TAR Firenze, sez. I, sentenza 2022-11-18, n. 202201345

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2022-11-18, n. 202201345
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202201345
Data del deposito : 18 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/11/2022

N. 01345/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01602/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1602 del 2018, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento

del decreto n° -OMISSIS- emesso il 10 luglio 2018 dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia con il quale veniva irrogata al predetto -OMISSIS- -OMISSIS- la sanzione della deplorazione unitamente alla pena pecuniaria di un trentesimo di una mensilità e notificatogli a mezzo posta il di 09 agosto 2018 e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4 bis, c.p.a. introdotto dall’art. 17, comma 7, lett. a), n. 6), del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113;

Relatore il dott. G R nell'udienza smaltimento del giorno 17 ottobre 2022, tenutasi mediante collegamento da remoto in video conferenza, secondo quanto disposto dall’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, in quanto Agente Scelto della Polizia penitenziaria, ha impugnato il decreto (n° -OMISSIS-) emesso il 10 luglio 2018 dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia con il quale è stata irrogata, nei confronti dello stesso ricorrente, la sanzione della “deplorazione” unitamente alla pena pecuniaria di un trentesimo di una mensilità.

Il ricorrente è stato ritenuto responsabile per aver inserito su un gruppo facebook , denominato “Storie di polizia penitenziaria”, due commenti in relazione a due distinti post, apponendo in calce a ciascuno di essi un cd. “mi piace”.

Con un’unica ma articolata censura si sostiene la violazione degli artt. 3, 4, 5 e 11 del d.lgs. n. 449/92, oltre al venire in essere di diversi profili di eccesso di potere, in quanto la motivazione sarebbe del tutto carente, illogica, irrazionale e contraddittoria e, ciò, oltre all’emergere di una disparità di trattamento nei confronti di altri colleghi che avrebbero assunto comportamenti analoghi.

Si è costituito il Ministero della Giustizia, contestando le argomentazioni proposte e chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza straordinaria e di smaltimento del 17 ottobre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

1.1 In primo luogo è necessario premettere che al ricorrente è stata contestata la violazione dell’art. 5 c. 3 lett. c) e g) del D. Lgs. 449/92, nella parte in cui dispone la sospensione disciplinare da uno a sei mesi, rispettivamente per violazione degli ordini dei superiori e per la denigrazione dell'Amministrazione o dei superiori.

1.2 Nel concreto il comportamento oggetto della sanzione consiste nell’aver inserito due commenti su un gruppo facebook , denominato “Storie di polizia penitenziaria” e con riferimento a due distinti post, apponendo in calce a ciascuno di essi un c.d. “mi piace”, cliccando sull’icona riproducente il pollice rivolto in atto.

1.3 E’, altresì, necessario premettere che la circolare n. 3660/6110 del 20 febbraio 2015, denominata “Precisazioni sull'uso dei social network da parte dipendenti Amministrazione” del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, prevede che “i commenti, le osservazioni e/o eventuali critiche relative a fatti o situazioni riguardanti l'ambiente lavorativo debbano essere sempre ponderati, secondo quei principi deontologici a cui tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono attenersi”.

Nello stesso senso è l’art. 10 c. 2 del DPR 82/99 (Regolamento di servizio del Corpo di Polizia penitenziaria) nella parte in cui prevede che “il personale, anche fuori servizio, mantiene una condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni”.

1.4 Il primo dei due post asseriva l’esistenza di una disparità di trattamento tra rapporti disciplinari redatti a carico dei detenuti e quelli nei confronti del personale circa un presunto insabbiamento delle segnalazioni a carico dei primi, mentre con riferimento ai dipendenti si afferma che i rapporti disciplinari “-OMISSIS-”.

1.5 Il secondo denigrava i funzionari del Corpo di Polizia penitenziaria definendoli "-OMISSIS-”.

1.6 Nel primo caso si tratta di un’accusa grave a carico dei funzionari senza che fossero addotti elementi oggettivi per confutarla, mentre il secondo si limita a contenere delle espressioni offensive, contrarie alla minima continenza e civile espressione di critica alla quale il ricorrente era tenuto.

1.7 E’ peraltro evidente che l’apposizione del c.d. “mi piace” non costituisce un comportamento “neutro” e irrilevante, ma comporta l’espressione, seppur implicita, di un pensiero, di adesione al post e al commento che si legge e in relazione al quale si intende manifestare una condivisione, volendo così rendere evidente a tutti la propria adesione e la volontà di fare proprio il commento di cui si tratta.

1.8 Si consideri che l’Amministrazione ha dimostrato come il gruppo "Storie di polizia penitenziaria” costituiva un gruppo aperto (e non chiuso come sostenuto dal ricorrente) che vantava un considerevole numero di iscritti (pari a cinquantamila followers e quasi 47mila iscritti).

1.9 La circolare n. 3660/6110 del 20 febbraio 2015, nel sancire un obbligo di ponderazione e continenza sui social network non distingue tra gruppi “aperti” o “chiusi”, attribuendo rilievo alla pubblicità della condotta, sufficiente quest’ultima a rendere palese ad una pluralità di soggetti una manifestazione di disvalore e di condanna generica e offensiva dell’operato dei propri superiori.

2. Precedenti pronunce hanno chiarito che i social networks, fra cui facebook , non possono essere considerati come siti privati, in quanto non solo accessibili ai soggetti non noti cui il titolare del sito consente l'accesso, ma altresì suscettibili di divulgazione dei contenuti anche in altri siti: la collocazione di una fotografia o di un testo su facebook implica una sua possibile diffusione a un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti e quindi va considerato, sia pure con alcuni limiti, come un sito pubblico. Ciò posto, l'ordinamento militare, il codice (ex D.Lgs. n. 66 del 2010) e il testo unico (ex D.P.R. n. 90 del 2010), contengono espresse disposizioni sulle modalità con cui il militare può rappresentare situazioni anche critiche in cui si trova, permanendo pur sempre l'obbligo del militare di utilizzare i sistemi riservati e di non pubblicare fotografie o divulgare commenti in grado di nuocere al prestigio dell'amministrazione (cfr. T.A.R. Friuli-V. Giulia Trieste Sez. I, 12/12/2016, n. 562).

2.1 Ne consegue che anche con l’apposizione di un c.d. like il ricorrente aveva inteso fare proprie affermazioni gravemente lesive dell’immagine dell’Amministrazione Penitenziaria del personale di

polizia penitenziaria in servizio presso le Case Circondariali -OMISSIS- e della dignità dei detenuti, così come evidenziato dall’Amministrazione nell’atto di contestazione degli addebiti.

2.2 Nemmeno è stato dimostrato il venire in essere di una disparità di trattamento, in quanto, anche qui l’Amministrazione ha dimostrato di aver disposto la contestazione nei confronti di ulteriori otto unità appartenenti alla Polizia penitenziaria.

2.3 La sanzione risulta adottata anche nel rispetto del principio della proporzionalità, considerando come l’Amministrazione avrebbe potuto disporre la sospensione dal servizio, sulla base di quanto previsto ai sensi dall’art. 5 del D.lgs. 449/1992, in luogo della deplorazione, come effettivamente avvenuto.

2.4 È allora evidente come la sanzione risulta commisurata al comportamento posto in essere e, quindi, all’apposizione di un c.d. like , necessariamente meno lesivo di un commento esplicito e diretto.

2.5 E’, peraltro, noto che la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati al pubblico dipendente, in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che per violazione delle norme procedurali o in alcune ipotesi limite di eccesso di potere, sotto il profilo della abnormità e del travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, IV, 15 gennaio 2020, n. 381), peraltro non esistenti nel caso di specie.

2.6 In conclusione il ricorso è infondato e va respinto, mentre le spese possono essere compensate in considerazione della novità della fattispecie esaminata.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi