TAR Lecce, sez. I, sentenza 2021-05-04, n. 202100624

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2021-05-04, n. 202100624
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 202100624
Data del deposito : 4 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/05/2021

N. 00624/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00116/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso r.g. n. 116 del 2015, proposto da:
- M A B, rappresentata e difesa dall’Avv. G D R, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. R G M, in Lecce alla piazza Mazzini 72;

contro

- il Comune di Cisternino, rappresentato e difeso dall’Avv. R F, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. G D G C, in Lecce alla via Paladini 50;

per l’accertamento

- della sopravvenuta illiceità e illegittimità dell’occupazione, da parte della predetta Amministrazione, del fondo di proprietà della ricorrente sito nel Comune di Cisternino (Br) alla contrada Sisto, e quindi del diritto della sig.ra Baccaro alla restituzione dell’area predetta, previa riduzione in pristino, con conseguente declaratoria del relativo obbligo in capo all’Amministrazione resistente;

e per la condanna

- dello stesso Comune di Cisternino al risarcimento in favore della medesima ricorrente del danno derivante sia dal mancato godimento del predetto bene, dalla scadenza del periodo di occupazione legittima sino alla sua materiale restituzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria, sia dall’impossibilità di poter sfruttare autonomamente la parte relitta di suolo rimasta nella disponibilità di essa istante.


Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cisternino.

Visti gli atti della causa.

Visto l’art. 25 d.l. n. 137 del 2020.

Relatore all’udienza del 28 aprile 2021 il Cons. Ettore Manca, presenti gli Avvocati di cui al relativo verbale.

Osservato quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Premesso che:

- la sig.ra Baccaro è proprietaria di un suolo nel Comune di Cisternino, in Contrada Sisto.

- detto suolo, in precedenza ricompreso in zona ‘A2 Ambientale’, veniva tipizzato dal P.R.G. approvato con D.G.R. Puglia n. 1926 del 20 dicembre 2006 in parte come ‘V1 ( verde pubblico con attrezzature )’ e in parte come ‘F ( infrastrutture stradali - viabilità e parcheggi pubblici )’.

- con delibera di Giunta n. 137 del 22 maggio 2008, il Comune intimato approvava un progetto finalizzato alla realizzazione, su una parte del suolo in parola, di una piazza e di un parcheggio, dichiarando altresì la pubblica utilità dell’intervento [ e inoltre precisando che con precedente delibera di C.C. n. 36 dell’11 giugno 2007 era stato approvato il progetto preliminare delle opere e che i beni di proprietà privata - e cioè i suoli della Baccaro - interessati erano già sottoposti a vincolo preordinato all’esproprio ].

- con decreto n. 15400 del 29 settembre 2008, quindi, il Responsabile del Settore Tecnico e Gestione del Territorio, Servizio LL.PP., Ufficio per le Espropriazioni del Comune intimato disponeva l’occupazione d’urgenza del suolo per una superficie di 700 mq, necessari alla realizzazione della piazza e dell’area di parcheggio, e individuava le rispettive indennità spettanti per l’ablazione dei terreni, a seconda della destinazione urbanistica impressa dal nuovo P.R.G.

- l’Amministrazione si immetteva quindi nel possesso in data 14 ottobre 2008.

- l’esecuzione delle opere terminava in data 26 giugno 2009 e ad essa seguiva il rilascio del certificato di regolare esecuzione delle stesse, del successivo 23 luglio 2009, nel quale si dava atto dell’irreversibile trasformazione del suolo con l’intervenuta realizzazione della piazza e del parcheggio.

- alla esecuzione dei lavori non faceva peraltro seguito alcuna determinazione in ordine all’espropriazione del terreno.

- veniva dunque proposto il presente ricorso, così articolato: violazione dell’art.13 d.P.R. n. 327/2001;
violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1, prot. 1, allegato alla CEDU;
violazione della legge 22 ottobre 1971 n. 865, degli artt. 11 e 14 L.R. Puglia n. 3/2005 e dei principi normativi e giurisprudenziali in materia di espropriazione per pubblica utilità;
e per la condanna dello stesso Comune di Cisternino al risarcimento in favore della medesima ricorrente del danno derivante sia dal mancato godimento del predetto bene, dalla scadenza del periodo di occupazione legittima sino alla sua materiale restituzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria, sia dall’impossibilità di poter sfruttare autonomamente la parte relitta di suolo rimasta nella disponibilità di essa istante.

2.- Ritenuto di dover respingere:

- l’eccezione di prescrizione formulata dalla difesa del Comune, sulla scorta dell’indirizzo giurisprudenziale « che va configurandosi come dominante nella giurisprudenza del Consiglio di Stato. In particolare, il Supremo Consesso, nella sentenza della IV sezione 16 novembre 2007, n. 5830 (che fa seguito alle sentenze nn. 3752 e 2582 del 2007, ed è stata seguita, da ultimo, dalla sentenza n. 2420 del 2009) ha avuto modo di statuire quanto segue:

A) “Per quanto riguarda la normativa applicabile nel caso di realizzazione di opere di interesse pubblico su un suolo altrui, in assenza di efficaci atti ablatori, la Sezione intende ribadire il proprio orientamento (v. le decisioni nn. 3752 e 2582 del 2007), per il quale:

- l’ordinamento italiano non consente che una Amministrazione, mediante un proprio illecito e in assenza di un atto ablatorio, acquisti a titolo originario la proprietà di un’area altrui, sulla quale sia stata realizzata un’opera pubblica o di interesse pubblico (anche se prevista in una dichiarazione della pubblica utilità);

- anche se l’opera pubblica o di interesse pubblico è ultimata, non comincia a decorrere alcun termine di prescrizione per il risarcimento del danno”;

B) “per due ragioni non è condivisibile la ricostruzione secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria per il fatto della avvenuta realizzazione delle opere di interesse pubblico (sia o meno divenuta inoppugnabile una dichiarazione di pubblica utilità).

In primo luogo, tale ricostruzione non è conforme ai principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiché: - per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), <l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario>;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU …

In secondo luogo, rileva l’art. 43 del testo unico approvato col d.P.R. n. 327 del 2001, il quale - ispirato all’art. 42 Cost. - attribuisce all’Amministrazione, qualora si sia verificata una patologia dell’azione amministrativa, il potere di acquisire la proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in sostanziale sanatoria), al termine del procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto. Tale art. 43 è stato emesso dal legislatore delegato (che ha recepito le sollecitazioni dell’Adunanza Generale) per dare una ‘legale via d’uscita’ alle diffuse e risalenti situazioni di illegalità che si sono stratificate nel corso del tempo e cioè per consentire all’Amministrazione di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, con atti formali ancorati a una compiuta normativa e comunque sindacabili dal giudice amministrativo, quando il bene sia stato ‘modificato per scopi di interesse pubblico’ (fermo restando il diritto del proprietario di ottenere il risarcimento del danno).

(…)

Il testo e la ratio dell’art. 43, dunque, non consentono di ritenere sussistente un termine quinquennale, decorrente dalla trasformazione irreversibile dell’area o dalla realizzazione dell’opera, decorso il quale si verificherebbe la prescrizione della pretesa risarcitoria. Al contrario, l’art. 43 ribadisce il principio per il quale, nel caso di mancata conclusione del procedimento espropriativo e quando vi è una occupazione sine titulo … vi è un illecito il cui autore ha l’obbligo di disporre la restituzione del suolo e di risarcire il danno cagionato medio tempore … salvo il potere ex art. 43 di fare venire meno l’obbligo di restituzione ab extra, con l’atto di acquisizione del bene.

In altri termini, l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge, perché essa può divenirne titolare:

- o al termine del procedimento, che si conclude sul piano fisiologico (con il decreto di esproprio o con la cessione del bene espropriando);

- oppure, quando vi è una patologia e il bene è stato ‘modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento’, quando è emesso il decreto di acquisizione ai sensi dell’art. 43.

Pertanto, l’istituto sorto praeter legem (per affrontare, nel silenzio della legge e prima dell’entrata in vigore del testo unico, le questioni connesse alla avvenuta realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico sul suolo altrui, in assenza di validi ed efficaci atti ablatori) va oramai considerato contra legem, poiché il legislatore ha compiutamente disciplinato la patologia - da qualsiasi data decorrente - dell’azione amministrativa connessa al procedimento espropriativo ed ha anche determinato l’ambito dei poteri e dei doveri dell’Amministrazione (…) » (T.a.r. Lazio Roma, II, 2 ottobre 2009, n. 9557;
v. anche Consiglio di Stato, IV, 15 settembre 2009, n. 5523;
T.a.r. Sardegna, II, 16 luglio 2009, n.1351).

- l’eccezione di inammissibilità del gravame per carenza di interesse, e in specie per non aver la parte censurato le previsioni urbanistiche poste dal P.R.G.: si tratta, infatti, di questione attinente al profilo della quantificazione dei danni risarcibili.

3.- Ritenuto quindi, nel merito, che il ricorso è fondato e dev’essere accolto nei sensi che seguono:

- il Tribunale non può ordinare all’Amministrazione di adottare un provvedimento di acquisizione sanante, poiché la scelta di utilizzare tale strumento comporta complesse valutazioni relative all’interesse pubblico demandate all’Autorità amministrativa, la quale potrebbe anche decidere di rimuovere l’opera e restituire il bene al privato (Consiglio di Stato, ad. plen., 20 gennaio 2020, n. 2).

- il Comune di Cisternino, nel termine di 90 giorni dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza, dovrà dunque:

a) emettere un formale e motivato decreto con cui determinerà la restituzione delle aree occupate, previa loro rimessione in pristino;

b) - ovvero - disporre l’acquisizione delle medesime ai sensi dell’art. 42- bis d.P.R. n. 327/2001 ( avendo come base di calcolo ai fini dell’indennizzo il valore dei terreni ricollegabile alla qualificazione degli stessi operata dal Piano Regolatore Generale ).

- per il periodo di occupazione senza titolo verrà inoltre computato, a titolo risarcitorio, non risultando dagli atti del procedimento la prova univoca di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore del suolo a decorrere dal giorno in cui l’occupazione è divenuta illecita.

4.- Ritenuto infine che, accolto il gravame nei sensi appena enunciati, sussistono tuttavia eccezionali ragioni, attesa la natura delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese di lite - fermo il diritto della ricorrente alla rifusione del contributo unificato versato, posto a carico del Comune di Cisternino .

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