TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-02-05, n. 202400080

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-02-05, n. 202400080
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202400080
Data del deposito : 5 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2024

N. 00080/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00479/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 479 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati G M e G M
con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, ivi domiciliataria ex lege, via A. Testoni, 6;

per l'annullamento

previa sospensiva

- dell’informazione interdittiva antimafia prot -OMISSIS- emessa dalla Prefettura di Rimini in data 27.05.2020 e notificata in data 28.05.2020;

- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, non noto all'odierno ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Rimini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 il dott. P A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1.Con il ricorso in esame -OMISSIS- titolare della ditta individuale “-OMISSIS-” di commercio al dettaglio ha impugnato l’interdittiva antimafia del 27 maggio 2020 emessa a suo carico dal Prefetto di Rimini, ai sensi dell’art. 87 d.lgs. 159/2011, stante il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione dell’impresa.

A motivazione della suindicata misura interdittiva la Prefettura ha indicato la presenza di significativi rapporti di tipo personale oltre che di natura economica tra la ricorrente e -OMISSIS- padre della figlia e convivente, quale soggetto “fortemente strutturato, disinvolto e preordinato alla commissione di una pluralità di reati per il raggiungimento del profilo illecito”

A motivo del gravame ha dedotto motivi così riassumibili:

I)Violazione e falsa applicazione degli artt. 41 Cost., 89 bis e 92 d.lgs. n. 159/2011 - carenza di presupposti applicativi - difetto di istruttoria: il provvedimento gravato sarebbe affetto dal vizio di difetto di istruttoria omettendo il Prefetto la rilevante circostanza dell’avvenuta cessione a terzi della società -OMISSIS- oltre alla stessa cessazione della convivenza della ricorrente con il -OMISSIS-.

II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. e degli artt. 7, 8 e 10 Legge n. 241/1990 - Violazione delle norme sul procedimento - Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento ed erronea valutazione dei fatti - carenza di istruttoria e sviamento - illogicità: non sarebbe stato garantito dall’Amministrazione il contraddittorio procedimentale, il quale avrebbe potuto condurre ad una decisione finale diversa evitando l’emanazione di misura alquanto lesiva per la ricorrente.

III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 21-quinquies Legge n. 241/1990 - Difetto di motivazione - motivazione apparente: l’interdittiva impugnata sarebbe immotivata, non potendosi il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata trarre dal solo legame affettivo tra la ricorrente ed il -OMISSIS-, legame peraltro cessato da tempo.

Si è costituita in giudizio la Prefettura di Rimini eccependo l’infondatezza di tutti i motivi “ex adverso” dedotti sussistendo a suo parere evidenti legami e cointeressenze economiche tra la ricorrente e soggetti malavitosi essendo irrilevante la cessione della società -OMISSIS- avvenuta successivamente all’emanazione dell’interdittiva.

Alla camera di consiglio del 8 settembre 2020 con ordinanza n. -OMISSIS- la domanda incidentale cautelare è stata respinta “atteso che l’impugnata interdittiva appare “prima facie” congruamente motivata da effettive cointeressenze anche economiche con soggetti malavitosi, si che il pregiudizio patrimoniale lamentato dalla ricorrente appare recessivo rispetto alle rappresentate esigenze di prevenzione”.

In prossimità della discussione nel merito le parti hanno depositato memorie e documentazione.

La difesa di parte ricorrente con memoria ha insistito per l’accoglimento del ricorso rappresentando tra l’altro la cessazione dello stato di convivenza con il -OMISSIS-.

La difesa erariale ha di contro depositato diverse fatture emesse nel periodo 2019-2020 nei confronti della ricorrente da due imprese a loro volta attinte da interdittiva antimafia (-OMISSIS- e la -OMISSIS-) insistendo per l’infondatezza della pretesa azionata.

Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2024, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.-E’materia del contendere la legittimità dell’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Rimini ex art. 87 d.lgs. 159/2011 nei confronti dell’odierna ricorrente -OMISSIS- quale titolare della ditta individuale “-OMISSIS-”

Lamenta parte ricorrente oltre a vizi di carattere formale - procedimentale l’insussistenza dei presupposti tipici per l’emanazione della suindicata misura, negando l’esistenza di rapporti economici con soggetti malavitosi e qualsivoglia pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa individuale.

2.- Il ricorso è infondato e va respinto.

3.- Come evidenziato dalla difesa erariale il pericolo del tentativo di infiltrazione mafiosa è stato desunto dalla Prefettura da vari elementi con particolare riferimento all’essere -OMISSIS- -OMISSIS- convivente “more uxorio” e padre della figlia della ricorrente soggetto “fortemente strutturato, disinvolto e preordinato alla commissione di una pluralità di reati per il raggiungimento del profilo illecito”. Sono altresì emerse interessenze economiche tra la ricorrente ed il -OMISSIS-, essendosi i medesimi alternati nel ruolo di legale rappresentante della -OMISSIS- nel periodo 2017-2018 ed entrambi coinvolti nella cessione di ramo d’azienda della società -OMISSIS-, quest’ultima peraltro destinataria di interdittiva antimafia emessa il 26 ottobre 2021 dal Prefetto di Treviso. Vi sono inoltre diverse fatture di vario importo (ciascuna invero di importo non superiore a 2.400,00 euro) emesse dalla suindicata -OMISSIS- s.r.l.s. e dalla -OMISSIS- nei confronti della ditta individuale -OMISSIS-.

4.- Ciò premesso, sul piano procedimentale non ritiene il Collegio di poter condividere le lagnanze di violazione del “giusto procedimento”.

La giurisprudenza quantomeno nel periodo antecedente all’entrata in vigore del D.L. 6 novembre 2021 n. 152 (convertito dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233) si è mostrata compatta nel valorizzare in “subiecta materia” il dato normativo del carattere eventuale del contradditorio sulla base sia delle esigenze di celerità e riservatezza che dello stesso rischio di frustrare la finalità della legislazione antimafia di prevenire il tentativo di infiltrazione mafiosa da parte delle organizzazioni criminali ( ex multis T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 10 giugno 2021, n. 3925;
Consiglio di Stato sez. III, 22 giugno 2020, n. 3959;
Consiglio di Stato sez. III, 31 gennaio 2020, n. 820;
T.A.R. Emilia-Romagna Bologna sez. I, 14 febbraio 2020, n. 140).

Il disposto di cui al nuovo comma 2 bis dell’art. 92 d.lgs. 159/2011 è invece chiaro nell’imporre la tempestiva comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto interessato, salvo ricorrano “particolari esigenze di celerità del procedimento” oppure elementi il cui disvelamento “sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.” nel quadro di una riforma delle misure interdittive caratterizzata dall’ampiezza degli apprezzamenti demandati al Prefetto, dal collegamento funzionale tra contraddittorio e le previste misure di “self cleaning” nonché dell’innovativo istituto della prevenzione collaborativa.

E’ però oltremodo evidente come tale nuova disciplina, di contenuto sicuramente innovativo dell’ordinamento, non sia applicabile “ratione temporis” al provvedimento qui impugnato emanato ben prima dell’entrata in vigore della novella legislativa secondo il noto principio del “tempus regit actum” ( ex plurimis Consiglio di Stato sez. IV, 24 ottobre 2022, n. 9045).

5.- Parimenti prive di pregio sono le doglianze di eccesso di potere per difetto di istruttoria, motivazione e carenza dei presupposti tipici.

6. - Secondo la giurisprudenza, l'interdittiva prefettizia antimafia di cui all’art. 89 bis d.lgs. 159/2011 costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;
trattandosi quindi di una misura a carattere preventivo, prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;
essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
pertanto, si è in presenza di una valutazione che costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati ( ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 11 settembre 2017, n. 4286;
id. sez. III, 22 marzo 2017, n. 1312).

L’istituto della misura interdittiva antimafia si colloca, dunque, al centro di esigenze contrapposte ovvero tra il contrasto in modo efficace della criminalità organizzata ed il rispetto della libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita nonché la stessa dignità ed onorabilità delle persone.

Le esigenze di ordine pubblico compendiate in particolare nel Codice antimafia hanno determinato una forte anticipazione della soglia di difesa sociale, non essendo richiesta a presupposto dell’esercizio del potere interdittivo la prova della concreta infiltrazione mafiosa bastando il solo “tentativo”.

In considerazione, tuttavia, della delicatezza degli interessi in gioco e della tutela del diritto di iniziativa economica (art. 41 Cost.) oltre che di ulteriori valori costituzionali deve essere ricercato un giusto punto di equilibrio tra le esigenze di precauzione e di garanzia dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (T.A.R. Emilia-Romagna Parma 2 dicembre 2015, n. 1060) non essendo sufficienti meri sospetti bensì elementi obiettivi e univoci tali da denotare il rischio concreto di condizionamenti mafiosi nella conduzione dell'impresa.

Si impone dunque, ad avviso del Collegio, una interpretazione costituzionalmente orientata con particolare riferimento agli artt. 2, 3, 27, 41, 97, 111, 113 e 117 c. 1, Cost., specie tenendo presente come la Consulta solo di recente abbia affrontato la questione di costituzionalità seppur in riferimento agli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, censurati per violazione dei soli artt. 3 e 41 Cost. (Corte Cost. sent. 26 marzo 2020, n. 57).

Ne consegue che il Prefetto può ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa da specifici ed obiettivi elementi indiziari, quali ad esempio dichiarazioni di pentiti, frequentazioni elettive, rapporti di parentela con soggetti malavitosi, ove al dato dell’appartenenza familiare si accompagni la frequentazione, la convivenza o la comunanza di interessi con l’individuo sospetto ( ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6380), non risultando invece sufficiente ai fini dell’adozione della misura di prevenzione il mero dato dei rapporti di parentela con esponenti della criminalità organizzata (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 2 dicembre 2015, n. 1060;
T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 7 novembre 2016, n. 2866;
Consiglio di Stato, sez. III, 5 aprile 2016, n. 1328).

7.- In particolare, quanto ai legami familiari, deve però evidenziarsi che la giurisprudenza non ha mancato di rilevare che “specialmente nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una influenza reciproca di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza. Una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli un mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicchè in una famiglia mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del capofamiglia e dell’associazione” (così Consiglio di Stato, sez III 3 maggio 2016, n. 1743;
T.A.R. Emilia - Romagna, Bologna, sez. I, 9 luglio 2020, n. 481).

8. - Tanto premesso, ritiene il Collegio che nel caso di specie il provvedimento impugnato sia immune dalle censure dedotte.

Dagli accertamenti effettuati dall’autorità di pubblica sicurezza emergono oltre rapporti di natura personale significativi tra la ricorrente ed il convivente “more uxorio” quale soggetto malavitoso (circostanza mai contestata dalla ricorrente) anche varie cointeressenze economiche con il -OMISSIS- stesso oltre che, come visto, con società attinte a loro volta da misure interdittive.

Quanto alla asserita cessazione della convivenza non può rilevare il solo certificato di residenza datato 17 novembre 2023 prodotto dalla ricorrente, avendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo ( ex multis Cassazione civile sez. I, 11 luglio 2023, n.19650) senza poi contare che al momento della emanazione del provvedimento impugnato il -OMISSIS- risultava comunque domiciliato presso la residenza della ricorrente.

Tali elementi indiziari a giudizio del Collegio, appaiono idonei a far presumere - secondo l’esaminato criterio del “più probabile che non” - un’influenza di esponenti della criminalità organizzata nei confronti dell’impresa ricorrente, tenendo presente la non necessità di accertamenti in sede penale di carattere definitivo, secondo la ratio di prevenzione tipica dell’interdittiva.

8.1. - D’altronde sul piano della pur discussa compatibilità delle misure interdittive con i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione oltre che dal diritto comunitario ed europeo (artt. 6, 13 e 41 CEDU), è stata di recente la stessa Consulta seppur in riferimento agli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, censurati per violazione degli artt. 3 e 41 Cost. a ritenere infondata la questione di costituzionalità (Corte Costituzionale sent. 26 marzo 2020, n. 57) ritenendo che il pur grave sacrificio alla libertà di iniziativa economica sia giustificato, tra l’altro, dall'estrema pericolosità del fenomeno mafioso e dal rischio di una lesione della concorrenza e della stessa dignità e libertà umana, pur invero sollecitando il legislatore a porre rimedio alla mancata previsione di misure idonee a garantire i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia.

9. - Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso è infondato e va respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite attesa la complessità delle questioni esaminate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi