Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-04-27, n. 201502152
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N. 02152/2015REG.PROV.COLL.
N. 07950/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7950 del 2013, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dall’avv. G B, con domicilio eletto in Roma, Via dell'Accademia Albertina, n. 19;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I Ter, n. 3083 del 26 marzo 2013, resa tra le parti, concernente la richiesta di inquadramento nella qualifica dirigenziale prefettizia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il consigliere Dante D'Alessio e uditi, per le parti, l’avvocato G B e l’avvocato dello Stato Wally Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il dr. A M, all’epoca direttore amministrativo contabile, Area C3, dell'Amministrazione civile dell'Interno, si è rivolto al T.A.R. per il Lazio per vedere accertato il suo diritto ad essere inquadrato nel ruolo dirigenziale prefettizio ed aveva lamentato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34 del d.lgs. n.139 del 19 maggio 2000, laddove aveva limitato ai soli dipendenti appartenenti all'area giuridico amministrativa tale possibilità, con una ingiustificata disparità di trattamento.
2.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I Ter, con sentenza n. 3083 del 26 marzo 2013, ha respinto il ricorso.
Dopo aver ricordato che i funzionari accedevano a ciascuna delle due aree (quella giuridico amministrativa e quella amministrativa contabile) « partecipando a concorsi diversi (ai quali si poteva partecipare se in possesso di titoli di studio diversi), superando i quali si acquisivano qualifiche diverse e si svolgevano differenti carriere », e che « con l'art. 2 del d.lgs. n. 29/93 (prima) e con l’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001 (poi), il solo personale della carriera prefettizia ha continuato ad essere disciplinato a livello pubblicistico, mentre è stato privatizzato il personale dell'amministrazione civile dell'interno collocato nell'area amministrativo-contabile », il T.A.R. ha ritenuto che « in tale contesto, non appare illogica la scelta del legislatore di riservare la titolarità degli uffici di livello dirigenziale esclusivamente al personale della carriera prefettizia ».
Inoltre, secondo il T.A.R., il ricorrente non poteva lamentarsi dei limiti posti per la partecipazione ai concorsi riservati per il passaggio alla carriera prefettizia non avendo « dedotto, né dimostrato, di aver presentato domanda per partecipare ad uno dei concorsi banditi ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 139/2000 e di essere stato escluso per aver superato il limite d'età ».
3- Il dr. A M ha appellato l’indicata sentenza e ne ha sostenuto l’erroneità sotto diversi profili. In particolare, il dr. M ha insistito nell’evidenziare l’ingiusta discriminazione subita in quanto, pur avendo superato un concorso analogo a quello all’epoca previsto per l’area giuridico amministrativa, e pur avendo seguito un percorso di lavoro parallelo a quello della predetta area giuridico amministrativa, con analoga progressione di carriera, identico trattamento economico e con l’assegnazione di incarichi di responsabilità, si è visto ingiustamente precludere l’accesso alla qualifica dirigenziale prefettizia, per effetto delle disposizioni dettate dall’art. 34 del d.lgs. n. 139 del 19 maggio 2000, con la retrocessione al grado di funzionario economico finanziario.
4.- L’appello non è fondato.
Si deve, in proposito ricordare, come ha già fatto anche il T.A.R., che una netta separazione fra la carriera prefettizia e quella del personale dell'amministrazione civile del Ministero dell'Interno, collocato nell'area amministrativo-contabile, si è realizzata quando il legislatore, con il d.lgs. n. 29 del 1993, ha previsto, in via generale, la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ed ha escluso dalla privatizzazione, per quel che qui interessa, il personale appartenente alla carriera prefettizia.
Tale esclusione è stata giustificata dalla particolare natura delle funzioni pubbliche esercitate dagli appartenenti a tale professione.
4.1.- Il Consiglio di Stato, con sentenza della Sezione VI, n. 7591 del 30 dicembre 2005, ha, in proposito, ritenuto, in un ricorso proposto da soggetti appartenenti ad altri ruoli del personale dell’amministrazione civile dell’Interno, che non vi fossero le ragioni per sollevare una questione di legittimità costituzionale, in ordine a tale diversa previsione.
Si doveva considerare, infatti, ragionevole l’esclusione dalla privatizzazione di quelle categorie di pubblici impiegati che esercitano funzioni autoritative pubbliche nel campo della giustizia, dell’ordine e della sicurezza pubblica, delle relazioni internazionali e del governo dell’economia.
Era quindi giustificata l’esclusione dalla privatizzazione dei funzionari amministrativi del Ministero dell’Interno dalla carriera prefettizia « mentre non si giustificherebbe l’esclusione dalla privatizzazione del personale dell’area economico – finanziaria, che svolge funzioni analoghe a quelle del personale di altri Ministeri, con analoghe qualifiche, pur nelle peculiarità delle regole giuscontabilistiche proprie dell’amministrazione dell’interno ».
5.- Successivamente la legge n. 266 del 28 luglio 1999 ha delegato il Governo a riordinare la carriera diplomatica e quella prefettizia. Il d.lgs. n. 139 del 19 maggio 2000, in attuazione di tale delega, ha, quindi, dettato « Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia ».
Da tali atti normativi si evince in modo inequivoco che alla carriera prefettizia appartengono solo le qualifiche più elevate di prefetto, vice prefetto, e viceprefetto aggiunto, e non anche le qualifiche del personale dell’area economico – finanziaria dell'amministrazione civile del Ministero dell'Interno, e che la carriera prefettizia riguarda solo i funzionari del Ministero dell’Interno che svolgono funzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 7591 del 30 dicembre 2005 cit.).
6.- Ciò posto, tenuto conto della separazione che si è determinata nel tempo fra i funzionari della carriera prefettizia e quelli appartenenti, come il dr. M, al ruolo amministrativo contabile dell’amministrazione civile del Ministero dell’Interno, la richiesta dell’appellante di essere inquadrato nella qualifica dirigenziale della carriera prefettizia non poteva essere accolta.
6.1.- Né, per le ragioni esposte, si può rinvenire una violazione del principio di uguaglianza nella contestata disposizione dell’art. 34 del d.lgs. n. 139 del 2000, che non consente l’accesso alla qualifica dirigenziale prefettizia anche agli appartenenti al ruolo amministrativo contabile.
Peraltro non risulta manifestamente illogica la scelta del legislatore di riservare la titolarità degli uffici di livello dirigenziale esclusivamente al personale della carriera prefettizia.
6.2.- Anche i profili di illegittimità costituzionale della citata disposizione, prospettati dall’appellante, in relazione al disposto di cui all’art. 97 Costituzione, sono manifestamente infondati, tenuto conto che i principi di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa devono essere rapportati non agli interessi individuali (e alle connesse aspettative), bensì all’interesse pubblico alla migliore organizzazione degli uffici e del personale.
7.- Come ha poi correttamente affermato il T.A.R. nell’appellata sentenza, anche i limiti dettati per i concorsi riservati, di cui all'art.4 del d.lgs. n. 139/2000, per l’accesso alla qualifica dirigenziale prefettizia, non risultano utili per sostenere l’illegittimità costituzionale della scelta operata dal legislatore con l'articolo 34 del medesimo decreto legislativo di non prevedere l’inquadramento nella qualifica di vice prefetto aggiunto del personale della carriera direttiva appartenente all'area amministrativo-contabile.
7.1.- In particolare, non può avere rilievo il limite di età (di 40 anni) dettato per la partecipazione ai concorsi riservati banditi ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 139 del 2000 per l’accesso alla qualifica di vice prefetto aggiunto, considerato che, come ha ritenuto il T.A.R., l’appellante avrebbe dovuto contestare (eventualmente) tale previsione attraverso l’impugnazione del relativo bando di concorso, ovvero del provvedimento di esclusione dalla procedura, ma l’appellante non ha né dedotto, né dimostrato, di aver presentato domanda per partecipare ad uno dei concorsi in questione e di essere stato escluso per aver superato il limite d'età.
Peraltro lo stesso dr. M ha evidenziato che non aveva interesse a partecipare ad una procedura concorsuale che lo avrebbe costretto ad una carriera a ritroso.
8.- In realtà, la penalizzazione che l’appellante ha subito nelle sue aspettative di carriera è stata determinata, come si è detto, dalla generale riorganizzazione dell’ordinamento delle carriere dell’Amministrazione civile dell’Interno, che, per le ragioni che si sono indicate, non risulta affetta da evidenti profili di illegittimità costituzionale.
9.- In conclusione l’appello deve essere respinto e la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I Ter, n. 3083 del 26 marzo 2013 deve essere integralmente confermata.
9.1.- Si deve solo aggiungere che non costituisce oggetto della sentenza appellata, e quindi non può essere oggetto dell’appello, la legittimità degli incarichi “da viceprefetto” conferiti al dr. M da diversi Prefetti di Brescia che risultano oggetto di denuncia esposto alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica di Roma.
Ciò non rende necessaria una specifica attività istruttoria da parte della Sezione.
10.- Considerata la particolarità della questione trattata, si ritiene di poter disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese anche del grado di appello.