Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-14, n. 201900352

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-14, n. 201900352
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900352
Data del deposito : 14 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/01/2019

N. 00352/2019REG.PROV.COLL.

N. 01593/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1593 del 2018, proposto da
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della terza sezione del Consiglio di Stato in Roma, p.zza Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente revoca della misura di accoglienza.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2018 il Cons. Giovanni Pescatore e udito per la parte appellante l’Avvocato dello Stato Carlo Maria Pisana;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del contendere è il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza adottato dalla Prefettura di Udine nei confronti del sig. -OMISSIS- (-OMISSIS-) in data-OMISSIS-.

2. A motivo della decisione quest’ultimo si è visto contestare il fatto di aver preso parte attiva ad una rissa, all’esito della quale un altro cittadino extracomunitario ha riportato lesioni che ne hanno reso necessario il ricovero al pronto soccorso dell’Ospedale di Udine.

3. Il provvedimento è stato annullato in primo grado dal Tar Friuli Venezia Giulia, con sentenza n. -OMISSIS-, per la ravvisata violazione dell’art. 7 L. 241/1990 conseguente all’omessa comunicazione di avvio del procedimento.

4. Il giudice di primo grado ha ritenuto che l’asserita sussistenza di esigenze di celerità che avrebbero potuto giustificare l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art.

7-8 L. 241/90 “ risulta nel caso di specie materialmente smentita dai tempi che hanno contraddistinto lo svolgimento della vicenda: infatti, alla segnalazione della Croce Rossa inviata via mail lunedì 5 giugno e relativa all’episodio del -OMISSIS- ha fatto seguito una richiesta di chiarificazioni istruttorie inoltrata dalla prefettura in data imprecisata (doc. allegato sub 003 della produzione del Ministero dell’Interno), una precisazione dei nominativi degli ospiti coinvolti ( dapprima indicati solo con i numeri di riferimento) ad opera dei Carabinieri datata 12 giugno ed infine, solo il 20 giugno, .. il provvedimento impugnato, notificato il 2-OMISSIS-. Ad avviso del Collegio la scansione temporale sopra riportata rende ictu oculi evidente che sarebbe stato possibile inserire nel procedimento anche un regolare contraddittorio procedimentale per cui il ricorso si rivela fondato e deve essere accolto ”.

5. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la pronuncia di primo grado sostenendo che le peculiarità del caso concreto, apprezzabili in relazione alle specifiche esigenze di salvaguardia dell’ordine pubblico all’interno dei centri di accoglienza, potessero validamente giustificare l’omessa comunicazione di avvio del procedimento sia alla stregua della sussistenza delle “ particolari esigenze di celerità ed indifferibilità del procedimento ”, a loro volta arguibili dal verificarsi dei “ comportamenti particolarmente violenti ” posti a base della motivazione del provvedimento reiettivo;
sia in ragione del carattere vincolato della misura di revoca adottata, valutabile in relazione alle specifiche peculiarità del caso e secondo il disposto dell’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo, L. 241/1990.

6. L’appellato si è ritualmente costituito in giudizio, contestando gli assunti avversari e chiedendone la reiezione.

A tal fine gli ha sostenuto di non avere dato origine alla rissa ma di essere intervenuto al solo fine di dividere i contendenti;
mentre sulle rimanenti questioni ha ribadito l’insussistenza di presupposti idonei a giustificare la deroga all’obbligo di comunicazione partecipativa.

7. L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. -OMISSIS-.

8. La causa è stata infine discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 20 dicembre 2018. In coincidenza della stessa, la difesa della parte appellata, non presente in udienza, ha depositato una memoria difensiva, in patente violazione del termine ex art. 73 c.p.a..

9. Occorre premettere, in punto di fatto, che la dinamica dell’episodio contestato è illustrata nella relazione del 5 giugno 2017 redatta dal Direttore Generale del Comitato di Udine Croce Rossa Italiana e poi trasmessa alla Prefettura U.T.G. di Udine. Dal documento si evince che il giorno -OMISSIS-, all’interno della Caserma -OMISSIS-di Udine, il -OMISSIS-, unendosi ad altri soggetti lì presenti, ebbe a colpire un ospite della struttura, noto per problemi di salute mentale, così concorrendo a provocargli gravi lesioni consistenti in ematomi, emorragia, contusioni e stato confusionale (“.. hanno aggredito ripetutamente ed in maniera violenta -OMISSIS-a mani nude ”).

All’episodio assistette un operatore della Croce Rossa e quanto riportato nella relazione descrittiva trova conferma nella nota del N.O.R.M. Aliquota Radiomobile di Udine del -OMISSIS-.

Sul ruolo attivo e violento assunto dal sig. -OMISSIS- nel contesto della rissa non sussistono, pertanto, fondate ragioni di dubbio.

10. Nei giorni seguenti all’episodio, la Legione Carabinieri “Friuli Venezia Giulia” – Compagnia di Udine, con nota del -OMISSIS-, fornì alla Prefettura le generalità dei soggetti coinvolti;
quindi l’U.T.G. di Udine, alla luce della documentazione acquisita, provvide ad emettere in data-OMISSIS- il decreto di revoca delle misure di temporanea accoglienza, ai sensi dell’art. 23, primo comma, lett. e), d.lgs. n. 142/2015, e a notificarlo al sig. -OMISSIS-in data 2-OMISSIS-.

11. La disposizione normativa da ultimo richiamata prevede che la revoca delle misure di accoglienza venga adottata a fronte di una “ violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture in cui è accolto da parte del richiedente asilo, compreso il danneggiamento doloso di beni mobili o immobili, ovvero comportamenti gravemente violenti ”.

12. Questo giudice ha già ravvisato i presupposti applicativi dell’art. 23 comma 1 lett. e) d.lgs. n. 142/2015, in analoghe fattispecie di rissa tra ospiti di strutture di accoglienza, originanti denunce all'autorità giudiziaria per i reati di rissa e lesioni personali aggravate (Cons. Stato, sez. VI 1° marzo 2018, n. 1271;
id., sez. III 1° giugno 2018 n. 3302).

Proprio con riguardo a tali tipologie di fattispecie si è precisato che “ in tema di rissa, ovvero in sede di valutazione amministrativa dei fatti accaduti tra i partecipanti, è irrilevante accertare chi per primo sia passato a vie di fatto e identificare analiticamente le singoli frazioni di condotta poste in essere dai partecipanti, consistendo la condotta punibile, ovvero da valutare in sede amministrativa, nel solo fatto di prendere parte ad una zuffa ” (Cons. Stato, sez. III 1° giugno 2018 n. 3302).

Dunque, i fatti contestati al sig. -OMISSIS-– una volta vagliati nella loro consistenza qualitativa e nel loro fondamento probatorio – certamente giustificano la misura della revoca del dispositivo di accoglienza.

13. Con riferimento al distinto tema dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento deve considerarsi che, in linea di principio, comportamenti violenti del tipo sin qui descritto alimentano un intuibile timore del diffondersi di condotte violente ritorsive tra i soggetti ospiti dei centri di accoglienza. Ne consegue, sul piano dell’azione amministrativa, un’esigenza di prevenzione immediata attraverso la più sollecita adozione di provvedimenti di salvaguardia dell’ordinata gestione del centro di accoglienza e di rimozione delle cause idonee a comprometterne il controllo.

14. Perché tali iniziative si concilino con le generali garanzie procedimentali occorre tuttavia che:

- le esigenze che impongono di sacrificare all'urgenza il diritto di partecipazione dei diretti destinatari della misura di revoca emergano compiutamente dal provvedimento amministrativo;

- le stesse ragioni di urgenza vengano qualificate e valutate, di volta in volta, in relazione alle circostanze del caso concreto ed alla sussistenza di fatti di gravità ed evidenza tali da non consentire di procrastinare ulteriormente l'adozione del provvedimento.

15. Entro questi limiti e con queste precisazioni va dunque inteso l’orientamento espresso da questa sezione nel senso che “ il carattere indifferibile del provvedimento, a fronte di episodi di violenza, fa sì che il Prefetto debba disporre con urgenza la revoca delle misure di accoglienza senza l'obbligo di procedere alla comunicazione di avvio del procedimento ” (Cons. Stato, sez. III, n. 2148/2018 e n. 3302/2018).

16. Nel caso di specie la portata non invalidante dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento è argomentabile sulla base dei seguenti dati valutativi: a) la connotazione gravemente violenta dell’episodio contestato al sig. -OMISSIS-, come evincibile dalla documentazione richiamata in premessa; b) la descrizione di tali fatti nel provvedimento prefettizio e la specifica menzione, nello stesso contesto, dei “.. motivi di celerità ed urgenza che impediscono le comunicazioni di cui agli artt. 7 e 8 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ”; c) la conseguente correlazione motivazionale dei due dati, tale da suggerire una implicazione di rischio per la possibile reiterazione di analoghe condotte, conseguente alla permanenza del sig. -OMISSIS-nella struttura ospitante.

17. Sul piano temporale, il lasso intercorso tra il verificarsi dell’aggressione (4.6.2017), l’emissione del provvedimento e la sua ricezione da parte del destinatario -OMISSIS-, appare complessivamente compatibile con la qualificazione di “urgenza” conferita all’atto impugnato, tenuto conto della duplice esigenza, che l’amministrazione ha dovuto in tale frangente fronteggiare, di acquisire elementi di certezza circa i fatti e l’identità dei soggetti coinvolti e di procedere - una volta appurati con chiarezza entrambi i dati (alla luce della relazione integrativa del -OMISSIS-) - alla elaborazione e alla formalizzazione dell’atto provvedimentale.

18. La portata non invalidante dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento è argomentabile, infine, anche alla stregua del disposto dell’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo, L. 241/1990: appare infatti certamente condivisibile la deduzione di parte appellante secondo la quale, a fronte dell’evidenza dei fatti contestati e della violenza perpetrata, l’apporto dell’interessato non avrebbe potuto ragionevolmente orientare verso un diverso esito la valutazione dell’amministrazione e il contenuto del provvedimento adottato (Cons. Stato, sez. III, n. 2148/2018).

19. Per quanto esposto, la sentenza impugnata va riformata e il ricorso di primo grado respinto.

20. In considerazione della natura delle questioni trattate si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

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