Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-08, n. 201404248

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-08, n. 201404248
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404248
Data del deposito : 8 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09937/2011 REG.RIC.

N. 04248/2014REG.PROV.COLL.

N. 09937/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9937 del 2011, proposto da:
Vams Ingegneria S.r.l., in persona del legale rappresentante, in proprio e quale mandataria dell’associazione temporanea di imprese unitamente a Sering S.r.l., Dolmen S.r.l., Studio Associato Deca Progetti, ciascuna in persona del legale rappresentante, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati M B e S P, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via Antonio Gramsci, n. 24;

contro

Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati A C e S T, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Sardegna in Roma, via Lucullo, n. 24;

nei confronti di

Ove Arup &
Partners International Limited, C. Lotti &
Associati Società di Ingegneria S.p.a., Studio Associato di Ingegneria degli Ing. Francesco Cocco e Piero Alberto Trombino, non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Sardegna, Sezione I, n. 830 del 20 luglio 2011.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014 il Cons. L M T e uditi per le parti gli avvocati Barberio e Camba;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Sardegna V.A.M.S. Ingegneria s.r.l., in proprio e quale mandataria della costituenda A.T.I. con Sering s.r.l., Dolmen s.r.l. e Studio Associato De.Ca. Progetti, nonché quest’ultime in proprio, invocavano l’annullamento:

a) della determinazione n. 22245/1745 del 23 giugno 2010, del direttore Servizio Viabilità e Infrastrutture di Trasporto della Regione Sardegna, concernente l'approvazione della graduatoria definitiva della gara per l'affidamento del servizio di progettazione preliminare della nuova strada tipo B Sassari/Olbia;

b) del bando e del disciplinare di gara e della nota del Direttore Generale dell'Assessorato LL.PP. prot. n. 21275 del 16 giugno 2010;

c) dei verbali n. 1 del 16 giugno 2010 e n. 2 del 22 giugno 2010, nonché di tutti i verbali di gara di seduta riservata e di seduta pubblica, relativi alla medesima gara;

d) della determinazione del Direttore Generale dell'Assessorato LL.PP. 20482/1580 del 9 giugno 2010, relativa alla nomina della commissione giudicatrice.

Le stesse ricorrenti, inoltre, agivano per ottenere:

- la declaratoria della inefficacia del contratto stipulato tra l'aggiudicataria e l'amministrazione Regionale;

- la declaratoria del diritto alla aggiudicazione del contratto, del diritto a stipulare ovvero a subentrare;

- in via subordinata, il risarcimento dei danni per equivalente.

2. Il primo giudice, rilevato il sopravvenuto difetto di interesse sulle domande tendenti ad ottenere tutela in forma specifica, in ragione del fatto che il contratto di affidamento del servizio di progettazione preliminare di cui trattasi era stato quasi integralmente eseguito, accertava il residuo interesse alla pronuncia ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a.

3. Tanto premesso, il TAR riteneva di non pronunciarsi sull’illegittimità degli atti impugnati, sia pure ai fini di cui al citato art. 34, comma 3, stante l’infondatezza della richiesta risarcitoria sotto il profilo del difetto di allegazione e prova del danno patrimoniale sub specie di lucro cessante (mancato utile) e danno emergente (danno curriculare).

4. Con il gravame in esame le appellanti sostengono l’erroneità della sentenza di prime cure:

a) nella parte in cui ha ritenuto improcedibile la domanda di annullamento, atteso che sebbene la progettazione preliminare sia quasi esaurita, i lavori non sarebbero stati neppure banditi;
sulla scorta di tale dato ripropongono in sede di appello i motivi non esaminati dal giudice di primo grado;

b) nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento del danno, pur a fronte di idonea dimostrazione, mercé la produzione dell’offerta economica, del danno subito, quantificato nella misura del 10% della base d’asta, o nell’altra percentuale stabilita come di giustizia dal Collegio, depurato dal ribasso proposto in sede di offerta oltre interessi e rivalutazione;

c) nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento del danno curriculare.

5. In data 11 luglio 2012 si è costituita in giudizio l’amministrazione regionale che, con successiva memoria del 22 aprile 2014, ha posto in luce come la progettazione preliminare sia stata del tutto completata, siano state avviate le procedure espropriative per gli 8 lotti e in data 25 luglio 2011 sia stato pubblicato il bando per la progettazione definitiva/esecutiva dei lavori del lotto 1;
inoltre, sarebbe sopravvenuta l’aggiudicazione definitiva e la stipula dei contratti per i lotti 1 – 8, avviata progettazione esecutiva per i lotti 6 e 4 e consegnati i lavori per i lotti 1, 7 e 8;
la regione ha inoltre eccepito ulteriori plurime ragioni di inammissibilità del gravame concludendo nel merito per la correttezza dell’impugnata sentenza in ordine al difetto di quantificazione del danno.

6. Con memoria del 24 aprile 2014 le appellanti ammettono che nelle more del giudizio la prestazione oggetto dell’appalto è stata integralmente eseguita, ed insistono nell’accoglimento dell’appello nella parte in cui evidenzia l’erroneo rigetto da parte del primo giudice della richiesta di risarcimento del danno per equivalente, evidenziando come la sentenza di primo grado avrebbe rilevato l’antigiuridicità del comportamento dell’amministrazione e l’atteggiamento colposo della stessa. Secondo le appellanti sul punto si sarebbe formato il giudicato, poiché sarebbe stato onere dell’amministrazione regionale per impedirlo interporre appello incidentale sul punto.

7. Con memoria di replica del 5 maggio 2014, l’amministrazione regionale evidenzia che gli atti di ripetizione della gara sarebbero pienamente validi ed efficaci, che nessuna valutazione sull’antigiuridicità della condotta dell’amministrazione sarebbe stata espressa dal primo giudice e che le appellanti avrebbero già sollevato con giudizio di ottemperanza la questione del comportamento elusivo della regione, vedendosi respinta una simile iniziativa giurisdizionale.

8. All’udienza del 15 maggio 2014 la causa viene trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e non merita di essere accolto.

2. Deve innanzitutto essere disattesa la doglianza con la quale l’odierno appellante sostiene il permanere di un interesse alla tutela in forma specifica che il primo giudice avrebbe ritenuto insussistente in ragione dell’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto posto a gara. La critica non coglie nel segno atteso che il TAR ha correttamente valutato l’impossibilità di apprestare tutela in forma specifica a favore dell’originario ricorrente, dopo aver rilevato che il servizio di progettazione preliminare era stato quasi integralmente eseguito. Nel prosieguo del giudizio poi le stesse appellanti con la memoria del 24 aprile 2014 ammettono che la prestazione in questione risulta integralmente eseguita, sicché deve rilevarsi che la statuizione del primo giudice non possa essere sul punto riformata.

3. Stessa sorte merita anche la seconda doglianza. Il tema sottoposto all’attenzione del Collegio è quello della prova della esistenza e quantificazione del danno da mancata aggiudicazione della procedura di gara e del c.d. danno curricolare.

Occorre precisare che la questione va affrontata per come proposta con il ricorso notificato in primo grado.

Nella fattispecie appare opportuno rammentare, infatti, che il thema decidendum è stato definito dal ricorso introduttivo dinanzi al TAR per la Sardegna, ritualmente notificato, con il quale le odierne appellanti invocavano la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per:

a) lesione della pretesa a vedersi aggiudicata la gara, quantificandolo nella misura del 10% della base d’asta o in quell’altra percentuale stabilità dal Collegio, depurato dal ribasso proposto dall’A.T.I. ricorrente, oltre interessi e rivalutazione e precisando che trattandosi di attività professionale sul danneggiato non incomberebbe l’onere di dimostrare l’ aliunde perceptum ;

b) mancato arricchimento del proprio curriculum professionale, quantificandolo in una misura percentuale compresa tra l’1% ed il 5%, applicata sulla somme liquidata a titolo di lucro cessante;
c) in via subordinata alla liquidazione del danno da perdita di chance , non quantificandolo

Nella memoria depositata in primo grado in data 23 maggio 2011, ma mai notificata alle parti del giudizio, le originarie ricorrenti quantificavano, invece, senza comunque specificarne le concrete modalità di computo, il danno da mancata aggiudicazione nel 10% del prezzo posto a base di gara, contestualmente depositando l’offerta economica con un ribasso pari allo 0% e chiedevano che il giudice di prime cure si avvalesse eventualmente di consulenza tecnica d’ufficio per la quantificazione del danno dallo stesso asseritamente subito.

Ma di quanto affermato nella memoria citata non può tenersi conto nella misura in cui l’atto in questione modifica la domanda contenuta nel ricorso introduttivo, quantificando l’ammontare del danno in relazione all’offerta economica e precisando che la stessa fosse caratterizzata da un ribasso dello 0% sull’importo a base di gara. Nel processo amministrativo, infatti, non è possibile ampliare con semplici scritti difensivi l'oggetto del giudizio cristallizzato nell'atto introduttivo, se non con atto al pari del primo ritualmente notificato (Cons. St., Sez. III, 2 agosto 2011, n. 4596).

4. Sulla scorta delle cennate premesse va, quindi, confermata la sentenza del primo giudice, rammentando che la giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. Stato, Sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220;
Sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5453;
Sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 848;
Sez. V, 20 aprile 2012, n. 2317;
Sez. V, 2 novembre 2011, n. 5837;
Sez. V, 30 giugno 2011, n. 3670;
Sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3144;
Sez. V, 6 aprile 2009, n. 2143;
Sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5098;
Sez, V, 5 aprile 2005, n. 1563;
Sez. VI, 4 aprile 2003, n. 478) in tema di determinazione del danno da mancata aggiudicazione ha raggiunto le seguenti conclusioni:

a) ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire la prova dell’ an e del quantum del danno che assume di aver sofferto;

b) in tema di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione, il giudice amministrativo è chiamato a valutare (art. 30, comma 3, c.p.a.), senza necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d'ufficio gli elementi di prova all'uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento dell'atto illegittimo e dell'utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente (Cons. St., Ad. Plen., 2011, n. 3);

c) spetta all’impresa danneggiata offrire la prova della percentuale di utile che avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, cod. proc. amm.). Quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra amministrazione e privato la quale contraddistingue l’esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell’azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, comma 1, cod. civ.;

d) il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ. è ammesso soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno;

e) le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d'ufficio cosiddetta "percipiente", che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti;

f) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni. Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'" id quod plerumque accidit " (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici. In ragione di ciò va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata, sia perché non può formularsi un giudizio di probabilità fondato sull’ id quod plerumque accidit secondo il quale allegato l’importo a base d’asta può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo;

g) il mancato utile spetta nella misura integrale solo se la concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione;
in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum ;

h) anche per il cd. danno curricolare il presunto danneggiato deve offrire prova puntuale del danno che asserisce di aver subito.

5. Nella fattispecie è evidente che le odierne appellanti, nella domanda proposta al giudice di prime cure con il ricorso ritualmente notificato, si sono limitate a richiedere il risarcimento del danno pari al 10% del prezzo a base d’asta depurato dal ribasso – che solo successivamente avrebbero indicato essere pari allo 0% – senza offrire alcun principio di prova dal quale desumere l’effettivo ammontare dell’utile al quale avrebbe rinunciato in ragione della condotta illecita dell’amministrazione. In questo modo, sulla scorta di quanto precisato nel paragrafo precedente, le originarie ricorrenti non hanno soddisfatto l’onere allegatorio, ancor prima che probatorio, ma si sono limitate ad invocare un meccanismo presuntivo, che, invece, non può operare, dal momento che non vi è alcun giudizio di probabilità fondato sull’ id quod plerumque accidit secondo il quale allegato l’importo a base d’asta può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo. Né può invocarsi la determinazione equitativa del danno, considerato che la prova dell’ammontare dello stesso non è impossibile, considerato che in quest’ipotesi sono nella disponibilità del danneggiato gli elementi dei costi e ricavi, dai quali è possibile per differenza desumere l’utile atteso.

6. Stessa conclusione deve raggiungersi per il danno curricolare che è quantificato nel ricorso di prime cure, quale percentuale di un non provato danno da lucro cessante, sicché anche il primo non può dirsi provato e per il danno da perdita di chance che risulta meramente affermato e di cui non si rappresenta in alcun modo l’ammontare.

7. L’appello deve essere, pertanto, respinto.

Nella peculiarità e complessità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni, ai sensi degli artt. 26 c.p.a.e 92, c.p.c., per compensare integralmente fra le parti costituite le spese del presente grado di giudizio

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