Commissione Tributaria Regionale Lazio, sez. VI, sentenza 04/12/2004, n. 49

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La chiromanzia non puo' essere considerata alla stregua di un'azione religiosa e non essendo vietata dall'ordinamento giuridico, puo' costituire una lecita fonte di reddito patrimoniale, donde la legittimita' del suo assoggettamento al trattamento fiscale ai fini sia dell'IVA che dell'IRPEF.

Sul provvedimento

Citazione :
Commissione Tributaria Regionale Lazio, sez. VI, sentenza 04/12/2004, n. 49
Giurisdizione : Comm. Trib. Reg. per il Lazio
Numero : 49
Data del deposito : 4 dicembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ritenuto in
FATTO
- Il Servizio riscossione tributi di Roma notificava in data 15.1.2001 al
sig. R.L. cartella di pagamento per l'importo complessivo di L. 31.090.650
(pari ad euro 16.056,98), comprensive di sanzioni, interessi e spese, per
irregolarita' nel versamento dell'IVA relativamente agli anni 1987
(iscrizione a ruolo e successiva notifica di atto -in data 30.4.1993), 1990
(iscrizione a ruolo e successiva notifica di atto in data 13.3.1996) e 1995
(iscrizione a ruolo e successiva notifica atto in data 13.3.1996);
- il contribuente interponeva rituale ricorso, in data 28.2.2001, avverso
detta cartella eccependone la nullita' per mancanza del presupposto
impositivo atteso che l'attivita' svolta (esoterica, mago, cartomante,
chiaroveggente) non e' inquadrata nel nostro ordinamento come attivita'
lavorativa che quindi doveva essere considerata alla stregua di un'azione
religiosa tesa ad aiutare il prossimo in alcun modo produttiva di reddito e
pertanto non assoggettabile ad alcuna forma di tassazione IVA compresa;
- l'Agenzia delle entrate -ufficio di Roma 7- con nota in data 11.5.2001
deduceva sostenendo l'inammissibilita' del ricorso attesa la definitivita'
per mancata opposizione degli atti prodromi ci della cartella che puo'
essere impugnata solo per vizi propri a mente dell'art. 19, comma 3, del
D.Lgs. n.546/1992. E questo a prescindere che il ricorrente non aveva
sollevato eccezioni in merito all'iscrizione a ruolo, non aveva contestato
il carattere definitivo degli atti, non aveva negato l'insufficiente
versamento dell'imposta ma "con futili argomentazioni, deduce, la non
assoggettabilita' all'IVA dell'attivita' esercitata" tenendo, peraltro un
comportamento alquanto singolare avendo regolarmente presentato le
dichiarazioni IVA dal 1987 al 1991;
- la Commissione tributaria provinciale, con sentenza del 26.9.2002,
dichiarava inammissibile il ricorso e confermava in toto la cartella di
pagamento nella considerazione che il ricorrente aveva effettivamente
svolto, in modo consapevole, un'attivita' assoggettata alla normativa IVA e
che il gravame afferiva ad iscrizione a ruolo ed avvisi divenuti definitivi
perche' non impugnati nei termini di legge;
- avverso tale sentenza il contribuente presentava appello, in data
19.11.2003,: eccependo la "Manifesta illogicita' della motivazione".
Lamentava che i giudici non avevano tenuto in alcun conto le sue
argomentazioni con le quali precisava "di aver svolto nel periodo che rileva
un'attivita' che non puo' essere inquadrata come attivita' lavorativa,
trattandosi di attivita' contraria ai principi di ordine pubblico del nostro
ordinamento, e come tale sanzionabile penalmente al sensi e per gli effetti
dell'art. 661 c.p., qualora venga svolta professionalmente ed ai fini di
lucro". Soggiungeva -tra l'altro- "inoltre, poiche' i 'proventi'
dell'attivita' di mago non sono valutabili come reddito, ne' quantificabili,
proprio perche' si tratta di 'offerte' spontanee, gli stessi non potevano e
non possono essere tassati". Concludeva chiedendo "La revoca della sentenza"
impugnata;
- controdeduceva e si costituiva in giudizio l'ufficio, con nota del
15.2.2004, eccependo l'inammissibilita' dell'appello per mancanza dei
prescritti motivi specifici dell'impugnazione mentre nel merito ribadiva la
legittimita' e congruita' della motivazione della sentenza stessa.
- Nell'odierna pubblica udienza, dopo che sia il difensore del contribuente
e sia il rappresentante dell'ufficio hanno ulteriormente illustrato quanto
gia' dedotto per iscritto confermando le rispettive richieste conclusive, la
causa e' trattenuta in decisione.
DIRITTO
La gravata sentenza risulta essere ineccepibile e quindi meritevole di
conferma. L'appello -da parte sua- deve invece considerarsi destituito di
fondamento giuridico in toto giusta le considerazioni che seguono.
1.- L'art. 19 del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 prevede: -al comma 1, che "Il
ricorso puo' essere proposto avverso: a) l'avviso di accertamento del
tributo;
b) l'avviso di liquidazione del tributo;
c) il provvedimento che
irroga la sanzioni;
d) il ruolo e la cartella di pagamento"...;
-al comma 3,
che "Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente.
Ognuno degli atti autonomamente impugnabili puo' essere impugnato solo per
vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili,
adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione
unitamente a quest'ultimo". Dal tenore testuale della norma si deduce,
chiaramente, quindi, che l'impugnazione della cartella di pagamento puo'
avvenire solo per vizi propri se e' stata preceduta dalla notifica
dell'avviso di accertamento;
potra' aver riguardo, invece, anche al
contenuto sostanziale del rapporto giuridico che sta a monte quando essa e'
il primo atto della pretesa erariale avanzata nei confronti del
contribuente. Alla cartella di pagamento di cui e' causa, pertanto,
risultando essere stata preceduta da altri avvisi attinenti alle fasi
precedimentali antecedenti la riscossione (di accertamento, di rettifica, di
irrogazione sanzioni) tutti debitamente indicati nella cartella stessa e non
tempestivamente impugnati e quindi divenuti definitivi, potevano essere
opposti solo vizi propri (cfr. Cass., sez. trib., sent. n. 6029 del
24.4.2002
). Erroneamente, invece, nel gravame introduttivo
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