TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-12-20, n. 201801656
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Pubblicato il 20/12/2018
N. 01656/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00300/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA INA
IN NOME DEL POPOLO INO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 300 del 2018, proposto da
R C, rappresentata e difesa dall'avvocato A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Termoli, via Molise, n.19;
contro
Comune di Isole Tremiti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento, previa sospensiva:
1) della Determinazione gestionale del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Isole Tremiti, n. 238 del 2.12.2017, pubblicata sull'albo pretorio on line con inizio pubblicazione 15.12.2017 e fine pubblicazione 30.12.2017, comunicata alla ricorrente a mezzo raccomandata in data 27.12.2017, avente ad oggetto “Art. 16 del Regolamento per l'alienazione dei beni comunali adottato con deliberazione del Consiglio comunale n. 19 del 22.4.2017 dal Commissario straordinario – Esecuzione deliberazione del Consiglio comunale n. 10 del 27.1.2001 “signora Carducci Rosetta Alienazione immobile in isola di San Nicola” – Determina a contrarre – Approvazione schema di contratto”;
2) della Deliberazione del Commissario Straordinario n. 19 del 22.4.2017, avente ad oggetto “Approvazione e modifica del regolamento per l'alienazione dei beni comunali e assegnazione in godimento degli stessi”;
3) di ogni altro atto e/o provvedimento amministrativo presupposto, consequenziale e/o connesso, anche se non conosciuto, con espressa riserva di motivi aggiunti per gli atti non conosciuti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Isole Tremiti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2018 la dott.ssa D Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente proposto la odierna ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, gli atti in epigrafe indicati con cui il Comune ha rideterminato in aumento il prezzo di vendita dell’immobile da ella detenuto, in ossequio alle modifiche al relativo regolamento comunale disposte con deliberazione del Commissario Straordinario (n. 19 del 22.4.2017).
Espone in fatto di aver risalentemente occupato un immobile situato in una delle isole (San Nicola), costituito da un fabbricato di mq. 28,71.
Emerge dalle risultanze processuali che, con deliberazione di C.C. n. 31 del 14.7.1998, l’Amministrazione ha approvato un regolamento finalizzato a favorire la compravendita di immobili comunali, cui ha fatto seguito, per i profili concernenti la stima dei medesimi immobili, la deliberazione di C.C. n. 18 del 19.2.1999.
Con domanda n. 2368 del 20.5.1999 la ricorrente ha formulato istanza di acquisto dell’immobile in questione.
Con nota prot. n. 495 del 3.2.2001 (di comunicazione della delibera di G.C. n.10 del 27.1.2001), il Responsabile del Servizio UTC precisava che “la cessione del diritto di proprietà è condizionata: al pagamento del prezzo di vendita e di 5 annualità di canone”.
Con determina n. 15 del 26.1.2002 (in ossequio alla precedente delibera di G.C. n.10 del 27.1.2001), il responsabile del servizio Urbanistica, determinava il prezzo di vendita, da corrispondersi ai fini dell’alienazione dell’immobile.
Il contratto di compravendita non veniva, tuttavia, mai stipulato, non essendo stato corrisposto (neppure parzialmente) il prezzo di vendita, né l’importo pari a 5 annualità stabilito una tantum.
Nelle more, con deliberazione di C.C. n. 11 del 22.3.2013, si è provveduto ad introdurre nuove modifiche al regolamento riguardante le alienazioni, disponendosi, altresì, una rideterminazione dei prezzi degli immobili con deliberazione di C.C. n. 20 del 21.6.2013.
In ultimo, con deliberazione del Commissario Straordinario n. 19 del 22.4.2017, assunta con i poteri del Consiglio comunale, è stata assunta la decisione di favorire la (postuma) regolazione delle domande istruite ma non definite, e ciò mediante la norma transitoria di cui al novellato art. 16, in cui si è previsto che “ al fine di definire le situazioni di alienazione già disciplinate nel precedente regolamento adottato con delibera del Consiglio Comunale n. 11 del 22.3.2013 e ss.mm.ii, si prevede in deroga alle disposizioni dell'art.14, a favore di coloro per i quali sia già stata adottata dall' organo consiliare apposita delibera di alienazione con conseguente decadenza dal diritto per mancata definizione del procedimento nel termine ivi indicato, la possibilità di richiedere nuovamente l'acquisto del bene entro 15 giorni dalla data di pubblicazione del presente regolamento, a pena di decadenza ”.
A fronte di tali eventi, la ricorrente ha proposto, con lettera datata 10.5.2017, una domanda volta a “che il suo stato di occupatore sia regolarizzato mediante l’acquisto dei fabbricati sopra citati (fabbricati in largo delle Muraglie ed in via Diomede, n.d.e.) ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 dell’atto del Commissario straordinario….n. 19 del 22.4.2017”.
Con l’impugnata determinazione dirigenziale n. 238 del 2.10.2017 è stato rideterminato, in applicazione della riformata disciplina amministrativa, il prezzo di acquisto in €. 74.784,10 (a fronte dei precedenti 14.973,43 chiesti nel 2002), con comminatoria che, in caso di mancata corresponsione entro il termine dei successivi 15 giorni (previsto dalla sopra citata norma transitoria) dalla pubblicazione della medesima determina, l’immobile avrebbe dovuto essere rilasciato.
La ricorrente contesta, questo in estrema sintesi il punto nodale della controversia, la possibilità di incidere nuovamente sul prezzo di vendita già stabilito con determina n. 15 del 26.1.2002 .
A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
1°) violazione dell’art. 16 del regolamento approvato con deliberazione commissariale n. 19/2017;eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta.
La ricorrente ha lamentato che né la deliberazione di G.C. n. 10/2001, né la successiva determinazione dirigenziale n.15/2002, pur avendo attribuito alla ricorrente il diritto di acquistare l’immobile in questione, avrebbero previsto alcun termine entro il quale questa avrebbe dovuto versare al Comune il prezzo stabilito o stipulare il contratto di compravendita.
Perciò, la norma transitoria successivamente approvata – comportante l’obbligo di adempiere alla novellata obbligazione pecuniaria entro un termine perentorio – non potrebbe trovare applicazione al caso di specie.
2°) Violazione dell’art. 5 del regolamento approvato con deliberazione commissariale n. 19/2007;eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta.
La ricorrente ha soggiunto che anche nell’ipotesi in cui fosse, in teoria, applicabile la riformata disciplina amministrativa, il Comune avrebbe dovuto preventivamente effettuare una perizia di stima, come prescritto dall’art. 5 del nuovo regolamento comunale, anche al fine di tener conto dei notevoli lavori di ristrutturazione effettuati dalla ricorrente a sue spese.
In ogni caso, la Determina impugnata ha applicato il prezzo al mq di €. 1.600,00, invece di quello di €. 1.500,00 previsto dalla Deliberazione di C.C. n. 20/2013, sicchè anche sotto tale profilo sarebbe illegittima.
3°) Violazione dell’art. 2948, comma 1, n. 3, del codice civile, della deliberazione di C.C. n. 18/1999;eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, difetto d’istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta;illegittimità derivata della determinazione dirigenziale n. 212/2017 per effetto dell’illegittimità dell’art. 16 del regolamento approvato con deliberazione commissariale n. 19/2017.
In via subordinata la ricorrente ha, inoltre, dedotto che il riformato regolamento avrebbe previsto “ulteriori quindici annualità, antecedenti alle prime, benché ormai pacificamente prescritte”, così derogando alla disciplina civilistica sulla prescrizione quinquennale dei canoni di locazione.
Oltre a ciò, non sarebbe possibile verificare se sia stato rispettato il dovuto abbattimento del canone di locazione (nella misura del 45%, in quanto persona non abbiente) previsto dalle Delibere di C.C. nn. 18/1999 e 11/2013.
4°) Violazione del principio del legittimo affidamento.
Sempre in via subordinata la ricorrente ha evidenziato di aver fatto “in assoluta buona fede affidamento sulla perdurante validità e efficacia della deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 2001 e della determina n.15 del 2002”, mai revocate o annullate, rispetto alle quali, la impugnata determina si porrebbe in aperto contrasto, pur in assenza di un atto di rimozione in autotutela.
Nel costituirsi in giudizio, il Comune di Isole Tremiti ha formulato eccezione di tardività e, nel merito, ha difeso la legittimità dell’operato dei propri Uffici.
Con ordinanza n. 154/2018 la Sezione ha accolto la domanda cautelare sulla base del valutato pregiudizio discendente dall’imminente scadenza del termine prescritto dall’Amministrazione e dalla conseguente intimazione al rilascio dell’immobile.
In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 21.11.2018, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche;a tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
Si può prescindere dall’esaminare la preliminare eccezione di irricevibilità del ricorso, essendo lo stesso infondato nel merito e, pertanto, da respingere, sulla scorta della decisione già assunta dalla Sezione con sentenza n. 1337/2018, con cui è stato respinto analogo ricorso, le cui motivazioni vanno in questa sede ribadite, sia pure nella parziale diversità del caso concreto, colta dal Collegio (atteso che nella pregressa vicenda giudiziaria esaminata con la sentenza n. 1337/2018, il prezzo originariamente stabilito era stato parzialmente corrisposto).
Con il primo motivo, che può essere trattato congiuntamente al quarto (ancorché quest’ultimo sia stato proposto in via subordinata) per affinità tematica, la ricorrente ha sostenuto che l’alienazione dell’immobile controverso sarebbe stata perfezionata in esito all’adozione della deliberazione di G.C. n. 10/2001, compendiata dalla determinazione dirigenziale n.15/2002, ai fini dell’esatta quantificazione del prezzo, la quale avrebbe tenuto conto del reale valore di mercato del bene, creando, in sostanza, una situazione di affidamento che non potrebbe essere messa in discussione per il sol fatto di non aver effettivamente corrisposto il prezzo della compravendita.
Tali assunti non colgono nel segno, come evidenziato nella sentenza n.1337/2018 (che si riporta nelle parti di interesse).
“In premessa, occorre soffermarsi sulla legittimità, o meno, dell’apposizione della condizione sospensiva avente ad oggetto il pagamento del prezzo.
Ad avviso del Collegio, tale condizione è stata, nella specie, apposta quale garanzia di natura reale in favore dell’Amministrazione venditrice, trattandosi, cioè, di un elemento accidentale del contratto preordinato ad ottenere, in forza della disciplina civilistica (art. 1357 del codice civile, secondo cui “chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in pendenza di questa, ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa condizione”), il mantenimento della proprietà del bene venduto, con efficacia erga omnes, in caso di eventuale inadempimento dell’acquirente.
Ciò detto, non può reputarsi inconciliabile la deduzione in condizione del pagamento del prezzo e la qualificazione di tale fatto giuridico alla stregua di un comportamento obbligatorio, tenuto conto che, incidendo la sopra citata condizione sull’efficacia del negozio giuridico, l’obbligo di trasferimento del bene sorgerebbe soltanto a seguito dell’avveramento della condizione in parola.
Del resto, la Corte di Cassazione ha, da tempo, ammesso che l’adempimento può costituire oggetto di condizione sospensiva del contratto (24 giugno 1993, n. 7007), ed altrettanto è ammesso relativamente all’inadempimento quale condizione risolutiva (cfr. Corte di Cassazione, 21 aprile 2010, n. 9504).
La Suprema Corte ha, quindi, statuito che “per quanto la condizione costituisca di regola un elemento accidentale del negozio giuridico, come tale distinto dagli elementi essenziali, tuttavia, in forza del principio di autonomia contrattuale, i contraenti possono prevedere validamente come evento condizionante (in senso sospensivo o risolutivo dell'efficacia) il concreto adempimento (o inadempimento) di una delle obbligazioni principali del contratto” (cfr. 12 ottobre 1993, n. 10074;id. 8 agosto 1990, n. 8051;id., 24 febbraio 1983, n. 1432).” (v. sent. di questa Sezione n. 1337/2018).
Sulla scorta di quanto premesso, i fatti di causa depongono per l’infondatezza della pretesa della ricorrente.
Risulta in atti che a fronte della domanda di alienazione, nella deliberazione di Giunta comunale n. 10/2001 si è stabilito espressamente che “la cessione del diritto di proprietà è condizionata al pagamento del prezzo di vendita oltre “una tantum” delle ultime cinque annualità di canone calcolate”.
“Tale previsione costituisce attuazione del regolamento approvato con deliberazione di C.C. n. 31 del 14 luglio 1998, nel segno della disciplina di cui all’art. 12, comma 2 della legge 127/1997 in tema di sostanziale dismissione di beni pubblici, secondo cui “i Comuni (…) possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme di cui alla legge 24 dicembre 1908, n. 783 e successive modificazioni, ed al regolamento approvato con regio decreto 17 giugno 1909, n. 454 e successive modificazioni, nonché alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i princìpi generali dell'ordinamento giuridico-contabile. A tal fine sono assicurati criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto, da definire con regolamento dell'ente interessato”.
È, pertanto, provato che l’apposizione della condizione – oltre a perseguire un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento giuridico – trovi una pregressa base di diritto positivo nella legislazione speciale sull’alienazione degli immobili pubblici e, di riflesso, nella regolamentazione comunale approvata nel 1998.” (v. sent. di questa Sezione n. 1337/2018).
Non solo.
L’Amministrazione ha computato con chiarezza e precisione l’importo del prezzo che la ricorrente avrebbe dovuto corrispondere. È, però, incontestato tra le parti, ai sensi dell’art. 64, comma 2 del codice del processo amministrativo, che la ricorrente non ha pagato alcuna parte del prezzo della vendita.
“La giurisprudenza, sul punto, è chiara nel ritenere che “la compravendita immobiliare sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento del prezzo (…) può inquadrarsi nella fattispecie della vendita con riserva della proprietà, nella quale il trasferimento di tale diritto opera ex nunc col pagamento dell'ultima rata di prezzo, perché la regola generale della retroattività della condizione, sancita dall'art. 1360 c.c., non opera tutte le volte che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto debbano essere riportati a un momento diverso da quello della conclusione del contratto (Cass. 3 aprile 1980 n. 2167)” (cfr. Corte di Cassazione, sez. II, 8 aprile 1999, n. 3415).
Dunque, il mancato trasferimento del bene è unicamente da ascrivere all’inerzia della ricorrente nel corrispondere un prezzo ormai definito.
Una condotta, soprattutto, inidonea a fondare un legittimo affidamento, non essendo state fornite dal Comune resistente “rassicurazioni precise, incondizionate, concordanti” in ordine al puntuale adempimento della prestazione cui è stata subordinata la cessione del bene (cfr. Corte giustizia UE, 17 settembre 2009, n. 519;Consiglio di Stato, sez. VI, 21 giugno 2011, n. 3719;id., sez. VI, 17 novembre 2015, n. 5253).
Come, poi, si è evidenziato in narrativa, l’Amministrazione ha più volte riformato il regolamento sulle alienazioni immobiliari, anche con riguardo all’attività di stima dei beni in funzione della rideterminazione del loro prezzo (cfr. art. 8 del regolamento approvato con deliberazione di C.C. n. 11 del 22.3.2013;art. 5 del regolamento approvato con deliberazione commissariale n. 19 del 22.4.2017).
In più, avvalendosi dei poteri del Consiglio comunale il Commissario Straordinario ha deciso di introdurre una norma transitoria volta a recuperare in corsa le pregresse procedure di alienazione, così favorendo i soggetti nei cui confronti fosse stata “adottata dall' organo consiliare apposita delibera di alienazione con conseguente decadenza dal diritto per mancata definizione del procedimento nel termine ivi indicato”: una fattispecie che pare perfettamente corrispondere alla situazione della ricorrente.” (cit. sentenza n. 1337/2018)
Quest’ultima ha nuovamente manifestato l’interesse all’acquisto con comunicazione del 10.5.2017, ma a condizioni che – alla luce di quanto più sopra rilevato – non avrebbero potuto comportare la riviviscenza della più risalente disciplina amministrativa.
Nel corso del giudizio la ricorrente ha inteso confutare, con il secondo motivo, l’attendibilità della quantificazione del prezzo effettuata sull’unità immobiliare da sé medesima condotta nell’Isola di San Nicola, ma con argomenti generici e senza, soprattutto, allegare neppure un principio di prova a sostegno della contestazione formulata in punto di tecnico (es. una controperizia estimativa).
Né peraltro, il reclamato prezzo al mq di €.1.500,00, invece che €.1.600,00 trova alcun argomento a sostegno, atteso che la delibera di C.C. n. 20/2013 (in base alla quale viene invocato il miglior trattamento economico) non risulta in atti.
Infine, neppure può trovare accoglimento alcuna contestazione in ordine alla mancata valutazione delle migliorie apportate all’immobile, in quanto le modifiche apportate da ultimo al relativo regolamento comunale non prevedono l’incidenza di tale eventualità sul prezzo di acquisto.
Cosicché neppure tale censura può trovare accoglimento.
Né, infine, miglior sorte può riservarsi al terzo motivo, con cui è stata contestata la previsione di cui al comma 3 dell’art. 16 (norma transitoria), secondo cui “il prezzo del bene da alienare dovrà ricomprendere il valore di mercato del bene, con l'aggiunta, oltre che delle annualità di fitto ovvero occupazione non prescritte e ancora dovute con l'eventuale computo di rivalutazione e interessi, di ulteriori 15 annualità secondo il valore attuale, nel caso in cui le medesime non siano già state corrisposte al comune, ovvero dell'eventuale differenza tra le 15 annualità e quelle, precedenti alle annualità non prescritte, che siano state corrisposte”.
Si tratta di una disposizione che, come chiarito nel già richiamato precedente della Sezione, “il Collegio reputa ispirata dalla necessità di attualizzare il valore dei beni oggetto di possibile alienazione, ma, ancor prima, di improntare anche la gestione del patrimonio pubblico al principio di redditività ormai codificato dalla legislazione (cfr. art. 58 del DL 112/2008, convertito nella legge 133/2008, in tema di “ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali”).” (sent. di questo Tar n. 1337/2018).
Peraltro, anche la censura in ordine al corretto computo dei canoni di locazione (abbattuti del 45%, in considerazione del reddito modesto dell’istante) risulta generica e priva di una specifica contestazione del calcolo effettuato.
In conclusione, il ricorso va respinto.
La novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.