Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-08-31, n. 202207609

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-08-31, n. 202207609
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202207609
Data del deposito : 31 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/08/2022

N. 07609/2022REG.PROV.COLL.

N. 09579/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9579 del 2019, proposto dal signor G C, rappresentato e difeso dall’avvocato D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S F in Roma, via delle Cave n. 45;

contro

le signore A R, M R e M A T, rappresentate e difese dall’avvocato N R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R S in Roma, viale Marconi n. 19;

nei confronti

del Comune di Montepaone, in persona del sindaco pro tempore , non costituitosi in giudizio;
dei signori Sandra Federici, Francesco Ficchì e Francesca C, non costituitisi in giudizio;

per la riforma in opposizione di terzo

della sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, n. 1119 del 18 febbraio 2019, resa tra le parti.


Visto il ricorso in opposizione con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle signore A R, M R e M A T del 19 dicembre 2019

Viste le memorie difensive del ricorrente in data 19 novembre 2020, 14 marzo 2022 e 14 maggio 2022 e delle intimate in data 25 novembre 2020, 14 marzo 2022, 16 maggio 2022 e 26 maggio 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il consigliere Claudio Tucciarelli, udito l'avvocato R S su delega dell’avvocato N R e vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato D C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor Antonio R impugnava innanzi al T.a.r. per la Calabria la concessione edilizia (n. 39 in data 24 dicembre 2001), rilasciata dal Comune di Montepaone alle signore Sandra Federici, Francesca C e G C per la realizzazione di tre palazzine in un lotto vicino alla sua abitazione (n.r.g. 297/2002).

Si costituivano in giudizio le due controinteressate (Sandra Federici e Francesca C) e il Comune.

Avverso tale atto, il ricorrente deduceva:

- l'incompetenza del tecnico comunale che aveva rilasciato la concessione edilizia;

- la violazione delle norme del p.r.g. vigente, atteso che i tre fabbricati affacciavano su una stradella originariamente cieca e che tale non era più, larga m. 6;
tale stradella, consentendo il passaggio nella pubblica via, avrebbe comportato che su di essa potessero prospettare nuovi edifici solo garantendo la larghezza normale di 10 metri;

- la mancata adozione di un piano attuativo, trattandosi di realizzare una pluralità di edifici in zona parzialmente inedificata.

1.1. Il T.a.r. per la Calabria, sezione seconda, con sentenza n. 425 dell’11 maggio 2007, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alle spese di giudizio, ritenendo infondati tutti e tre i motivi di censura: il primo, sulla base di quanto disposto dal t.u.e.l. (d. lgs. n. 267/2000) agli articoli 107, commi 2 e 3, e 109, comma 2;
il secondo, in quanto il lotto dove erano in costruzione le tre palazzine non richiedeva la redazione di un piano particolareggiato, come pure stabilito dalla n.t.a. n. 15.3, trattandosi di una situazione assimilabile al lotto intercluso per cui non era necessaria la lottizzazione o altro strumento convenzionale finalizzato alla edificazione, a ciò bastando la concessione edilizia semplice, il terzo, in quanto, sulla base delle n.t.a. prodotte dall’amministrazione, la distanza da rispettare era quella di cinque metri dal confine stradale. La sentenza del T.a.r. ha inoltre rigettato, in quanto inammissibile, la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dalle controinteressate.

2. Il signor R ha quindi impugnato la sentenza del T.a.r. (con ricorso allibrato al n.r.g. 5774/2008), riproponendo le doglianze già dedotte in primo grado e contestando le motivazioni della sentenza impugnata.

A tal fine ha in particolare dedotto quanto segue:

a) il tecnico venne designato dal sindaco come responsabile dell'Ufficio tecnico comunale solo in data successiva ai provvedimenti impugnati, sicché il permesso di costruire avrebbe dovuto essere rilasciato dal Segretario comunale;

b) la situazione di fatto non era assimilabile a quella di un lotto intercluso dal punto di vista urbanistico, in una situazione rispetto alla quale sarebbe stata necessaria invece la lottizzazione convenzionata sia quanto alla modificazione dell'area sia quanto alla compromissione della zona;

c) la connotazione della nuova strada era tale da richiedere una larghezza di metri 10 più il marciapiede.

Si è costituito in appello il Comune di Montepaone e, successivamente, depositando atto di riassunzione, si sono costituite le signore A R, M R e Antonietta Teti Maria, in qualità di eredi del signor Antonio R.

Il Comune:

- ha poi riproposto l'eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della determina del Comune di Montepaone n. 6 del 6 marzo 2002, con cui era stata "convalidata" la concessione edilizia n. 39 del 24 dicembre 2001;

- ha nuovamente dedotto la carenza di interesse ad agire per non essere stato esplicitato il pregiudizio derivante dal provvedimento impugnato;

- ha controdedotto nel merito.

2.1. Il Consiglio di Stato, sezione quarta, con sentenza n. 1119 del 18 aprile 2019:

- ha rilevato la tardività della riproposizione delle eccezioni di improcedibilità e di carenza di legittimazione da parte del Comune di Montepaone, ritenendole peraltro infondate;

- ha accolto l’appello, in quanto:

a) ha ritenuto dirimente il tenore dell'art. 15 delle n.t.a. del p.r.g. vigenti all'epoca che, conferendo rilievo allo stato di parziale inedificazione delle zone interessate, escludeva così in radice la stessa possibilità, in tali zone, di un intervento edilizio diretto;

b) ha condiviso il rilievo dell’appellante secondo cui un intervento che, come nella fattispecie, prevede la realizzazione di tre fabbricati residenziali richiedeva quantomeno il preventivo e compiuto accertamento da parte del Comune in ordine all'esistenza degli standard urbanistici minimi prescritti né tale accertamento era stato compiuto dal primo giudice, rimanendo così priva di adeguato supporto probatorio l'affermazione del T.a.r. in ordine alla sussistenza di una situazione assimilabile a quella del c.d. "lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata";

c) ha osservato che, per tabulas , era risultato che la nuova edificazione in progetto si innestava su un sistema di viabilità non ancora completo e definito, per effetto dell'apertura della strada di collegamento con la preesistente viabilità comunale, per cui si versava proprio in una delle situazioni che richiedono una ulteriore pianificazione di dettaglio;

- ha conseguentemente dichiarato assorbita ogni altra censura;

- per l’effetto ha accolto il ricorso di primo grado e annullato la concessione edilizia impugnata;

- ha condannato il Comune di Montepaone alla rifusione in favore delle appellanti delle spese del doppio grado di giudizio.

3. L’odierno ricorrente, signor G C - dopo avere ricevuto notifica della comunicazione di avvio del conseguente procedimento di demolizione delle opere realizzate a mezzo della concessione edilizia n. 39 del 24 dicembre 2001 - ha proposto ricorso per opposizione di terzo, avendo rilevato che il procedimento scaturiva dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1119/2019, mai notificata all’opponente e pronunciata in riforma della sentenza del T.a.r. per la Calabria n. 425/2007, anch’essa ignota al ricorrente.

Il ricorrente ha infatti evidenziato di non essere mai stato notiziato né dell’appello né del precedente giudizio di primo grado.

Con l’opposizione alla sentenza n. 1119/2019 del Consiglio di Stato, il signor C ha dedotto quanto segue.

3.1. Interesse ad agire. L’interessato sarebbe un litisconsorte necessario pretermesso, quale primo intestatario del provvedimento abilitativo, annullato dalla sentenza impugnata, e quindi è certamente portatore di un interesse qualificato alla conservazione dell’atto concessorio

3.2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 95 c.p.a.;
violazione degli artt. 24 e 111 Cost.

Sarebbe palese la violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio, costituzionalmente garantiti, nell’ambito sia del primo che del secondo grado del procedimento giudiziario.

3.3. Legittimo affidamento. A distanza di quasi diciotto anni dal rilascio della concessione edilizia n. 39/2001, annullata dalla sentenza impugnata, si sarebbe formato il legittimo affidamento ingenerato nel privato da provvedimenti amministrativi e correlato all’interesse pubblico alla certezza dei rapporti giuridici costituiti dall’atto amministrativo, nonché dalla stabilità dei provvedimenti amministrativi stessi.

Al contempo, la motivazione della sentenza impugnata non scalfirebbe interessi legittimi o diritti di alcuno, ma è unicamente volta al rispetto della normativa urbanistica pro tempore .

Inoltre, il Comune di Montepaone avrebbe, ormai da quindici anni, mutato il vecchio contenuto dell’art. 15.3 delle norme tecniche di attuazione del proprio p.r.g., sulla cui interpretazione è fondamentalmente basata la sentenza oggetto di impugnativa, e che asserisce, per la realizzazione delle opere richieste, la necessità di un piano particolareggiato, laddove fu invece assentito l’intervento diretto.

4. Si sono costituite, per resistere, le signore A R, M R e M A T, articolando (v. memoria di costituzione del 19 dicembre 2019) due eccezioni preliminari:

- l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale alle liti, ovvero per nullità della medesima;

- il difetto di legittimazione attiva in capo al signor C il quale non è più titolare della concessione edilizia annullata a far data dal 21 marzo 2003, in forza del provvedimento di voltura dell’originaria concessione edilizia n. 39/2001 a favore della società CO.IM. S.n.c.

Le intimate, in subordine, hanno dedotto l’infondatezza della richiesta di condanna alle spese di lite sostenendo che, poiché la responsabilità per la mancata partecipazione dell’odierno opponente al giudizio conclusosi con la sentenza opposta sarebbe ascrivibile, ex art. 49 c.p.a., in via esclusiva al giudice amministrativo, sussisterebbero, nel caso di specie, tutti i presupposti perché si proceda – in caso di accoglimento del ricorso – all’integrale compensazione, fra le parti, delle spese di lite.

5. Il ricorrente ha controdedotto con memoria del 19 novembre 2020, cui hanno replicato le intimate con memoria del 25 novembre 2020.

5. Il Consiglio di Stato, sezione quarta, con sentenza non definitiva n. 7570 del 15 novembre 2021:

- ha respinto le eccezioni sollevate dalle controinteressate, con riferimento al preteso difetto del carattere speciale della procura alle liti e alla data della procura;

- ha rigettato l’eccezione delle controinteressate relativa all’insussistenza di interesse ad agire, poiché il signor C è destinatario di un’ordinanza di demolizione, adottata dal Comune di Montepaone in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, n. 1119 del 18 febbraio 2019;

- nel merito ha ritenuto ammissibile e fondata l’opposizione, limitatamente alla fase rescindente, in quanto l’interessato, essendo contitolare della concessione edilizia, era un contraddittore necessario del giudizio finalizzato all’annullamento di siffatto titolo abilitativo e, di conseguenza, ferma restando l’ammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio (ritualmente notificato agli altri controinteressati, cointestatari della concessione edilizia), l’annullamento dell’atto impugnato avrebbe dovuto necessariamente essere preceduto dall’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’odierno opponente;

- ha quindi annullato la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, n. 1119 del 18 febbraio 2019, in quanto resa in assenza di uno dei contraddittori necessari;

- ha poi reputato di potere direttamente passare all’esame della fase rescissoria, rilevando che:

a) nel processo amministrativo la pretermissione del litisiconsorte necessario non determina ineluttabilmente la regressione del processo in primo grado, vigendo la peculiare regola per cui “ L’integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato ” (art. 49, comma 2, c.p.a;
cfr., in sede di appello, l’art. 95, comma 5);

b) nella fattispecie, pur in assenza di richiami espliciti, non poteva escludersi che il T.a.r. avesse ritenuto effettivamente di applicare tale disposizione per ragioni di economia processuale;

c) come già osservato dal Consiglio di Stato (cfr. sez. II, ordinanza n. 4578 del 15 luglio 2020), l’esistenza di siffatta disciplina specifica del processo amministrativo non rende percorribile sic et simpliciter la regressione degli atti al giudice di prime cure ex art. 105 c.p.a.;

d) nel caso in esame, poiché era stato lo stesso controinteressato pretermesso a proporre l’opposizione di terzo, il contraddittorio era ormai integro, tuttavia – non avendo le parti compiutamente articolato le rispettive domande, difese e argomentazioni in merito alla fase rescissoria del presente giudizio – preliminarmente alla decisione risultava opportuno sollecitarne le deduzioni;

- ha conseguentemente disposto il rinvio della trattazione della fase rescissoria ai fini del deposito delle memorie conclusive delle parti e delle eventuali repliche, rinviando l’ulteriore trattazione a un’udienza fissata dal Presidente titolare della Sezione.

6. Il ricorrente e le controinteressate hanno quindi depositato memorie difensive e documenti.

Le controinteressate (v. memoria del 14 marzo 2022) hanno confermato le doglianze dedotte nei precedenti gradi di giudizio con riferimento al vizio relativo alla carenza di piano particolareggiato richiesto dalle n.t.a. del tempo;
hanno ulteriormente criticato la sentenza non definitiva con riguardo alla reiezione della eccezione di inammissibilità per vizio relativo alla procura speciale.

Il ricorrente (v. memorie del 14 marzo 2022 e del 14 maggio 2022):

- deduce la nullità delle pronunce per difetto assoluto del contraddittorio, contestando la possibilità di fare ricorso al contenuto dell’art. 49, comma 2, c.p.a.;

- lamenta il difetto di interesse delle resistenti, non ritenendo sufficiente il mero criterio della vicinitas ;

- ripropone la lesione del legittimo affidamento;

- condivide gli argomenti della impugnata sentenza del T.a.r. sul carattere intercluso del lotto interessato e della conseguente possibilità di intervento diretto;

- denuncia la disparità di trattamento alla luce di disposizioni delle n.t.a. ormai non più in vigore da circa venti anni e delle diverse condizioni in cui si sono trovati altri privati in situazioni analoghe.

7. Le controinteressate hanno depositato memoria il 16 maggio 2022 (alle ore 18,41) e memoria di replica il 26 maggio 2022 (alle ore 16,02).

8. All’udienza pubblica del 16 giugno 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Il Collegio deve rilevare preliminarmente l’inammissibilità della memoria difensiva e della memoria di replica depositate dalle controinteressate, rispettivamente, il 16 maggio 2022, alle ore 18,41, e il 26 maggio 2022, alle ore 16,02. Non risultano infatti osservati i termini, rispettivamente, di trenta e di venti giorni liberi prima dell’udienza di discussione, fissata per il 16 giugno 2022, previsto per il deposito di memorie e di memorie di replica dall’art. 73, comma 1, c.p.a. Infatti, per i termini c.d. liberi non deve computarsi né il giorno iniziale né quello finale;
ne consegue che il deposito delle memorie, essendo avvenuto l’ultimo giorno utile ma dopo le ore 12, è tardivo ex art. 4, comma 4, secondo periodo, delle norme di attuazione del c.p.a., e va disposto lo stralcio delle stesse dagli atti del giudizio (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1841 del 2021;
sez. IV, n. 5767 del 2021;
sez. IV, n. 1732 del 2022). Tali memorie divengono inutilizzabili tout court .

10. Il Collegio ritiene che debba essere accolta l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse in capo al ricorrente in primo grado, proposta dall’opponente nel presente giudizio.

Infatti, nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, una volta affermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas , costituente elemento fisico-spaziale quale stabile collegamento tra un determinato soggetto e il territorio o l’area sul quale sono destinati a prodursi gli effetti dell’atto contestato, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato. L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso ed è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo. Ne deriva che, nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 22 del 2021;
v. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 5916 del 2022).

Come ha precisato la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato – cui il Collegio aderisce – la vicinitas da sola non basta a fondare anche l’interesse, dovendo il ricorrente fornire la prova concreta di un pregiudizio sofferto (in termini analoghi, v. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2021, n. 4650;
sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 962;
sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4830;
C.g.a., 30 giugno 2020, n. 488;
Cass. civ., sez. un., n. 20869 del 2022).

Va dunque valutato caso per caso se l’eventuale annullamento del titolo edilizio possa comportare effetti di riduzione in pristino rispetto all'opera edilizia, che si rivelino concretamente utili per il ricorrente, e non meramente emulativi, non essendo sufficiente la mera finalità demolitoria: l'interesse a ricorrere consiste (deve consistere) in un'utilità ulteriore che il ricorrente mira a conseguire proponendo la sua azione. L'ordinamento non tutela infatti azioni meramente emulative.

Si tratta di un principio espressamente enucleato per le azioni a tutela della proprietà immobiliare (art. 833 c.c.), che vale (a maggior ragione) per i ricorsi in materia edilizia.

Alla luce della giurisprudenza richiamata, il Collegio ribadisce che, anche nel caso di ricorsi avverso singoli titoli edilizi, non è sufficiente lo stabile collegamento dell'immobile del terzo con quello interessato dai lavori a radicarne la legittimazione ad agire, dal momento che il pregiudizio della situazione soggettiva protetta non può essere considerato sussistente in re ipsa in ragione dell’abuso edilizio dedotto.

Nel caso di specie, non un solo elemento emerge per suffragare il quid pluris , rispetto alla mera vicinitas , richiesto per il riconoscimento dell’interesse ad agire, né risultano evidenze che dimostrino l’utilità concreta che sarebbe derivata al ricorrente in primo grado dall’eventuale accoglimento del ricorso.

Infatti, la sola vicinitas e l’identità del contesto territoriale e urbanistico non sono in grado di superare lo scrutinio di ammissibilità con riguardo alla sussistenza di un pregiudizio specifico derivante dall’intervento assentito.

In altri termini, il ricorrente in primo grado non ha fornito elementi di prova concreta circa il vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica.

11. La preliminare valutazione di inammissibilità esime il Collegio dall’affrontare il merito degli originari motivi del ricorso in primo grado.

A tanto consegue il rigetto dell’appello proposto avverso la sentenza del T.a.r. Calabria n. 425 del 2007, e la conferma, con diversa motivazione, di quest’ultima.

12. La novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

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