TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-11-05, n. 202005033
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Pubblicato il 05/11/2020
N. 05033/2020 REG.PROV.COLL.
N. 02368/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2368 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, in proprio e quale amministratore e legale rappresentante della -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati E R, A R, A R, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Iaccarino in Napoli, via S. Pasquale A Chiaia 55;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, n. 11;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti:
dell'Informativa Antimafia CAT.12b.16/ANT/AREA1^ prot. n. -OMISSIS-, unitamente agli atti preordinati e connessi, tra i quali, precipuamente, la Nota del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta, priva di numero e data, richiamata in detta Informativa, ma non comunicata.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Caserta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2020 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente giudizio ha ad oggetto l’informativa antimafia emessa dal Prefetto della Provincia di Caserta CAT.12b.16/ANT/AREA1^ prot. n. -OMISSIS- nei confronti della -OMISSIS- e dell’amministratore della stessa, -OMISSIS-.
Quest’ultimo, con l’odierno ricorso, ha impugnato la predetta interdittiva antimafia, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 93 del d.lgs. 06/09/2011 n. 159, vizio del procedimento;
II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 84 e 91 del d. Lgs. 06/09/2011 n. 159 e del d. Lgs. 13/10/2014 n. 153, nonché delle circolari del Ministero dell’interno uff. Ii-ord.sic.pub. n. °11001/119/20(6) dell’8/02/2013 e n°11001/119/20(9) del 26/11/2014. Carenza assoluta dei presupposti, illogicità, travisamento, difetto di motivazione.
Con ordinanza presidenziale n. -OMISSIS- è stato ordinato all'amministrazione intimata di produrre copia autentica del provvedimento prefettizio impugnato, nonché tutti gli atti, i verbali istruttori e gli accertamenti sui quali fondano, ed ogni altro atto utile ai fini della decisione.
La Prefettura ha provveduto all'incombente istruttorio.
Parte ricorrente ha, quindi, proposto ricorso per motivi aggiunti, articolando motivi di ricorso che in larga parte riproducono i motivi di ricorso già articolati nel ricorso introduttivo.
Il Ministero dell’Interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Caserta si sono costituiti regolarmente in giudizio, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 23 settembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Tanto premesso in punto di fatto i ricorsi sono infondati per le motivazioni di seguito specificate.
La giurisprudenza amministrativa consolidata, anche di questa Sezione, ha già evidenziato che l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste.
Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis , TAR Campania, Napoli, n. 3195/2018;Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011;n. 5019/2011;n. 5130/2011;n. 254/2012;n. 1240/2012;n. 2678/2012;n. 2806/2012;n. 4208/2012;n. 1329/2013;sez. VI, n. 4119/2013;sez. III, n. 4414/2013;n. 4527/2015;n. 5437/2015;n. 1328/2016;n. 3333/2017;TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 1951/2011;TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 3242/2011;n. 3622/2011;n. 2628/2012;n. 2882/2012;n. 4127/2012;n. 4674/2013;n. 858/2014;n. 4861/2016;TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 401/2012;TAR Lombardia, Milano, sez. III, n. 1875/2012;TAR Basilicata, Potenza, n. 210/2013;TAR Piemonte, Torino, sez. I, n. 1923/2014).
Sotto tale profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: in altri termini, una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri.
Questa Sezione ha poi chiarito che in linea di principio, l'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall'analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa (cfr., T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 7.01.2019, n.73;conf. Cons. St., sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2).
Sulla stessa scia questa Sezione ha precisato che il mero decorso del tempo è in sé un elemento neutro, che non smentisce da solo la persistenza di legami vincoli e sodalizi e, comunque, non dimostra da solo l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari. Peraltro, occorre considerare che l’infiltrazione mafiosa, per la natura stessa delle organizzazioni criminali dalla quale promana e per la durevolezza dei legami che essi instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio disponibile (cfr., T.a.r. Campania, Napoli, Sez, I, n. 155/2020 e Cons. Stato, Sez. III, n. 4657/2015).
L'Amministrazione può dare rilievo anche ai rapporti di parentela tra titolari di un'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici o contigui a contesti malavitosi laddove tali rapporti, per loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, secondo criteri di verosimiglianza, che l'impresa ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla criminalità organizzata. Specialmente, nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all'interno della famiglia ben può verificarsi un'influenza reciproca di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza. Tale influenza può essere, quindi, desunta dalla considerazione che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicchè in una famiglia mafiosa, anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l'influenza del capofamiglia e dell'associazione. Deve essere, quindi, esclusa ogni presunzione di irrilevanza dei rapporti di parentela, ove gli stessi risultino indizianti di una situazione complessiva tale da non rendere implausibile un collegamento, anche non personale e diretto, tra soggetti imprenditori ed ambienti della criminalità organizzata (cfr., T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 09/12/2019, n. 5796).
3. Alla luce delle tracciate coordinate ermeneutiche sussistono gli elementi per desumere il pericolo di permeabilità mafiosa all’interno della società ricorrente di cui -OMISSIS- è amministratore.
I ricorsi sostanzialmente contestano, da un lato, il procedimento che ha condotto all’interdittiva antimafia;dall’altro, la valutazione della Prefettura che ha desunto, prevalentemente dall’ordinanza di custodia cautelare, elementi indiziari di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente.
Ciò posto, i ricorsi sono infondati per quanto di seguito specificato.
4. In relazione al dedotto vizio del procedimento, la ricorrente ha contestato che la valutazione operata dal Prefetto in merito alla sussistenza degli elementi relativi ai tentativi di infiltrazione mafiosa è stata operata esclusivamente in base alla nota del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta acquisita agli atti e non in base alla necessaria relazione del Gruppo Interforze.
Il motivo di ricorso è infondato perché parte da un presupposto indimostrato ovvero che l’interdittiva debba essere necessariamente supportata dalla relazione del Gruppo interforze, richiamata dall’art. 93 del d.lgs. 159/2011.
Basta scorrere l’art. 84, co. 4, del d.lgs. 159/2011, peraltro richiamato dallo stesso ricorrente, per accorgersi che l’interdittiva antimafia può fondarsi su una serie eterogenea di elementi probatori e non certo necessariamente sulla relazione del Gruppo Interforze che, quindi, può mancare. Peraltro, l’art. 84, co. 4 lett. a) richiama come primo elemento da cui desumere il pericolo di infiltrazione mafiosa i provvedimenti che dispongono una misura cautelare: l’interdittiva impugnata in questo giudizio si fonda proprio su un’ordinanza cautelare.
Ne deriva che il primo motivo di ricorso è infondato.
5. Sono parimenti infondati i restanti motivi di ricorso.
Ritiene il Collegio che, alla luce della natura essenzialmente preventiva che caratterizza l’interdittiva antimafia, gli elementi emersi a carico di -OMISSIS- consentano di ritenere sussistente un serio pericolo di infiltrazione mafiosa a carico della società -OMISSIS-
La Prefettura ha in sostanza dedotto il sospetto di infiltrazione mafiosa a carico della società ricorrente dall’ordinanza di custodia cautelare n. -OMISSIS-, emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli nei confronti di -OMISSIS- per il reato di cui all’art.416 bis c.p. (associazione mafiosa), da cui è emersa l'esistenza di una rete di imprenditori, tra cui -OMISSIS-, -OMISSIS- e altri, di cui si avvaleva -OMISSIS-, boss del gruppo camorristico, denominato “Clan dei Casalesi”, per realizzare rilevanti investimenti economici.
Dall’ordinanza cautelare, riportata nell’interdittiva antimafia, si legge che -OMISSIS- ha gestito, insieme ad altri imprenditori, come -OMISSIS-, “una impressionante quantità di denaro pubblico proveniente dalla Regione, fino a raggiungere la quota complessiva (per il solo anno 2005) di sette milioni di euro. Il picco degli affidamenti, tuttavia, si registra negli anni 2007, 2008, 2009 e 2010 allorquando gli affidamenti a tali imprese raggiungono cifre superiori ai 10 milioni.
Nell’ordinanza di custodia cautelare si evidenzia espressamente che -OMISSIS- realizzava investimenti immobiliari in nome proprio, ma per conto di -OMISSIS-, boss dei casalesi. La società "-OMISSIS-", come risulta anche dalle dichiarazioni rese dagli stessi interessati nell'ambito del procedimento "Medea", è stata costituita nel 2005 tra -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, figlio di -OMISSIS- e il nome costituisce l’acronimo ricavato dai nomi delle figlie di -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Un collaboratore di giustizia, -OMISSIS-, ha evidenziato che la -OMISSIS- è una società di -OMISSIS- e -OMISSIS-, “diretta espressione di -OMISSIS- che ha gestito la cosa direttamente per l’acquisto di molti appartamenti a Caserta”.
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Inoltre, la Prefettura ha ben evidenziato che -OMISSIS- è amministratore di società che sono strettamente collegate ad altre società colpite, a loro volta, da interdittive antimafia, risultate, tra l’altro, nel procedimento penale sopra citato, affidatarie di vari lavori finanziati dalla Regione Campania.
Il ricorrente risulta essere, infatti, anche amministratore unico della società "-OMISSIS-" la cui compagine sociale è costituita dalla -OMISSIS- e dalla società "-OMISSIS-" quest'ultima società in liquidazione, destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia nel 2011, non impugnato, e il cui socio nonché liquidatore risulta essere -OMISSIS-, condannato in primo grado per turbata libertà agli incanti con l 'aggravante di aver favorito il "clan dei Casalesi", come è emerso in modo incontestato nel presente giudizio, ed attinto da un provvedimento interdittivo antimafia emesso dalla stessa Prefettura di Caserta.
Sono state poi rilevate altre cointeressenze con le società "-OMISSIS-" e "-OMISSIS-", il cui ulteriore socio risulta essere -OMISSIS-, anch'esso indagato nello stesso procedimento "Medea" e tratto in arresto, per diversi reati aggravati dall'art.7 di cui all’1
Legge 203/1991, nonché per il reato di associazione mafiosa.
La società “-OMISSIS- di proprietà di -OMISSIS- è stata destinataria di diversi provvedimenti interdittivi.
Il ricorrente ha, tuttavia, evidenziato che con successiva ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Napoli n.-OMISSIS- la misura è stata revocata nei suoi confronti ed è stata disposta l’immediata liberazione.
Sotto questo profilo, tuttavia, il ricorrente non chiarisce se la misura è stata revocata perché è venuto meno il quadro indiziario a suo carico o solo le esigenze cautelari, né ha prodotto l’ordinanza in giudizio al fine di consentire un immediato riscontro di quanto affermato. Va, peraltro, evidenziato che la revoca di un provvedimento giudiziario su cui si fonda l’interdittiva antimafia non è dirimente ai fini della caducazione di quest’ultima che si basa su presupposti diversi da quelli che conducono all’emanazione di un’ordinanza cautelare. Quest’ultima, infatti, presuppone la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, diversamente dalla interdittiva antimafia che, invece, presuppone solo la sussistenza di un sospetto di infiltrazione mafiosa.
Non dirimente è, altresì, la circostanza che -OMISSIS- abbia ceduto interamente la propria quota della società -OMISSIS- nel 2009, in quanto la società era già riconducibile a -OMISSIS- prima dell’atto di cessione delle quote.
Non deve sfuggire la circostanza, ben evidenziata dalla Prefettura, che un collaboratore di giustizia ha espressamente dato atto che la -OMISSIS- s.r.l. è una società sostanzialmente riconducibile a -OMISSIS- che ha realizzato un’importante operazione immobiliare a partire dal 2005: tale dichiarazione sarebbe già di per sé sufficiente a giustificare il provvedimento interdittivo, qualora, come nel caso di specie, non risulti smentita da altri elementi.
Il ricorrente ha, inoltre, evidenziato che nessuna cointeressenza potrebbe esservi neanche con la società -OMISSIS-, in quanto, nella qualità di amministratore della società -OMISSIS-, ha promosso un’azione giudiziaria nei confronti della società -OMISSIS-, per ottenere il versamento del contributo consortile per l’anno 2014, pari ad 272.895,85 €uro, ed ha ottenuto, con Decreto del Tribunale di S. Maria C.V. del-OMISSIS-, il sequestro conservativo sui beni della -OMISSIS- in liquidazione, fino alla concorrenza della somma di 272.895,85 €uro.
Anche tale la circostanza non è dirimente perché trattasi di vicende relative alle ordinarie dinamiche patrimoniali infrasocietarie, e comunque il ricorrente potrebbe aver proposto azioni giudiziarie contro la -OMISSIS- eventualmente al fine strumentale di crearsi un substrato probatorio per neutralizzare future interdittive antimafie nei propri confronti.
Nello stesso senso può essere letta la circostanza che -OMISSIS- si sia costituito parte civile nel giudizio a carico di -OMISSIS- e -OMISSIS- ed il Tribunale di Napoli che, con sentenza n. -OMISSIS-, ha condannato sia -OMISSIS- che -OMISSIS- a pene detentive nonché al risarcimento del danno patito dalla costituita parte civile nella persona di -OMISSIS-.
I complessi elementi istruttori evidenziati dalla Prefettura consentono di ritenere sussistente un serio pericolo di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente, attraverso la persona di -OMISSIS-, che risulta aver avuto rapporti stretti con esponenti di clan camorristici nonché di altri soggetti attinti comunque da interdittive antimafia.
Ne consegue, pertanto, che il provvedimento interdittivo antimafia impugnato risulta immune dalle censure articolare nei ricorsi che, pertanto, vanno respinti.
Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.