Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-28, n. 201402197
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N. 02197/2014REG.PROV.COLL.
N. 08909/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8909 del 2013, proposto dal signor C T, rappresentato e difeso dall'avvocato V B, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Trionfale n. 21;
contro
Regione Lazio, in persona del presidente
pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, corso del Rinascimento n. 11;
nei confronti di
P P, rappresentato e difeso dagli avvocati S E M, P A e F R, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Vittorio Veneto n. 108;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma - Sezione II bis , n. 9319 del 30 ottobre 2013.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e del signor P P;
Viste le memorie difensive e di replica depositate dall’appellante (in data 14 e 21 marzo 2014), e dal signor P (in data 14 marzo 2014);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° aprile 2014 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Balzani, Annesi e Giovanni Pellegrino su delega dell’avvocato G P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla proclamazione del signor P P - collocatosi al primo posto della lista “Centro democratico per Zingaretti” - alla carica di consigliere regionale in occasione delle elezioni del presidente della regione Lazio e del consiglio regionale, tenutesi il 24 e 25 febbraio 2013;la lista in questione ha ottenuto un solo seggio;al secondo posto della lista si è collocato il signor C T.
1.1. In data 11 marzo 2013 il signor T ha depositato presso l’Ufficio centrale circoscrizionale copia di una denuncia – querela presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale penale di Roma elencando una serie di irregolarità a suo dire occorse in sede di attribuzione delle preferenze.
1.2. L’Ufficio elettorale ha proceduto ad un ricontrollo di tutti i dati relativi alle sezioni segnalate rettificando la cifra elettorale individuale nel senso di attribuire 2 preferenze in più al signor T (per un totale di 1941 preferenze) e 4 preferenze in meno al signor P (per un totale di 1986 preferenze). Conseguentemente è stato proclamato consigliere il signor P (cfr. verbale 12 marzo 2013).
2. L’impugnata sentenza – T.a.r. per il Lazio – Roma - Sezione II bis, n. 9319 del 30 ottobre 2013 - che si è diffusamente intrattenuta su tutte le censure e richieste formulate dal ricorrente:
a) ha dichiarato inammissibili le censure rivolte avverso il nuovo procedimento di verifica dei dati effettuato dall’Ufficio centrale su impulso del ricorrente, perché prive del livello minimo di specificità richiesto in materia di contenzioso elettorale;
b) ha reputato irrilevanti le doglianze imperniate sulla circostanza che una moltitudine di simpatizzanti del T avrebbe dichiarato di averlo votato in sezioni dove non risultavano preferenze in suo favore;
c) in relazione alle sezioni non sottoposte a controllo dall’Ufficio elettorale, ha preso atto che il ricorrente non aveva superato la prova di resistenza in quanto il numero globale di preferenze contestate era pari a 33 dunque insufficiente a superare il divario di 45 preferenze a vantaggio del candidato eletto;
e) ha respinto la richiesta di verificazione delle operazioni elettorali sotto il duplice profilo della sua intempestività (perché contenuta in una memoria tardivamente depositata in giudizio) e della sua inammissibilità perché volta ad introdurre un sindacato ispettivo per ricercare preferenze mancanti ovunque si trovino.
3. Con ricorso notificato in data 20 – 21 novembre 2013 e depositato il successivo 6 dicembre, il signor T ha interposto appello affidato ai seguenti motivi:
a) con il primo mezzo (rubricato sub 2, pagine 25 – 29 dell’atto di appello), lamenta che le censure non sono generiche perché trovano riscontro nei dati elettorali comunicati dall’Ufficio territoriale del Governo sul sito internet del Ministero dell’interno, nei dati elettorali dell’Ufficio centrale del 9 marzo 2013, in quelli finali elaborati dal medesimo Ufficio su segnalazione del ricorrente, nonché nella denuncia – querela presentata l’11 marzo 2013;sostiene che sarebbe stato fornito un principio di prova comunque sufficiente, sulla scorta di consolidati principi giurisprudenziali, a superare il vaglio di ammissibilità del ricorso;
b) con il secondo mezzo (rubricato sub 3, pagine 29 – 31), si contesta la congruità della prova di resistenza perché il T.a.r. non avrebbe tenuto conto: I) delle preferenze contestate nelle sezioni di Ardea, Albano e Ciampino;II) della circostanza che il ricorrente non ha avuto la possibilità di consultare 222 verbali sezionali, perché inviati dal comune di Roma all’Ufficio elettorale centrale;III) di quanto riferito dal rappresentante della Lista “Centro democratico per Zingaretti” in ordine alla inattendibilità dell’assegnazione di preferenze nelle sezioni i cui verbali erano stati messi a disposizione del ricorrente.
4. Il 20 dicembre 2013 si è costituita la regione Lazio eccependo, in rito, l’irricevibilità del ricorso in appello per nullità della notificazione, nel merito, l’infondatezza e la genericità delle tesi avverse.
5. Il 5 marzo 2014 si è costituito il signor P concludendo per l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.
6. I signori P e T hanno meglio illustrato le proprie difese con le memorie indicate in epigrafe.
7. All’udienza pubblica del 1 aprile 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di irricevibilità sollevata dalla difesa della regione Lazio attesa l’evidente infondatezza del gravame nel merito.
9. Conviene sintetizzare il compendio dei principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr., fra le tante, Cons. St., sez. V, 3 maggio 2012, n. 2541;sez. V, 8 novembre 2011, n. 5890;sez. V, 23 marzo 2011, n. 1766;Cons. giust. amm., 10 novembre 2010, n. 1393;sez. V, 9 novembre 2010, n. 7969, cui rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.), in ordine:
a) alla specificità dei motivi a sostegno dei ricorsi avverso operazioni elettorali, in particolare concernenti l’attribuzione di preferenze e voti;
b) agli strumenti giuridici necessari per superare le risultanze dei verbali sezionali.
9.1. Nel processo elettorale i relativi ricorsi presentano peculiarità proprie in quanto non di rado vengono proposti <<al buio>>, sulla base di sospetti ma non di certezze, in ordine ad irregolarità commesse durante le operazioni elettorali relativamente al conteggio dei voti e delle preferenze, certezze che possono essere acquisite solo dopo una adeguata istruttoria.
La giurisprudenza ha tentato una mediazione tra l’esigenza di specificità dei motivi di ricorso (che deriva dai principi generali, ora art. 40, co. 1, lett. c), c.p.a.), e l’esigenza di non vanificare la tutela giurisdizionale in situazione in cui i vizi non sono oggettivamente conoscibili.
Della prima esigenza sono manifestazione:
a) il divieto di ricorso c.d. esplorativo (tendente cioè ad ottenere, mediante la presentazione di censure generiche o infondate, la verificazione delle operazioni elettorali in esito alla quale proporre motivi aggiunti);
b) il divieto di rinnovazione sostanziale dello scrutinio elettorale, posto che il giudizio elettorale non si configura come giurisdizione di diritto obbiettivo destinata ad accertare l’effettivo responso delle urne.
Alla seconda esigenza risponde la massima corrente secondo cui il requisito della specificità deve essere valutato con rigore attenuato posto che l’interessato, non avendo la facoltà di esaminare direttamente il materiale in contestazione deve rimettersi alle indicazioni provenienti da terzi (che possono essere imprecise o non esaurienti).
Da tale sintesi scaturisce la massima consolidata secondo cui il principio di specificazione dei motivi, seppure lievemente temperato, richiede sempre, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che vengano indicati, con riferimento a circostanze concrete, la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate, le sezioni di riferimento, onde evitare che il ricorso si trasformi in una inammissibile richiesta di riesame generale delle operazioni di scrutinio dinanzi al giudice amministrativo.
9.2. I verbali sezionali sono atti pubblici facenti fede di tutto quanto è stato acclarato direttamente dal pubblico ufficiale che li ha formati;la circostanza di mero fatto per cui le preferenze attribuite ad un candidato sarebbero state declamate in sede di spoglio ma non riportate nelle tabelle di sezione, per mero errore materiale di trascrizione, deve essere suffragata dalle risultanze dei verbali sezionali che, in parte qua , possono essere smentiti solo dal positivo esperimento della querela di falso o da una sentenza penale che dichiari la falsità di un documento (cfr. Cons. St., sez. V, 17 febbraio 2014, n. 755).
Infatti, come segnalato dalla giurisprudenza civile, sussiste l’onere di proporre querela di falso contro l’atto pubblico anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza del pubblico ufficiale, a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto da questi nella redazione del documento (cfr. Cass. civ., sez. II, 22 aprile 2005, n. 8500).
9.3. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie emerge l’infondatezza dei motivi di appello sopra riportati, in quanto:
a) tutte le censure (e le correlate istanze istruttorie), hanno finalità esplorativa non avendo il ricorrente indicato quali siano in concreto i vizi che affettano le contestate operazioni elettorali, ovvero mirano a superare le risultanze contenute nei verbali sezionali ex se fidefacenti;
b) la doglianza imperniata sulla impossibilità di acquisire i verbali inviati dal comune di Roma all’Ufficio elettorale centrale è inammissibile in quanto dovuta al fatto proprio del ricorrente che non ha esercitato l’accesso presso i competenti uffici;
c) quanto alla critica mossa al T.a.r. per l’incongruità della prova di resistenza, è sufficiente osservare che: I) il mezzo è del tutto generico perché non dimostra che il T.a.r., nell’effettuare la prova di resistenza, non abbia tenuto conto delle preferenze contestate nelle sezioni di Albano, Ardea e Ciampino;II) in ogni caso, volendo anche aggiungere ai 33 voti sottratti dal T.a.r. all’entità del divario accertato in sede di proclamazione (pari a 45), le preferenze contestate nelle sezioni di Ciampino, Albano e Ardea (per un totale di 7), come confusamente descritte nel ricorso di primo grado e nella ricostruzione in fatto operata nell’atto di appello (pagine 20 – 21 del ricorso in appello), il risultato della prova di resistenza non muta, diminuendo ulteriormente il divario (soli 5 voti di scarto), ma senza che sia travolto l’esito finale.
10. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello principale e le connesse istanze istruttorie (ribadite nelle conclusioni a pagina 31 dell’atto di gravame), in quanto eccedenti il perimetro del thema decidendum come delimitato dalle censure ammissibili tempestivamente sollevate in primo grado.
11. Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.