Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-14, n. 202302628

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-14, n. 202302628
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302628
Data del deposito : 14 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/03/2023

N. 02628/2023REG.PROV.COLL.

N. 08309/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8309 del 2022, proposto da Ministero dell'Interno e Ufficio Territoriale del Governo di Prato, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, nonché -OMISSIS-in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , tutti rappresentati e difesi dagli avvocati R A e D M T, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, viale Bruno Buozzi, 68;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione in giudizio di -OMISSIS--;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2023 il Cons. F D R e udito per gli appellati l'avvocato D M T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Con il ricorso introduttivo del presente giudizio (poi riunito all’altro ricorso infra indicato) la società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante sig. -OMISSIS-, e quest’ultimo anche in proprio, hanno impugnati due atti del Prefetto di Prato aventi il medesimo contenuto motivazionale, ossia il provvedimento prot. n. -OMISSIS- - recante “ rigetto dell’istanza presentata da -OMISSIS- per l’iscrizione della società -OMISSIS- nell’elenco dei fornitori, dei prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa di questa Prefettura, di cui all’art. 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190 ” - ed il provvedimento prot. n. -OMISSIS-, recante una informazione antimafia interdittiva.

Entrambi gli atti gravati richiamano il verbale della riunione del Gruppo Interforze del 27 settembre 2021 che, “ vagliato il complesso degli elementi raccolti nell’istruttoria, ha ritenuto concreto e attuale il pericolo di infiltrazione mafiosa nei confronti della ditta <-OMISSIS->
proponendo al Prefetto l’adozione di un provvedimento interdittivo ai sensi dell’art. 91 d.lgs. 159/2011
”, al quale ha per l’appunto fatto seguito l’impugnata decisione prefettizia, che ha ritenuto “ sussistente il pericolo del tentativo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi, ai sensi degli artt. 84, comma 4 e 91, comma 6 del d.lgs. 159/2011 e successive modificazione e integrazioni, della predetta società -OMISSIS- ”. In particolare il Prefetto di Prato ha ritenuto che “ i contatti tra -OMISSIS- e -OMISSIS- non possano ritenersi frutto di casualità, né possano essere ricondotti meramente all’alveo dell’occasionalità, essendo plurimi gli episodi di distacco di personale, compreso lo stesso -OMISSIS-, dalla -OMISSIS-presso cantieri della -OMISSIS-, rendendo verosimile se non evidente l’agevolazione degli interessi e degli affari della famiglie -OMISSIS-– -OMISSIS-, di cui la cennata -OMISSIS-è espressione ”. E’ stato ritenuto importante il rapporto del -OMISSIS-con il -OMISSIS-e la relativa società -OMISSIS-anche alla luce dell’intervenuta adozione di provvedimenti interdittivi antimafia da parte del Prefetto di Firenze nei confronti delle imprese-OMISSIS-, nonché da parte del Prefetto di Arezzo nei confronti, per l’appunto, della -OMISSIS-s.r.l.;
questi provvedimenti interdittivi “ evidenziano come si fosse organizzata un’associazione criminale che mirava, avvalendosi della forza intimidatoria derivante dalla riconducibilità del -OMISSIS-ad una nota consorteria ‘ndranghetista, a monopolizzare il settore degli appalti pubblici di lavori, attraverso una vera e propria rete di imprese colluse o comunque condizionate, fra le quali si inserisce anche la -OMISSIS- ”. E’ stata conseguentemente ritenuta “ sulla base del quadro complessivo sopra descritto, la sussistenza di elementi sintomatici, in base alla logica del <più probabile che non>, che l’attività della -OMISSIS- possa – anche indirettamente – agevolare attività criminose o esserne in qualche modo condizionata ”.

Nella parte più propriamente istruttoria e motivazionale dei suddetti atti viene menzionata una prima vicenda che ha riguardato -OMISSIS-. Quest’ultimo, all’epoca in cui rivestiva la carica di consigliere delegato della -OMISSIS-, risulta essere stato imputato in un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Firenze per i reati di cui agli artt. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti), 416 c.p. (associazione per delinquere) e 640 c.p. (truffa), perché avrebbe turbato lo svolgimento di gare pubbliche di appalto mediante condotte collusive consistenti nel concordare preventivamente la partecipazione a tali gare nonché il ribasso da indicare nelle offerte da ciascun partecipante al sodalizio. Il procedimento si è concluso in primo grado con la sentenza di condanna n. -OMISSIS-ad anni 2, mesi 10, giorni 10 di reclusione oltre 1.550,00 euro di multa;
successivamente la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza resa in data 17 luglio 2016, ha disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati.

Vengono poi richiamate altre vicende che più direttamente attengono al riscontrato legame tra -OMISSIS- e la -OMISSIS-s.r.l. e -OMISSIS-. Nei provvedimenti in parola si evidenzia: a) che il primo è indagato nel procedimento penale n. -OMISSIS-, come risulta dall’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Firenze del 24 marzo 2021, assieme a -OMISSIS-, per il reato di cui all’art. 21 della legge 646/1982 (subappalto senza autorizzazione), poiché l’impresa -OMISSIS- avrebbe concesso in subappalto senza autorizzazione la realizzazione di opere pubbliche a --OMISSIS-, quale amministratore della -OMISSIS-s.r.l., il quale “ con il concorso diretto di -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente amministratore e tecnico dell’impresa -OMISSIS- (autorizzata al subappalto), quest’ultimo anche direttore del cantiere – eseguiva la citate lavorazioni camuffando l’illecito mediante il meccanismo del <distacco>
di manodopera presso entrambe le imprese anzidette
”;
b) la sussistenza di un sodalizio criminale rivolto all’acquisizione del monopolio del settore in cui operano le imprese -OMISSIS- (colpita da interdizione), -OMISSIS- (colpita da interdittiva), -OMISSIS-s.r.l. (colpita da interdittiva);
c) che l’amministratore della -OMISSIS-s.r.l., --OMISSIS-, è indagato nello stesso predetto procedimento nel quale sono indagati -OMISSIS-e -OMISSIS-, e che nell’impresa lavora anche -OMISSIS-, del quale si sottolinea lo spessore criminale;
d) che dallo stesso procedimento penale n. -OMISSIS-, come da ordinanza del GIP del 21 aprile 2021, risultano “ altri lavori appaltati formalmente, nell’aprile e maggio 2019, alla ditta --OMISSIS-, in realtà eseguiti dalla -OMISSIS-e precisamente: lavori di ricentramento dell’alveo del torrente -OMISSIS-nei comuni di Pistoia – -OMISSIS-;
-OMISSIS-: lavori di riassetto idraulico del bacino del fosso -OMISSIS-;
lavori di realizzazione della cassa di espansione del -OMISSIS-
”, al cui proposito il G.I.P. evidenzia che: “ in nessuno di questi tre casi, allo stato della richiesta, risulta che i lavori siano stati subappaltati alla -OMISSIS-, bensì siano stati eseguiti con mezzi e maestranze di quest’ultima ”, come emerge da intercettazioni, sopralluoghi in cantiere e fatture, e che “ al di là della regolarità o meno di queste procedure, rilevante è il dato che, sia pure nel periodo attenzionato, la -OMISSIS-è una presenza costante nel settore dell’edilizia/movimento terra, presenza che potrebbe corroborare la tesi che anche nel caso dell’-OMISSIS-il monopolio acquisito può spiegarsi – alla luce delle investigazioni sin qui acquisite – con lo spessore criminale del -OMISSIS- ”.

I predetti ricorrenti hanno impugnato in giudizio i due citati provvedimenti, formulando le seguenti censure:

- “ Violazione dell’art. 1, comma 52, legge 190 del 2012 e dell’art. 89 bis, d .lgs. 159 del 2011. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, errore manifesto, manifesta ingiustizia ”: mancano, secondo i ricorrenti, i presupposti per l’adozione degli atti gravati ed in particolare la prova di tentativi di infiltrazione mafiosa;
la sentenza di appello di non doversi procedere per prescrizione non contiene alcuna conferma dei fatti risultanti dalla sentenza di primo grado;
nulla vieta di utilizzare a fini non penali le prove assunte nel giudizio di primo grado, ma volendo procedere in tal senso v’è l’onere di indicare quali sono i fatti rilevanti e quali sono le prove della responsabilità dell’imputato, mentre nel caso specifico il Prefetto di Prato non ha fatto niente di ciò;
rilevano poi i ricorrenti di non avere accesso all’ordinanza del GIP richiamata nei provvedimenti impugnati;
evidenziano di non conoscere e di non avere avuto rapporti con la -OMISSIS-, mentre il ricorrente -OMISSIS-conosce la -OMISSIS-s.r.l., con cui tuttavia la s.r.l. -OMISSIS-Alvaro ha intrattenuto rapporti cristallini e di natura esclusivamente imprenditoriale;
evidenziano che non risulta provata e comunque che non era a loro conoscenza la riconducibilità della società -OMISSIS-al controllo della criminalità organizzata “ndranghetista”;
contestano che nei tre casi richiamati negli atti impugnati si fosse in presenza di subappalti irregolari, trattandosi di rapporti regolarmente autorizzati;

- “ Violazione degli articoli 7 e 10 bis legge 241 del 1990. Violazione degli artt. 89 bis, 92 e 93, comma 4, del d. lgs. 159 del 2011. Eccesso di potere per insufficienza della motivazione ”: è mancata, secondo i ricorrenti, la partecipazione procedimentale nella specie necessaria;

- “ Illegittimità costituzionale degli artt. 89 bis e 92 d.lgs. 159 del 2011 ”: il comma 5 dell’art. 67 d.lgs. cit. prevede che “ le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia ”, mentre tale misura non è prevista in materia di informazione antimafia a contenuto interdittivo, determinando una ingiusta disparità di trattamento.

Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Prato si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 728 del 2021 il T.a.r. ha accolto l’istanza cautelare di sospensione degli effetti degli atti impugnati, sul rilievo che “(…) i provvedimenti gravati non risultano motivare adeguatamente sul rischio di infiltrazione mafiosa a carico della società ricorrente, stante la non particolare rilevanza economica dei rapporti intercorsi tra la società medesima e la società -OMISSIS-e la regolarità giuridica che appare contrassegnare i rapporti stessi (due regolari subappalti e un rapporto di messa a disposizione del personale della -OMISSIS-) ”.

Tale provvedimento è stato riformato in appello con ordinanza di questa Sezione n. 838 del 2022, la quale ha ritenuto che “ si può evidenziare la sussistenza – prima facie – di quella convergenza di interessenze economiche che supporta il giudizio del ‘più probabile che non’ sotteso alle finalità degli istituti in argomento ”.

Con istanza del 12 gennaio 2022 i ricorrenti hanno poi chiesto la riunione della causa al ricorso r.g. n. 1/2022, proposto dalla società -OMISSIS-. per l’annullamento del provvedimento prot. n. -OMISSIS-1, recante anch’esso una informazione antimafia interdittiva, sul rilievo che tale ultimo atto si basa, come specificato a pagina 8 dello stesso, sulle “ medesime ragioni poste a fondamento del provvedimento interdittivo adottato nei confronti della -OMISSIS-, essendo identiche la compagine sociale e la rappresentanza legale e sostanzialmente analogo il settore di attività ”: così risultando i due procedimenti soggettivamente e oggettivamente connessi.

In particolare, col predetto ricorso r.g. n. -OMISSIS- la società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento predetto per le medesime censure già formulate verso gli atti gravati con il sopra descritto ricorso r.g. n. -OMISSIS-.

Anche in tale causa il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Prato si sono costituiti, resistendo all’impugnazione.

In data 12 gennaio 2022 è stata avanzata eguale istanza di riunione al ricorso r.g. n. -OMISSIS-.

All’esito della pubblica udienza del giorno 21 aprile 2022 le due cause sono state previamente riunite dal Collegio e i ricorsi accolti con la seguente motivazione:

<12 - I provvedimenti prefettizi impugnati sono chiamati a dare attuazione a norme che attribuiscono al Prefetto un potere di valutazione discrezionale in ordine al <pericolo di infiltrazione mafiosa>, costruendo quindi una fattispecie di pericolo che non presuppone un accertamento con “certezza oltre ogni ragionevole dubbio ”, come nell’accertamento della responsabilità penale, bensì ancorano l’accertamento stesso alla sussistenza anche di indizi gravi, precisi e concordanti, che possano far ritenere “ più probabile che non ” il pericolo di infiltrazione mafiosa. Tutto ciò è giustificabile in funzione di scongiurare il pericolo della infiltrazione mafiosa nel tessuto economico, con il limite invalicabile che non si sconfini nel sanzionare semplici sospetti, evenienza scongiurata allorquando alla base dell’agire amministrativo vi siano seri ed univoci elementi fattuali dai quali sia possibile inferire (secondo la richiamata logica del più probabile che non ”) il tentativo di infiltrazione mafiosa (in tal senso da ultimo Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758).

13 – Il Collegio ritiene, procedendo all’esame del primo motivo dei ricorsi riuniti, che nella specie il materiale probatorio posto alla base dei provvedimenti impugnati non sia tale da consentire di ritenere sussistenti indizi gravi, precisi e concordanti a carico di parte ricorrente, tali da giustificare in termini di “più probabile che non ”, la sussistenza di pericoli di infiltrazione mafiosa nei confronti delle aziende ricorrenti.

Il primo profilo motivazionale rinvenibile negli atti gravati può prima facie apparire, in effetti, di significativa consistenza e tuttavia lo stesso deve essere valutato nella sua possibile rilevanza giuridica, tenuto conto di come rappresentato dall’amministrazione negli atti medesimi. Il riferimento è alla circostanza che il -OMISSIS-, all’epoca in cui rivestiva la carica di consigliere delegato della -OMISSIS-, sia stato sottoposto a procedimento penale per i reati di turbata libertà degli incanti, associazione per delinquere e truffa e condannato dal Tribunale di Firenze alla pena di anni 2, mesi 10, giorni 10 di reclusione oltre 1.550,00 euro di multa. Negli atti gravati si richiama tale sentenza di condanna, aggiungendo poi che la sentenza del Tribunale di Firenze è stata impugnata in appello e che la Corte d’Appello di Firenze ha disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati stessi. A fronte di una tale evoluzione della vicenda penalistica l’amministrazione, ritenendo che i fatti di reato richiamati assumessero comunque una rilevanza in sede amministrativa, per l’assunzione delle misure interdittive antimafia, avrebbe dovuto richiamare i fatti medesimi, valutarli in sede amministrativa (anche al di là dell’esito penalistico) e dimostrare motivatamente come essi assurgessero a indizi idonei (assieme ad altri) a supportare il giudizio di sussistenza di pericolo di infiltrazione mafiosa. Ma quest’opera di valutazione amministrativa dei fatti storici e degli elementi probatori degli stessi (anche in ipotesi emergenti dal giudizio penale) non c’è stata, essendosi l’amministrazione limitata a richiamare in sé la sentenza penale di condanna per i gravi reati. In termini giuridici, tuttavia, quella sentenza di condanna ha perduto (in quanto tale e in assenza di una autonoma valutazione in sede amministrativa dei fatti che hanno condotto alla stessa) ogni rilevanza, giacché superata dalla riforma della Corte d’Appello di Firenze di non doversi procedere per prescrizione. Ne consegue che il primo richiamo motivazionale, in apparenza significativo, ad uno stringente, ma ad avviso del Collegio pacifico, scrutinio giudiziario, perde ogni giuridica rilevanza anche indiziaria.

Il secondo nucleo motivazionale degli atti gravati consiste nel richiamo a rapporti intercorsi tra il -OMISSIS-e la -OMISSIS-s.r.l., quest’ultima società colpita da interdittiva antimafia, i quali vengono decritti come rapporti non legittimi, tant’è che hanno portato ad un procedimento penale a carico dello stesso -OMISSIS-per il reato di subappalto non autorizzato, di cui all’art. 21 della legge 646/1982;
questi rapporti illegittimi sul piano amministrativo (senza autorizzazioni) e costituenti reato (ex art. 21 cit.) costituirebbero l’elemento di non genuina congiunzione della società ricorrente con la -OMISSIS-s.r.l. e quindi la fonte del contagio idonea a giustificare le interdittive gravate. Il punto qualificante di questo profilo motivazionale è dunque quello della non genuinità dei rapporti richiamati e della assenza delle necessarie autorizzazioni, che colorerebbe gli stessi di un profilo di illeceità che ne evidenzierebbe la funzione di supporto a soggetti economici non sani
. La ricorrente, nel contestare tali assunti, ha versato in atti ampia documentazione comprovante, ben diversamente, la sussistenza di titoli autorizzatori dei rapporti evocati, evidenziando che si tratta di relazioni economiche alla luce del sole, tutt’altro che celate e illegittime sul piano amministrativo. Per i lavori sull’alveo del torrente -OMISSIS-(primo rapporto richiamato nei provvedimenti in esame) è stata versata in atti l’istanza della società ricorrente del 1° agosto 2019 al Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno volta ad ottenere l’autorizzazione a subappaltare parte delle opere in appalto alla -OMISSIS-s.r.l. (doc. 3 di parte ricorrente), la determina dirigenziale n. 531 del 7 agosto 2019 che ha autorizzato il subappalto (doc. 4), il contratto di subappalto (doc. 5) e le fatture conseguenti all’esecuzione dei lavori (doc. 6). Per i lavori di riassetto idraulico del Bacino del Fosso Ombroncello (secondo rapporto ritenuto equivoco e non autorizzato) la ricorrente ha parimenti richiesto l’autorizzazione al subappalto in data 13 marzo 2019 (doc. 7), il Consorzio di Bonifica ha autorizzato il subappalto in favore della ditta -OMISSIS-(doc. 8-9), è stato stipulato il relativo contratto (doc. 10) e sono state emesse le fatture conseguenti (doc. 11). Il terzo rapporto controverso è quello relativo ai lavori di realizzazione della cassa di espansione del -OMISSIS-, per i quali nell’ordinanza del GIP richiamata nei provvedimenti interdittivi gravati si afferma che “non si trattava di vero subappalto bensì di semplice distacco di personale, ex art. 30 d.lgv. 276/2003, dalla -OMISSIS-alla ditta-OMISSIS-, aggiudicataria dell’appalto ”. Con riferimento ad esso la ricorrente ha versato in atti contratto di subappalto intercorso tra la ricorrente medesima e la -OMISSIS- snc, che si era aggiudicata la gara di appalto (doc. 12), subappalto regolarmente autorizzato (doc. 13), al quale è seguito il distacco di manodopera disposto sulla base di regolari contratti con la -OMISSIS-(docc. 14-15), comunicato al Centro per l’Impiego (doc. 16) e all’INPS (doc. 17 e 18). Tutta questa documentazione di parte ricorrente non è stata presa in esame dall’amministrazione, né quest’ultima l’ha contestata in sede giudiziaria. Se si tiene conto che gli atti gravati e la stessa difesa in giudizio dell’amministrazione si fondano sulla presenza di rapporti di subappalto e distacco di manodopera non autorizzati, i quali sarebbero gli elementi che contagiano la ricorrente con gli operatori economici già colpiti da interdittive, la produzione in giudizio invece di documenti che dimostrano come i titoli autorizzatori ci sono, mette in crisi l’intera costruzione e fa seriamente dubitare che possa dirsi, ancorché indiziariamente, che sia “più probabile che non ” la sussistenza della infiltrazione mafiosa nei confronti della ricorrente. D’altra parte degli esiti del procedimento penale in cui risulta coinvolto il -OMISSIS-non è stata fornita notizia dalle parti e gli altri elementi indiziari evocati per richiamo al procedimento penale, sganciati dal quadro di riferimento costituito dalla esistenza di subappalti e distacchi di manodopera non autorizzati, non risultano idonei da soli a sorreggere il quadro indiziario relativo alla sussistenza di una infiltrazione mafiosa nelle società ricorrenti. Si tratta infatti di accenni e stralci a intercettazioni dai quali si ricava l’esistenza di rapporti tra le società richiamate, ma che da soli non appaiono idonei a provare la illiceità dei rapporti stessi, trattandosi di contatti che potrebbero ben giustificarsi alla luce dei rapporti di subappalto e distacco sopra richiamati.

14 – Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che gli atti gravati non siano supportati da motivazione idonea a giustificare la ritenuta sussistenza di infiltrazione mafiosa nelle società ricorrenti. (…)>.

Hanno proposto rituale gravame avverso tale decisione le Amministrazioni convenute in primo grado. L’appello - recante istanza di sospensione in via cautelare della pronuncia gravata, poi accolta come già segnalato -, contesta le motivazioni rese dal T.a.r., ribadendo la natura indiziaria, ai fini in questione, sia della condanna a suo tempo riportata dal ricorrente, sia dei summenzionati rapporti economici.

Si sono costituiti i soggetti appellati, chiedendo il rigetto del gravame e riproponendo, in via subordinata, le censure rimaste assorbite nella decisione di primo grado.

Alla pubblica udienza del 2 marzo 2023 la causa è passata in decisione.

2. Il Collegio ritiene fondato l’appello, per quanto segue.

2.1 La sentenza impugnata ha esclusa la sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa nelle società ricorrenti in primo grado sulla scorta delle seguenti considerazioni relative, rispettivamente, ai due profili motivazionali degli atti impugnati individuati nella medesima decisione:

a) la prescrizione di cui ha beneficiato in sede penale -OMISSIS- non permette secondo il T.a.r. di considerare, neppure ai particolari fini amministrativi in esame, la condanna riportata in primo grado dal medesimo (pena di due anni, dieci mesi e dieci giorni di reclusione oltre multa) all’epoca in cui rivestiva la carica di consigliere delegato della -OMISSIS- (fatto pacifico), per i reati di turbata libertà degli incanti (nota fattispecie “spia”), associazione per delinquere e truffa, in mancanza di un’idonea motivazione resa in sede amministrativa sul punto;

b) la regolarità sul piano amministrativo dei tre rapporti commerciali additati nei provvedimenti - due di subappalto a -OMISSIS-S.r.l. e uno di distacco di lavoratori di quest’ultima presso la -OMISSIS-, subappaltatrice in tale occasione –, in quanto regolarmente autorizzati e in generale svoltisi “ alla luce del sole ” tra il -OMISSIS-e la -OMISSIS-S.r.l. (società attinta da interdittiva e ove lavora anche -OMISSIS-, di cui i provvedimenti evidenziano lo spessore criminale), esclude ad avviso del T.a.r. non solo il reato di subappalto non autorizzato ex art. 21 l. 646/1982 per cui pende un procedimento penale, ma anche il rilievo dei medesimi rapporti ai fini dei provvedimenti impugnati, alla luce della relativa motivazione che, richiamando il procedimento penale, la loro presunta irregolarità evidenzia (così la sentenza impugnata: <[…] la produzione in giudizio invece di documenti che dimostrano come i titoli autorizzatori ci sono, mette in crisi l’intera costruzione e fa seriamente dubitare che possa dirsi, ancorché indiziariamente, che sia “più probabile che non” la sussistenza della infiltrazione mafiosa nei confronti della ricorrente >).

Nessuno dei due costrutti motivazionali merita conferma.

2.2 In ordine alla prima questione, l’accertamento dei fatti recato da una condanna emessa in sede penale per i predetti reati, mai riformata nel merito da un opposto accertamento (essendosi i reati estinti in appello per prescrizione), può di regola costituire ex se un elemento indiziario rilevante sul piano amministrativo ai sensi dell’art. 2729 c.c. e della normativa speciale qui rilevante, senza che a tal fine siano necessarie ulteriori valutazioni nuovamente vertenti sull’attendibilità della ricostruzione degli stessi fatti.

La soluzione di certo non discende da una persistente valenza sul piano penale della vicenda - di per sé giustamente esclusa dal T.a.r. per il travolgimento della condanna a seguito della prescrizione -, bensì dal noto principio del “doppio binario” tra le vicende processuali penali e le valutazioni in sede amministrativa, che alle risultanze fattuali delle prime possono legittimamente attingere. Non è decisivo che la p.a. non abbia esternato particolari motivazioni al riguardo, come invece ritiene la sentenza impugnata, la quale conclude che “ quella sentenza di condanna ha perduto (in quanto tale e in assenza di una autonoma valutazione in sede amministrativa dei fatti che hanno condotto alla stessa) ogni rilevanza, giacché superata dalla riforma della Corte d’Appello di Firenze di non doversi procedere per prescrizione. ”. Così ragionando, il T.a.r. ha in sostanza messo in relazione l’intervenuta estinzione del reato e la motivazione del provvedimento amministrativo, come se quest’ultima fosse onerata di “compensare” la prima evenienza affinchè potesse persistere (o “resuscitare”) la valenza indiziaria dell’accertamento occorso in sede penale.

Deve al contrario ritenersi che lo spessore dell’onere motivazionale della p.a. non subisca significativi scostamenti a seguito di vicende processuali strettamente penali, come nel presente caso della prescrizione. Poiché il provvedimento di essa dichiarativo non reca un accertamento fattuale diverso da quello operato dalla sentenza di condanna di primo grado, quest’ultimo ben può essere recepito sul piano indiziario dalla p.a. ai suoi peculiari fini, non diversamente da ogni altro caso in cui sussista una condanna penale, benchè non definitiva;
nè occorre un nuovo motivato apprezzamento in sede amministrativa degli stessi fatti, questi essendo già stati accertati in sede penale (anche con maggiori garanzie difensive).

Tale conclusione vale a maggior ragione nel caso in esame, laddove tali fatti costituiscono, nel loro insieme, un semplice tassello indiziario, e neppure il principale, in un quadro complessivo che ne ricomprende altri meno risalenti.

Viene così a cadere la prima parte della motivazione della decisione impugnata, essendo esente da vizi l’operato riferimento dei provvedimenti impugnati alla pregressa vicenda penale del ricorrente.

2.3 Sulla seconda questione, sopra evidenziata sub b), erra certamente nel fatto, prima ancora che in diritto, visto il contenuto degli atti impugnati, la decisione di primo grado nel valorizzare in modo decisivo il profilo della regolarità amministrativa, da essa incidentalmente accertata, dei rapporti d’impresa addotti nei provvedimenti.

Trattasi d’un aspetto rilevante al fine dell’eventuale esclusione del reato per cui pende attualmente un procedimento penale (questione su cui non occorre di certo qui prendere posizione) e scarsamente incidente sul piano amministrativo, come giustamente evidenziato nell’atto d’appello. Da quest’ultimo punto di vista, legittimamente possono i provvedimenti impugnati fondarsi sull’esistenza - in sé incontestata - di tali rapporti tra le società sopra menzionate, ancorchè eventualmente regolari, poichè utili ad attestare in modo obiettivo la cointeressenza economica e, muovendo da tale dato pacifico, per via indiziaria la verosimile contaminazione da parte della società attinta da un’interdittiva e su cui si concentrano consistenti indizi di mafiosità (la -OMISSIS-S.r.l. nel caso specifico) sulle altre che con essa intrattengono significativi rapporti, come le ricorrenti nel caso di specie.

Del resto, che l’irregolarità amministrativa contestata in sede penale costituisse, contrariamente a quanto ritenuto dal T.a.r., un elemento sovrabbondante e accessorio nella prospettiva dei provvedimenti qui impugnati si evince sia dal relativo passo trascritto – e poi in motivazione trascurato - dalla sentenza di primo grado, ove si riportava la considerazione finale del G.I.P. (recepita dalle successive considerazioni dell’Amministrazione) secondo cui “ al di là della regolarità o meno di queste procedure, rilevante è il dato che, sia pure nel periodo attenzionato, la -OMISSIS-è una presenza costante nel settore dell’edilizia/movimento terra, presenza che potrebbe corroborare la tesi che anche nel caso dell’-OMISSIS-il monopolio acquisito può spiegarsi – alla luce delle investigazioni sin qui acquisite – con lo spessore criminale del -OMISSIS- ”;
sia, come evidenziato nell’atto d’appello, dalla seguente motivazione esternata alle pagg. 7 e ss. del provvedimento di diniego d’iscrizione della -OMISSIS- nella cosiddetta white list ( idem negli altri atti impugnati) - il quale, come ivi specificato (“… lo strumento prescinde dall’accertamento di responsabilità penali ”), si disinteressa della contestata regolarità amministrativa dei subappalti -: “(…) gli elementi sintomatici e indiziari acquisiti evidenziano pertanto un quadro di criticità sotto il profilo della normativa antimafia, in ragione delle preponderanti controindicazioni a carico di -OMISSIS- riguardo alla vicinanza ed ai collegamenti con personaggi di spicco appartenenti all’alveo della criminalità catanzarese di matrice ‘ndranghetista ”;
atteso che (…) i contatti tra -OMISSIS- e -OMISSIS-non possano ritenersi frutto di casualità, né possano essere ricondotti meramente all’alveo dell’occasionalità, essendo plurimi gli episodi di distacco [in senso atecnico, n.d.e.] di personale, compreso lo stesso -OMISSIS-, dalla -OMISSIS-presso cantieri della -OMISSIS-, rendendo verosimile se non evidente l’agevolazione degli interessi e degli affari della famiglie -OMISSIS-– -OMISSIS-, di cui la cennata -OMISSIS-è espressione ”.

2.4 Ciò chiarito, la questione che residua verte, piuttosto, sull’oggettiva significatività dei predetti rapporti economici, ravvisata dalla p.a. nel passo da ultimo citato (e che gli appellati tendono a sminuire), in funzione della loro concreta valenza indiziaria ai fini in esame.

Orbene, da tale punto di vista, non convincono le obiezioni di parte appellata circa l’asserita modestia sul piano economico di tali rapporti commerciali e l’asserita buona fede del sig. -OMISSIS-.

La prima circostanza, meramente affermata e neppure comprovata in relazione al volume d’affari complessivo delle società in questione, in ogni caso non è decisiva, rilevando maggiormente in senso opposto la incontestata pluralità dei contatti intercorsi, quale indice di una certa regolarità nella cointeressenza economica (a prescindere dall’ulteriore circostanza, contestata dagli appellati e ben poco rilevante, che -OMISSIS-sia stato anche in prima persona un lavoratore “distaccato”).

La seconda circostanza addotta, ossia la buona fede del ricorrente, asseritamente ignaro della probabile mafiosità dell’impresa all’atto di contrarre con essa, non risulta credibile ex art. 2729 c.c., anzitutto per la stessa pluralità dei contatti intercorsi con quest’ultima, nel cui ambito è inverosimile che la medesima non abbia resi manifesti i propri caratteri, e secondariamente per il precedente giudiziario sussistente a carico del ricorrente, quale ulteriore elemento indiziario di credibilità della complessiva ricostruzione operata dall’Amministrazione.

Va inoltre considerato, più in generale, che il fondamentale rilievo sul piano oggettivo del mero tentativo d’infiltrazione mafiosa attenua il rigore dell’indagine amministrativa sul versante dell’esatta ricostruzione dello stato psicologico del soggetto (potenzialmente) connivente o condizionato, considerata anche la natura non sanzionatoria delle misure in parola, col solo limite dell’episodio “isolato” o altrimenti “giustificabile” [cfr. C.d.S., sez. III, n. 1846/2016: <(…) 5.4. I fatti che l'autorità prefettizia deve valorizzare prescindono, infatti, dall'atteggiamento antigiuridico della volontà mostrato dai singoli e finanche da condotte penalmente rilevanti, non necessarie per la sua emissione, come meglio si dirà, ma sono rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che la mafia, in molteplici, cangianti e sempre nuovi modi, può esercitare sull'impresa anche al di là e persino contro la volontà del singolo.

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