Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-05-26, n. 202305183

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-05-26, n. 202305183
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305183
Data del deposito : 26 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/05/2023

N. 05183/2023REG.PROV.COLL.

N. 06729/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6729 del 2022, proposto da
la Società Agricola Vignalta S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, G M e G L, in proprio e quali soci amministratori della predetta società agricola e Portofelloni Service S.r.l., in proprio e quale socia della medesima società agricola, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati G F, F S, A M N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F S in Roma, via G. Borsi, n.4;

contro

Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura - A.V.E.P.A., Regione Veneto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Giacomo Quarneti e Cristina Zampieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n.33;

nei confronti

Azienda Agricola La Tordera di Vettoretti Pietro - Società Agricola Semplice, Benotto Azienda Agricola di Benotto Luigino, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 86/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A.V.E.P.A. e della Regione Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. Giovanni Gallone e uditi per le parti gli avvocati F S e Tito Munari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Società Agricola Vignalta S.S. ha presentato domanda di contributo (n. 4787877), per € 20.117,60, al Programma nazionale di sostegno del settore vitivinicolo – Misure Investimento Reg. CE 1308/2013, art. 50 Bando Biennale 2021-2022 – D.G.R. 1284/2020 – Misura UVA azione A – Investimenti nelle aziende agricole vitivinicole, pubblicato nel B.u.r. n. 141 del 18 settembre 2020.

1.1 Con decreto dirigenziale n. 649/2021 del 15 febbraio 2021, trasmesso con nota prot. 27264/2021 del 22 febbraio 2021, l’Agenzia Veneta per i Pagamenti (in acronimo “A.V.E.P.A.”) ha dichiarato la non ammissibilità alla graduatoria regionale di finanziabilità della domanda presentata dalla predetta società.

2. Con ricorso notificato il 13 aprile 2021 e depositato il 14 aprile 2021 la Società Agricola Vignalta S.S., G M e G L, in proprio e quali soci amministratori della predetta società agricola e Portofelloni Service S.r.l., in proprio e quale socia della medesima società agricola, hanno impugnato dinanzi al T.A.R. per il Veneto tale decreto, domandandone l’annullamento. Hanno, altresì, contestualmente impugnato:

- in parte qua, il decreto del dirigente di A.V.E.P.A. prot. n. 22921/2021 del 15.02.2021 - rep. 651/2021 - class. VI/2, avente ad oggetto “Piano nazionale di sostegno al settore vitivinicolo – Reg. UE n. 1308/2013 articolo 50. Bando biennale annualità 2021-2022. DGR n. 1284 del 08.09.2020. Approvazione delle domande ammissibili per l’azione B e individuazione delle domande finanziabili della misura investimenti azione A e azione B, ossia la graduatoria finale di ammissione ai contributi”;

- la nota A.V.E.P.A. prot. 1923 del 12/01/2021, con la quale sono stati comunicati ai sensi dell’art 10-bis L. 241/90 i motivi ostativi all’ammissibilità della domanda;

- ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente e/o connesso.

Hanno, poi, chiesto l’accertamento del proprio diritto ad ottenere l’ammissione della domanda alla graduatoria nonché ad ottenere l’intero contributo richiesto nonché la conseguente condanna di A.V.E.P.A. a provvedere all’ammissione della domanda, all’inserimento in graduatoria nonché all’erogazione dello stesso.

2.1 A sostegno del ricorso di primo grado hanno dedotto le censure così rubricate:

1) eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria, ingiustizia manifesta, irragionevolezza, illogicità e violazione del principio di proporzionalità. violazione dell’art. 20, co. 2, della l. n. 689/1981 ;

2) illegittimità dei provvedimenti impugnati in ragione dell’illegittimità dell’ordinanza 11 febbraio 2021, n. 1, opposta dinnanzi al g.o. - accertamento incidentale ex art. 8 c.p.a. .

3. Ad esito del relativo giudizio il T.A.R. per il Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il suddetto ricorso.

4. Con ricorso notificato il 13 luglio 2022 e depositato il 12 agosto 2022 la Società Agricola Vignalta S.S., G M e G L, in proprio e quali soci amministratori della predetta società agricola e Portofelloni Service S.r.l., in proprio e quale socia della medesima società agricola, hanno proposto appello avverso la suddetta sentenza chiedendo l’adozione di misure cautelari ex art. 98 c.p.a..

4.1 A sostegno dell’appello ha dedotto le censure così rubricate:

1) sull’erronea valutazione del giudice di primo grado in ordine al mancato accoglimento del secondo motivo di ricorso concernente la dedotta illegittimità dei provvedimenti impugnati in ragione dell’illegittimità della presupposta sanzione amministrativa irrogata con ordinanza ingiunzione AVEPA n. 1 dell’11.02.2021;
error in iudicando
;

2) sull’erronea valutazione del giudice di primo grado in ordine al mancato accoglimento del primo motivo di ricorso concernente il dedotto eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria, ingiustizia manifesta, irragionevolezza, illogicità e violazione del principio di proporzionalità, nonché violazione dell’art. 20, comma 2 .

5. In data 19 settembre 2022 si è costituita in giudizio A.V.E.P.A. chiedendo la reiezione dell’appello e dell’annessa istanza di cautela.

6. Alla camera di consiglio del 22 settembre 2022 fissata per l’esame collegiale dell’istanza di cautela ex art. 95 c.p.a. proposta dall’appellante, il Presidente del Collegio, sull'accordo dei difensori delle parti, ha disposto il rinvio al merito del ricorso all'udienza pubblica a data da destinarsi.

7. Nelle date, rispettivamente, del 14 e del 17 aprile 2023 l’A.V.E.P.A. e le parti appellanti hanno depositato memorie difensive insistendo per l’accoglimento delle proprie richieste.

8. Il 26 aprile 2023 le stesse parti hanno depositato memorie in replica.

9. All’udienza pubblica del 18 maggio 2023 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e deve essere respinto.

2. Con il primo motivo di appello si censura, sotto un primo profilo, la sentenza impugnata nella parte in cui il T.A.R. ha disatteso il secondo motivo del ricorso di primo grado.

Osserva parte appellante che il tenore letterale del decreto dirigenziale n. 649/2021 del 15 febbraio 2021 di A.V.E.P.A. impugnato in primo grado darebbe evidenza che, contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., l’amministrazione non avrebbe esercitato affatto un proprio potere valutativo e di verifica in ordine alla sussistenza dei requisiti di ammissibilità o meno della domanda di cui all’art.

3.2 lett. c) dell’allegato A al bando - laddove questo richiede che il richiedente sia in regola con la normativa di settore - ma avrebbe, invero, “PRESO ATTO” dell’accertata violazione di cui all’art. 69 comma 3 della l n. 238 del 2016 e della conseguente adozione dell’ordinanza ingiunzione n. 1 dell’11 febbraio 2021, facendo quindi applicazione solo ed esclusivamente della stessa ordinanza ingiunzione, cioè della interdizione triennale dall’accesso ai contributi dalla stessa prevista ed escludendo la domanda dell’odierna appellante dall’ammissione al contributo. Né il provvedimento impugnato, né i precedenti atti endoprocedimentali (come il preavviso di non ammissibilità della domanda) evidenzierebbero, in particolare, la volontà dell’Amministrazione di escludere l’ammissibilità della domanda in forza del punto 3.2. del bando, secondo cui per l’ammissibilità dell’intervento occorre essere in regola con le normative comunitarie e nazionali di settore. Si aggiunge, peraltro, che l’ordinanza ingiunzione in questione è stata dichiarata nulla (e quindi espunta dal mondo giuridico con effetto retroattivo) dalla Corte d’appello di Venezia con la sentenza n. 1201/2022 del 24 maggio 2022 pubblicata in data 1 giugno 2022, con la conseguenza che sarebbe venuto meno - ex tunc - l’unico presupposto su cui l’amministrazione ha basato il provvedimento di esclusione impugnato.

2.1 Sotto altro profilo, si censura l’impugnata sentenza nella parte in cui il T.A.R. ha, seppur incidentalmente, apprezzato ex art. 8 c.p.a. la legittimità dell’ordinanza ingiunzione di A.V.E.P.A. n. 1 dell’11 febbraio 2021 disattendendo le doglianze mosse sul punto dall’odierna appellante.

Nel dettaglio, il giudice di prime cure avrebbe, in primo luogo, erroneamente ritenuto che il comportamento violativo in contestazione sarebbe stato posto in essere quando la disciplina di cui all’art. 69, comma 3, della l. n. 238 del 2016 era già in vigore e che quest’ultima fosse comunque applicabile al caso di specie in forza principio del tempus regit actum. Per contro, ad avviso di parte appellante, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina anteriore più favorevole vigente al momento della presentazione della domanda, in ragione della natura sostanzialmente penale della sanzione irrogata ed in forza dei principi del tempus regit actionem e del favor rei.

2.2 In terzo luogo, ad avviso di parte appellante, il giudice di prime cure avrebbe erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti per l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 69, comma 3, della l. n. 238 del 2016 sulla scorta della considerazione che “all’atto della dichiarazione ad A.V.E.P.A del 18 giugno 2020 di avvenuto impianto da parte della ricorrente, l’autorizzazione all’impianto di cui si discute, rilasciata il 23 maggio 2016 e avente validità triennale, era già ampiamente scaduta, e dunque tornata in riserva nazionale”. Più segnatamente, sempre secondo parte appellante, la condotta posta in essere non integrerebbe la fattispecie sanzionata dalla richiamata disposizione in quanto la società appellante avrebbe effettivamente e tempestivamente utilizzato l’autorizzazione concessale in data 23 maggio 2016 posto che, in data 12 maggio 2019 (ossia in costanza del termine triennale per la conclusione dei lavori di impianto delle viti che sarebbe venuto a scadere in data 23 maggio 2019), sarebbero stati conclusi i lavori di impianto delle viti. In particolare, la tempestiva conclusione dei lavori di impianto autorizzati sarebbe documentalmente provata dall’avvenuta registrazione consegnata ad A.V.E.P.A. in data 18 giugno 2020, recante in allegato la fattura del 13 maggio 2019 per i lavori di impianto con annessa la contestuale misurazione del vigneto svolta alla conclusione dell’opera.

Parte appellante, pur ammettendo che la conclusione lavori è stata comunicata solo a giugno 2020 deduce che ciò sarebbe accaduto in quanto, alla data di effettiva conclusione dell’impianto, il sistema telematico avrebbe impedito di registrare tale dichiarazione nell’ambito della predetta autorizzazione. Si aggiunge, pertanto, che l’art. 69, comma 3, della l. n. 238 del 2016, ricollegherebbe le sanzioni ivi previste al sostanziale mancato utilizzo (totale o parziale) delle aree concesse, stabilendone l’irrogazione in caso di violazione dell’art. 62, paragrafo 3 del Reg. UE 1308/2013, secondo cui “Le autorizzazioni di cui al paragrafo 1 saranno valide per tre anni dalla data di concessione. Il produttore che non abbia utilizzato un’autorizzazione concessa nel corso del relativo periodo di validità è soggetto a sanzioni amministrative a norma dell’articolo 89, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013”. Il combinato disposto della norma interna e della norma europea si riferirebbe, dunque, al mancato utilizzo in concreto dell’autorizzazione e perciò della superficie autorizzata e non certo alla dichiarazione dell’avvenuto utilizzo formalmente errata. Si deduce, in proposito, che, a seguire l’interpretazione sposata dal T.A.R. nella sentenza impugnata (secondo cui “non è sufficiente aver impiantato di fatto le viti per poter considerare utilizzata correttamente nei tempi previsti l’autorizzazione all’impianto: perché si possa dire che l’autorizzazione è stata utilizzata è, infatti, necessario, secondo la disciplina in questione, anche che l’azienda, nel termine previsto dalla disciplina di settore dichiari (certificandola) la fine lavori e chieda di associare all’impianto una certa, specifica e determinata autorizzazione”), si perverrebbe al risultato paradossale che, pur a fronte del perseguimento dell’obiettivo prefissato dal legislatore comunitario e espressamente dichiarato nei regolamenti UE 1306/2013 e 1308/2013 (ossia l’incremento della superficie vitivinicola autorizzata), l’impresa si troverebbe comunque gravemente sanzionata.

In conclusione, A.V.E.P.A. avrebbe formulato un addebito in relazione ad una condotta (la tardiva ed errata comunicazione della fine lavori) invero non sanzionata dall’art. 69, comma 3, della l. n. 238 del 2016 che, invece, sanzionerebbe solo la mancata materiale utilizzazione dell’autorizzazione. Si aggiunge che detta interpretazione è stata seguita anche dalla Corte di appello di Venezia che, come detto, con sentenza n. 1201/2022 del 24 maggio 2022 pubblicata in data 1 giugno 2022 ha annullato, per le medesime ragioni, l’ordinanza ingiunzione n. 1 dell’11 febbraio 2021.

2.3 In quarto luogo, il giudice di prime cure non avrebbe preso in considerazione quanto dedotto dalla ricorrente in primo grado in ordine alla mancata applicazione, quantomeno in via subordinata, delle cause di esclusione delle sanzioni contemplate dall’art. 89, paragrafo 4, del Regolamento UE n. 1306/2013, in relazione alle inadempienze di scarsa entità. Sul punto il T.A.R. si sarebbe limitato ad affermare l’infondatezza delle censure di irragionevolezza e sproporzione della sanzione invocando il principio di autoresponsabilità del beneficiario, senza cogliere, invero, la reale portata della censura. Per contro, osserva parte appellante che l’art. 89, paragrafo 4, del regolamento UE n. 1306/2013 stabilisce che “[…] gli Stati membri applicano sanzioni amministrative proporzionate, efficaci e dissuasive. Tali sanzioni non si applicano nei casi di cui all’articolo 64, paragrafo 2, e se l’inadempienza è di scarsa entità” e che siffatta disposizione euronitaria, benché non richiamata dalla normativa interna, avrebbe dovuto essere comunque applicata dall’amministrazione, in ragione della portata generale e della diretta ed immediata applicabilità delle norme contenute nei regolamenti europei, a ciò non ostando nemmeno l’eventuale presenza di norme interne in contrasto in ragione del primato del diritto comunitario sul diritto nazionale.

3. Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di prime cure ha disatteso il primo motivo del ricorso di primo grado. Osserva parte appellante che in ragione della natura sostanzialmente penale della sanzione applicata con l’ordinanza ingiunzione n. 1 dell’11 febbraio 2021 (oggi annullata con la citata sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1201/2022) avrebbero dovuto trovare applicazione le guarentigie tipiche riservate all’applicazione delle sanzioni penali e, quindi, l’amministrazione avrebbe quantomeno dovuto attendere che la sanzione amministrativa fosse diventata definitiva (in altri termini, che fosse spirato il termine per proporre opposizione ovvero il giudizio di opposizione fosse stato definito negativamente per il presunto trasgressore).

Sotto altro profilo, si deduce che, anche in forza dell’art. 20 della l. n. 689 del 1981, l’amministrazione avrebbe dovuto applicare la sanzione interdittiva di cui all’art. 69, comma 3, della l. n. 238 del 2016 (di sospensione triennale dell’accesso ai programmi di sostegno O.C.M. Vino) solo una volta che la stessa sanzione fosse divenuta definitiva. Il T.A.R. avrebbe, erroneamente, invece, ritenuto infondato il motivo de quo sostenendo che la sanzione amministrativa in questione non avrebbe i connotati della sanzione sostanzialmente penale, nonché in considerazione del fatto che, non essendo la sanzione interdittiva in parola di natura accessoria, non troverebbe applicazione l’art. 20 della l. n. 689 del 1981. Con riguardo a detto ultimo aspetto parte appellante aggiunge che è lo stesso articolo 20 della l. n. 689 del 1981, al precedente comma 1, a chiarire cosa si debba intendere per sanzione accessoria e che tale sarebbe anche la sospensione triennale dall’accesso ai contributi, in quanto prevista dalle leggi vigenti e volta a sterilizzare temporaneamente facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione.

4. Le suddette doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente, non meritano positivo apprezzamento.

4.1 Anzitutto, paiono mal calibrate le censure (e tra queste, in particolare, quelle con cui si lamenta la violazione dei principi del tempus regit actionem, del favor rei e dell’art. 20 della l. n. 689 del 1981) che fanno leva sulla natura sanzionatoria e sostanzialmente penale del provvedimento di esclusione impugnato in primo grado.

E, infatti, non v’è dubbio che l’amministrazione regionale si sia limitata, nel caso di specie, a fare applicazione di una previsione escludente contenuta nel bando di gara (e, segnatamente, del punto 3.2 lett. c dell’allegato A al bando il quale ha posto, come requisito di ammissibilità delle domande, l’ “essere in regola con le normative comunitarie e nazionali di settore”);
previsione, questa, che non persegue, all’evidenza, finalità di tipo afflittivo ma che trova la sua ratio nella garanzia del buon andamento della procedura di finanziamento.

Tanto è agevolmente desumibile dal contenuto stesso del decreto dirigenziale n. 649/2021 del 15 febbraio 2021 di A.V.E.P.A. impugnato in primo grado il quale reca, in motivazione, il richiamo espresso alla lex specialis (D.G.R. Veneto n. 1284 del 8 settembre 2020) e, in dispositivo, per l’appunto la declaratoria di “non ammissibilità” della domanda.

In disparte da eventuali riflessi sul piano sanzionatorio, A.V.E.P.A. aveva, infatti, il potere-dovere di apprezzare in maniera autonoma la sussistenza di violazioni alla normativa interna o europea che potessero determinare l’esclusione dei partecipanti alla procedura.

Il potere di irrogazione della sanzione ex art. 62, par. 1 e 3, del regolamento UE n. 1308 del 2013 e quello di esclusione dalla procedura di cui al punto 3.2 lett. c) dell’allegato A al bando sono, del resto, ontologicamente diversi, con la conseguenza che non può predicarsi alcun automatismo tra le sorti dell’atto di irrogazione della sanzione e la sorte del provvedimento di esclusione del partecipante dalla procedura.

4.2 Ciò porta, insieme con l’autonomia dei due giudizi (civile sull’impugnazione della sanzione amministrativa ed amministrativo sull’ impugnazione del provvedimento di esclusione), a ridimensionare la rilevanza della pronuncia dalla Corte di appello di Venezia (peraltro non ancora passata in giudicato) che, in riforma della decisione di primo grado, ha annullato l’ordinanza-ingiunzione n. 1 dell’11 febbraio 2021.

Il ragionamento seguito dall’A.G.O. nel ritenere insussistente l’illecito ipotizzato a carico della Società Agricola Vignalta S.S. non pare, peraltro, estensibile alla controversia che qui occupa.

La Corte di appello è, infatti, giunta ad affermare che la condotta tenuta da quest’ultima non rientra tra quelle punite dall’art. 62, par. 3, del regolamento UE n. 1308 del 2013 alla luce di una nozione sostanziale (e non formale) di “utilizzazione” dell’autorizzazione che fa coincidere quest’ultima con il “materiale esercizio delle facoltà oggetto del provvedimento autorizzativo” senza, per converso, attribuire importanza alla “corretta applicazione delle norme di corredo che regolano gli adempimenti burocratici connessi” (così testualmente la sentenza n. 1201/2022 del 24 maggio 2022).

Detta ricostruzione risulta, in particolare, tutta accentrata attorno alla necessità di attendere ad una interpretazione restrittiva nella perimetrazione dell’illecito di cui all’art. 62, par. 3, del regolamento UE n. 1308 del 2013;
approccio, questo, imposto, in parallelo a quanto accade nella materia penale, dal principio di legalità ex art. 1 della legge n. 689 del 1981.

È, però, evidente che analoghe esigenze non sono riscontrabili in questa sede venendo qui in rilievo, come già evidenziato, l’adozione di un provvedimento amministrativo di esclusione a carattere non sanzionatorio o afflittivo che costituisce applicazione diretta della disciplina dettata dalla lex specialis di procedura.

4.3 Non ci si può, peraltro, esimere dal rilevare che il bando ha posto come requisito di ammissibilità, in generale, l’ “essere in regola con le normative comunitarie e nazionali di settore” (così testualmente il suo punto 3.2 lett. c dell’allegato A) e non anche il non essere destinatario delle sanzioni amministrative previste dal regolamento UE n. 1308 del 2013 (come, invece, stabilito nel successivo Bando Biennale 2023-2024, come emerge dalla sentenza del T.A.R. per il Veneto, sez. III, n. 632 del 2023 evocata dal difensore di parte appellata nel corso della discussione orale).

Il che porta ritenere che, nel caso di specie, la lex specialis non abbia inteso riconoscere rilievo alcuno agli esiti della vicenda sanzionatoria eventualmente collegata alla violazione della disciplina unionale ma solo alla effettiva ricorrenza della violazione medesima.

4.4 In proposito ritiene il Collegio che la condotta tenuta dalla Società Agricola Vignalta S.S. integri l’inosservanza del disposto dell’art. 62 del regolamento UE n. 1308 del 2013 posta a base della sua esclusione dalla procedura di che trattasi.

Il dato letterale del par. 3 dell’art. 62, secondo cui è punito in via amministrativa “Il produttore che non abbia utilizzato un'autorizzazione concessa nel corso del relativo periodo di validità”, ben si presta ad essere letto nel senso inteso dal T.A.R. (e dal Tribunale civile in primo grado) e, quindi, nel senso di intendere l’“utilizzazione” come l’impiego sul piano giuridico-procedimentale (e non meramente materiale) dell’autorizzazione concessa.

Milita in tal senso la lettura a sistema della disciplina in parola e, segnatamente, del par. 1 dello stesso art. 62 il quale stabilisce che “L'impianto o il reimpianto di viti di uve da vino di varietà classificate a norma dell'articolo 81, paragrafo 2, è consentito solo dietro concessione di un'autorizzazione conformemente agli articoli 64, 66 e 68 alle condizioni stabilite nel presente capo”. Detta disposizione lascia, infatti, trasparire che per “utilizzazione” dell’autorizzazione si debba intendere quella che ha luogo, non de facto (a mezzo del materiale impianto delle viti), ma, sul piano procedimentale e formale (a mezzo di apposita dichiarazione resa attraverso il portale informatico all’amministrazione procedente) in conformità alla disciplina unionale (che ne uscirebbe altrimenti opinando frustrata nel suo effetto utile).

In particolare, sembra che ad imporre una correlazione tra specifico fondo e sua utilizzazione in forza dell’autorizzazione sia il par. 2 dello stesso art. 62 a mente del quale “Gli Stati membri concedono l'autorizzazione di cui al paragrafo 1, corrispondente ad una specifica superficie espressa in ettari, su presentazione di una richiesta da parte dei produttori in cui si rispettino criteri di ammissibilità oggettivi e non discriminatori”.

A ciò deve aggiungersi che con Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 15 dicembre 2015, recante “Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli. Sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli” sono state disciplinate le procedure e le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni per nuovi impianti e per reimpianti viticoli, prevedendo, tra l’altro, che la gestione del sistema di autorizzazioni sia attuata mediante l'implementazione del registro informatico pubblico dei diritti di impianto (art. 4) e che “1. Le modalità attuative del presente decreto nonché quelle per definire le verifiche ed i controlli di cui all’articolo 12 del Regolamento di esecuzione sono definite da Agea di concerto con le Autorità competenti” (art. 16).

A.G.E.A. con atto del 1 febbraio 2016 (prot. ACIU.2016.49) ha, quindi, definito tali modalità attuative con riferimento al “registro informatico pubblico delle autorizzazioni per gli impianti viticoli”, prevedendo, tra l’altro, che entro 60 giorni dalla chiusura lavori debba essere inviata, con modalità telematica, la comunicazione di fine impianto associata alla specifica autorizzazione, con conseguente registrazione e aggiornamento del suddetto registro informatico pubblico. Secondo la procedura in questione, l’azienda è tenuta a dichiarare (certificandola) la fine lavori e ad associare all’impianto una certa, specifica e determinata autorizzazione, e, fino a quando l’autorizzazione non viene impiegata nella comunicazione di fine lavori impianto, la stessa autorizzazione risulta non utilizzata.

Ne discende che l’utilizzazione dell’autorizzazione deve necessariamente concretarsi nella individuazione di una certa e specifica autorizzazione (tra quelle in disponibilità dell’agricoltore) che viene associata dall’azienda ad un certo vigneto (munito di certificazione di fine lavori) con successiva comunicazione all’amministrazione per la sua registrazione a schedario.

Diversamente l’impianto non può ritenersi legittimo ex art. 62 par. 1 del regolamento UE n. 1308 del 2013 ed il vigneto non associato ad alcuna autorizzazione rimane abusivo.

Del resto, come segnalato dalla difesa regionale, l’autorizzazione non utilizzata nei termini di cui sopra, allo scadere del triennio di efficacia, torna alla riserva nazionale (tanto che è lo stesso sistema informatico ad impedire l’inserimento tardivo della comunicazione di fine lavori) ed ammettere la possibilità per l’impresa agricola di dichiarare in via postuma, anche a distanza di anni, l’avvenuta effettiva utilizzazione metterebbe a rischio il sistema di controllo e, in generale, il buon andamento dell’azione amministrativa.

Né pare, in ultimo, decisivo, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di appello di Venezia, il disposto dell’art. 69, comma 3, della l. n. 238 del 2016 secondo cui “Il produttore che non rispetti la disposizione di cui all'articolo 62, paragrafo 3, del regolamento UE n. 1308/2013, limitatamente alle autorizzazioni per nuovi impianti, è soggetto alle sanzioni amministrative di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 sulla base delle seguenti misure: a) tre anni di esclusione dalle misure di sostegno previste dall'organizzazione comune del mercato OCM vitivinicola e 1.500 euro per ettaro, se la superficie impiantata è inferiore o eguale al 20 per cento del totale della superficie concessa con l'autorizzazione”. Il riferimento alla “superficie impiantata” ivi contenuto non vale, infatti, a legittimare l’utilizzo de facto dell’autorizzazione in spregio alle regole procedimentali all’uopo stabilite ma, piuttosto, solo a puntualizzare la fattispecie dell’illecito sulla scorta della discrasia, in termini quantitativi, tra autorizzato e realizzato.

4.5 In ultimo, quanto al quarto profilo di doglianza del primo motivo di appello ritiene il Collegio che anche il riferimento alla causa di esclusione di cui all’art. 89, paragrafo 4, del regolamento UE n. 1306/2013 operato da parte appellante sia fuori fuoco.

Detta disposizione si riferisce, infatti, con tutta evidenza, all’applicazione delle sanzioni amministrative previste dal regolamento medesimo e non anche al rilievo che la condotta sanzionata può eventualmente assumere, come nella vicenda che occupa, anche ai fini dell’esclusione dalla graduatoria regionale di finanziabilità.

In ogni caso, l’esclusione dalla procedura appare, nel caso di specie, una misura proporzionata in quanto posta a presidio del primario interesse al buon andamento azione amministrativa (valore che sarebbe seriamente compromesso ove si consentisse l’accesso al finanziamento in relazione ad un’autorizzazione all’impianto rilasciata il 23 maggio 2016 e avente validità triennale già ampiamente scaduta e, dunque, ormai tornata in riserva nazionale) oltre che giustificata, come correttamente statuito in primo grado, dal principio di autoresponsabilità del beneficiario.

5. Per le ragioni sopra succintamente esposte l’appello è infondato e deve essere respinto con conferma della sentenza impugnata.

6. Sussistono nondimeno, anche in ragione della novità e peculiarità delle questioni affrontate, giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

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