TAR Bari, sez. III, sentenza 2015-10-22, n. 201501345

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2015-10-22, n. 201501345
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201501345
Data del deposito : 22 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00690/2014 REG.RIC.

N. 01345/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00690/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 690 del 2014, proposto da:
C E V D M, rappresentato e difeso dall'avv. F E L, con domicilio eletto presso F E L in Bari, Via Amendola, n.166/5;

contro

Comune di Barletta, rappresentato e difeso dagli avv. I P, G C, D C M, R M D, con domicilio eletto presso R D R in Bari, Via Davanzati, n. 33;

Regione Puglia;

nei confronti di

L D R, rappresentato e difeso dagli avv. L G, Davide D'Ippolito, con domicilio eletto presso Davide D'Ippolito in Bari, Via Principe Amedeo, n. 50;

V S, Il Borgo S.r.l.;

per l'ottemperanza

della sentenza n. 1416/2011 T.A.R. Puglia - Bari sez. II, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza n. 830 del 12 febbraio 2013. Piano di lottizzazione di un insediamento turistico-rurale.

.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e di L D R;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori F E L, I P e Franco Giuseppe Trentadue;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente agisce per l’ottemperanza della sentenza 29 ottobre 2011 n. 1416, con la quale questo TAR Puglia, sez. II, ha accolto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dal sig. Carlo V d M e, per l’effetto, ha, tra l’altro, annullato:

- il Piano di lottizzazione relativo ad un insediamento turistico - rurale in località Montaltino di Barletta, nonché le relative delibere del Consiglio comunale di adozione e di approvazione definitiva di detto Piano;

- i permessi di costruire rilasciati dal Comune di Barletta nn. 313/2010 (nonché il permesso di voltura del medesimo) e 723/2010, in favore della società Il Borgo s.r.l.;

- ha accertato e dichiarato l’inefficacia della convenzione stipulata il 24 ottobre 2010.

Tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con la pronuncia n. 830 del 12.02.2013, che ha giudicato l’appello (proposto da D R ed altri) e l’appello incidentale (proposto dal Comune di Barletta), infondati e li ha, pertanto, rigettati, con conseguente conferma della sentenza impugnata, “ per le ragioni e con le precisazioni in ordine alla motivazione della stessa”.

La controversia oggetto delle due pronunce riguardava, in sostanza, un Piano di lottizzazione di un insediamento turistico – rurale (e dei conseguenti permessi di costruire), che contemplava la realizzazione di 46 palazzine di 4 unità immobiliari ciascuna, per complessivi 44.850 mc. e 448 abitanti potenziali, oltre ad ulteriori 5200 mc. relativi ad un punto di ristoro, nell’ambito di un territorio deputato alla coltura dell’ulivo.

Il ricorrente, nel chiedere l’ottemperanza della sentenza n. 1416/2011, pronunciata da questo T.A.R., evidenzia che la costruzione degli edifici oggetto del Piano di lottizzazione annullato è stata avviata, ancorché non ultimata.

Nel ritenere sussistenti i presupposti per l’azione ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. a) c.p.a. invoca l’applicazione dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001.

Sostiene che tale norma configurerebbe un’attività vincolata nell’ an e nel quomodo , prevedendo per le ipotesi di lottizzazione abusiva l’acquisizione di diritto al patrimonio del Comune e la successiva demolizione.

Nel ricorso introduttivo del giudizio, il sig. V d M sostiene che non vi sarebbe stata alcuna forma di ottemperanza alla sentenza, né da parte del Comune, che non avrebbe provveduto né all’acquisizione degli edifici, né alla loro demolizione, né dalla Regione a cui contesta di non aver attivato i necessari poteri sostitutivi. Lamenta, altresì, la mancata osservanza della prescrizione contenuta nella sentenza n. 1416/2011, relativa alla trasmissione degli atti contenuti nel fascicolo alla Procura della Repubblica di Trani.

Chiede, altresì, il pagamento delle spese dei due gradi di giudizio, oltre rivalutazione ed interessi e, per il caso di persistente inerzia, la nomina di un commissario ad acta , che si sostituisca alle amministrazioni inadempienti ai fini dell’integrale esecuzione del giudicato.

Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso, sia il Comune di Barletta, che il controinteressato D R.

All’udienza camerale del 29.10.2014, le parti hanno chiesto di comune accordo un rinvio, in attesa della pronuncia del Consiglio di Sato relativa al giudizio proposto ai sensi dell’art. 112 comma 5 del c.p.a., dal Comune di Barletta e avente ad oggetto la richiesta dei chiarimenti riferiti alla sentenza n. 830/2013 pronunciata in appello dal Supremo Consesso.

In data 04.03.2015, il ricorrente ha depositato nota del Servizio urbanistica della Regione Puglia, con cui si invita il Comune “ a porre in essere la doverosa attività amministrativa di cui all’art. 30 D.P.R. 380/2001 ”.

Alla successiva udienza camerale del 26.03.2015, sentiti gli avvocati, F E L, per la parte ricorrente, G C, per il Comune di Barletta e Davide D'Ippolito e per il controinteressato D R, la causa è stata cancellata dal ruolo in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato.

A seguito della sentenza n. 2441 del 14 maggio 2015 del Consiglio di Stato, è stata presentata istanza di iscrizione al ruolo della causa. Le parti hanno successivamente depositato memorie tese a ribadire le diverse pretese.

Il Comune ha, in particolare, evidenziato che a seguito dei chiarimenti forniti con sentenza n. 2441/2015 e in esecuzione dei medesimi, ha ingiunto la demolizione dell’opera, con ordinanza prot. 41460 del 06.08.2015.

Il ricorrente contesta all’ente locale di aver agito ai sensi dell’art. 38 D.P.R. 380/2001, in luogo dell’art. 30 del medesimo D.P.R., norma che prevede la preventiva acquisizione delle aree al patrimonio comunale e, solo successivamente, la demolizione. L’applicazione errata della norma del D.P.R. 380/2001 si porrebbe in contrasto con i chiarimenti forniti dal Consiglio di Stato.

Si oppone all’applicabilità del suindicato art. 30 del Testo Unico per l’Edilizia il controinteressato.

All’udienza camerale dell’8.10.2015, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto a giudice incompetente.

Le parti costituite nel presente giudizio dimostrano, in modo inequivocabile, che la controversia circa l’esecuzione del giudicato e, in particolare, quella relativa alla norma del Testo Unico dell’Edilizia applicabile alla fattispecie concreta, sono riferite a quanto statuito e, successivamente chiarito, dal Consiglio di Stato.

Il ricorrente nell’istanza di iscrizione al ruolo ha espressamente fatto riferimento a quanto affermato dal Consiglio di Stato, citando parti della sentenza n. 2441/2015.

Le successive memorie relative individuazione della norma del Testo Unico dell’Edilizia applicabile al caso oggetto del giudizio richiamano le pronunce del Consiglio di Stato.

A suffragare tali elementi concorrono il dato normativo e la successiva interpretazione giurisprudenziale.

Ai sensi dell’art. 113 c.p.a., infatti, “ il ricorso si propone, nel caso di cui all’articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta;
la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado
”.

Il giudice di prime cure è chiamato, dunque, a provvedere sia per le decisioni adottate direttamente, sia per i provvedimenti confermati in appello con lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.

Diverso è il caso in cui il contenuto decisionale della sentenza di secondo grado, seppure di rigetto dell’appello, rappresenti un distacco, più o meno profondo, rispetto all’iter argomentativo adottato in prime cure, con le conseguenti implicazioni in sede di competenza per l’ottemperanza.

Nel caso in esame, alla sentenza n. 830/2013 con cui il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello e l’appello incidentale avverso la sentenza 1416/2011, “ per le ragioni e con le precisazioni in ordine alla motivazione della stessa ”, è seguita un’ulteriore pronuncia del Supremo Consesso, la sentenza n. 2441/2015, ai sensi dell’art. 112 comma 5 c.p.a., con cui sono stati forniti chiarimenti in ordine all’ottemperanza della sopra indicata sentenza n. 00830/2013 d’appello.

Nella sentenza n. 2241/2015 il Consiglio di Stato ha chiarito che “ Il ricorso previsto dall’art. 112, comma 5, C.p.a., appare dunque come un rimedio concesso all’amministrazione, onde rendere possibile la conformazione della sua azione al giudicato, in via antecedente ed indipendente dall’azione di ottemperanza (cui è legittimata, sussistendone le condizioni, la parte vittoriosa), ed impregiudicato il ricorso a quest’ultima, ove ne ricorrano le condizioni.

A ciò deve essere aggiunto che, nel caso di specie, il rigetto dell’appello (proposto da D R ed altri) e dell’appello incidentale (proposto dal Comune di Barletta), ha comportato la conferma della sentenza di I grado, ma “per le ragioni e con le precisazioni in ordine alla motivazione della stessa” (v. pag. 20 sent. n. 830/2013). Il che rende ancor più plausibile (e dunque ammissibile) la richiesta di chiarimenti da parte dell’amministrazione che intende ottemperare,”.

Ne deriva che, nell’autonomo giudizio ai sensi dell’art. 112 comma 5 c.p.a., il Consiglio di Stato ha espressamente chiarito che la sentenza n. 830/2013, ha confermato, “ con integrazioni di motivazione ”, la sentenza 29 ottobre 2011 n. 1416 del TAR per la Puglia, sez. II di Bari e ha fornito chiarimenti circa l’ottemperanza della sentenza d’appello.

Le controversie insorte in sede di ottemperanza attengono inequivocabilmente alla portata di quanto stabilito dal Supremo Consesso.

In conclusione, trattandosi di questione attribuita alla competenza del Consiglio di Stato, questa Sezione non può fare uso degli strumenti processuali indicati nella più volte citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2 del 2013 (che presuppongono la corretta individuazione del giudice dell’attuazione della sentenza) e deve limitarsi a dichiarare inammissibile il ricorso, in quanto proposto a giudice incompetente.

Per completezza, il Collegio rileva che è parimenti inammissibile il ricorso con riferimento alla presunta mancata ottemperanza della sentenza n. 1416/2011, pronunciata da questo T.A.R., per la parte in cui il giudice di prime cure ha disposto la trasmissione di copia della sentenza e degli atti del giudizio, a cura della cancelleria, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani. L’invio degli atti (anche ai sensi del comma 4, dell’art. 331 c.p.c.) oltre ad essere irretrattabile, non può essere oggetto né di sindacato, né di azione di esecuzione in quanto rappresenta attività svolta in occasione dell’esercizio della funzione giurisdizionale (Cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 10/2011;
Sez. IV, n. 1789/2006. Sez. V, sent. 5465/2014), mentre nel giudizio di ottemperanza l’oggetto è relativo all’attuazione - della parte soccombente - delle statuizioni contenute nel giudicato.

Per tutto quanto esposto il ricorso è inammissibile.

Sussistono motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, in considerazione della rilevanza dei profili sottesi alla questione decisa.

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