Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-24, n. 202104020
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Pubblicato il 24/05/2021
N. 04020/2021REG.PROV.COLL.
N. 07986/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7986 del 2019, proposto da Express Group S.r.l., in persona del legale rappresenta nte
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M G e A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 187;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - AGCom, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato con domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Terza), n. 8500/2019, resa tra le parti e concernente: sanzione amministrativa;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2020, il consigliere Bernhard Lageder. L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020 e 4, comma 1, Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il TAR per il Lazio pronunciava definitivamente sul ricorso n. 1838 del 2018, proposto dall’operatore postale Express Group S.r.l. avverso il provvedimento AGCom del 5 dicembre 2017, irrogativo della sanzione di euro 25.000,00 per la messa di vendita di stickers adesivi per cartoline postali dirette all’estero da imbucare nelle apposite caselle postali ‘ Friend Post ’, privi di logo o di altri elementi identificativi dell’operatore mittente – a definizione di procedimento sanzionatorio avviato su segnalazione di Poste Italiane, la quale aveva rinvenuto nella propria rete decine di migliaia di cartoline ‘ Friend Post ’ privi di logo dell’operatore –, in violazione dell’art. 1 del decreto del Ministero per lo Sviluppo Economico del 26 ottobre 2009 (recante « Disposizioni in ordine all’identificazione dell’operatore postale sugli invii e la relativa modulistica »), la cui fattispecie è sanzionata ai sensi dell’articolo 21, comma 6, d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261.
In particolare, il TAR adìto provvedeva come segue:
(i) respingeva i primi quattro motivi, vòlti a contestare l’ an debeatur sotto i profili:
- del difetto d’istruttoria e dell’erronea valutazione delle risultanze istruttorie procedimentali;
- della divergenza tra atto di contestazione e provvedimento finale, nonché dell’indeterminatezza dell’atto di contestazione, con la conseguente violazione del diritto di difesa;
- della notificazione dell’atto di contestazione oltre il termine di 90 giorni previsto dall’art. 14 l. n. 689/1981 e dal regolamento AGCom adottato con la delibera n. 581/15/DPS;
- della violazione dell’art. 6, comma 3, del citato regolamento, per non essersi l’Autorità avvalsa dell’ivi previsto potere di sospensione fino a un massimo di 60 giorni nel caso in cui sia necessario svolgere approfondimenti istruttori, e del conseguente difetto d’istruttoria;
(ii) accoglieva invece parzialmente il quinto e il sesto motivo, proposti avverso la quantificazione della sanzione pecuniaria, rideterminandone l’ammontare alla misura di euro 12.500,00, pari alla metà della sanzione irrogata dall’Autorità.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente, deducendo i motivi come di seguito rubricati:
a) « Violazione degli artt. 1, 3, 13 e 18 l. 689/1981. Violazione dell’art. 115 c.p.c. Violazione dell’art. 24 Cost. Motivazione illogica e carente. Errore di fatto », con la conseguente erronea affermazione di responsabilità attesa l’insussistenza di sufficienti elementi probatori;
b) « Violazione degli artt. 1, 3, 13 e 18 l. 689/1981. Erronea valutazione dei fatti di causa. Motivazione illogica », con la conseguente erronea reiezione della censura con cui era stata dedotta la discrepanza tra elementi istruttori menzionati nell’atto di contestazione ed elementi posti a fondamento del provvedimento sanzionatorio;
c) « Violazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981 », con la conseguente erronea reiezione della censura di tardività della contestazione oltre il termine di decadenza di 90 giorni dall’accertamento del fatto;
d) « Violazione degli artt. 1, 3 e 13 della legge 689/1981. Illogicità della motivazione », con la conseguente erronea reiezione della censura di carenza e contraddittorietà dell’attività di accertamento compiuta dall’Autorità;
e) « Errore di diritto. Violazione della norma regolamentare di cui all’art. 6, comma 3 della delibera n. 581/157CONS. Errore di fatto. Travisamento dei fatti », con riferimento alla mancata sospensione del procedimento in funzione di ulteriori approfondimenti istruttori;
f) « Errore di diritto. Violazione dell’art. 11 della legge 689/1981. Violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. Illogicità della motivazione », con la conseguente erronea eccessiva determinazione della sanzione, seppur dimidiata;
g) « Violazione dell’art. 112 c.p.c. Omissione di pronuncia », sempre con riferimento all’erronea quantificazione della sanzione.
L’appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio l’Autorità appellata, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
4. All’udienza pubblica del 15 dicembre 2021, tenutasi come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato.
5.1 Destituiti di fondamento sono i motivi sub 2.a), 2.b) e 2.d), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, in quanto tutti incentrati su asseriti vizi dell’istruttoria svolta dall’Autorità in sede procedimentale.
Occorre premettere che:
- con la delibera n. 457 del 5 dicembre 2017 l’AGCom ha irrogato all’operatore Express Group una sanzione di euro 25.000,00 per avere messo in vendita stickers adesivi, per l’invio di cartoline postali, privi del logo o di altri elementi identificativi riconducibili all’operatore mittente, in violazione dell’art. 1 del decreto MISE del 26 ottobre 2009 che testualmente recita: « Gli operatori postali titolari di licenza individuale e di autorizzazione generale sono tenuti ad indicare, con decorrenza 1° gennaio 2010, la denominazione della ditta responsabile del servizio postale su ogni invio e sulla relativa modulistica, nonché le eventuali categorie di prodotto o servizio reso »;
- l’imposizione agli operatori dell’obbligo di fornire ogni utile indicazione atta a garantire una chiara identificazione, su ogni invio, dell’operatore responsabile del servizio postale è essenziale al fine di assicurare che il servizio si svolga nel rispetto del principio di massima trasparenza a garanzia del corretto sviluppo del mercato, al fine di salvaguardare l’interesse degli utenti (mittenti e destinatari) e garantire la regolarità del servizio e il rispetto dell’obbligo fondamentale degli operatori postali di recapitare la corrispondenza loro affidata;
- solo attraverso l’adempimento a tale obbligo è possibile individuare l’operatore affidatario della corrispondenza nell’ipotesi di rinvenimento di invii altrui nelle reti postali di altri operatori, risalire all’operatore mittente cui restituire gli invii postali ed evitare, in caso contrario, di postalizzare la cartolina come propria sopportandone anche i relativi costi di recapito;
- in base alla delibera n. 621/15/CONS, il cui scopo precipuo è la tutela degli utenti (mittenti e destinatari), l’obbligo degli operatori di eseguire la prestazione pattuita nel rispetto degli interessi del mittente e del destinatario, vale a dire, l’obbligo di provvedere a recapitare regolarmente ai destinatari la corrispondenza ad essi affidata, non viene meno per il fatto che si sia verificato un non corretto instradamento della corrispondenza e che gli invii siano poi rinvenuti nella rete di altro operatore;
- in assenza di un logo o di altri elementi riconducibili all’operatore mittente, tutto il processo disciplinato dalla citata delibera risulta vanificato, recando un grave danno al corretto funzionamento del mercato dei servizi postali;
- nel caso di specie, all’operatore Express Group è stata contestata dall’Autorità la mancata apposizione sugli stickers del logo ‘ Friend Post ’ (o altra modalità identificativa), in violazione dell’obbligo stabilito dall’art. 1 del citato decreto ministeriale.
In primo luogo, il TAR ha correttamente rilevato che l’odierna appellante, nonostante il termine a difesa di trenta giorni ad essa espressamente assegnato nell’atto di contestazione (ai sensi degli artt. 18 l. n. 689/1981 e 9 regolamento AGCom), onde consentire la presentazione di memorie, altri scritti difensivi e documenti, non aveva prodotto alcunché a difesa in sede procedimentale. Contrariamente a quanto sostenuto dall’odierna appellante, il TAR non ha affatto posto in dubbio la facoltatività dello svolgimento di difese in sede procedimentale, né ha inferito la responsabilità di Express Group dalla mancata presentazione di difese nell’ambito del procedimento sanzionatorio, ma, dopo una puntuale e logica valutazione dei documenti e dell’esposto presentato dal predetto operatore al di fuori dal procedimento sanzionatorio, è pervenuto alla condivisibile conclusione che tali elementi probatori, a prescindere dalla loro irrituale presentazione, fossero inconferenti e non pertinenti, riferendosi « ad una situazione circoscritta e locale non chiaramente collegabile ai fatti accertati oggi in esame ». A ciò si aggiunga che le circostanze oggetto dell’esposto dell’odierna appellante avrebbero potuto venire in rilievo sub specie di fatti impeditivi o modificativi della pretesa sanzionatoria fatta valere dall’Autorità nel procedimento de quo e, come tali, dovevano essere provati, in modo pieno e rigoroso, dalla stessa esponente.
Ne deriva l’inconsistenza dei correlativi profili di censura, di violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e di illegittima inversione dell’onere della prova, dedotti nel contesto dei motivi all’esame.
Altrettanto correttamente il TAR ha respinto gli ulteriori profili di censura – secondo cui l’Autorità avrebbe omesso di svolgere accertamenti approfonditi in ordine alla imputabilità univoca della paternità degli stickers incriminati all’odierna appellante, ancorché la stessa in data 12 luglio 2017 (due giorni prima dell’adozione dell’atto di contestazione n. 16/17/DSP del 14 luglio 2017) avesse presentato apposito esposto relativo all’utilizzo di stickers simili ai propri da parte di terzi ignoti, e non avrebbe considerato che Express Group non avrebbe avuto alcun interesse alla commercializzazione di stickers ad essa non riferibili in modo evidente –, in quanto:
- l’odierna appellante non ha in alcun modo dimostrato come l’istruttoria nei confronti dell’altro operatore avrebbe potuto influire sulla posizione di essa appellante, operante sull’intero territorio nazionale;
- la condotta contestata ad Express Group non solo reca danno agli utenti – nella misura in cui questi, ove rinvengano tale tipologia di invii nelle reti di altri operatori, sopportano così il costo dello sticker a fronte di un servizio che non verrà svolto (cioè l’invio della cartolina al destinatario) –, ma danneggia altresì gli operatori concorrenti che, non potendo risalire all’operatore mittente cui restituire gli invii postali, devono sostenere gli oneri relativi (ad esempio, le spese di contabilizzazione, di imballaggio, di trasporto fino al deposito e di stoccaggio definitivo), quindi viola la sopra evidenziata ratio della disciplina recata dal citato art. 1 d.m. 26 ottobre 2009;
- in capo all’odierna appellante è ravvisabile un plausibile interesse a far immettere le cartoline nella rete postale di altri operatori, non sostenendo così i costi dei servizi connessi alla raccolta, allo smistamento e al recapito, e ad evitare la riconoscibilità da parte dell’operatore che ritrovi nella propria rete detti invii senza un logo od altri elementi atti a identificare l’operatore responsabile del servizio postale.
Neppure è ravvisabile la dedotta violazione del diritto di difesa per l’asserita divergenza tra atto di costituzione e provvedimento finale sanzionatorio, in quanto:
- nel conclusivo provvedimento sanzionatorio la condotta illecita è stata circoscritta alla sola fattispecie concreta riscontrata con l’acquisto, in sede di esercizio dell’attività di vigilanza, di stickers a campione effettuato a Roma, trattandosi di acquisto espressamente autorizzato dal responsabile del Servizio Risorse Umane e Formazione, con incarico conferito a relativo funzionario (v. lettera d’incarico prodotta dall’Autorità sub doc. 7) ed effettuato da pubblico ufficiale in sede di accertamenti preistruttori, mentre non vi risulta più menzionato l’acquisto effettuato a Venezia (poiché non debitamente formalizzata);
- trattasi pertanto di un mero minus (e non anche un aliud ) rispetto all’atto di contestazione, mentre, quanto ai fatti costitutivi della fattispecie d’illecito addebitato all’odierna appellante, risulta rispettato il principio di correlazione tra atto di contestazione e provvedimento sanzionatorio, con la conseguente inconfigurabilità del denunziato profilo di violazione del diritto di difesa.
Parimenti infondata è la censura ripropositiva del terzo motivo di primo grado – relativa all’incongruenza tra la contestazione degli addebiti e l’atto sanzionatorio, all’omessa indicazione (nell’atto sanzionatorio) dei luoghi in cui sarebbe stata riscontrata l’infrazione, nonché all’omessa indicazione delle modalità perseguite per l’identificazione dell’odierna appellante –, avendo il TAR al riguardo correttamente rilevato che l’informazione in ordine al negozio, presso il quale erano stati acquistati gli stickers , poteva essere ricavata univocamente dalla documentazione relativa alle risultanze pre-istruttorie, rispetto alla quale l’odierna appellante ben avrebbe potuto esercitare il diritto di accesso endo-procedimentale (v., ad es., il documento prodotto dall’Autorità sub doc. 7, in cui risultano indicati i singoli punti di vendita). Infatti, l’odierna appellante solo in data 14 dicembre 2017 aveva inviato una nota, priva di oggetto, nella quale, oltre a scusarsi per il mancato apporto istruttorio entro i termini assegnati (nell’atto di contestazione notificato via pec il 14 luglio 2017) e ad auspicare una fase precontenziosa, aveva chiesto, in chiusura, l’accesso ai documenti e l’audizione, ma tale nota è stata trasmessa tardivamente, solo dopo la chiusura del procedimento sanzionatorio con l’adozione del provvedimento finale in data 5 dicembre 2017, notificato all’odierna appellante il 13 dicembre 2017.
Peraltro l’Autorità, dopo la conclusione del procedimento, tramite il competente Ufficio Vigilanza aveva trasmesso all’istante una nota con le risultanze preistruttorie e relativi allegati, nonché, con note successive del 20 e 21 febbraio 2018, dopo l’acquisizione del nulla-osta di GPS e Poste Italiane, anche gli esposti presentati da questi ultimi (sulla cui base il procedimento era stato avviato), con la conseguente soddisfazione del diritto di accesso difensivo in funzione della tutela in sede giudiziale, anche tramite l’eventuale proposizione di motivi aggiunti.
Deve, conclusivamente, ritenersi che il provvedimento sanzionatorio sia stato adottato sulla base di un’adeguata istruttoria, le cui risultanze risultano puntualmente esposte nell’atto di contestazione del 14 luglio 2017, nonché nel rispetto dei diritti di difesa dell’odierna appellante, con la conseguente infondatezza dei motivi all’esame.
5.2 Privo di pregio è il motivo d’appello sub 2.c) – di violazione del termine di 90 per la contestazione dell’illecito decorrente dall’accertamento dell’illecito, ai sensi dell’art. 14 l. n. 689/1981 espressamente richiamato dall’art. 5, comma 3, del Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni adottato dall’Autorità con la delibera n. 581/15/Cons –, in quanto:
- secondo il costante orientamento giurisprudenziale sia di questo Consiglio di Stato (v., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. V, 29 settembre 2020, n. 5723, con ulteriori richiami) sia della Corte di cassazione (v., ex plurimis , Cass. civ., ord. 29 ottobre 2019, n. 27702, con ulteriori richiami), in tema di sanzioni amministrative, ciò che rileva ai fini del rispetto del principio della immediatezza della contestazione recato dall’art. 14 cit. non è la notizia del fatto sanzionabile nella sua materialità, ma l’acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro dell’esistenza e della consistenza della infrazione e dei suoi effetti, sicché, per un verso, il termine per la contestazione dell’infrazione non decorre dalla sua consumazione ma dal completamento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari per l’individuazione in fatto degli estremi di responsabilità amministrativa, e, per altro verso, il termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta – o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie – l’attività amministrativa intesa a verificare l’esistenza dell’infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell’infrazione stessa;
- in particolare, nella disciplina di cui al citato regolamento AGCom, la distinzione tra accertamento in senso sostanziale e acquisizione formale dei primi elementi istruttori trova pieno riscontro nella struttura del procedimento sanzionatorio ivi delineata, laddove è ben distinta la fase di acquisizione/recepimento delle segnalazioni e degli esposti (art. 3, comma 2) da quella di valutazione e di accertamento vero e proprio dell’attendibilità dei fatti (art. 3, commi 3 e 4);
- infondato è, pertanto, l’assunto dell’odierna appellante, per cui il termine di 90 giorni avrebbe dovuto decorrere dal 21 dicembre 2016 o, tutt’al più, dal 4 gennaio 2017, riferendosi invero tali date alla sola acquisizione di taluni elementi di prova (tramite acquisto a campione di stickers ‘ Friend Post ’ presso alcuni punti di vendita), e non già all’esito della « completa ricostruzione dei fatti e l’esatta qualificazione giuridica della fattispecie » ai sensi del comma 4 dell’art. 3 del citato regolamento, con la conseguente indubbia tempestività della notificazione dell’atto di contestazione all’odierna appellante, in data 14 luglio 2017, sulla base gli accertamenti di cui alle ivi richiamate « risultanze preistruttorie del 17 aprile 2017 dell’Ufficio Monitoraggio e Vigilanza nei Mercati del Settore Postale ».
5.3 In reiezione del motivo d’appello sub 2.e) – di erronea omessa sospensione del procedimento in funzione di un approfondimento istruttorio – si richiamano le considerazioni svolte sopra sub 5.1 in ordine all’adeguatezza e sufficienza delle risultanze istruttorie poste a base del provvedimento sanzionatorio, non necessitante di ulteriori approfondimenti.
5.4 Infondati sono, infine, anche gli ultimi due motivi d’appello, afferenti l’entità della sanzione quale dimidiata dal TAR.
Premesso che si tratta di controversia avente ad oggetto la determinazione di una sanzione pecuniaria rientrante nell’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo, e che, in tale materia, a norma dell’art. 134, lettera c), cod. proc. amm. la giurisdizione è estesa al merito, con la conseguente attribuzione al giudice amministrativo dei medesimi poteri attribuiti al giudice ordinario per la rideterminazione dell’entità della sanzione (v. art. 6, comma 12, d.lgs. n. 150/2011), ritiene il Collegio che, in applicazione dei criteri tutti di cui all’art. 11 l. n. 689/1981, sia congrua la dimidiazione, nell’impugnata sentenza, della sanzione originaria all’importo di euro 12.500,00 (a fronte di un massimo edittale di euro 100.000,00 e di un minimo edittale di euro 5.000,00, stabiliti dell’art. 21, comma 6, d.lgs. n. 261/1999), non essendo in particolare ravvisabile l’asserita incompatibilità con la situazione economico-finanziaria dell’odierna appellante né essendo fondata la pretesa all’applicazione del minimo edittale, nonché tenuto conto dell’esigenza di garantire l’effettività dell’osservanza degli obblighi violati, posti a tutela di rilevanti interessi sia degli utenti sia degli altri operatori postali, con la conseguente infondatezza delle censure all’esame.
6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’appellante.