TAR Bari, sez. II, sentenza 2015-02-19, n. 201500308

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2015-02-19, n. 201500308
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201500308
Data del deposito : 19 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01117/2014 REG.RIC.

N. 00308/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01117/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1117 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. R C, con domicilio eletto, come per legge, presso la Segreteria del T.A.R. Bari, in Bari, Piazza Massari;

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97;

per l’esecuzione del giudicato

formatosi sulla sentenza definitiva n. 13089/2013 del Tribunale di Bari, Sezione Lavoro, emessa nel procedimento R.G. n. 30194/2007 e depositata in data 10.12.2013;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2015 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori avv. R C e avv. dello Stato Giuseppe Zuccaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza n. 13089/2013, la Sezione Lavoro del Tribunale di Bari ha:

- dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione al capo della domanda giudiziale afferente all’indennizzo di cui alla Legge n. 210 del 1992;

- condannato il Ministero della Salute alla corresponsione in favore della parte ricorrente del complessivo importo di Euro 206.364,23 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale differenziale subito, cui dovranno aggiungersi gli accessori di legge dalla sentenza al saldo;

- condannato il Ministero della Salute alla rifusione delle spese processuali nei confronti della parte ricorrente liquidate in complessivi Euro 5.450,00 oltre IVA e CAP come per legge da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi anticipatario nonché al pagamento delle spese della consulenza tecnica d’ufficio.

Tale sentenza, ritualmente notificata all’Amministrazione soccombente in data 4.3.2014, è passata in giudicato per omessa impugnazione, come da attestazione del 25.7.2014 del Cancelliere del Tribunale di Bari.

A fronte dell’inadempimento del Ministero della Salute, la ricorrente ha presentato l’odierno ricorso ai sensi degli artt.112 e ss. c.p.a., chiedendo a questo Tribunale:

- di ordinare al Ministero della Salute il compimento di tutti gli atti necessari a dare piena ed integrale esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza indicata in epigrafe, nominando sin d’ora, ove occorra, un commissario ad acta, che provveda in luogo del Ministero;

- la comminatoria a carico del Ministero della Salute della penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett. e) del Cod.proc.amm.

Il Ministero della Salute si è costituito in giudizio con atto depositato in data 1.10.2014, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.

Alla Camera di Consiglio del 22.01.2015, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

L'art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a. statuisce espressamente che l'azione di ottemperanza possa essere proposta per conseguire l'attuazione "delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato".

La sentenza di cui si chiede l’esecuzione, regolarmente munita di formula esecutiva in data 21.3.2014, e ritualmente notificata all’Amministrazione debitrice, è passata in giudicato in conseguenza della sua mancata impugnazione, come da attestazione del 25.7.2014 del Cancelliere del Tribunale di Bari.

Tuttavia, dagli atti di causa, non risulta che il Ministero della Salute vi abbia dato ottemperanza.

Ricorrendo pertanto tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso, va ordinato al Ministero della Salute di dare esecuzione alla sentenza n. 13089/2013 del Tribunale di Bari, Sezione Lavoro e, quindi di pagare le somme ivi indicate, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della Salute, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta, il Direttore Generale della Direzione Generale dei Dispositivi Medici, del Servizio Farmaceutico e della Sicurezza delle Cure del Ministero della Salute, con facoltà di delega, il quale dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza in luogo e vece dell’Amministrazione inadempiente entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato al Ministero della Salute, senza maturare alcun diritto al compenso.

Deve invece essere respinta la richiesta della misura prevista dalla disposizione dell’art. 114, comma 4, lettera e), cod. proc. amm. (secondo il quale “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato;
tale statuizione costituisce titolo esecutivo”).

In linea generale, sulla questione della compatibilità di tale misura con la nomina del Commissario ad acta, questo Tribunale ha già avuto modo di evidenziare che “non vi è incompatibilità tra irrogazione di astreintes e richiesta di nomina di un commissario ad acta, pure avanzata dalla parte ricorrente (T.A.R. Lazio, Roma, 29 dicembre 2011 n. 1035;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 15 aprile 2011 n. 2162;
Sez. VIII, 23 febbraio 2012, n. 959). Si tratta infatti di mezzi di tutela diversi perché l’astreinte è un mezzo di coercizione indiretta (modello “compulsorio”), mentre la nomina del commissario ad acta, il quale provvede in luogo dell’amministrazione, comporta una misura attuativa del giudicato ispirata ad una logica del tutto differente, siccome volta non già ad esercitare pressioni sull’amministrazione affinché provveda, ma a nominare un diverso soggetto, tenuto a provvedere al posto della stessa (secondo un modello di “esecuzione surrogatoria”). È evidente che l’opzione per l’uno o per l’altro modello rientra nella disponibilità della parte e, in mancanza di specifiche preclusioni normative, deve ritenersi ammissibile la richiesta al giudice amministrativo, tanto della nomina del commissario ad acta quanto dell’applicazione dell’astreinte, trattandosi di strumenti di tutela cumulabili e non incompatibili tra loro” (ex multis TAR Puglia, Bari, Sez. III, 9 gennaio 2013, n. 6).

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 25 giugno 2014 n. 15, ha infine riconosciuto l’ammissibilità, nell’ambito del giudizio di ottemperanza, della comminatoria delle penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo, con riferimento a tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria, così componendo il contrasto interpretativo sorto in materia.

L’unico limite espressamente contemplato dall’art. 114 del codice del processo amministrativo è rappresentato dal fatto che l’uso dell’astreinte non risulti “manifestamente iniquo, ovvero sussistano altre ragioni ostative”.

Ebbene, in merito l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 15 del 2014 sopra citata, ha evidenziato che spetta al giudice dell’ottemperanza la verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché la graduazione del relativo importo, tenuto conto delle peculiari condizioni del debitore pubblico, dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, anche in considerazione delle possibili difficoltà nell’adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici, che possono tradursi in ragioni ostative, espressamente previste dall’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo, quale limite negativo all’applicazione di tale misura.

Nel caso in esame, pur sussistendo l’imprescindibile presupposto della richiesta di parte ricorrente, non si ritiene di poter accogliere la richiesta di astreintes, ravvisandosi ragioni ostative consistenti nell’esigenza di contenimento della spesa pubblica in relazione alla particolare condizione di crisi finanziaria della finanza pubblica e all’ammontare del debito pubblico (In merito vedasi di recente T.A.R. Lazio, sez. II, 16 dicembre 2014, n. 12739).

In base al principio della soccombenza, vanno poste a carico del Ministero della Salute le spese del presente giudizio, equitativamente liquidate nell’importo indicato in dispositivo, da distrarsi in favore del procuratore costituito, per sua dichiarazione anticipatario.

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