Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-07-17, n. 201804349

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-07-17, n. 201804349
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201804349
Data del deposito : 17 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2018

N. 04349/2018REG.PROV.COLL.

N. 08836/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8836 del 2017, proposto da Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti, 9;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.a.r. per il Lazio – Sede di Roma, Sez. I- bis n. 9350 del 21 agosto 2017, resa tra le parti, concernente irrogazione della sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati F S M e l'avvocato dello Stato Roberta Guizzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. il T.a.r. per il Lazio ha accolto il ricorso svolto dal carabiniere scelto -OMISSIS- avverso il provvedimento con cui gli era stata irrogata la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per detenzione di sostanza stupefacente.

1.1. Nel ricorso introduttivo del giudizio il -OMISSIS- aveva, tra l’altro, osservato di essere stato prosciolto dall’accusa di cessione di sostanza stupefacente con sentenza di non luogo a procedere “ perché il fatto non sussiste ” emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma in data 29 gennaio 2016 (irrevocabile dall’11 marzo 2016) e da lui stesso consegnata in copia brevi manu all’Amministrazione in data 3 giugno 2016: tuttavia, il provvedimento gravato sarebbe stato emanato soltanto in data 3 aprile 2017, ossia 30 giorni oltre il termine massimo di 270 giorni per la definizione del procedimento disciplinare stabilito dall’art. 1392, comma 3, cod. ord. mil., in tesi decorrente appunto dal 3 giugno 2016.

1.2. Costituitasi l’Amministrazione, il T.a.r. ha accolto tale censura e, assorbite le censure di merito, ha annullato l’atto impugnato.

2. L’Amministrazione ha interposto appello, affidato a due motivi:

- con il primo ha sostenuto che il 3 giugno 2016 il -OMISSIS- avrebbe consegnato “ una mera copia fotostatica ” della sentenza, che sarebbe, poi, stata acquisita dall’Amministrazione completa del visto di conformità all’originale e della dichiarazione di irrevocabilità in data 7 luglio 2016: solo da tale momento, dunque, dovrebbe computarsi il termine di 270 giorni per la definizione del procedimento disciplinare, che risulterebbe, pertanto, rispettato, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata;

- con il secondo ha censurato il regolamento delle spese di lite disposto in prime cure.

2.1. Il -OMISSIS-, ritualmente costituitosi, ha sostenuto che l’Amministrazione avesse acquisito autonomamente la copia conforme della sentenza (pur non munita dell’attestazione di irrevocabilità) il 12 aprile 2016 ed avesse poi ricevuto da lui stesso, in data 3 giugno 2016, un’ulteriore copia della sentenza munita dell’attestazione di irrevocabilità: da tale momento, pertanto, l’Amministrazione avrebbe avuto a disposizione tutti i dati necessari e sufficienti per l’attivazione del procedimento disciplinare.

2.2. Nel merito, il -OMISSIS- ha riproposto le censure assorbite in prime cure, afferenti all’assunta sproporzione della sanzione inflitta rispetto al fatto contestato (anche in considerazione dei suoi precedenti di servizio, dell’età anagrafica e dell’anzianità di servizio all’epoca dei fatti), nonché all’assenza di istruttoria circa la sua effettiva qualità di consumatore di sostanze stupefacenti, posto che lo stupefacente sarebbe stato reperito, nel corso di una perquisizione domiciliare in data 25 ottobre 2012, in un porta-cd dell’allora convivente, in passato saltuaria consumatrice di tali sostanze, e che i successivi controlli tossicologici svolti nei suoi confronti in data 18 dicembre 2012 avrebbero avuto esito negativo.

2.3. Alla camera di consiglio del 18 gennaio 2018 l’istanza cautelare svolta dall’Amministrazione è stata accolta.

2.4. Il ricorso è, quindi, stato trattato alla pubblica udienza del 12 luglio 2018, in vista della quale il solo -OMISSIS- ha versato in atti difese scritte.

3. Il ricorso merita accoglimento.

4. Il Collegio osserva, preliminarmente, che non ha pregio l’eccezione di inammissibilità svolta dal -OMISSIS- con riferimento al primo motivo di appello dell’Amministrazione, in tesi connotato da genericità: al contrario, le argomentazioni ivi formulate consentono di evincere i motivi di doglianza svolti nei confronti della pronuncia di primo grado.

5. Quanto al merito della questione, il Collegio rileva che, in base agli atti, risulta:

- che in data 12 aprile 2016 l’Amministrazione abbia autonomamente acquisito copia conforme della sentenza priva dell’attestazione di irrevocabilità;

- che, quindi, in data 3 giugno 2016 il -OMISSIS- abbia consegnato brevi manu presso gli uffici dell’Amministrazione copia non conforme del provvedimento giurisdizionale recante l’attestazione del passaggio in giudicato;

- che, infine, in data 7 luglio 2016 l’Amministrazione abbia acquisito copia conforme della sentenza munita anche dell’attestazione di irrevocabilità.

6. Il Collegio rileva, anzitutto, che la copia conforme acquisita dall’Amministrazione in data 12 aprile 2016 è stata depositata dal ricorrente solo in questo grado di giudizio, in violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a.: del resto, di tale autonoma acquisizione da parte dell’Amministrazione non era fatto alcun cenno nel ricorso introduttivo del giudizio di prime cure, in cui le difese del ricorrente si incentravano esclusivamente sull’assunta natura “ autentica ” della copia consegnata in data 3 giugno 2016.

6.1. In disparte tale (pur dirimente) considerazione, il Collegio osserva che, secondo la prospettazione defensionale coltivata dal -OMISSIS- in questo grado di giudizio, il contestuale apprezzamento della copia conforme della sentenza autonomamente acquisita in data 12 aprile e della successiva copia non autentica ma corredata dell’attestazione di irrevocabilità consegnata in data 3 giugno avrebbe determinato, in capo all’Amministrazione, la conoscenza di tutti i dati necessari all’instaurazione del procedimento disciplinare: dal 3 giugno, pertanto, avrebbero cominciato a decorrere i termini previsti dalla legge per il radicamento e la successiva definizione del procedimento disciplinare.

6.2. Siffatta ricostruzione non può essere accolta.

6.3. Anzitutto, l’attestazione del passaggio in giudicato risulta solo dalla copia non autentica consegnata brevi manu dal -OMISSIS- il 3 giugno e non costituisce, pertanto, un dato qualificabile come formalmente acclarato alla data del 3 giugno.

6.4. In termini più generali, inoltre, l’art. 1392 cod. ord. mil., laddove indica come dies a quo del termine per il radicamento e la definizione del procedimento disciplinare di stato “ la data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono ”, fa evidentemente riferimento ad una conoscenza giuridicamente certa, che può derivare solo dall’acquisizione di copia conforme della sentenza completa dell’attestazione di irrevocabilità (arg. da Cons. Stato, Sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3652).

6.5. Una mera copia non conforme della sentenza penale, oppure una copia conforme ma priva dell’attestazione del passaggio in giudicato, non sono infatti strutturalmente in grado di consentire all’Amministrazione di disporre, ai fini della decorrenza del termine per l’avvio e la conclusione del procedimento disciplinare, di una “ conoscenza integrale ”, che presuppone il carattere documentalmente completo e giuridicamente certo in ogni sua parte del provvedimento giurisdizionale acquisito in copia dall’Amministrazione.

6.6. Di converso, la norma non individua un termine entro il quale l’Amministrazione debba provvedere all’acquisizione documentale, oltretutto dipendente dai tempi necessari alle cancellerie degli uffici giudiziari per evadere le richieste;
peraltro, nel caso di specie sono intercorsi meno di quattro mesi tra il passaggio in giudicato della sentenza e l’acquisizione della relativa copia conforme da parte dell’Amministrazione militare.

6.7. Posto, dunque, che il dies a quo è individuabile al 7 luglio 2016, risulta rispettato sia il termine di 90 giorni per l’attivazione del procedimento disciplinare di stato fissato dall’art. 1392, comma 1, cod. ord. mil., atteso che la contestazione degli addebiti è stata formalizzata in data 12 settembre 2016 e notificata all’interessato in data 21 settembre 2016, sia il termine di 270 giorni per la definizione del procedimento stabilito dall’art. 1392, comma 3, cod. ord. mil., giacché il provvedimento conclusivo è stato emanato in data 3 aprile 2017.

6.8. Deve, pertanto, essere accolto l’appello dell’Amministrazione, con conseguente integrale riforma della gravata sentenza anche in punto di regolamento delle spese di lite.

6.9. Il Collegio evidenzia, per scrupolo motivazionale, che non hanno pregio le argomentazioni svolte da ultimo dal -OMISSIS- nella memoria dell’8 giugno 2018 in ordine alla sostanziale equipollenza, ai fini della decorrenza del termine per l’avvio e la definizione del procedimento disciplinare, della sentenza di non luogo a procedere e del provvedimento di archiviazione, con conseguente illegittimità costituzionale in parte qua dell’art. 1392 cod. ord. mil. ove interpretato diversamente.

6.10. Ai sensi dell’art. 428 c.p.p., infatti, la sentenza di non luogo a procedere (che, non a caso, il codice qualifica come tale e non come ordinanza, come decreto o come altro atto comunque non definitivamente decisorio) è impugnabile ed è, pertanto, soggetta a passare in giudicato, a differenza del provvedimento di archiviazione: la revoca di cui all’art. 434 c.p.p. costituisce un istituto diverso riservato al solo P.M. per il caso di sopravvenienza o scoperta, dopo l’emanazione della sentenza, di nuove fonti di prova, che non elide, quindi, l’ordinaria facoltà di impugnazione ed osta, pertanto, all’assimilazione al provvedimento di archiviazione (del resto superabile per la mera rappresentazione, da parte del P.M., della “ esigenza di nuove investigazioni ” – art. 414 c.p.p.).

6.11. I profili di assunta illegittimità costituzionale dell’art. 1392 cod. ord. mil. sono, dunque, manifestamente infondati.

7. Quanto alle censure di merito svolte dal -OMISSIS- in prime cure, assorbite dal T.a.r. e riproposte nella presente sede, il Collegio evidenzia, in primo luogo, che la stessa sentenza di non luogo a procedere emessa dal G.I.P. di Roma e passata in giudicato sostiene che il -OMISSIS- fosse un “ modesto consumatore ” di sostanze stupefacenti e che intrattenesse rapporti con persone dedite al traffico di stupefacenti.

7.1. Dal verbale di perquisizione domiciliare del 25 ottobre 2012, inoltre, si evince che lo stupefacente (grammi 1 di marijuana e grammi 0,2 di hashish, pari a due dosi di THC) fu reperito in due “ porta-cd ” situati nel salone, facilmente accessibili da entrambi gli occupanti della casa;
in proposito, l’allora convivente del -OMISSIS-, sentita nell’ambito del procedimento disciplinare, ha negato che lo stupefacente in questione fosse suo, aggiungendo di avere appreso della perquisizione e del conseguente reperimento della sostanza solo in seguito dallo stesso -OMISSIS-.

7.2. Risulta, peraltro, che all’esito della perquisizione domiciliare il -OMISSIS- fu invitato a sottoporsi ad esami tossicologici che, tuttavia, egli sostenne solo in data 18 dicembre 2012 per motivi di salute conseguenti ad una “ dichiarata caduta accidentale domestica ”.

7.3. Orbene, la complessiva considerazione delle cennate evidenze non consente di apprezzare, nella delibazione amministrativa, profili di illegittimità.

7.4. Anzitutto, pur a non volersi limitare alle conclusioni raggiunte in proposito dal Giudice penale con sentenza irrevocabile, la qualità di consumatore di sostanze stupefacenti del -OMISSIS- è, comunque, fondatamente desumibile dagli esiti della perquisizione domiciliare, dalle dichiarazioni rese dall’allora convivente, dalla documentata consuetudine del -OMISSIS- di relazionarsi con soggetti dediti allo spaccio, dalla notevole distanza temporale fra la perquisizione domiciliare (25 ottobre 2012) e la sottoposizione a visita tossicologica (18 dicembre 2012), che ne ha reso assai poco attendibile l’esito negativo.

7.5. Di converso, come evidenziato nella relazione finale dell’inchiesta formale, lo stato di servizio del -OMISSIS- non evidenziava “ alcun particolare merito ” e le di lui valutazioni caratteristiche avevano subito una flessione sino a pervenire alla valutazione di “ inferiore alla media ”. E’, invece, irrilevante il rendimento del servizio prestato dall’interessato, peraltro per pochi mesi, nel periodo intercorrente fra la sentenza di prime cure e l’ordinanza cautelare di questa Sezione con cui è stata accolta l’istanza di sospensione della relativa esecutività.

7.6. Risulta, altresì, congrua e proporzionata la massima sanzione disciplinare di stato inflitta nella specie: come già rilevato nell’ordinanza cautelare, premesso che “ in linea generale l’Amministrazione militare dispone di ampia discrezionalità nell’apprezzamento a fini disciplinari delle condotte tenute dagli appartenenti al Corpo ” (in termini v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1302, §§ 10.2, 10.3 e 10.5), non palesa evidenti profili di illogicità la valutazione di gravità disciplinare massima della condotta di consumo di droghe leggere da parte di un appartenente ad un Corpo, quale l’Arma dei carabinieri, istituzionalmente preposto, inter alia, alla repressione proprio del fenomeno dello spaccio e della diffusione di sostanze stupefacenti, tenuto conto che la provvista di sostanza stupefacente anche per il mero uso personale impone necessariamente il contatto con soggetti che vendono tale sostanza e che, dunque, compiono un reato ” (in termini Cons. Stato, Sez. IV, 8 marzo 2017, n. 1086, §§ 9 – 12, cui si opera integrale richiamo ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d], c.p.a.;
v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 2017, n. 885, § 9.3).

8. Le spese di lite del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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