TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2013-10-14, n. 201304619
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Testo completo
N. 04619/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00377/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 377 del 2013, proposto da:
V T, rappresentato e difeso dagli avv. S B, E L, con domicilio eletto presso il dott. M Lamberti in Napoli, via Costantino, 52;
contro
Comune di Napoli in Persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avv. G R, G D, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, A A, E C, B C, A C, A I F, G P, A P, B R, domiciliato in Napoli, piazza Municipio, Palazzo S. Giacomo;
per l'annullamento
del provvedimento n.70/2012 con la quale il Dirigente del Servizio Autonomo Servizi Cimiteriali del Comune di Napoli ha disposto la revoca decadenziale della concessione di suolo cimiteriale rilasciata con delibera G.M. n.5184/1995 e l’acquisizione del manufatto funebre ivi realizzato sito nel Cimitero di Napoli – Poggioreale, zona Pietà- giardinetto 31 , particella 70;
- degli artt. 53 e 57 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune di Napoli, approvato con delibera C.C. n. 11 del 21.2.2006 , se per quanto debba essere interpretato nel senso di sanzionare la violazione del divieto di cessione tra privati con la decadenza dalla concessione;
- della comunicazione di avvio del procedimento del 21.06.2012 richiamata nel provvedimento sub a).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Di Napoli in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 la dott.ssa D C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Il ricorrente impugna il provvedimento del Comune di Napoli che ha disposto la revoca decadenziale della concessione di suolo cimiteriale rilasciata nel Cimitero cittadino di Poggioreale, deducendone l’illegittimità per violazione di legge (artt. 3 e 97 Cost.;artt. 3 e 21 quinquies della legge 241/1990;art. 92 del Regolamento nazionale di Polizia mortuaria, approvato con D.P.R. n. 285/1990;art. 48 del Regolamento di Polizia mortuaria del Comune di Napoli, approvato con Delibera di Consiglio Comunale in data 26.2.2006, n. 11) e per eccesso di potere sotto molteplici profili, chiedendone l’annullamento.
2.- L’amministrazione comunale, ritualmente costituita in giudizio, conclude per il rigetto.
3.- Con l’ordinanza n. 00337/2013 del 21.2.2013 il Collegio ha accolto la domanda di misure cautelari, ritenendo “opportuno, nel bilanciamento degli interessi, che l’attuale statu quo rimanga inalterato nelle more della definizione del giudizio”.
4.- All’udienza del 9.05.2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5.- Il Tribunale giudica il ricorso infondato.
6.- Lo jus sepulchri .
Il Collegio ritiene opportuno premettere una breve ricostruzione dello jus sepulchri. Il diritto al sepolcro intorno al quale è causa costituisce in generale, secondo dottrina e giurisprudenza consolidata, un istituto complesso, scomponibile in più fattispecie: si distingue anzitutto un diritto primario al sepolcro, inteso come diritto ad essere seppellito ovvero a seppellire altri in un determinato sepolcro, diritto distinto a sua volta in sepolcro ereditario e sepolcro familiare o gentilizio;si distingue ancora un diritto sul sepolcro inteso in senso stretto, come diritto sul manufatto che accoglie le salme;si identifica infine, ed è un accessorio dei due precedenti, un diritto secondario al sepolcro inteso come diritto di accedervi fisicamente e di opporsi ad ogni atto che vi rechi oltraggio o pregiudizio (per la distinzione fra diritto primario al sepolcro e diritto sul manufatto, si veda per tutte la motivazione di Cass. civ., sez. III, 15 settembre 1997, n. 919).
7.- La normativa in materia.
Sempre in generale, va affermato, che, anche prima dell'entrata in vigore del codice del 1942, i cimiteri erano beni di proprietà comunale, come tali in linea di principio non liberamente disponibili;di conseguenza la costituzione di cappelle private nell'ambito degli stessi si configurava pacificamente non come cessione del relativo spazio ad un privato acquirente, ma come concessione dello stesso.
Sul punto specifico, una norma nazionale espressa fu introdotta con l'art. 71 del R.D. 21 dicembre 1942 n. 1880 (G.U. 16 giugno 1943), sostitutivo di un regolamento del 1892, ai sensi della quale la cessione a terzi delle tombe di famiglia era consentita se non "incompatibile con il carattere del sepolcro" e "sempre che i regolamenti comunali ed i singoli atti di concessione non dispongano altrimenti".
Il regolamento del 1942 fu poi superato dal D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803 (G.U. 26 gennaio 1976), che all'art. 94 lo innovò prevedendo un divieto assoluto di cessione, nel senso che "il diritto di uso delle sepolture private è riservato alla persona del concessionario ed a quelle della propria famiglia ovvero alle persone regolarmente iscritte all'ente concessionario, fino a completamento della capienza del sepolcro": divieto confermato dall'identico primo comma dell'art. 93 del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (G.U. 12 ottobre 1990), succeduto al precedente (Art. 93: “1. Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari;di quelle concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall'atto di concessione. In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro. 2. Può altresì essere consentita, su richiesta di concessionari, la tumulazione di salme di persone che risultino essere state con loro conviventi, nonché di salme di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti dei concessionari, secondo i criteri stabiliti nei regolamenti comunali.”).
Tale regime giuridico è comprovato dall'art. 824, comma secondo, del codice civile del 1942 secondo il quale i cimiteri comunali sono soggetti al regime giuridico del demanio pubblico, e quindi sono in primo luogo inalienabili ai sensi dell'art. 823 c.c., comma primo, prima parte. In tal modo il codice civile ha introdotto una conformazione generale delle aree cimiteriali, e quindi dei relativi diritti, che non fa in alcun modo salve le situazioni preesistenti: ne consegue che la natura semplicemente concessoria del diritto di sepolcro andrebbe, in tesi, tenuta attualmente ferma anche se per ipotesi fosse stata esclusa dal regime previgente.
In termini riassuntivi, la cessione di un diritto di sepoltura privata, anche qualora consentita, non si può configurare come una semplice alienazione da privato a privato, ma richiede –e tale è un punto dirimente della presente vicenda – l'intervento dell'autorità concedente. Ciò risulta anzitutto dai principi in tema di concessioni, che nei rapporti fra privati sono fonte di diritti soggettivi perfetti, i quali però degradano a diritti affievoliti nei rapporti con la p.a. (cfr. ex pluris, Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1983 n. 3607).
Risulta, inoltre, anche da un esplicito dato normativo, pur riferito ad una norma non più vigente, ovvero dal già citato art. 71 del R.D. 21 dicembre 1942 n. 1880, che nel disciplinare la vicenda traslativa del diritto di sepolcro, allora consentita, configurava –significativamente– l'acquirente come "nuovo concessionario" e prevedeva la possibilità di un "veto" del Comune alla cessione.
8.- Il regime giuridico della concessione cimiteriale.
Su queste premesse, è agevole ricostruire i dicta giurisprudenziali in materia che si sostanziano nella affermazione secondo cui la cessione di un diritto al sepolcro, tanto nel suo contenuto di diritto primario di sepolcro quanto nel suo contenuto di diritto sul manufatto, va in astratto configurata come voltura di concessione demaniale, sottoposta al requisito di efficacia della autorizzazione del concedente, ovvero del Comune (cfr. in tali termini esplicitamente Cass. civ. sez. II, 25 maggio 1983, n. 3607, nonché T.A.R. Calabria, 26 gennaio 2010 n. 26;T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 24 dicembre 1997, n. 2675;T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 1 giugno 1994 n. 989;T.A.R. Lombardia, Brescia, 30 aprile 2010, n. 1659).
L'autorizzazione, a sua volta, si sostanzia in "un nuovo esercizio del potere discrezionale dell'ente concedente di attribuire la concessione a terzi" (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 1 giugno 1994, n. 989), e come tale, deve di necessità seguire il regime giuridico vigente nel momento in cui essa deve essere pronunciata: in altri termini, si potrà rilasciare solo se in quel dato momento la concessione è, alla stregua dell'ordinamento, considerata cedibile.
Coglie, dunque, con precisione la “doppia” natura della posizione del privato il Consiglio di Stato quando testualmente afferma: “il diritto sul sepolcro già realizzato è un diritto soggettivo perfetto di natura reale assimilabile al diritto di superficie, suscettibile di possesso e soprattutto di trasmissione sia "inter vivos" che per via di successione "mortis causa", e come tale opponibile agli altri privati, atteso che lo stesso nasce da una concessione amministrativa avente natura traslativa di un'area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale;peraltro nei confronti della p.a. tale diritto è suscettibile di affievolimento, degradando ad interesse legittimo, nei casi in cui esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell'ordine e del buon governo del cimitero, impongano o consiglino all'Amministrazione di esercitare il potere di revoca della concessione “(cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. V, 26 giugno 2012, n. 3739).
9. - La fattispecie per cui è causa.
In relazione alla presente contesa, si evidenzia come il Comune di Napoli, a seguito di indagini della Polizia Giudiziaria, abbia constatato che molteplici edicole funerarie non erano gestite dai rispettivi concessionari, ma, inaudito domino, erano state alienate a terzi.
Premesso che è insito nel sistema concessorio che l’amministrazione deve costantemente essere messa a parte, in forma giuridica, della cessione, instaurando –se del caso – un nuovo rapporto concessorio, nella fattispecie da esaminare, è dirimente che l’atto di compravendita per notaio Improta rep. 96095, stipulato l’25.05.2010 tra S V, C M R, cui medio tempore era pervenuto il manufatto, da un lato, e il ricorrente, dall’altro, sia posteriore al Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, approvato con delibera consiliare 26.2.2006 n. 11.
Non spetta a questo giudice definire in termini completi la leggibilità di tali evenienze in ottica penalistica ovvero civilistica: resta tuttavia evidente che la cessione, per poter essere efficace doveva essere notificata secondo lo schema di cui agli articoli 1264 e 980 c.c. (richiamando, inoltre, le forme proprie, per analogia, di cessione ex art. 69 R.D. 2440/1923).
In tutte le fattispecie in cui, come la presente, i relativi atti notarili sono stati rogati dopo il 2006, non si pone, peraltro, alcuna questione di retroattività, ma solo di adeguamento alla disciplina amministrativa –che sempre continua a connotare il diritto acquisito con la concessione – vigente in base al generalissimo criterio tempus regit actum , trattandosi di rapporto di durata, come tale, suscettibile di essere sottoposto, per l’avvenire allo ius superveniens , secondo i principi al riguardo anche enunciati dalla giurisprudenza della Suprema Corte allorquando ha enucleato la fattispecie della nullità sopravvenuta, rectius della “nullità successiva” ( cfr ., al riguardo ex multis Cassazione civile sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1689, secondo cui “Relativamente ai rapporti di fideiussione per obbligazioni future la cui durata era in corso alla data di efficacia della norma del comma 2 dell'art. 1956 c.c., aggiunta dall'art. 10 della legge n. 154 del 1992, in virtù della corretta applicazione dell'art. 11, comma 1 preleggi della norma, mentre non comporta la nullità sopravvenuta fin dalla nascita del rapporto contrattuale della clausola di rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione dalla garanzia ai sensi del comma 1 dell'art. 1956, ove ne ricorrano i presupposti, con la conseguenza che la clausola, dovendo ritenersi valida ed efficace fino al momento dell'entrata in vigore del suddetto comma 2, è idonea ad escludere la liberazione del fideiussore riguardo alle obbligazioni principali sorte prima di quel momento, viceversa, determina la nullità sopravvenuta , con effetto da quel momento ed in forza dell'applicazione dell'art. 1339 c.c., della clausola convenzionale stessa, con la conseguenza che l'esclusione della liberazione del fideiussore da tale clausola disposta, ove ricorrano i presupposti del citato comma 1, non può trovare giustificazione in essa, riguardo ad obbligazioni principali che siano sorte soltanto dopo quel momento”).
Perspicua, in argomento, la pronuncia del Consiglio di Stato ove ha affermato: “si tratta, in sostanza, di una posizione soggettiva [lo jus sepulchri] che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione. Quindi, a fronte di successive determinazioni del concedente, la facoltà del concessionario degrada al rango di mero interesse legittimo. Ne deriva che gli strumenti di tutela del titolare, nei confronti del concedente, si riducono a quelli che assistono l'interesse legittimo anziché il diritto soggettivo, senza alcuna connotazione di assolutezza e pienezza, come avviene, invece, nei riguardi dei soggetti privati. E' quindi indubbio che il rapporto concessorio debba rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti. (…) Non è persuasiva, allora, l'affermazione del ricorrente in primo grado, secondo cui, una volta costituito il rapporto concessorio, questo non potrebbe essere più assoggettato alla normativa intervenuta successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio del ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall'ambito soggettivo di utilizzazione del bene. Non è pertinente, quindi, il richiamo al principio dell'articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall'amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti.” (cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. V, 8 marzo 2010 n. 1330).
10. - Il provvedimento impugnato.
Dalla documentazione allegata emerge che il Comune di Napoli con delibera di G. M. dell 15 novembre 1995 (nr. 5181) ha concesso al sig. Sorbilli Alfredo l’area di estensione di mq. 4,08 di suolo, mq. 2,82 di gaveta, sita nel cimitero di Napoli – Poggioreale, zona Pietà, giardinetto 31, particella 70, dove è stato realizzato il manufatto funebre, medio tempore pervenuto a S V e C M R.
In data 25 maggio 2010, si è proceduto al trasferimento di tale manufatto funebre con compravendita intervenuta fra S V, C M R, cui è pervenuto medio tempore il manufatto medesimo, e l’odierno ricorrente.
Tale contratto peraltro è stato preceduto immediatamente e contestualmente dalla stesura di una procura speciale a favore dell’acquirente, rilasciata dal venditore per compiere tutti gli atti di gestione ordinaria e straordinaria inerenti al manufatto fino alla vendita.
E’ seguita la determinazione impugnata. Per quanto attiene a tale provvedimento, il Tribunale rileva che, al di là delle imprecisioni terminologiche su cui tanto si sono soffermate le difese della parte ricorrente, è fuori di dubbio che l’amministrazione abbia (solo) inteso stigmatizzare il venir meno del presupposto fondamentale del rapporto concessorio vale a dire il carattere personale dello stesso che da sempre ne connota una delle principali caratteristiche.
Il regolamento locale del 2006, nella parte quinta, disciplinando il rapporto concessiorio afferma all’art. 53 che “la concessione non è cedibile fra privati”.
Tale norma non è da considerarsi però residuale ed amministrativamente “in bianco” (priva cioè di una conseguenza esplicitata), come sembra intendere la difesa di parte ricorrente, ma contribuisce a specificare quello che a chiare lettere impone l’art. 44 e seguenti.
Come infatti afferma quel capo, siamo:
– dinanzi ad un bene demaniale, rispetto al quale la p.A. non perde mai i suoi poteri regolatori;
– è ipotizzabile solo un “uso” personale e non teso ad un affaristico utilizzo dello stesso;
– dopo la disciplina della revoca e della decadenza, è sancito, quale ripetitiva esplicitazione della incommerciabilità, il divieto di cessione fra privati. (Testualmente: