Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-08-30, n. 202308072
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 30/08/2023
N. 08072/2023REG.PROV.COLL.
N. 00342/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 342 del 2021, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro
pro tempore
, e dal Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Comandante generale
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati
ope legis
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
i signori V S e R G, rappresentati e difesi dagli avvocati A G ed E L, con domicilio fisico eletto presso lo studio del primo in Roma, via Francesco Denza, n. 3 e con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda ter , n. 10952/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori V S e R G;
visti tutti gli atti della causa;
relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2023, il consigliere F F e uditi l’avvocato dello Stato Vincenzina Maio per gli appellanti e l’avvocato A G per gli appellati;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I due appellati indicati in epigrafe, sottufficiali della Guardia di finanza distaccati presso la cancellaria della Corte di cassazione, hanno proposto ricorso (n. 5048 del 2012) dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio per l’annullamento della nota della Guardia di finanza, sezione logistico-amministrativa Lazio e Umbria, ufficio amministrazione, prot. n. 019106/12 del 17 aprile 2012, con è stata respinta la loro richiesta di corresponsione dell’indennità di amministrazione (ex indennità giudiziaria), nonché per l’accertamento del loro diritto di percepire la predetta indennità e per la condanna dell’amministrazione di appartenenza al pagamento delle relative somme, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria.
1.1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e il Comando generale della Guardia di finanza si sono costituiti nel giudizio di primo grado, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, la prescrizione delle avverse pretese e comunque la loro infondatezza.
2. Con la sentenza in epigrafe l’adìto T.a.r. ha respinto l’eccezione di prescrizione, ha accolto il ricorso e di conseguenza ha annullato l’atto impugnato, ha dichiarato che i ricorrenti hanno diritto all’indennità richiesta a decorrere dal 3 marzo 2008 fino alla cessazione del servizio presso gli uffici giudiziari con operatività del divieto di cumulo previsto dall’art. 3, comma 63, della legge n. 537/1993, da riferirsi non all’indennità di polizia di cui all’art. 43 della legge n. 121/1981, ma alle ulteriori indennità accessorie previste per lo svolgimento di specifici servizi, e ha condannato le amministrazioni al pagamento, in favore degli interessati, delle relative somme, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria, nonché al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi euro 1.500, oltre agli accessori di legge.
2.1. Il T.a.r. ha motivato la propria statuizione come segue: « In via pregiudiziale deve essere valutata l’eccezione con cui la difesa erariale ha prospettato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’economia e delle finanze e della Guardia di finanza in quanto l’indennità richiesta dovrebbe essere posta a carico dell’amministrazione (nella fattispecie il Ministero della giustizia) presso cui la relativa attività è stata svolta. L’eccezione è infondata e deve essere respinta in quanto (come risulta anche dalla nota della Guardia di finanza trasmessa con atto prot. n. 0342361/12 del 10/07/12 e depositata in giudizio l’11/10/12), in caso di distacco (ipotesi che ricorre nella fattispecie in esame), il datore di lavoro distaccante “rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore” (art. 30 comma 2 d. lgs. n. 276/03);da ciò consegue la legittimazione passiva degli enti intimati stante l’appartenenza dei ricorrenti ai ruoli della Guardia di finanza (…) Deve, innanzi tutto, essere ritenuta inaccoglibile l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa erariale nella memoria depositata il 31/08/2020;nella fattispecie, infatti, la prescrizione è quinquennale (come riconosciuto dalla stessa amministrazione) e non era decorsa al momento di proposizione del presente giudizio (l’atto introduttivo è stato notificato il 13/06/12) dal momento che il periodo cui si riferisce la richiesta è quello successivo al 03/03/08. La tesi delle amministrazioni resistenti non merita condivisione nemmeno laddove contesta la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della richiesta indennità. Dagli atti, infatti, risulta provato lo svolgimento dell’attività dei ricorrenti presso la Corte di Cassazione e la sua ascrivibilità a mansioni tipiche di quelle di supporto alla funzione giudiziaria come risulta dal certificato rilasciato il 05/12/12 dal dirigente della Segreteria della Corte di Cassazione da cui si evince che gli esponenti, in servizio presso la quinta e sesta sezione civile, hanno, tra l’altro, curato pratiche relative al condono tributario di cui alla l. n. 289/02 e agli effetti della delibera del Comune di Roma n. 31/09 ed hanno collaborato per ridurre gli arretrati giacenti nella cancelleria. Ciò posto, il Tribunale ritiene di dovere seguire il costante orientamento giurisprudenziale per cui l’indennità di amministrazione (già indennità giudiziaria prevista dall’art. 2 comma 1 l. n. 221/88) spetta al personale che presta servizio nelle segreterie giudiziarie e nelle cancellerie anche in posizione di comando, distacco, assegnazione o utilizzo, comunque denominato, presso gli uffici suddetti, purché svolga attività amministrative proprie e caratteristiche dei servizi di cancelleria e segreteria, per il solo fatto di assicurare in concreto la suindicata funzione e, quindi, di espletare un servizio “effettivo” presso le strutture giudiziarie, a prescindere dall’appartenenza formale ai ruoli dell’amministrazione giudiziaria;il fondamento di tale impostazione deve essere individuato nell’esigenza di compensare il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie per i compiti intensi e delicati di natura burocratico amministrativa svolti presso tali uffici (in questo senso espressamente, da ultimo, TAR Lazio n. 3606/18;così anche C.G.A. n. 16/14, Cons. Stato n. 8641/09, Cons. Stato n. 6884/07, Cons. Stato n. 3404/07, Cons. Stato n. 5402/03). Né, in contrario, rileva la circostanza che dal 1995 l’indennità giudiziaria sia confluita nella cosiddetta “indennità di amministrazione”, ora corrisposta al personale contrattualizzato delle amministrazioni, in quanto si tratta sempre di un’indennità, vale a dire di un compenso correlato ad una specifica attività, che non assume connotazioni di voce ordinaria della retribuzione, per cui essa è dovuta a chiunque, a qualsiasi titolo, svolga quell’attività (in questo senso Cons. Stato n. 4852/07), ivi compresi coloro che, come i ricorrenti, non siano destinatari di contratti collettivi (TAR Lazio – Roma n. 3606/18). Da ultimo l’accoglimento della domanda non è precluso dal divieto di cumulo previsto dall’art. 3 comma 63 l. n. 537/93 secondo cui “i pubblici dipendenti in posizione di comando, di fuori ruolo o in altre analoghe posizioni non possono cumulare indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall’amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i predetti pubblici dipendenti prestano servizio”. Tale divieto, infatti, troverà applicazione solo nella fase di esecuzione della presente sentenza e di esso l’amministrazione dovrà tenere conto ai fini della quantificazione dell’importo effettivamente dovuto considerando, però, che dall’ambito applicativo del divieto in esame è esclusa l’indennità di cui all’art. 43 l. n. 121/81, avente natura retributiva (in questo senso Cons. Stato n. 3385/08, TAR Lazio – Roma n. 8067/13, TAR Lazio – Roma n. 32761/10), e sono, invece, comprese le indennità accessorie legate all’effettiva prestazione del lavoro (Cons. Stato n. 6884/07). La fondatezza delle doglianze ora esaminate comporta l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto impugnato. Il Tribunale dichiara, altresì, che i ricorrenti hanno diritto all’indennità di amministrazione a decorrere dal 03/03/08 e fino alla cessazione del servizio presso gli uffici giudiziari, facendo salvo il divieto di cumulo previsto dall’art. 3 comma 63 l. n. 537/93 da ritenersi riferito non all’indennità di polizia di cui all’art. 43 l. n. 121/81 ma alle ulteriori indennità accessorie previste per lo svolgimento di specifici servizi, e, per l’effetto, condanna la Guardia di finanza ed il Ministero dell’economia e delle finanze, ognuno per quanto di propria competenza, a pagare, in favore dei ricorrenti, le somme in esame, così come calcolate anche a seguito del divieto di cumulo, oltre interessi e rivalutazione, questi ultimi calcolati separatamente sull'importo nominale dei singoli ratei (con la conseguenza che sulla somma dovuta quale rivalutazione, non vanno calcolati né gli interessi né la rivalutazione ulteriore e sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi e rivalutazione: TAR Lazio – Roma n. 32761/10) ».
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 30 dicembre 2020 e in data 15 gennaio 2021 – il Ministero dell’economia e delle finanze e il Comando generale della Guardia di finanza hanno interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando un unico motivo, senza riproporre l’eccezione di prescrizione, su cui, pertanto, si è formato giudicato interno e comunque s’intende abbandonata.
4. Gli interessati si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.
5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 28 febbraio 2023.
6. L’appello è fondato e deve essere accolto alla stregua delle seguenti considerazioni.
7. Le amministrazioni appellanti hanno lamentato « Difetto di legittimazione passiva, violazione e falsa applicazione art. 2 c. 91 L. 244/2007,