Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-05-20, n. 202404478

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-05-20, n. 202404478
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404478
Data del deposito : 20 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/05/2024

N. 04478/2024REG.PROV.COLL.

N. 05451/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5451 del 2021, proposto da
Azienda Agritusristica Trombetta, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Serino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo, 323;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 01690/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Serino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e viste le conclusioni come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Campania – sezione staccata di Salerno ha dichiarato inammissibili il ricorso e i motivi aggiunti proposti dall’Azienda Agrituristica Trombetta nei confronti del Comune di Serino, per l’annullamento della deliberazione della Giunta municipale n. 54 del 2 aprile 2015 avente ad oggetto “ conferma tariffe Ta.Ri. 2015 ”, nonché della delibera del Consiglio comunale n. 10 del 5 giugno 2015, nella parte in cui l’una e l’altra non hanno previsto una tariffa apposita da applicare alle aziende agrituristiche per l’anno 2015.

1.1. Il tribunale ha ritenuto trattarsi dell’impugnazione di atti a contenuto generale e programmatico e, quindi, privi di effetti lesivi diretti, autonomi ed immediati, “ i quali si verificheranno solo se e allorquando saranno adottati i conseguenti atti applicativi ” (secondo quanto precisato in sentenza).

Ha aggiunto che la parte ricorrente non aveva dato prova della “concreta lesività” degli atti, ma aveva “ ricostruito in via meramente ipotetica le condizioni di maggior vantaggio che sarebbero derivate nei suoi confronti da una diversa determinazione della tariffa, o meglio dalla formulazione di una specifica tariffa da applicare alle aziende agricole ”.

1.2. Le spese di lite sono state compensate per giusti motivi.

2. L’Azienda Agrituristica Trombetta ha proposto appello con sette motivi.

2.1. Il Comune di Serino ha resistito all’appello.

2.2. All’udienza del 21 marzo 2024 la causa è stata assegnata a sentenza, senza discussione, su richiesta delle parti, previo deposito di memorie e repliche di entrambe.

2.2.1. Quanto a queste ultime, va dato atto che la memoria ex art. 73 c.p.a. depositata dall’Azienda appellante, in disparte il contenuto sostanzialmente riproduttivo delle censure dell’atto di appello, risulta tardivamente depositata, per come eccepito dalla difesa comunale.

3. In via preliminare vanno inoltre esaminate le diverse eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado – oltre quella ritenuta dal Ta.r. – o dell’appello, formulate dal Comune di Serino, come segue.

3.1. Sulla violazione dell’art. 41 c.p.a. Sull’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ai controinteressati.

3.1.1. L’eccezione è infondata poiché non è dato individuare – né la difesa comunale individua – i soggetti che sarebbero portatori di un interesse contrapposto a quello dell’Azienda ricorrente, tanto da assumere la qualifica di controinteressati. Tali non sono i contribuenti appartenenti a categorie diverse da quella delle aziende agrituristiche, poiché l’invocata differenziazione delle tariffe Ta.Ri. relative a queste ultime non comporta, di per sé, alcun deteriore trattamento tariffario nei confronti di altre categorie;
gli altri titolari di aziende agrituristiche sono da reputare invece portatori di interessi convergenti con quello dell’azienda ricorrente, perciò privi della qualifica di controinteressati.

3.2. Sulla inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione degli atti presupposti ovvero della delibera di Consiglio Comunale n. 24 dell’1.8.2014 e della delibera del Consiglio Comunale n. 26 dell’1.8.2014 e della Relazione del Responsabile del servizio finanziario e tributi.

3.2.1. L’eccezione è infondata perché le deliberazioni della Giunta comunale e del Consiglio comunale impugnate nel presente giudizio, pur essendo confermative delle tariffe già adottate per gli anni precedenti, sono state autonomamente assunte all’esito di apposito iter amministrativo (nell’ambito del quale la Relazione del Responsabile del servizio finanziario e tributi è atto endo-procedimentale).

La determinazione tariffaria trova i suoi fondamenti in una scelta che va operata anno per anno, in riferimento a quanto previsto dall’art. 1, comma 650, della legge n. 147/2013, istitutiva della Tariffa Rifiuti (“ La TARI è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare coincidente con un'autonoma obbligazione tributaria ”), e anche nel caso in cui, come quello in esame, l’amministrazione comunale si limiti a confermare le tariffe dell’anno precedente, l’adeguamento si fonda comunque su di una nuova esplicazione del potere (così, in riferimento all’analoga previsione dell’art. 69 del d.lgs. 507/1993, Cons. Stato, V, 1 agosto 2015, n. 3781, secondo cui tale disposizione “ delinea … un procedimento di determinazione delle tariffe, con un atto che costituisce esercizio del potere da parte dell’ente locale per l’anno preso in considerazione ”).

3.3. Sulla inammissibilità dell’avverso ricorso in appello stante l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio di primo grado – Sulla genericità – Sulla violazione dell’art. 40 c.p.a.

3.3.1. L’eccezione di genericità dei motivi aggiunti, per la mancata deduzione di vizi specifici (eventualmente anche in via derivata) dell’impugnata delibera del Consiglio comunale n. 10 del 5 giugno 2015, è infondata perché il ricorso per motivi aggiunti è, testualmente e logicamente, interpretabile nel senso che detta delibera è stata impugnata perché affetta dai medesimi vizi denunciati col ricorso introduttivo rispetto alla delibera della Giunta comunale n. 54/2015.

3.4. Sulla inammissibilità del ricorso in appello stante il divieto di nova previsto dall’art. 104 c.p.a.

3.4.1. Non è condivisibile l’assunto della difesa comunale secondo cui l’Azienda agrituristica Trombetta non si sarebbe limitata a riproporre, nel merito, i motivi non esaminati in primo grado (a causa della dichiarazione di inammissibilità del ricorso), ma avrebbe formulato “ nuovi quesiti (si vedano in particolare i motivi nn. 3 e ss. del ricorso in appello) ” (come denunciato con la memoria di costituzione del Comune).

Fermo restando quanto si dirà a proposito dell’assorbimento del quarto e del settimo motivo di appello, i restanti motivi, pur presentando delle rubriche e dei contenuti in parte più dettagliati e argomentati di quelli dei corrispondenti motivi del ricorso e dei motivi aggiunti, si fondano sui due principali assunti del vizio di violazione di legge (per la mancata considerazione della speciale normativa di settore delle aziende agrituristiche) e dell’eccesso di potere (per l’irragionevolezza e la sproporzione della tariffazione Ta.Ri. 2015 equiparata a quella prevista per attività commerciali) che, unitamente al vizio di istruttoria e di motivazione, sono stati posti a fondamento dell’azione della ricorrente in primo grado.

3.5. In conclusione, tutte le eccezioni di inammissibilità formulate dal Comune appellato vanno respinte.

4. Col primo motivo di appello ( Violazione di legge – error in iudicando: immediata lesività deliberazione di GC n. 54 del 02/04/2015 e deliberazione del Consiglio n. 10 del 2015 – violazione art. 24 Costituzione – error in iudicando e in procedendo – sussistenza e prova legittimazione ed interesse a ricorrere ), l’Azienda appellante censura la dichiarazione di inammissibilità della sentenza gravata, per le seguenti ragioni:

- nell’ipotesi in cui un atto deliberativo di carattere generale statuisca diverse misure del tributo in ordine alle varie classi di utenti, questo è da intendersi quale atto immediatamente lesivo nei confronti dei contribuenti individuati ed individuabili ed impugnabile in via diretta in forza dell’appartenenza del soggetto agente alla categoria (direttamente ed immediatamente) lesa;

- l’atto regolamentare e/o generale è immediatamente impugnabile se non abbisogna di atti applicativi per esplicitare la sua lesività ovvero nell’ipotesi in cui rechi clausole che non necessitino di una complessa attività attuativa e/o di valutazione;
nel caso di specie, gli atti oggetto di gravame hanno un’inequivoca portata precettiva e di dettaglio, tale che gli atti di loro concreta attuazione (cioè gli atti impositivi suscettibili di impugnazione innanzi al giudice tributario) vanno considerati come mera applicazione/trasposizione dell’atto generale, con conseguente interesse alla verifica immediata, in sede giurisdizionale, della legittimità di quest’ultimo;

- la sentenza è errata anche nella parte in cui ha statuito in relazione alla necessità della prova della concreta lesività per la ricorrente degli atti generali gravati, in quanto l’interesse all’annullamento delle delibere gravate è in re ipsa , dovuto all’immediata lesività dei provvedimenti impugnati, come direttamente incidenti sugli interessi di categoria e dunque sulla posizione giuridica qualificata (e differenziata) dell’Azienda Trombetta;

- in ogni caso, quest’ultima ha depositato in primo grado documentazione comprovante la sua qualificazione di azienda agricola svolgente attività agrituristica complementare e non prevalente (peraltro nota al Comune), nonché l’avviso di liquidazione Ta.Ri. 2014, notificato all’azienda dal Comune di Serino, da cui risulta l’assimilazione (denunziata come illegittima) dell’attività agrituristica all’attività di campeggi, distributori e campi sportivi nell’anno 2014;
la deliberazione n. 54/2015, oggetto di impugnazione, ha confermato, come detto, le tariffe del 2014 per l’anno 2015.

4.1. Il motivo è fondato.

4.1.1. Il principio generale, affermato da costante giurisprudenza, da cui prendere le mosse, è quello ricordato dal T.a.r. secondo il quale i regolamenti e gli atti amministrativi generali sono impugnabili in via diretta solo ove contengano disposizioni in grado di ledere in via diretta ed immediata le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari;
negli altri casi, divengono impugnabili solo quando sorge l’interesse a ricorrere, ovvero assieme all’atto applicativo che produca una lesione effettiva, e non solo ipotetica o futura (in tali termini, Cons. Stato, V, 7 ottobre 2016, n. 4130 e 6 maggio 2015, n. 2260, nonché id., VI, 29 marzo 1996, n. 512, richiamate da Cons. Stato, IV, 13 febbraio 2020, n. 1159).

Nel caso specifico di atti generali che, come le delibere impugnate, approvano le tariffe dei canoni o dei tributi da versare per i servizi comunali si ritiene che l’ente locale disponga, appunto, in via generale, per tutti i cittadini, non identificabili al momento della loro adozione, ma tuttavia tenuti, in qualità di utenti, a corrispondere le somme dovute sin dall’entrata in vigore delle nuove tariffe, salva l’impugnazione tempestiva dell’atto generale ove intendano opporsi al pagamento (così, per il caso analogo della delibera di giunta comunale che approva il regolamento avente ad oggetto le tariffe per i servizi cimiteriali, Cons. Stato, V, 19 settembre 2019, n. 6238, che richiama, nel senso della necessaria impugnazione dell’atto generale nel termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione nei modi di legge secondo l’indicazione dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6165).

In particolare, le delibere che annualmente fissano le tariffe inerenti ai tributi locali vanno ritenute immediatamente lesive dei soggetti contribuenti per la particolare modalità esecutiva della corrispondente imposizione. Questa comporta, infatti, che già con l’adozione delle tariffe nelle diverse misure in relazione alle diverse categorie di utenti se ne possa constatare la lesività per gli appartenenti a tali categorie, senza necessità di attendere alcun atto applicativo, che peraltro presuppone che il pagamento spontaneo non sia avvenuto.

A ciò si aggiunga che, per i tributi degli enti locali, la giurisdizione sugli atti applicativi è di spettanza del giudice tributario. Pertanto, a voler dare seguito all’impostazione ritenuta dal T.a.r. della Campania – sez. Salerno, si determinerebbe il necessario sindacato su più atti amministrativi contestualmente affidato a differenti giurisdizioni, con evidenti diseconomie o anomalie ordinamentali complessive. Tra queste ultime va annoverata la potenziale elusione del sindacato del giudice amministrativo sugli atti tariffari generali, sostituito dalla disapplicazione degli stessi da parte del giudice tributario investito della controversia sugli atti di accertamento (cfr., nel senso dell’obbligo di disapplicazione delle delibere della competente autorità ritenute illegittime da parte del giudice investito della controversia sugli atti applicativi, Cass. III, 13 aprile 2007, n. 8851).

4.1.2. La regola dell’immediata lesività dei regolamenti e degli atti amministrativi generali in materia tariffaria è peraltro da tempo e univocamente affermata in giurisprudenza (così, per l’approvazione del regolamento per l’applicazione della TARSU, già Cons. Stato, V, 27 aprile 1990, n. 379 e id., V, 12 luglio 1996, n. 854, nonché in tempi più recenti, Cons. Stato, V, 17 marzo 2003, n. 1379, basata sull’affermazione che “ è immediatamente lesivo e può, quindi, formare oggetto di autonoma impugnazione il regolamento relativo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, perché gli atti d'accertamento di tale tributo non possono avere contenuti diversi dalla mera e pedissequa applicazione delle disposizioni regolamentari. ”, come già ritenuto da Consiglio Stato sez. V, 23 novembre 1995, n. 1618;
cfr., nello stesso senso, in tema di servizio idrico, Cons. Stato, VI, 6 aprile 2010, n. 1918).

4.1.3. L’immediata lesività delle delibere della Giunta e del Consiglio del Comune di Serino è da ritenere, in applicazione di detta giurisprudenza, senza necessità della prova da parte dell’Azienda ricorrente di un pregiudizio economico conseguente agli atti applicativi, in particolare agli avvisi di accertamento relativi all’imposizione per l’anno 2015.

Detta lesività è infatti denunciata come conseguente all’equiparazione dell’azienda agrituristica ad altre attività economiche ai fini dell’individuazione delle tariffe Ta.Ri. applicabili, laddove invece avrebbe dovuto essere tenuta distinta ed essere destinataria di un trattamento di maggior favore.

Mentre la valutazione della fondatezza della censura attiene al merito, ai fini dell’ammissibilità del ricorso è sufficiente constatare che le delibere in questione vengono contestate in relazione alla mancata previsione di una tariffa rifiuti “agevolata” per la specifica categoria di aziende cui appartiene la ricorrente, con riferimento alla quale esse devono ritenersi in parte qua immediatamente lesive a prescindere dai successivi provvedimenti di accertamento e riscossione dei tributi (cfr. in senso analogo, con riferimento all’immediata lesività delle delibere comunali riguardanti tariffe Ta.Ri. nei confronti della categoria dei professionisti ricorrenti, Cons. Stato, I, parere n. 1945/2019, del 2 luglio 2019).

4.2. In conclusione, il motivo va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, vanno dichiarati ammissibili il ricorso e i motivi aggiunti proposti in primo grado dall’odierna appellante.

5. Vanno esaminati congiuntamente perché connessi i motivi secondo, terzo, quinto e sesto di gravame.

5.1. Con questi vengono riproposte sostanzialmente le censure di merito del primo grado, come già anticipato col rigetto dell’eccezione di inammissibilità del Comune, di cui sopra.

5.2. In particolare, col secondo ( Violazione di legge: art. 2135 c.c.;
L.n. 730/1985 per come sost. e mod. dalla L. 96/2006;
L.R. 15/2008 – complementarietà dell’attività agrituristica a quella agricola e prevalenza attività agricola, differenze altre utenze commerciali
) si sostiene che il Comune di Serino sarebbe incorso in violazione di legge ed eccesso di potere per non avere correttamente valorizzato e valutato la complementarietà dell’attività agrituristica rispetto all’attività agricola nonché il differente regime normativo e fiscale applicabile alle aziende agrituristiche rispetto ad altre utenze ovvero per aver effettuato un’illegittima assimilazione ai fini Ta.Ri. tra aziende agrituristiche o altre aziende.

Si individuano le norme di legge in forza delle quali l’attività agrituristica è da considerare una specificazione dell’attività agricola e non un’attività assimilabile a quella alberghiera, diversa per finalità e regime.

Oltre che la violazione delle disposizioni ivi citate, si assume che l’assimilazione dell’attività agrituristica ai campeggi, ai distributori di carburante e agli impianti sportivi, prevista dalle delibere comunali impugnate, sarebbe illogica, irragionevole e sproporzionata, pur dovendosi riconoscere che, producendo rifiuti urbani, resta assoggettata alla Ta.Ri.

5.3. Col terzo motivo ( Eccesso e sviamento di potere: irragionevolezza e sproporzione imposizione tributaria – erronea ed ingiustificata assimilazione;
violazione di legge: L. 147 del 27 dicembre 2013 art. 1 commi 639, 659, 660, 682 – art. 3 Cost.
) si assume che la disciplina comunale in materia di Ta.Ri. sarebbe anche in violazione del principio “chi inquina paga”, oltre che viziata da eccesso di potere per difetto di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza per profili in parte ulteriori e in parte coincidenti con quelli esposti nel secondo motivo.

5.4. Col quinto motivo ( Violazione di legge – Assenza di adeguata istruttoria ) si denuncia che le delibere impugnate sarebbero illegittime anche per difetto di istruttoria, cioè per aver omesso ogni valutazione in merito al fatto, noto all’amministrazione, che sul territorio comunale insistono aziende agrituristiche, ed in particolare l’Azienda Agrituristica Trombetta, di cui il Comune di Serino avrebbe dovuto tenere conto nella stesura ed approvazione del piano tariffario Ta.Ri. 2015.

5.5. Col sesto motivo ( Illegittimità delle deliberazioni di GC n. 54/2015 e delibera di Cc n. 10/2015 del Comune di Serino per difetto di motivazione ) si denuncia il difetto di motivazione, sotto il profilo della mancanza di congruenza esterna, cioè di idoneità della motivazione a rivelare la ragionevolezza del percorso logico seguito dall’amministrazione comunale nel processo di individuazione dei coefficienti per le diverse aree del territorio, richiesta da giurisprudenza interna (tra cui Cons. Stato, V, agosto 2015 n. 3781 e id., V, 10 febbraio 2009, n. 750) e sovranazionale (Corte di Giustizia UE, sentenza 16 luglio 2009, in C 254-08).

6. I motivi sono fondati.

La ricorrente contesta, in sintesi, la mancata previsione di tariffe Ta.Ri. per l’anno 2015 riferite specificamente all’attività agrituristica e la conseguente applicazione, di fatto, per le aziende esercenti tale attività (come appunto l’Azienda Agrituristica Trombetta), delle aliquote e tariffe stabilite per utenze commerciali (non domestiche) per attività (camping, distributori di carburanti, impianti sportivi) non aventi nulla in comune con l’attività agrituristica, comunque riconducibile a quella agricola.

6.1. L'attività agrituristica è infatti regolata nel contesto dell’attività agricola dalla legge “quadro” 20 febbraio 2006, n. 96 ( Disciplina dell'agriturismo ), che ha sostituito l’analoga disciplina della legge 5 dicembre 1985 n. 730, con norme cui va fatto riferimento nel caso di specie. Giova precisare che non costituisce motivo di inammissibilità del ricorso –come eccepito dal Comune di Serino – la menzione in primo grado delle norme di legge abrogate, poiché - fermo il principio iura novit curia – ciò che rileva, ai fini della decisione del ricorso, è la specialità dello statuto imprenditoriale delle aziende agrituristiche.

Questo si evince in primo luogo dall’art. 2135, comma 3, del codice civile (introdotto dall’art. 1 d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228), che annovera le attività di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge tra le attività “connesse” all’attività agricola.

L’art. 2 ( Definizione di attività agrituristica ) della detta legge quadro sull’agriturismo precisa quindi che: « Per attività agrituristiche si intendono le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali ».

Anche in giurisprudenza l’attività agrituristica, quando conforme ai tratti caratteristici delineati dal legislatore, viene assimilata all’attività agricola (Cass. III, 13 aprile 2007, n. 8851, secondo cui “ L'inquadramento dell'attività agrituristica (già disciplinata con la legge n. 730 del 1985, poi con il d.lgs. n. 228 del 2001 ed interamente regolamentata di nuovo con la più recente legge n. 96 del 2006) in quella agricola è subordinato alla condizione che l'utilizzazione dell'azienda agricola a fine di agriturismo sia caratterizzata da un rapporto di complementarità rispetto all'attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento del bestiame, che deve comunque rimanere principale (ovvero - secondo la dizione dell'attuale legge 20 febbraio 2006, n. 96 - "prevalente"). Ne consegue che all'attività di agriturismo, in quanto attività agricola, deve essere applicata la tariffa agricola corrispondente e non già quella per l'utenza alberghiera e, a tal fine, il giudice investito della relativa controversia può disapplicare le delibere della competente autorità che stabiliscano diversamente ”), anche a fini tributari (cfr. Cass., V, 14 febbraio 2014, n. 3455, anche per una ricostruzione dell’evoluzione normativa in materia), tenendo la stessa distinta dalle attività alberghiere o equiparabili.

Tutto ciò, in linea con le finalità dell’impresa agrituristica, quali delineate dall’art. 1 della legge “quadro”, nonché con la disciplina fiscale dell’art. 7, comma 2, che prevede che lo svolgimento dell’attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni regionali in materia, autorizzato ai sensi dell’art. 6, comporta l’applicazione di disposizioni fiscali favorevoli (art. 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e comunque di ogni normativa settoriale, riconducibile all’attività agrituristica, e, in mancanza, delle norme previste per il settore agricolo.

L’evidenziata differenziazione di condizione amministrativa e fiscale trova riscontro nella legislazione turistica, dato che, come sottolineato dall’appellante, il d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 ( Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo ), all’art. 12, colloca “ gli alloggi nell’ambito dell’attività agrituristica ” tra le “ strutture ricettive extralberghiere ”.

6.1.1. In detto quadro normativo va riconosciuta la qualità di azienda agricola all’esercente attività agrituristica complementare – ai sensi della richiamata disciplina nazionale, nonché dell’art. 10 della legge della Regione Campania n. 15/2008 – e ne va ritenuta perciò la non assimilabilità all’attività alberghiera, nonché a quella di gestione di campeggi, distributori di carburanti e impianti sportivi, anche ai fini dell’applicazione della Ta.Ri., tassa sui rifiuti, introdotta dall’art. 1, comma 639, l. 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità per il 2014) dal 1° gennaio 2014.

Presupposto d’imposta è la suscettibilità dei locali a produrre rifiuti urbani, sicché i rifiuti prodotti dall’attività agrituristica vanno comunque tassati e sono da reputarsi “non abitativi” e classificabili come da utenze non domestiche, perché provenienti da attività diversa da quella meramente abitativa. Tuttavia, dovendo l’attività agrituristica ricondursi alla (pur non coincidente) attività agricola ai sensi dell’art. 2135 cod. civ., la totale equiparazione operata dal Comune di Serino dell’attività agrituristica alle dette attività commerciali risulta effettivamente viziata.

6.1.2. In un caso analogo al presente, la Sezione ha ritenuto che “ l’assimilazione praticata [n.d.r. dell’azienda agrituristica ad aziende commerciali a fini Ta.Ri.] implica … una presunzione di equivalenza di condizione soggettiva: quando, all’opposto, l’ordinamento differenzia le due fattispecie, sia dal punto di vista dello statuto imprenditoriale e delle finalità dell’attività, sia dal punto di vista dell’ordinamento del turismo ” (così, in motivazione, Cons. Stato, V, 19 febbraio 2019, n. 1162).

Condividendosi tali premesse, si condividono le conclusioni raggiunte dal precedente appena citato, utili alla decisione del presente gravame, vale a dire che nella pur necessaria imposizione della tassa, riferita alla produzione di rifiuti urbani, è tuttavia richiesta la differenziazione, tipologica e quantitativa, rispetto alle attività commerciali - che sono di altro ordine e natura, non potendo addivenirsi all’inclusione, cioè alla sostanziale assimilazione, dell’agriturismo, che è un’attività economica a sé.

6.2. Inoltre, la giurisprudenza ha già ritenuto cogenti in questa materia i principi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza (Cons. Stato, V, 1 agosto 2015, n. 3781).

Pertanto, come dedotto dall’appellante, ragioni di proporzionalità ed adeguatezza richiedevano che la discrezionalità amministrativa tariffaria fosse espressa nelle delibere impugnate mediante un’autonoma considerazione delle attività agrituristiche presenti nel territorio comunale, previa adeguata istruttoria e coerente motivazione, in modo da pervenire, anche alla luce dell’art. 3 della Costituzione, ad una tassazione proporzionata alla connotazione specifica dell’attività e all’effettiva capacità di produzione dei rifiuti.

6.3. La difesa comunale - oltre alle eccezioni di inammissibilità, compresa quella di genericità, delle censure, che risultano superate dalle esposte ragioni di accoglimento - nel contrastare il quarto motivo di appello (su cui infra), osserva che il Comune di Serino, nella commisurazione delle tariffe Ta.Ri., ha applicato l’art. 1, comma 651, della legge n. 147/2013, cioè ha tenuto conto dei criteri determinati con il Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. A tali criteri l’amministrazione comunale si sarebbe attenuta e comunque le delibere gravate non sono state impugnate nella parte in cui sarebbero in contrasto con il detto regolamento.

6.3.1. Entrambi tali rilievi difensivi prescindono dalle effettive doglianze della ricorrente. L’Azienda Agrituristica Trombetta non ha lamentato la violazione del Regolamento recante “ norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani ”, ma ha censurato la mancata autonoma considerazione dell’attività agrituristica.

E’ vero che l’impugnata delibera della Giunta, poi confermata dal Consiglio comunale, del Comune di Serino, di approvazione delle tariffe del 2015 si basa sul regolamento comunale che ripartisce i costi del servizio secondo il “metodo normalizzato”, determinando le voci tariffarie da applicare alle utenze, domestiche e non domestiche: le prime costituite dalle sole abitazioni familiari, le seconde dalle restanti utenze (attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere), secondo categorie elencate nell’allegato 1 al Regolamento di cui al d.P.R. n. 158/1999. Tra tali categorie effettivamente non sono comprese le attività agrituristiche (mentre sono comprese in un’unica categoria le attività di “campeggi, distributori di carburanti e impianti sportivi”).

Tuttavia il citato precedente di questa Sezione ha ritenuto che le previsioni del Regolamento di cui al d.P.R. n. 158/1999 non siano di ostacolo all’individuazione, da parte dell’ente locale, di “sottocategorie” omogenee quanto alla produzione di rifiuti ovvero alla deliberazione di ulteriori riduzioni od esenzioni rispetto a quelle previste dal comma 659, nel legittimo esercizio della discrezionalità riconosciuta dal legislatore al comma 660 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.

In proposito, si condivide l’interpretazione della disciplina legislativa e regolamentare seguita dalla citata sentenza, secondo la quale “ al di là del prescelto criterio di base del metodo normalizzato - dividere le utenze in domestiche e non domestiche e con coefficienti di produttività tra un minimo ed un massimo – già di loro le dette previsioni indicano che il concreto esercizio della discrezionalità va sviluppato nel rispetto di una ragionevole graduazione, mediante riduzioni ed esenzioni, in rapporto all’effettivo e oggettivo carico di rifiuti prodotti ” (Cons. Stato, V, n.1162/2019 cit.).

Invero, mentre, da un lato, è da escludere che il “metodo normalizzato” del Regolamento di cui al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 debba essere rigidamente osservato avvalendosi delle sole categorie inserite nell’allegato al Regolamento, dall’altro, l’ente impositore è tenuto a modulare la sua discrezionalità, secondo i detti criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, tenendo conto della tipologia dell’attività regolamentata e della capacità di produzione dei rifiuti, anche in ragione delle modalità di esercizio di tale attività.

6.4. In conclusione, i motivi fin qui esaminati vanno accolti e, per l’effetto, vanno accolti il ricorso e i motivi aggiunti proposti dall’Azienda Agrituristica Trombetta nei confronti del Comune di Serino e vanno annullati, nei limiti dell’interesse, gli atti impugnati, nella parte in cui non prevedono tariffe differenziate per la Ta.Ri. 2015 per le attività agrituristiche.

7. Restano assorbiti il quarto e il settimo motivo di appello.

7.1. Il quarto motivo concerne infatti la mancata utilizzazione da parte del Comune di Serino dei margini di riduzione delle tariffe Ta.Ri. ammessi dall’art. 1, comma 652, della legge n. 147/2013 (fino al 50% sia per il coefficiente Kc, relativo alla parte fissa della tariffa, sia per il coefficiente Kd, relativo alla parte variabile della tariffa) ovvero di quelli consentiti dall’art. 1, comma 660, della stessa legge.

Si tratta di strumenti normativi, la cui adozione è rimessa alla discrezionalità dell’ente impositore. La necessità di rinnovare l’esercizio di quest’ultima, in esecuzione della decisione di annullamento e in conformità a quanto sopra statuito, rende il motivo in esame assorbito dall’accoglimento dei motivi precedenti.

L’assorbimento consente di prescindere anche dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del motivo per violazione dell’art. 104 c.p.a., quanto al divieto dei nova in appello, formulata dalla difesa civica.

7.2. Il settimo motivo concerne la legittimazione ad agire della ricorrente, in qualità di azienda agricola esercente attività agrituristica complementare, in conformità alla normativa statale e regionale, tuttavia mai contestata dal Comune di Serino.

8. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese dei due gradi per i profili di novità delle questioni poste dalla proposizione del ricorso in primo grado (giugno 2015), relativo al secondo anno di applicazione della normativa in tema di Ta.Ri. introdotta dalla legge di stabilità per l’anno 2014.

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