Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-10, n. 202302522

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-10, n. 202302522
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302522
Data del deposito : 10 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/03/2023

N. 02522/2023REG.PROV.COLL.

N. 10785/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10785 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Roma - Ufficio Immigrazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Roma - Ufficio Immigrazione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data 10 febbraio 2020, la signora -OMISSIS-, cittadina ecuadoregna, ha presentato istanza di rinnovo del proprio permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

2. Con provvedimento del 4 febbraio 2021, la Questura di Roma ha rifiutato tale istanza sulla base delle innumerevoli segnalazioni e condanne intervenute, tra il 2002 e il 2021, nei confronti della richiedente per i reati di furto e indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento, in concorso con altri.

3. Avverso tale rifiuto, la straniera ha presentato ricorso al Tar Lazio lamentando la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento a diverse disposizioni normative (artt. 7 e 10 bis l. 241/90, artt. 5, 5 bis e 19 d.lgs. 286/1998) nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti.

4. Con sentenza, resa ex art. 60 c.p.a, n. -OMISSIS- il Tar Lazio ha giudicato legittimo il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno elevato nei confronti della straniera e ha respinto il ricorso. Il giudice di prime cure, dopo aver preso atto che la richiesta di rilascio del titolo di soggiorno è stata presentata da un soggetto irregolare nel territorio italiano da circa due anni, rilevati i numerosi specifici precedenti a carico della ricorrente, peraltro, idonei a sostenere il giudizio di pericolosità sociale in suo sfavore, ha ritenuto il decreto di rifiuto esente da censure.

In particolare il Tar ha messo in evidenza che il decreto questorile individui, tra le cause ostative al rinnovo del permesso di soggiorno, non soltanto, le plurime condanne in materia di furto aggravato a carico della stessa, ma anche la logica antigiuridica che connota il reiterato comportamento delittuoso della ricorrente, stante la ripetitività delle condotte poste in essere. Trattasi di indici che, come rilevato dall’amministrazione, denotano una scarsa integrazione sotto il profilo sociale e acquistano valenza ostativa ad una positiva valutazione in ordine alla permanenza nel territorio dello Stato.

5. Con appello notificato in data 23 dicembre 2021 e depositato in pari data, la signora -OMISSIS- ha chiesto, in riforma della decisione impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

A sostegno dell’azione impugnatoria, l’appellante ha dedotto: a) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 46 c.p.a.;
b) la violazione e la falsa applicazione di diverse disposizioni di legge (artt. 7 e 10 bis l. 241/1990;
artt. 5, 5 bis e 19 d.lgs. 286/1998;
c) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 74 d.P.R. 115/2002.

6. Si sono costituiti, solo formalmente, in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma senza espletare difese scritte.

7. Con l’ordinanza interlocutoria n. -OMISSIS- è stato richiesto alla Questura di Roma di presentare, entro 30 giorni dalla notificazione della stessa, una relazione di chiarimenti con specifico riferimento alla condizione familiare della straniera nonché ulteriori pregiudizi penali a suo carico.

8. Con l’ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- è stato rinnovato l’anzidetto ordine istruttorio, rimasto tuttavia inadempiuto.

9. Con ordinanza n. -OMISSIS-è stato rinnovato l’anzidetto ordine istruttorio, adempiuto con documentazione depositata in data 3 ottobre 2022. In particolare, dalle informazioni da ultimo acquisite dall’amministrazione, è emerso che la donna è attualmente separata dal coniuge, cittadino italiano, di origini colombiane, il signor -OMISSIS- con il quale, all’anagrafe del Comune di Roma, non risulta che siano nati figli. Da verifiche del certificato dello Stato di famiglia, invece, si evince che l’appellante è madre due figli, l’uno cittadino spagnolo e l’altro cubano. Questi ultimi risultano irreperibili all’indirizzo di residenza della madre e hanno entrambi una procedura di irreperibilità avviata dall’autorità competente. La donna è attualmente in stato di detenzione presso la casa circondariale femminile di Roma.

10. In data 7 ottobre 2022, l’appellante ha depositato memoria, con la quale ha, in particolar modo, evidenziato che “ L'Amministrazione ha depositato documenti unicamente il 3 ottobre 2022, ragion per cui la documentazione depositata andrà necessariamente stralciata dal giudizio de quo, poichè depositata fuori dei termini sia dei 20 giorni intimati, che dei 40 giorni liberi prima dell'udienza ”.

11. Alla pubblica udienza del 10 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, oggetto della controversia è il provvedimento del Questore di Roma, con il quale è stata respinta l’istanza volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, presentata dalla cittadina ecuadoregna -OMISSIS-, in ragione degli innumerevoli precedenti penali per furto a suo carico, della sua propensione a delinquere e del giudizio di pericolosità sociale formulato nei suoi confronti.

2. L’appello è infondato.

Priva di pregio è la doglianza proposta con il primo motivo di ricorso circa la mancata costituzione del Ministero dell’Interno nel precedente grado di giudizio, che deposita un rapporto informativo con gli atti istruttori che hanno determinato l’emissione del provvedimento impugnato.

Tale Amministrazione infatti si è costituita formalmente in giudizio, unitamente alla Questura di Roma, con il medesimo atto del 16 luglio 2021 che è stato depositato in pari data.

La documentazione trasmessa agli atti deriva da una parte processuale correttamente costituita, pertanto, non è illegittimo che il Tar l’abbia presa in considerazione.

Premesso che la documentazione depositata dall’amministrazione il 3 ottobre 2022, in adempimento dell’ordinanza n. 7872 del 9 settembre 2022, è utilizzabile ai fini del decidere, stante la natura non perentoria del termine per ottemperare all’incombente istruttorio, osserva il Collegio che le informazioni da ultimo acquisite per mezzo di tale adempimento non consentono di accogliere il secondo e il terzo motivo di appello che, per ragioni di opportunità, possono essere trattati congiuntamente.

Al proposito, giova ricordare che l’art. 4, co. 3 d.lgs. 286/1998, come modificato dall’art. 4 co. 1 lett. b), l. 189/2002, stabilisce che non è ammesso in Italia lo straniero: “...che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (...) o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380 commi 1 e 2 del codice di procedura penale (...)”;
l’art. 5 co. 5 dello stesso decreto prevede che “il permesso di soggiorno o suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno dello straniero nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.

In merito alla legittimità del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per la pregressa condanna per reati ostativi – quale è quella che ha raggiunto l’appellante – la giurisprudenza è consolidata (tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 26 giugno 2015, n. 3210) e la norma del T.U. sull’immigrazione ha superato il vaglio di legittimità costituzionale in quanto la valutazione sulla pericolosità sociale è stata eseguita “a monte” dallo stesso legislatore: ne consegue che nelle ipotesi tipizzate non è necessaria alcuna autonoma valutazione da parte del Questore sulla pericolosità sociale del cittadino straniero.

Solo se sussistono vincoli familiari, il Questore deve operare il bilanciamento tra gli opposti interessi alla tutela della pubblica sicurezza e alla vita familiare del cittadino straniero, ai sensi dell’art. 5 co. 5, ult. periodo, d.lgs. n. 286/1998. cfr., a tal riguardo, Cons. St., sez. III, 16 luglio 2019, n. 5007, Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2013, n. 1339;
Cons. Stato, Sez. III, 31 ottobre 2011, n. 5825).

Peraltro, al fine della dovuta considerazione, in subiecta materia, dei vincoli familiari esistenti, cui fa riferimento il predetto art. 5 si richiede che gli stessi siano effettivi, escludendo che questi assumano di per sé carattere preminente. La presenza di una famiglia sul territorio italiano non può, infatti, costituire “scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno” (cfr. Cons. St. 29 novembre 2019, n. 8175;
4 maggio 2018, n. 2654).

Tuttavia, è necessario che l’amministrazione operi il corretto e proporzionato bilanciamento tra i valori, tutti costituzionalmente protetti, che vengono in rilievo nelle fattispecie di cui trattasi. Di tale valutazione, l’amministrazione deve dare compiutamente e specificatamente conto nelle motivazioni dei provvedimenti. È solo in questo modo che si scongiura il rischio dell’automatismo che pregiudica non soltanto in via diretta il bene costituzionale dell’unità familiare ma, più in generale, il principio di uguaglianza, anch’esso protetto dalla Carta costituzionale.

Nel caso concreto, la ricorrente è stata condannata per il reato di furto, ai sensi degli artt. 624 e 110 c.p. nonché indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito o pagamento (art. 493 ter e 110 c.p.), con sentenza della Corte d’Appello di Roma del 27 gennaio 2019, irrevocabile il 15 giugno 2020, ma anche nel 2014 con sentenza del 21 ottobre dalla stessa Corte d’Appello di Roma per gli stessi reati nonché quello di resistenza a pubblico ufficiale. Altre pronunce di condanna in applicazione di pena su richiesta, tutte per il delitto di furto, risalgono al 2002, 2003, 2008, 2009, 2010.

Trattasi di una fattispecie che risulta ostativa al mantenimento del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 4 co. 3 d.lgs. 286/1998 in quanto offende e mette in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica.

La ripetitività delle condotte poste in essere dall’appellante in tempi ravvicinati ha condotto l’Amministrazione a formulare un giudizio di pericolosità sociale nei suoi confronti, ritenendo che si tratti di persona dedita a traffici delittuosi e che trae mezzi di sostentamento con proventi di attività illecite. Tale capacità e propensione a delinquere contrasta con le finalità proprie del d.lgs. 286/1998 e con i motivi per cui è consentito rinnovare o rilasciare un permesso di soggiorno.

Con riferimento alla situazione familiare, dalle informazioni acquisite tramite il considerato adempimento istruttorio, osserva il Collegio che non risultano rilevanti e solidi legami familiari in Italia in virtù dei quali debba operarsi il necessario bilanciamento tra gli opposti interessi alla tutela della pubblica sicurezza e alla vita familiare del cittadino straniero. Di talché, deve confermarsi la prevalenza dell’interesse pubblico ritenuta dall’amministrazione e confermata dal giudice di primo grado con valutazione esente da censure.

In riferimento, invece, alla durata del soggiorno in Italia, occorre considerare che l’autorità procedente ha tenuto conto del prolungato periodo di permanenza (sin dal 2002), evidenziando altresì come l’appellante si sia trattenuta irregolarmente per addirittura 11 anni sul territorio nazionale. Sulla base di tali considerazioni appare corretto non assegnare alla durata del soggiorno un valore così pregnante da risultare prevalente rispetto alla gravità e alla ricorrenza dei reati commessi.

Per quanto riguarda la contestazione relativa alla mancata comunicazione del preavviso di rigetto, poiché l’atto notificato conteneva una mera sospensione del procedimento, senza anticipare i motivi del diniego.

Tale censura risulta manifestamente infondata per tabulas , atteso che dalla piana lettura del provvedimento - notificato a mani di -OMISSIS- – emergono con evidenza i motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno, tantoché la ricorrente partecipa al procedimento tramite la produzione di una memoria, segno che era ben conscia degli elementi che avrebbero condotto al suddetto diniego.

Neanche sotto questo profilo, quindi, può essere accolto il ricorso, riconoscendo, al contrario, la correttezza dell’operato dell’Amministrazione procedente.

Alla luce di quanto esposto, pertanto, la motivazione resa dall’Amministrazione è pienamente sufficiente a supportare la revoca del permesso di soggiorno.

3. Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

Considerata l’assenza di difese scritte da parte delle amministrazioni appellate, le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensate tra le parti costituite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi