TAR Catania, sez. II, sentenza 2009-12-09, n. 200902065

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2009-12-09, n. 200902065
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 200902065
Data del deposito : 9 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05696/1997 REG.RIC.

N. 02065/2009 REG.SEN.

N. 05696/1997 REG.RIC.

N. 01148/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi già riuniti nn. 5696 del 1997 e1148 del 1998, proposti da I A, rappresentato e difeso dagli avv. L T e G C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, via Gorizia, N. 54;

contro

l’ACOSET S.p.A., già Consorzio Acquedotto Etneo, trasformato in Azienda Consorziale Servizi Etnei (A.CO.S.ET), in persona del rappresentante legale p.t., rappresentato e difeso dall'avv. G D L, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Catania, p.zza Trento, 2;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 5696 del 1997:

- della delibera del Consiglio di Amministrazione n. 132 del 15.7.1997 e relativi allegati;

- di tutti gli atti antecedenti, conseguenti e connessi;

e per il riconoscimento

in subordine, dei diritti economici spettanti al ricorrente, derivanti dalla ritardata applicazione dei

CCNL

1970-1973, 1975-1978 e dai CCNL recepiti con DD.PP.RR. nn. 191/79, 810/80, 494/87 e 333 del 1990.

quanto al ricorso n. 1148 del 1998:

- delle delibere del Consiglio di Amministrazione nn. 207 e 208 del 18.11.1997, con relativi allegati;

- di tutti gli atti antecedenti, conseguenti e connessi;

e per il riconoscimento

in subordine, dei diritti economici spettanti al ricorrente, derivanti dalla ritardata applicazione dei

CCNL

1970-1973, 1975-1978 e dai CCNL recepiti con DD.PP.RR. nn. 191/79, 810/80, 494/87 e 333 del 1990.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ACOSET S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visto il ricorso per motivi aggiunti;

Vista la sentenza di questo T.A.R. n. 1126 del 2001;

Vista la decisione del C.G.A. n. 136 del 2005

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/11/2009 il dott. F G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il primo ricorso (n. 5696/97) il ricorrente, dipendente del Consorzio Acquedotto Etneo -a cui è succeduta l’Azienda Consorziale Servizi Etnei (A.CO.S.ET.) e successivamente l’ACOSET S.p.S.-, ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con cui è stata annullata in autotutela la delibera n. 609/1991 ed è stato disposto il recupero delle somme erogate in più per l’errata valutazione dell’anzianità pregressa.

Con successivo ricorso (n. 1148/1998), lo stesso ricorrente ha impugnato gli atti parimenti indicati in epigrafe, con cui è stato effettuato il ricalcolo dell’anzianità pregressa ex art. 41 del D.P.R. n. 347/83 in ventiquattresimi ed è stato determinato l’ammontare dell’indebito.

Conclusivamente, il ricorrente ha chiesto, previa sospensione –rigettata nei due ricorsi-, l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria delle spese.

Ambedue i ricorsi sono stati affidati sostanzialmente alle medesime seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 2113 c.c.;

2) Eccesso di potere per sviamento, errore nei presupposti e difetto di motivazione;

3) Eccesso di potere per errore nel presupposto ed insufficiente motivazione;

4) Violazione dell’art. 227 T.U. Cm.le e Prov.le del 1934 e del principio del divieto di reformatio in peius del trattamento economico;

5) Violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, come recepito in Sicilia con L.r. n. 10/1991;

6) Eccesso di potere per errore nel presupposto;

7) Illegittimità del recupero di somme già prescritte;

8) motivo aggiunto, Violazione dell’art. 2 del D.L.vo n. 29/1993. Eccesso di potere per errore nel presupposto: carenza di potere.

Per resistere alle impugnative di cui sopra si è costituito in giudizio il Consorzio intimato, a cui poi è subentrata la società ACOSET odierna resistente, la quale, eccependone preliminarmente l’inammissibilità, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.

Con sentenza n. 1126/2001, questo Tribunale, riuniti i ricorsi in esame, ha dichiarato gli stessi inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Con decisione n. 136 del 2005 il C.G.A. affermando viceversa la giurisdizione del giudice amministrativo, ha annullato la predetta sentenza, disponendo il rinvio delle cause a questo Decidente per la relativa cognizione di merito.

Alla pubblica udienza del 18 novembre 2009, i ricorsi chiamati congiuntamente, sono stati posti in

decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio ritiene di poter prescindere dal prendere in esame l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi, già riuniti con sentenza n. 1126/2001, sollevata dalla Società resistente, peraltro non priva di fumus, attesa la palese infondatezza nel merito degli stessi.

Prima, però, di passare alla valutazione dei prospettati profili di censura, appare utile riassumere brevemente l’iter fattuale sotteso alle controversie.

Con deliberazione assembleare n. 15 del 18/6/1984, il Consorzio adeguava il trattamento economico-giuridico del personale all’accordo di lavoro di cui al D.P.R. 25/6/1983, n. 347. In applicazione di quest’ultimo, con delibera n. 154 del 22.2.1988, veniva operato il riequilibrio dell’anzianità pregressa, ai sensi del menzionato D.P.R., dividendo il valore della classe e dello scatto di stipendio in dodicesimi.

Con apposita dichiarazione, il ricorrente autorizzava il Consorzio ad operare trattenute sul proprio trattamento economico, fino alla concorrenza della somma percepita a seguito dell’applicazione dell’art. 41 del D.P.R. n. 347/1983, nel caso in cui fosse stata effettuata diversa interpretazione di tale norma.

Successivamente, con deliberazione n. 673 del 29/12/1998, il Consorzio applicava i benefici economici di cui al D.P.R. n. 268 del 1987 e al D.P.R. n. 494 del 1987, adeguando il trattamento economico dell’interessato, con espressa riserva di conguaglio in esito al sopravvenire della sentenza del Consiglio di Stato, circa il modo di determinare il dividendo della classe di stipendio di cui all’art. 41 del D.P.R. n. 347/83.

Con D.L. del 2/3/1989, n. 65, convertito nella L. 20/4/1989, n. 155, il calcolo del riequilibrio dell’anzianità veniva determinato dividendo la classe o lo scatto di stipendio per il coefficiente 24.

Alla stregua di detto intervento legislativo il Consorzio, con deliberazione n. 172 del 27.4.1989, disponeva di ricalcolare l’equilibrio d’anzianità secondo il coefficiente 24 e di provvedere al recupero delle somme in più percepite con successivo atto deliberativo.

Con deliberazione n. 609 del 10/12/1991, il Consorzio stabiliva di compensare quanto versato in più ai dipendenti, per il riequilibrio in oggetto, con quanto dovuto per rivalutazione ed interessi a seguito della ritardata applicazione di tutti gli accordi di lavoro emanati nel tempo.

Veniva, tuttavia, nominato, dall’Assessorato regionale EE.LL., un Commissario ad acta per verificare la legittimità dell’operato del Consorzio.

Il Commissario medesimo, con nota dell’8/11/1996, richiamata una precedente relazione del 7/6/1996, disponeva il recupero delle somme che il Consorzio aveva versato in più.

Pertanto, all’interessato veniva notificata la deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 132 del 15/7/1997, con la quale si annullava in autotutela la deliberazione n. 609 del 10/12/1991 e si procedeva al recupero delle somme erogate in più per valutazione dell’anzianità pregressa in dodicesimi anzichè in ventiquattresimi.

Con successive deliberazioni nn. 207 e 208 del 18.11.1997, il Consiglio di Amministrazione del C.A.E. deliberava nuovamente di rideterminare il trattamento economico spettante al ricorrente con il calcolo dell’anzianità pregressa, ex art. 41 del D.P.R. n. 347/83, in ventiquattresimi e disponeva, a causa di tale sfavorevole rivalutazione dell’anzianità pregressa, al recupero dell’indebito al netto, anzichè al lordo delle ritenute erariali, previdenziali ed assistenziali..

Ciò premesso, con gli otto motivi di censura, dedotti con i due ricorsi in esame, che stante la loro stretta omogeneità si esaminano congiuntamente, si assume che:

a) le somme oggetto di recupero sono state riscosse a seguito di una transazione e di una corretta interpretazione dell’art. 41 citato. Peraltro, non è stata operata alcuna comparazione tra gli interessi contrapposti;

b) il recupero dell’indebito comporta la violazione del principio del divieto della reformatio in peius;

c) il credito vantato dall’Amministrazione è già prescritto, poiché il relativo recupero è stato disposto a distanza di oltre cinque anni dalla corresponsione delle relative somme;

d) la delibera impugnata è immotivata ed il recupero non costituisce atto vincolato;

e) ai fini della compensazione non è stato tenuto conto dei crediti maturati nel corso del rapporto di lavoro;

f) non è stata effettuata alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento;

g) non sono stati corrisposti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sui miglioramenti retributivi corrisposti sulla base dei contratti di lavoro a far data dal 1970 al 1990.

Ebbene, i delineati assunti sono privi di giuridica consistenza.

Ed invero, quanto a quelli riassunti sub a), c), d) ed f) va rilevato che per costante indirizzo giurisprudenziale, che il Collegio condivide, il recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione è atto dovuto, essendo l'interesse pubblico alla loro ripetizione prevalente rispetto alla posizione del percipiente, del quale non rileva, inoltre, la buona fede, che può essere considerata soltanto ai fini delle modalità di esecuzione del recupero, per non incidere con eccessiva onerosità sulle sue esigenze di vita, e che la mancata comunicazione di avvio del procedimento non è, in questo quadro, motivo di illegittimità (ex multis, tra le più recenti, C.S., Sez. VI, 17 giugno 2009 n. 3950, Sez. V, 16 giugno 2009 n. 3881 e 19 settembre 2008 n. 4538;
Sez. IV, 8 giugno 2009 n. 3516 e 31 maggio 2007 n. 2789, T.A.R. Lazio-Roma, Sez. I, 6 novembre 2008 n. 9805;
T.A.R. Veneto-Venezia, Sez., III, 2 aprile 2009 n. 1072;
T.A.R. Umbria-Perugia, 26 aprile 2009 n. 105;
T.A.R. Toscana-Firenze, Sez. I, 8 settembre 2009 n. 1424;
T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, 9 agosto 2009 n. 3970;
T.A.R. Campania-Salerno, Sez. II, 27 settembre 2009 n. 2333) .

Al riguardo, è stato in particolare precisato (C. S, Sez. VI, 24 giugno 2006 n. 4053):

- quanto al provvedimento, che "la natura vincolata del recupero esclude che il relativo atto possa essere afflitto da vizi sintomatici di eccesso di potere, quali il travisamento dei fatti e l'illogicità manifesta, incombendo semmai al ricorrente di specificare con esattezza i fatti in base ai quali il credito non risultasse insorto ovvero fosse diversamente quantificabile rispetto alla misura analiticamente indicata dall'Amministrazione";

- quanto alla omessa comunicazione dell'avvio del procedimento, che, riguardando l'emissione dell'atto, vincolato e non autoritativo, il recupero di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione, "pur costituendo infrazione al generale dovere di trasparenza, non costituisce causa di illegittimità dell'atto stesso, ferma restando la possibilità per l'interessato di contestare errori di conteggio o la sussistenza dell'indebito, nonché di chiedere, nel termine di prescrizione, la restituzione di quanto trattenuto (C.S., Sez.VI, 20 aprile 2004, n. 2203 e 14 ottobre 2004, n. 6654);

- quanto alla buona fede del percipiente, che non è opponibile atteso che la giurisprudenza altrettanto consolidata del Consiglio di Stato ha chiarito che, nel caso di indebita erogazione di denaro a un pubblico dipendente, la stessa buona fede non è di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del diritto di ripetere le relative somme ai sensi dell'art. 2033 c.c., essendo il recupero un atto dovuto e privo di valenza provvedimentale;
pertanto nell'adozione di detti atti di recupero l'Amministrazione non è tenuta a fornire una specifica motivazione, essendo sufficiente che vengano chiarite le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quella determinata somma che, invece, per errore, gli è stata corrisposta";

- quanto al termine, che l’atto di recupero, da parte della P.A., nei confronti dei propri dipendenti, di somme erogate in eccedenza rispetto al dovuto, costituisce ripetizione di indebito oggettivo, come tale sottoposto a prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. e non già a prescrizione quinquennale che riguarda i crediti del personale verso l’Amministrazione (C.S., Sez. IV, 3 aprile 2006 n. 1693;
T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. I, 2 marzo 2009 n. 1419;
T.A.R. Toscana-Firenze, Sez. I, 26 aprile 2005 n. 1874, T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. II, 27 marzo 2002 n. 841).

Per completezza, va poi aggiunto che l’art. 17 del D.. n. 65/1989, convertito nella legge n. 155/1989, proprio per superare ogni incertezza applicativa dell’art. 41 del D.P.R. n. 347/83, con norma di interpretazione autentica, ha precisato che “ai fini del calcolo del riequilibrio dell’anzianità, il valore mensile delle classi e/o degli scatti di stipendio, da quantificare ai sensi dell’art. 41 . . .deve intendersi determinato dividendo il valore della classe e/o dello scatto per coefficiente 24 che rappresenta il numero dei mesi necessari per maturare il diritto alla loro attribuzione”.

In tal senso si è adeguata la giurisprudenza successiva (C.S., Sez. IV, 16 ottobre 2000 n. 5492;
C.G.A., 22 dicembre 1999 n. 652;
T.A.R. Campania-Napoli, Sez. V, 5 dicembre 2008 n. 21017;
T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 11 febbraio 2003 n. 261, T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. II, 16 maggio 2002 n. 1274).

Infine, va rilevato che con la delibera n. 609 del 1991 l’Amministrazione non ha approvato alcun asserito atto di transazione, essendosi limitata a prevedere in via generale , a seguito di proposta delle OO.SS., la compensazione ed il conguaglio di quanto dovuto dai dipendenti in esecuzione della delibera n. 172/89 con quanto loro spettante per svalutazione ed interessi legali su pregresse somme corrisposte in ritardo.

Quanto, poi, all’assunto indicato sub b) va rilevato che il principio invocato dal ricorrente presuppone che il trattamento fruito sia stato legittimamente attribuito, talchè tale principio non può trovare applicazione nel caso di corresponsione illegittima di emolumenti (C.S., Sez. IV, 22 dicembre 1998 n. 1846;
T.A.R. Puglia-Bari, Sez. II, 7 giugno 1999 n. 391).

In ordine, da ultimo, all’assunto di cui sub e) ed g) va evidenziato che l’Amministrazione ha dato atto della inesistenza di somme ancora dovute al ricorrente (Cfr. delib. n. 207/97).

Peraltro, non può non rilevarsi che l’eventuale mancata compensazione di asseriti crediti non delegittima il disposto recupero, dal momento che gli stessi, ove realmente esistenti, ben potevano formare oggetto di autonoma corresponsione a fronte di apposita richiesta.

Comunque, la specifica domanda in tal senso contenuta nei ricorsi in esame non può che essere rigettata, tenuto conto, a tacer d’altro, della sua estrema genericità ed indeterminatezza.

Per quanto suesposto i ricorsi vanno quindi respinti.

Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata in dispositivo.

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