioni appellate, la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e udito per gli odierni appellanti, G B, C M, C P, A R, F P, C B, C B, G A, A A, M P, C T, F S e D V l’Avvocato G C e per le pubbliche amministrazioni appellate, la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone, l’Avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con il ricorso proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, gli odierni appellanti, tutti ex componenti della giunta e del consiglio comunale del Comune di Isola Capo Rizzuto, hanno impugnato il d.P.R. del 24 novembre 2017, che ha disposto lo scioglimento dell’ente ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L., affidandone la gestione, per un periodo di 18 mesi, alla Commissione straordinaria, alla quale sono stati attribuiti i poteri e le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco, con ogni altro potere ed incarico connesso a tali cariche.
1.1. Dopo aver premesso che gli accertamenti della Prefettura sono seguiti ad una importante indagine della D.D.A., denominata “ operazione Johnny ”, che ha ad oggetto l’attività del centro di accoglienza per i richiedenti asilo, che ha sede nel territorio del Comune, attività che per la sua natura emergenziale ha richiesto notevole attenzione da parte degli apparati amministrativi del Comune e che, peraltro, faceva capo a personaggi ritenuti al di sopra di ogni sospetto.
1.2. I ricorrenti in prime cure, a fondamento del ricorso, hanno dedotto i seguenti vizî:
I) la violazione e la falsa applicazione di legge (e, in particolare, dell’art. 143 del T.U.E.L. e degli artt. 3 e 6 della l. n. 241 del 1990), l’eccesso di potere, lo sviamento di potere, il difetto di adeguata istruttoria e ciò in relazione al fatto che la relazione ministeriale che ha preceduto il decreto del Presidente della Repubblica non avrebbe indicato in modo analitico le anomalie riscontrate, i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi del presunto condizionamento e quali sarebbero gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale;
II) la violazione e la falsa applicazione di legge (e, in particolare, dell’art. 2 Cost., dell’art. 24 Cost., dell’art. 143 del T.U.E.L. e degli artt. 3 e 6 della l. n. 241 del 1990), l’eccesso di potere, lo sviamento di potere, l’illogicità, l’insufficiente ed illogica motivazione, l’errore e il travisamento dei fatti, il difetto di adeguata istruttoria, poiché i ricorrenti hanno contestato la ricostruzione dei fatti operata dalla Commissione nella propria relazione, di cui hanno affermato l’insussistenza, e hanno sottolineato, inoltre, che l’istruttoria non avrebbe tenuto conto di alcune iniziative implementate dall’amministrazione comunale per contrastare la criminalità organizzata o, comunque, diffuse e generalizzate situazioni di illegittimità/irregolarità.
1.3. La Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone si sono costituiti nel primo grado del giudizio per chiedere la reiezione del ricorso.
1.4. Alla camera di consiglio del 14 marzo 2018, fissata per la trattazione della domanda sospensiva, i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda cautelare e nell’occasione il Collegio di prime cure ha ordinato il deposito in giudizio di tutti gli atti e documenti in base ai quali è stato adottato il decreto del Presidente della Repubblica, oggetto di impugnazione, fissando per la discussione del merito la pubblica udienza del 19 dicembre 2018.
1.5. L’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone ha adempiuto a tale incombente depositando avanti al Tribunale, il 12 aprile 2018, documenti classificati “riservati” in forma integrale.
1.6. Con atto depositato il 20 giugno 2018, ritualmente notificato alle controparti, i ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti a sostegno della domanda di annullamento del d.P.R. del 24 novembre 2017, già gravato con il ricorso introduttivo del giudizio, motivi aggiunti intesi a dimostrare l’infondatezza della maggior parte dei fatti posti a base del provvedimento impugnato.
1.7. Infine, all’esito del giudizio, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. 1433 del 5 febbraio 2019, ha respinto il ricorso, integrato dai motivi aggiunti, e ha condannato i ricorrenti a rifondere nei confronti delle parti resistenti le spese del grado, liquidate nell’importo di € 2.500,00, oltre gli accessori come per legge.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto appello gli odierni appellanti e, nel dedurne l’erroneità con molteplici articolate censure che di seguito saranno esaminate, ne hanno chiesto la riforma, con il conseguente annullamento del decreto e degli atti connessi, gravati in prime cure anche con motivi aggiunti.
2.1. Si sono costituite le pubbliche amministrazioni appellate, la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone, per chiedere la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza gravata.
2.2. Nella pubblica udienza del 20 giugno 2019 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello deve essere respinto.
4. L’atto di appello propone, da un lato, una serie di analitiche censure (pp. 5-27 del ricorso), che possono essere raggruppate per aree tematiche, avverso le motivazioni della sentenza impugnata, che hanno espressamente rigettato i motivi proposti in primo grado, e dall’altro una serie di ulteriori censure, non esaminate dal primo giudice, che l’atto stesso ha inteso riprodurre in questa sede (pp. 27-34 del ricorso).
4.1. È all’esame delle prime che questo Collegio, seguendo l’ordine logico delle questioni così come posto dagli stessi appellanti, per poi esaminare, sinteticamente, anche le seconde censure.
5. Con un primo ordine di censure, che possono essere unitariamente esaminate in quanto afferenti alla situazione personale e alle frequentazioni del sindaco, dei membri della giunta e del consiglio comunale e dei dipendenti dell’ente (pp. 5-13 del ricorso), gli odierni appellanti contestano la valenza indiziaria, ai fini che qui rilevano, di tali legami e frequentazioni del sindaco con L S e don S, soggetti graditi alle istituzioni pubbliche e destinatari, in tempi non sospetti, di attestati di benemerenza persino da parte del Procuratore Nazionale Antimafia.
5.1. Si contesta l’assenza di prova circa contatti di amministratori locali e dipendenti comunali con associazioni mafiose, tali da influenzare la vita politica e amministrativa dell’ente, e in riferimento alla posizione di P A, assunto nel 1980, si osserva che lo stesso non è stato rimosso, licenziato o sospeso nemmeno dalla Commissione prefettizia insediatasi dopo lo scioglimento del consiglio comunale.
5.1. Le censure non hanno alcun pregio.
5.1. Occorre subito evidenziare il clima omertoso nel quale si è trovata ad operare la Commissione di accesso, come essa stessa ricorda a p. 3 della propria relazione, al punto tale che « nonostante la più ampia disponibilità, nessun contatto è stato possibile instaurare con la società civile o con esponenti e forze