Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-10-21, n. 201305109

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-10-21, n. 201305109
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201305109
Data del deposito : 21 ottobre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02083/2012 REG.RIC.

N. 05109/2013REG.PROV.COLL.

N. 02083/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2083 del 2012, proposto da:
Emilio Frolla', rappresentato e difeso dall'avv. R M, con domicilio eletto presso Schwarzenberg Studio Legale Modena in Roma, via Monte delle Gioie, 24;

contro

E P, U P, rappresentati e difesi dagli avv. R F, Antonella Felici Bedetti, Sergio Del Vecchio, con domicilio eletto presso Sergio Del Vecchio in Roma, viale Giulio Cesare 71;

nei confronti di

Comune di Servigliano, rappresentato e difeso dall'avv. G F, con domicilio eletto presso Schwarzenberg Studio Legale Modena in Roma, via Monte delle Gioie, 24;

per la riforma

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 04641/2011, resa tra le parti, concernente concessione edilizia per ristrutturazione manufatto adibito a garage


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di E P e di U P e di Comune di Servigliano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Cons. U R e uditi per le parti gli avvocati R M (anche su delega di G F), Andrea Del Vecchio (su delega di Sergio Del Vecchio);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso il ricorrente F Emilio chiede la revocazione della decisione di questa Sezione di cui in epigrafe, con cui è stata annullata la sentenza 1 aprile 2003 n. 239, con la quale il TAR Marche aveva in parte dichiarato inammissibile, in parte rigettato il ricorso proposto dagli odierni resistenti Emidio e U P e, di conseguenza, annullato la concessione edilizia 18 maggio 1998 n. 13, rilasciata dal Comune di Servigliano a F Emidio e Pilotti Maria relativa alla ristrutturazione di un manufatto asseritamente preesistente adibito a fondaco e garage, rilasciato sulla sola base di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà degli interessati, attestante che la costruzione del manufatto sarebbe avvenuta nel 1965.

L’appello è affidato alla denuncia, sotto il profilo rescindente dell'art. 395 n. 4 cod. proc. civ., della ricorrenza di un errore “di fatto”, manifesto e rilevante, compiuto dal Collegio giudicante, che avrebbe determinato il pronunciamento in diritto.

Si sono costituiti in giudizio ad ajuvandum il Comune di Servigliano che ha sottolineato l’erroneità della decisione.

I controinteressati, costituitisi in giudizio, hanno invece concluso per il rigetto del ricorso.

Con memoria per la discussione il ricorrente ed i resistenti hanno ribadito le proprie argomentazioni.

Chiamata all'udienza pubblica del 21 luglio 2013, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

Il ricorso è inammissibile.

___1. Assume il ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe stata fondata sull’erroneo rilievo per cui che la sentenza del TAR Marche avrebbe dichiarato la legittimità della concessione edilizia solo in relazione alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà attestante la preesistenza del fabbricato, mentre tale manufatto non risulterebbe nei due atti pubblici notarili del 1967.

Invece i predetti strumenti notarili sarebbero stati del tutto estranei alla proprietà del Sig. E F ma, come sarebbe stato chiaramente dimostrato con la perizia giurata (doc. 29 allegato alla memoria F in primo grado), avrebbero invece riguardato le proprietà acquistate dai controinteressati Signori P e non dal Sig. E F.

Pertanto è sui terreni dei sig.ri P che nel 1967 non sarebbero esistiti fabbricati e non, come erroneamente affermato nella decisione impugnata, sulla proprietà dell'odierno ricorrente. Il tecnico che aveva redatto la perizia giurata avrebbe spiegato, precisamente e dettagliatamente, che l'errore dei sig.ri P si sarebbe riferito alla particella 232/b, che invece nei rogiti del 1967 era di proprietà P Angelo (padre dell’odierno resistente Emidio) e di P Umberto e,quindi, era del tutto estranea alla proprietà F. In sostanza, nei due rogiti del 1967, la particella 232/b sarebbe cioè stata riferita ai terreni degli attuali resistenti e non certo al fondo del ricorrente F Emilio, come sarebbe stato erroneamente ritenuto nella decisione n. 4641/11!

Ne consegue che la dichiarazione sostitutiva avrebbe mantenuto tutto il suo valore e la sua attitudine probatoria perché l'indicazione " particella 500 (riferita all'attuale) già ex 232 " (riferita al precedente, ultimo, frazionamento con mappale del 17 marzo 1967) sarebbe stata corretta come specificato dalla perizia giurata a firma del Geom. Sacchi prodotta in atti nel giudizio conclusosi con l’ impugnata decisione n. 4641/2011.

Come invece chiarito dal TAR Marche con la sentenza di primo grado n. 239/2003, i due rogiti notarili del 1967 prodotti dai P allo scopo di dimostrare che sulla particella 500 (ex 323/b) non esistevano fabbricati, non elidevano affatto il valore probatorio della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà.

Inoltre la preesistenza del manufatto di proprietà dell'odierno ricorrente sarebbe stata acclarata anche dal Tribunale Penale di Fermo con sentenza del 23 marzo 2001. L'attitudine probatoria della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà avrebbe potuto essere inficiata solo da oggettivi riscontri contrari, che nel caso in esame, sarebbero del tutto mancati.

Di qui l’errore revocatorio della decisione.

L’assunto va respinto.

In linea di principio l'errore di fatto revocatorio è ravvisabile quando si lamenta un travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista (c.d. abbaglio dei sensi). Si risolve invece in un errore di giudizio la valutazione delle stesse;
o l'asserita anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio;
o la soluzione di questione controversa sulla base di specifici canoni ermeneutici e di un esame critico della documentazione acquisita (cfr. Consiglio di Stato sez. V 18 ottobre 2012 n. 5353).

Qui non vi è stato in realtà alcun errore di fatto rilevante.

L'organo giudicante non ha preso a base della decisione un falso presupposto di fatto ma ha solo valutato le risultanze processuali in senso sfavorevole all’appellato. L’aspetto fondamentale su cui si basa la sentenza qui gravata attiene strettamente ad una questione di diritto.

La sentenza infatti è fondata sul rilievo, di principio, dell’erroneità dell’affermazione del TAR Marche per cui sarebbe legittimo un permesso edilizio rilasciato in base al solo “,,, valore certificativo e probatorio delle dichiarazioni sostitutive ..” di cui all’art. 4 l. n. 15/1968 (disciplinante “dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, oggi sostituito dall’art. 46 DPR n. 445/2000)”.

A tutto voler concedere, infatti, la pretesa erronea interpretazione e valutazione dei fatti e, in più in generale, delle risultanze processuali, a tutto voler concedere, potrebbe ricondursi ad un vizio logico -- e dunque un errore di diritto -- che, come tale, esorbita dall'ambito dell'impugnazione per revocazione, ed in ogni caso non integra un errore di fatto rilevante ai sensi dell'art. 395 n. 4, c.p.c. . Se così non fosse si finirebbe per trasformare lo strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 5 marzo 2013 n. 1316;
Consiglio di Stato sez. VI 12 giugno 2012 n. 3420).

In sostanza contrariamente a quanto vorrebbe il ricorrente, la sentenza non ha tratto errate conclusioni nell’interpretazione frettolosa o approssimativa di atti notarili, ma ha affermato l’illegittimità della concessione edilizia in base al principio di diritto per cui la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ex art. 4:

-- non è sostitutiva di “certificati”, né, quindi, riproduttiva di dati presenti in archivi e/o registri della pubblica amministrazione non assume alcuna “valenza certificativa”, né assume alcun particolare valore probatorio in ordine a quanto con essa dichiarato, ma essa ha la sola funzione di semplificazione procedimentale, fermo restando, tuttavia, il potere di controllo della pubblica amministrazione, il cui esercizio è doveroso allorché quanto dichiarato si mostri palesemente non corrispondente al vero”;

-- “… oltre a non avere alcuna rilevanza, sia pure indiziaria, nel processo civile o amministrativo (da ultimo, Cass. Civ., sez. III, 28 aprile 2010 n. 10191), non ha “valore” certificativo o probatorio … nei confronti della pubblica amministrazione…”;

-- è solo un mezzo di speditezza ed alleggerimento provvisorio dell'attività istruttoria, cioè di semplificazione delle formalità del rapporto con la P.A., e non un mezzo di prova legale.. e, quindi, non costituisce piena prova di quanto in essa dichiarato (avendo essa solo una “attitudine” probatoria, provvisoria e revocabile), è dimostrato dall’art. 71, comma 1, del DPR n. 445/2000.

-- in tali “ipotesi… incombe certamente sulla Pubblica Amministrazione l’obbligo di verifica dell’effettivo stato dei luoghi e, nei limiti di quanto possibile, dell’epoca di realizzazione dell’immobile, posto che la legittima edificazione dell’immobile da ristrutturare e la sua consistenza costituiscono i presupposti indefettibili dell’assentibilità di un intervento d ristrutturazione.

In sostanza la declaratoria dell’illegittimità della concessione edilizia è fondata sull’inidoneità della sola dichiarazione sostitutiva – per di più resa dal diretto interessato -- ad comprovare la preesistenza di un immobile in assenza dei controlli prescritti.

Per questo la stessa sentenza penale del Tribunale di Fermo, a parte che è fondata su fotografie che tuttavia gli odierni ricorrenti non hanno stranamente ritenuto di dover depositare in questa sede, comunque era irrilevante in quanto la questione era precipuamente incentrata:

-- sulla valenza probatoria delle autodichiarazioni;

-- e sul fatto che la Sezione aveva anche rilevato che il permesso annullato ”… senza congrua motivazione..” ometteva di specificare l’originaria “ consistenza della costruzione da ristrutturare ”, che costituiva un parametro di legittimità della sua ristrutturazione edilizia .

Sotto altro profilo si annota poi come appare del tutto irrilevante, sotto il profilo revocatorio, l’asserita centralità dei due atti notarili per fornire la dimostrazione decisiva della erroneità della decisione.

La sentenza non li ha ritenuti decisivi sul rilievo per cui, negli stessi, la presenza o meno del manufatto era stata desunta dalla rispettiva dizione catastale. In sostanza, gli atti notarili -- essendo esclusivamente riferiti alle risultanze catastali -- non potevano dare alcuna prova certa della pre-esistenza del manufatto al 1967.

E’ dunque evidente che, nel caso non vi è stato alcun errore di fatto, come assume erroneamente il ricorrente, perché la Sezione non ha erroneamente interpretato gli atti notarili, ma ha statuito in via di principio la loro inidoneità probatoria in relazione al mero richiamo dei soli dati catastali, i quali come è noto hanno rilevanza ha invece valore meramente indiziario in materia edilizia.

La censura è il frutto di una capziosa interpretazione della sentenza che ha affermato l’incongruità della motivazione della sentenza con cui il TAR ha ritenuto legittimo un permesso edilizio rilasciato:

-- in base al solo “ valore certificativo e probatorio delle dichiarazioni sostitutive”, invece giudicato inesistente;

-- in assenza di un’istruttoria da parte della pubblica amministrazione concernente la puntuale acquisizione degli elementi di fatto concretamente ed oggettivamente idonei a dimostrare l’epoca di costruzione e la consistenza stessa dell’edificio “da ristrutturare”.

L’elemento contestato attiene quindi ad un punto di diritto e non di fatto, per cui per cui l'annullamento non è conseguenza di un’errata percezione delle risultanze processuali.

Non sussistono i presupposti per la revocazione della decisione in quanto:

-- deve escludersi in assoluto la sussistenza di un errore di fatto revocatorio;

-- le contestazioni comunque concernono la valutazione di punti controversi sui quali la decisione ha espressamente motivato.

___2.§. Resta conseguentemente in ogni caso precluso al Collegio l’esame delle censure concernenti sia il profilo rescissorio della sentenza per cui è causa.

___ 3.§. Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile.

Le spese, secondo le regole generali di cui all’art.26 e segg. c.p.a. seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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