TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-08-05, n. 202415698
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Pubblicato il 05/08/2024
N. 15698/2024 REG.PROV.COLL.
N. 06808/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6808 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Ministero dell'Interno del 25 marzo 2020, prot. n. K10/-OMISSIS- notificato il 10 giugno 2020, con il quale l’amministrazione ha respinto la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dal ricorrente in data 13 settembre 2015 ai sensi dell'art. 9, c. 1, lett. f), l. n. 91/1992.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di riduzione dell'arretrato del giorno 28 giugno 2024 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto Ministro dell’Interno, 25 marzo 2020, n. K10/-OMISSIS-, notificato in data 10 giugno 2020, la p.a. resistente ha respinto l’istanza di concessione della cittadinanza italiana ex art. 9, c. 1, lett. f), l. 5 febbraio 1992, n. 91 proposta dal sig. -OMISSIS- in data 13 settembre 2015, ritenendo che « non si ravvisa la coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana ».
A sostegno della propria decisione il Ministero ha evidenziato che in sede istruttoria erano emersi una serie di pregiudizi di carattere penale a carico dell’istante e segnatamente una sentenza della Pretura di Varese, irrevocabile il 5 aprile 2000, per i reati di cui agli artt. 341 c.p. e 337 c.p.;una sentenza della Pretura di Busto Arsizio, sez. staccata di Gallarate, irrevocabile il 12 ottobre 1999 per i reati di cui agli art. 651 c.p. e 81 e 337 c.p.;una sentenza del Tribunale di Savona, irrevocabile il 4 giugno 2001, per il reato di cui all’art. 648 c.p.;una sentenza della Corte d’Appello di Milano del 17 giugno 2005 per i reati di cui agli artt. 377 c.p., 635, comma 2, n. 3, c.p. e art. 4, comma 2, l. 18 aprile 1975, n. 110 nonché una sentenza del Tribunale di Vercelli, irrevocabile il 13 giugno 2011, per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
2. Con l’atto introduttivo del giudizio il sig. -OMISSIS- ha lamentato l’illegittimità di tale provvedimento per « violazione ed erronea applicazione di legge: art 1 e 3 l. n. 241/90 e s.m.i.;art. 2 e 3 Cost. [e] art 6 l. n. 91/1992 e s.m.i. [nonché per] eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione e ingiustizia manifesta » sostenendo, in sintesi, che l’amministrazione aveva fondato il proprio diniego solo sulla sussistenza in casellario delle condanne penali, senza valutarne la risalenza nel tempo e la gravità, e senza considerare che il ricorrente aveva proposto istanza di riabilitazione.
3. In data 15 settembre 2020, l’amministrazione resistente si è costituita in giudizio.
4. In data 20 settembre 2020, la stessa amministrazione ha depositato una relazione – corredata da documentazione – al fine di evidenziare l’infondatezza delle doglianze del ricorrente.
5. Con ordinanza cautelare Tar Lazio, I- ter , 1 ottobre 2020, n. 6128, questo Tribunale ha rigettato la domanda di sospensione cautelare formulata nell’atto introduttivo del giudizio.
6. In data 17 agosto 2021, il ricorrente ha versato in atti il provvedimento di riabilitazione adottato in data 3-8 marzo 2021 dal Tribunale di Sorveglianza di Torino nei confronti del ricorrente.
7. Con memoria del 28 maggio 2024, parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
8. All’udienza straordinaria di riduzione dell’arretrato del 28 giugno 2024 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.
9. Il gravame è infondato, per le ragioni di seguito illustrate, tenuto conto delle disposizioni vigenti in materia di concessione della cittadinanza e dei consolidati principi espressi dalla giurisprudenza in materia.
10. È noto, infatti, che ai sensi dell’art. 9, c. 1, lett. f), l. n. 91/1992, la cittadinanza italiana « può » essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Tale espressione comporta che la residenza nel territorio per il periodo minimo previsto dal legislatore è solo un presupposto per proporre la domanda, a cui segue « una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale » (cfr. Consiglio di Stato, III, 23 luglio 2018, n. 4447).
11. È noto, poi, che l’ampia discrezionalità esercitata dalla p.a. nel provvedimento di concessione della cittadinanza « si esplica in un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l’integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta » (Consiglio di Stato, III, 23 luglio 2018, n. 4446) e che l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo « quando quest’ultimo sia detentore di uno status illesae dignitatis morale e civile » (Consiglio di Stato, II, 31 maggio 2021, n. 4151), ovvero quando l’amministrazione « ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità mediante un giudizio prognostico escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o commettere fatti di rilievo penale » (Tar Lazio, I- ter , 11 febbraio 2021, n. 1719).
12. La giurisprudenza amministrativa ha poi chiarito che « il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è fondato su determinazioni che rappresentano un’esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadin i» (Consiglio di Stato, III, 28 maggio 2021, n. 4122) e che « l’interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante […] , atteso che la concessione della cittadinanza – lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi – rappresenta il prodotto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell’attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri » (cfr. Tar Lazio, I- ter , 3 giugno 2021, n. 6541).
13. In considerazione dell’elevata discrezionalità del potere esercitato dalla p.a. in detta materia, la giurisprudenza ha quindi evidenziato che « il sindacato sulla valutazione compiuta dalla stessa, non può che essere di natura estrinseca e formale;non può spingersi, quindi, al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole » (cfr. Tar Lazio, V- bis , 15 marzo 2022, n. 2943).
14. Ciò premesso sulla natura del potere esercitato dalla p.a. e sui limiti del sindacato del giudice amministrativo in materia, il Collegio ritiene che il provvedimento di cui al presente giudizio sia scevro dai vizi lamentati e che l’amministrazione resistente abbia correttamente esercitato la propria sfera di attività discrezionale, evidenziando legittimi motivi di rigetto dell’istanza del ricorrente per la non compiuta integrazione dello stesso nella comunità nazionale desumibile dalla violazione della legge penale vigente nell’ordinamento giuridico italiano.
15. Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, in particolare, la p.a. ha valutato che a carico del ricorrente sussistevano una serie di sentenze di condanna per una pluralità di reati (tra i quali resistenza a pubblico ufficiale, ricettazione, danneggiamento, porto d’armi e guida in stato di ebbrezza) compiuti dallo stesso nel periodo tra il mese ottobre 1997 e il mese di maggio 2009.
16. Le superiori circostanze sono state quindi considerate dal Ministero resistente non nel loro valore isolato, ma nel loro insieme, nell’ambito di un giudizio globale sul comportamento del sig. -OMISSIS- e sono state non irragionevolmente ritenute dalla stessa p.a. indici di una non compiuta integrazione del richiedente nella comunità nazionale.
17. Si tratta di una valutazione condivisibile tenuto conto della natura del potere esercitato dalla p.a. resistente, degli interessi coinvolti e delle conseguenze derivanti dall’attribuzione della cittadinanza.
18. A tal riguardo, deve innanzitutto evidenziarsi che la giurisprudenza di questo Tribunale ha già in altre occasioni avuto modo di affermare che le condotte di cui alle superiori condanne penali costituiscono elementi di sicuro rilievo nell’ambito del giudizio tipico del procedimento di concessione della cittadinanza (v. con riferimento alla guida in stato di ebbrezza, Tar Lazio, V- bis , 17 agosto 2023, n. 13362 e 26 maggio 2024, n. 10636;con riferimento alla resistenza a pubblico ufficiale Tar Lazio, II- quater , 2 febbraio 2015, n. 1833;con riferimento al danneggiamento Tar Lazio, V- bis , 9 febbraio 2024, n. 2581;con riferimento alla ricettazione Tar Lazio, V- bis , 14 marzo 2023, n. 4539 e 4 luglio 2023, n. 11236;con riferimento al porto d’armi Tar Lazio, V- bis , 8 luglio 2022, n. 9409).
19. A ciò deve aggiungersi che non costituisce elemento dirimente ai fini di una valutazione di illegittimità della decisione gravata la circostanza che alcune delle condotte per cui il ricorrente è stato condannato sono state commesse oltre dieci anni prima della proposizione dell’istanza: in disparte in fatte che la condotta del 2009 rientra appieno nel decennio anteriore all’istanza (che costituisce l’ordinario “periodo di osservazione” nel quale devono essere maturati i requisiti per la cittadinanza per residenza), il Collegio ritiene di dover dare continuità al costante orientamento della sezione secondo cui anche fatti antecedenti al decennio di osservazione – specie ove particolarmente significativi (anche in uno con altre circostanze) quali indici della mancata integrazione del richiedente nella comunità – possono essere considerati nell’ambito del giudizio complessivo svolto dalla p.a. resistente (cfr. Tar Lazio, V- bis , 12 aprile 2022, n. 4469).
Non è pertanto irragionevole che, nel caso di specie, la reiterazione di condotte gravemente illecite, compiute in un arco temporale che (pur iniziato in epoca risalente) si estende fino ad alcuni anni prima della proposizione della domanda di cittadinanza, sia stata considerata dalla p.a. quale indice di una non sicura adesione dell’istante ai principi ispiratori del nostro ordinamento giuridico.
20. È poi appena il caso di notare che non può essere considerata significativa – al fine di determinare l’illegittimità dell’atto gravato – la pronuncia di riabilitazione resa dal Tribunale di Sorveglianza di Torino con ordinanza del 3-8 marzo 2021, tenuto conto che, per consolidata giurisprudenza, tale circostanza non assume di per sé carattere dirimente al fine di escludere la ragionevolezza della decisione assunta dalla p.a. resistente in materia di cittadinanza (cfr. Consiglio di Stato, III, 21 ottobre 2019, n. 7122). E ciò in disparte ogni ulteriore considerazione in ordine al fatto che l’ordinanza di riabilitazione è stata emanata in data successiva all’adozione del provvedimento gravato, e che non può postularsi (come pare sostenere parte ricorrente) un dovere del Ministero di posticipare la conclusione del procedimento di concessione della cittadinanza – che avrebbe già dovuto essere concluso nel termine ordinatorio previsto dalla legge – agli esiti del procedimento giurisdizionale di riabilitazione.
21. In ragione di tutto quanto sopra evidenziato, la decisione assunta dall’amministrazione non appare né irragionevole, né immotivata, né manifestamente ingiusta: del resto, va sottolineato che la particolare cautela con cui la p.a. resistente valuta la rilevanza di condotte antigiuridiche poste in essere dai richiedenti, per un verso, è giustificata dall’irrevocabilità del riconoscimento della cittadinanza che presuppone che « nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda » (cfr. ex multis Consiglio di Stato, III, 14 febbraio 2017, n. 657 e Tar Lazio, V- bis , 20 gennaio 2023, n. 1107) e – per altro verso – è compensata dalla facoltà di reiterazione dell’istanza che l’ordinamento riconosce al richiedente (Tar Lazio, V- bis , 13 marzo 2023, n. 4266).
22. Conclusivamente, il provvedimento impugnato non è affetto dai vizi lamentati nell’atto introduttivo del giudizio e, quindi, il gravame proposto avverso lo stesso deve essere respinto.
23. Le spese processuali – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.