TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-11-20, n. 202317274
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Pubblicato il 20/11/2023
N. 17274/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06560/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 6560 del 2017, proposto da
- L.V.M. s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati F C, Francesco D'Ottavi, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, alla via Antonio Bertoloni n. 35, e domicilio digitale in atti;
contro
- Roma Capitale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio eletto presso l’Avvocatura capitolina in Roma, alla via del Tempio di Giove n. 21, e domicilio digitale in atti;
per il risarcimento
- del danno ingiusto derivante da attività amministrativa illegittima posta in essere da Roma Capitale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4 -bis , cod. proc. amm.;
Relatore, all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 settembre 2023, il Consigliere avv. B N;
Uditi per le parti i difensori presenti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La L.V.M. s.r.l., con atto depositato il 12 luglio 2017, ha istato per il risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, ai sensi dell’art. 30, comma 2, cod. proc. amm., posta in essere dall’Ente civico intimato.
1.1. In fatto, emerge quanto segue:
- la ricorrente ha sottoscritto nel 2003, con la società Franchini, un contratto di affitto di ramo d'azienda avente ad oggetto un laboratorio artigianale (yogurteria-gelateria) e un'attività di vendita di generi alimentari al minuto, all'interno del box numero C156 del centro commerciale “I Granai” in Roma;
- acquisito il possesso del box la L.V.M., in data 10 luglio 2003, ha presentato la denuncia di inizio attività di laboratorio artigianale di “yogurteria- gelateria e vendita di prodotti correlati alla stessa”;
- in data 4 agosto 2003 Roma Capitale ha dichiarato inefficace tale d.i.a.;
- il 15 luglio 2004, il Comune di Roma richiedeva alla L.V.M. di ” presentare con urgenza la comunicazione di subingresso per affitto d'azienda”, mentre, con successiva nota del 2 settembre 2004, ha dato avviso che: «qualora entro il 15/09/04 non presenti allo scrivente ufficio la comunicazione di subingresso per affitto d'azienda del laboratorio di cui trattasi, questa Amministrazione dovrà procedere ad emettere un atto finalizzato alla chiusura dell'esercizio»;
- in data 23 settembre 2004, la L.V.M. ha presentato la comunicazione di subingresso;
- nel frattempo è insorto un articolato contenzioso tra la L.V.M. e la Franchini in merito al contenuto del contratto d'affitto d'azienda stipulato nel 2003.
- in tale contesto, la L.V.M. ha più volte chiesto all'Amministrazione comunale di annullare o revocare in autotutela l'atto di subingresso del 23 settembre 2004, assumendo che, da quanto successivamente emerso, la dante causa (Franchini) non avesse avuto i requisiti necessari per ottenere il primigenio rilascio dell'autorizzazione amministrativa oggetto del subingresso stesso;
- tali istanze sono state respinte dall'Amministrazione con specifici provvedimenti, nei cui confronti la L.V.M. non ha proposto tempestiva impugnazione;
- a seguito di specifica istanza di accesso, la L.V.M. ha appreso della insussistenza di un’autorizzazione in testa alla Franchini per l'attività di laboratorio gelateria-yogurteria di cui è questione;
- con nota del 25 novembre 2010, la L.V.M. ha inteso far constatare all’Ente civico la nullità del richiamato atto di subingresso e, nel silenzio dell'Amministrazione, ha diffidato quest'ultima, con successivo atto dell’11 agosto 2011, a voler dichiarare la nullità e/o inesistenza del subingresso stesso, in quanto relativo ad una autorizzazione inesistente;
- con nota prot. n. 61153 dell’11 ottobre 2011, l'Amministrazione ha disatteso tale richiesta;
- ritenendo illegittima tale determinazione, la L.V.M. ha proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale amministrativo, chiedendone l'annullamento, con ogni conseguenziale statuizione;
- con sentenza n. 2546/2012, il ricorso è stato dichiarato inammissibile;
- il Consiglio di Stato che, con sentenza del 27 gennaio 2014, n. 411, ha accolto l’appello e, e per l'effetto, in riforma della gravata sentenza, ha accolto il ricorso proposto dalla L.V.M. in primo grado nei sensi di cui in motivazione;
- è seguito il ricorso qui in delibazione, col quale si è concluso per la condanna di Roma Capitale «a pagare alla L.V.M. S.r.l. l’importo di € 1.037.231,68, o quella minore o maggiore somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre all’importo di € 3.000.000,00 a titolo di danno all’immagine».
3. Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ha eccepito, in rito, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso, nonché, nel merito, la sua infondatezza.
4. All’udienza smaltimento del 22 settembre 2023 l’affare è transitato in decisione.
5. Il ricorso è irricevibile, alla stregua della motivazione che segue.
5.1. Va qui richiamato in primo luogo il termine decadenziale di centoventi giorni decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza pronunciata nel giudizio di annullamento, ai sensi dell’art. 30, comma 5, cod. proc. amm..
5.1.1. Nel caso di specie, la cennata sentenza del Consiglio di Stato n. 411/2014, pubblicata il 27 gennaio 2014, è stata impugnata dalla società Franchini con ricorso per revocazione ordinaria, ai sensi dell’art. 395, I comma, n. 4, cod. proc. civ. Tale ricorso è stato dichiarato inammissibile con sentenza n. 36/2017, pubblicata il 10 gennaio 2017.
Rispetto a tale data, il presente ricorso, spedito per la notificazione soltanto il 3 luglio 2017, si appalesa pianamente tardivo, ossia ben oltre il termine di centoventi giorni di cui all’art. 30, comma 5, cod. proc. amm..
5.1.2. Non conducente risulta l’argomento della deducente secondo cui, ai fini del relativo computo, dovrebbe tenersi conto del termine semestrale per la proposizione del ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dall’art.403 c.p.c. e dall’art.107 cod. proc. amm..
All’opposto, come condivisibilmente evidenziato dal Giudice d’appello «è pur vero che, ai sensi dell’art. 107, comma 1, c.p.a., “contro la sentenza emessa nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione”, con la conseguenza che, ragionando astrattamente, avverso le sentenze pronunciate, in sede di revocazione, dal Consiglio di Stato e dal C.g.a.r.s. sono teoricamente esperibili l’opposizione di terzo ed il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione;tuttavia è anche vero però che, ai fini della concreta esperibilità del ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, occorre interpretare l’articolo 107, comma 1, c.p.a. in combinato disposto con la preclusione stabilita dall’articolo 9, comma 1, secondo periodo, c.p.a., ove si prevede che il difetto di giurisdizione, nei giudizi di impugnazione, “è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”» (in termini, C.G.A.R.S., 27 luglio 2023, n. 488).
Ora, non risulta la decisione n. 2546/2012 di questo Tribunale stata proposta alcuna questione in punto di giurisdizione ai sensi del predetto 9 cod. proc. amm., con la conseguenza che la successiva sentenza del Consiglio di Stato n. 411/2014 (che ha accolto l’appello senza in alcun modo pronunciarsi con riguardo a questioni in punto di giurisdizione) non sarebbe comunque potuta essere impugnata con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, in quanto tale questione non ha formato oggetto di quel giudizio d’appello.
Tale rimedio impugnatorio, quindi, non sarebbe potuto essere esperito nemmeno con riguardo alla successiva sentenza del Consiglio di Stato n. 36/2017, pronunciata in sede di revocazione, stante il parallelismo tra i mezzi di impugnazione delineato dall’art. 107, comma 1, cod. proc. amm..
L’approdo si raggiunge “ a fortiori ” nelle ipotesi in cui (come appunto nel caso di specie) il giudizio di revocazione si è concluso con una sentenza che, lungi dall’affrontare il merito della controversia, si è limitata alla fase rescindente, dichiarando inammissibile il ricorso, come appunto statuito nella ripetuta decisione n. 36 del 2017.
5.2.1. Consegue a quanto innanzi che la sentenza del Consiglio di Stato n. 36/2017 che ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione, non potendo essere impugnata per le ragioni esposte con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, è passata in giudicato il giorno stesso della sua pubblicazione avvenuta il 10 gennaio 2017, con contestuale passaggio in giudicato, altresì, della sentenza del Consiglio di Stato n. 411/2014 (C.G.A.R.S. n. 488/2023, cit .).
6. In definitiva, il ricorso va dichiarato irricevibile.
7. Sussistono i presupposti, in ragione delle peculiarità e della definizione in rito della controversia, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.