TAR Roma, sez. 5T, sentenza 2024-09-06, n. 202416153

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5T, sentenza 2024-09-06, n. 202416153
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202416153
Data del deposito : 6 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/09/2024

N. 16153/2024 REG.PROV.COLL.

N. 06298/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6298 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avv. R T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

- della determinazione -OMISSIS-del Dipartimento Valorizzazione Patrimonio e Politiche Abitative - Direzione Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) avente a oggetto “Diniego della assegnazione in regolarizzazione di alloggio di E.R.P. di proprietà di Roma Capitale, sito in -OMISSIS-”;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale;

e per l’accertamento e la contestuale declaratoria

- della favorevole definizione della domanda presentata dal ricorrente ai sensi della L.R. Lazio n. 27/2006.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 la dott.ssa Annalisa Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 30 maggio 2022, depositato il successivo 6 giugno, il sig. -OMISSIS-, nell’esporre di aver presentato, in data 24 settembre 2007, domanda di assegnazione in regolarizzazione dell’immobile indicato in epigrafe ai sensi dell’art. 53 della legge regionale del Lazio n. 27/2006, ha chiesto l’annullamento del provvedimento di rigetto adottato da Roma Capitale, censurandolo per i seguenti motivi:

- “1. Violazione art. 97 Cost. - Violazione della legittima ‘ragionevole’ durata del procedimento. Violazione dei principi costituzionali e comunitari. Violazione del principio del legittimo affidamento. Illegittimità del provvedimento avversato” - il ricorrente critica, in sintesi, l’eccessivo iato temporale esistente tra il momento in cui è stata presentata l’istanza e quello in cui alla stessa è stato dato riscontro;

- “2. Illegittimità e abnormità della motivazione eccesso di potere, violazione di legge, sviamento. Errata rappresentazione del fatto. Errata interpretazione dell’art. 53 comma 3 l.r. Lazio n. 27/2006” - il ricorrente lamenta che, nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione ha indicato una motivazione ( “illegittima cessione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica da parte dell’assegnataria” ) diversa da quella contenuta nel preavviso di rigetto ( “l’occupazione è successiva al termine normativo del 20 novembre 2006” ) e sostiene che la giustificazione data al rigetto sarebbe comunque “contraria alla legge, non afferente alla fattispecie”, con la conseguenza che “l’atto amministrativo [sarebbe] viziato e carente di adeguata motivazione e istruttoria” ;

- “3. Illogicità nella motivazione. Errata interpretazione della legge. Violazione del principio del tempus regit actum. Violazione della corretta istruttoria. Errata rappresentazione. Falsa interpretazione dell’art. 53 comma 5 l.r. Lazio n. 27/2006” - la formulazione del menzionato comma 5 dell’art. 53 non sarebbe applicabile ratione temporis alla fattispecie, poiché entrata in vigore successivamente alla domanda di assegnazione in regolarizzazione presentata dal sig. -OMISSIS-in data 24 settembre 2007; “in subordine” (sempre con il terzo motivo di ricorso) il ricorrente censura l’illegittimità del provvedimento impugnato, adducendo che la cessione dell’alloggio non sarebbe mai avvenuta;

- “4. Errata istruttoria illogicità contraddittorietà dell’atto amministrativo avversato. Mancanza di qualificazione quale soggetto assegnatario in capo alla -OMISSIS-” - secondo il ricorrente, una illegittima cessione dell’alloggio non sarebbe configurabile, essendo la sig.ra-OMISSIS- decaduta dalla relativa assegnazione;

- “5. Illegittimità della motivazione di cui all’art. 53 comma 5 a sostegno del rigetto/diniego della domanda di assegnazione. Carenza assenza di motivazione. Illogicità. Sviamento. Eccesso di potere. Disparità di trattamento con il caso di cui al Consiglio di Stato. Sentenza n. 4422/2014 – applicazione del principio di diritto conforme” - per il ricorrente, l’Amministrazione sarebbe incorsa nella errata interpretazione del comma 5 dell’art. 53, disattendendo la prospettiva interpretativa già accolta dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4422/2014;

- “6. Illegittimità formale e sostanziale dell’atto avversato. Incompetenza del dirigente sottoscrivente. Assenza di attribuzione funzionale dei poteri” - il provvedimento gravato sarebbe illegittimo per incompetenza, in quanto non sarebbe “in alcun modo ricavabile il potere di attribuzione e determinazione del soggetto sottoscrivente” .

2. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, chiedendo il rigetto del ricorso.

3. All’udienza del 9 luglio 2024, in vista della quale le parti hanno presentato memorie, dopo la discussione, la causa è passata in decisione.

4. Il sesto motivo di ricorso (a mezzo del quale, come accennato, si lamenta l’impossibilità di ricavare “il potere di attribuzione e determinazione del soggetto sottoscrivente” ) si esamina in via prioritaria onde escludere la lesione del principio del contraddittorio rispetto al diverso soggetto eventualmente competente, “dato che la regola di condotta giudiziale si formerebbe senza che quest[i] abbia partecipato, prima al procedimento, e poi al processo, in violazione di precise coordinate costituzionali” (Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5).

4.1. La censura non merita accoglimento.

4.2. Al fine di dimostrare l’infondatezza delle argomentazioni di parte ricorrente è sufficiente evidenziare che il provvedimento impugnato è stato adottato dal dirigente della struttura competente e che “sin dalla c.d. ‘seconda legge Bassanini’ – legge n. 127 del 1997 – il Legislatore ha espresso un chiaro indirizzo legislativo verso il superamento di tutte le pregresse previsioni di legge e di regolamento le quali attribuivano agli organi di indirizzo politico compiti e funzioni di carattere amministrativo e gestionale.

Tale linea di indirizzo si è tradotta – nello specifico settore degli enti locali – nell’attuale formulazione dell’articolo 107, comma 2 del Testo unico degli Enti locali, n. 267 del 2000, secondo cui ‘spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108’” (Cons. Stato, sez. VII, 23 dicembre 2022, n. 11293).

La disposizione appena richiamata è certamente applicabile al caso di specie e definisce senza alcun dubbio la competenza dirigenziale all’adozione del provvedimento impugnato, senza che per la relativa attuazione occorra alcun atto, amministrativo, statutario o regolamentare (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2003, n. 7632).

Si consideri, altresì, che anche l’art. 4, co. 2, d.lgs. n. 165/2001 (Testo unico delle disposizioni in materia di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche) detta una previsione di principio, applicabile a tutti i dirigenti, individuandoli quali unici responsabili dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati (cfr. sul punto, in materia analoga, Tar Lazio, V str., 4 aprile 2024, n. 6560).

Il motivo è dunque infondato e va respinto.

5. Esclusa la possibilità di invocare la formazione del silenzio assenso (avuto riguardo all’indirizzo secondo cui “la materia della concessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica non contempla il silenzio assenso come fattispecie provvedimentale”, Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2024, n. 4711;
cfr. ex multis anche Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2024, n. 5325;
Tar Lazio, sez. V ter , 22 luglio 2024, n. 14974;
Tar Lazio, sez. V str., 15 dicembre 2023, n. 19048;
sez. II quater , 24 febbraio 2022, n. 2208;
sez. II quater , 5 maggio 2021, n. 5226;
sez. II, 22 settembre 2020, n. 9682), non è suscettibile di favorevole considerazione neanche il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’intervenuta adozione del provvedimento di rigetto a distanza di svariati anni dalla presentazione dell’istanza.

Invero, “costituisce principio generale del diritto, di cui le previsioni dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 rappresentano ulteriore conferma a livello di normazione primaria, quello per cui i termini del procedimento amministrativo devono essere considerati ordinatori, ove non siano dichiarati espressamente perentori dalla legge” (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2024, n. 3569 e giur. ivi richiamata).

Pertanto, ferma restando - per l’eventualità del ritardo e in presenza dei presupposti di legge - l’esperibilità di rimedi risarcitori e/o indennitari, le disposizioni che stabiliscono il termine di conclusione del procedimento non ricollegano alla sua violazione un effetto di consumazione del potere.

Il ritardo nella conclusione del procedimento di regolarizzazione in questione non può quindi giustificare, di per sé, l’annullamento del provvedimento impugnato.

6. Va, dunque, esaminato il secondo motivo di ricorso, a mezzo del quale si censura il provvedimento gravato per vizio della motivazione.

6.1. A tal fine e considerato che il diniego si fonda sull’asserita illegittima cessione dell’immobile (come si vedrà meglio in seguito), è opportuno procedere a una sintetica ricostruzione dell’inerente disciplina.

6.1.1. Con riferimento alla fattispecie della “cessione” dell’alloggio rilevano in particolare:

- l’art. 15 della legge regionale del Lazio n. 12/1999 (recante “Disciplina delle funzioni amministrative regionali e locali in materia di edilizia residenziale pubblica ), ai sensi del quale “l’assegnatario in locazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica destinato all’assistenza abitativa il quale, al di fuori dei casi previsti dalla legge, cede in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, l’alloggio medesimo, decade dall’assegnazione ed è punito con la sanzione amministrativa […] . Tale soggetto è escluso, altresì, dalle assegnazioni di altri alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa o comunque fruenti di contributo dello Stato o di altri enti pubblici nonché da altre provvidenze disposte dalla Regione e dai comuni a sostegno dell’accesso alle abitazioni in locazione.” (co. 2);
disposizioni, queste ultime, che “si applicano anche a chi fruisce dell’alloggio ceduto ed a chiunque occupi un alloggio di edilizia residenziale pubblica destinato all’assistenza abitativa senza titolo, fermo restando l’obbligo di rilasciarlo entro il termine fissato dal competente ente gestore” (co. 3);

- nonché il comma 5 dell’art. 53 (rubricato “Regolarizzazione delle occupazioni senza titolo da parte di soggetti aventi diritto. Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 12 […] ) l.r. Lazio n. 27/2006, nelle sue varie versioni:

- in quella originaria, vigente dal 31 dicembre 2006 (cfr. art. 74 laddove fissa l’entrata in vigore al giorno successivo a quello della pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione, avvenuta il 30 dicembre 2006), il co. 5 stabiliva che “ Nei casi di comprovata compravendita dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica l’assegnatario decade dal diritto e l’occupante non ha titolo all’acquisto dell’immobile e alla regolarizzazione della posizione amministrativa” ;

- nella formulazione vigente dal 31 luglio 2007 (dopo la sostituzione effettuata dall’art. 6, co. 6, della legge regionale n. 11/2007;
cfr. art. 15 di quest’ultima legge, laddove fissa l’entrata in vigore al giorno successivo a quello della pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione, avvenuta il 30 luglio 2007) disponeva che “Nei casi di illegittima cessione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, l’assegnatario e l’occupante vengono privati del diritto all’assegnazione, all’acquisto e alla regolarizzazione della posizione amministrativa” ;

- a far tempo dal 1° gennaio 2017 (per effetto della sostituzione dell’intero comma 5 a opera dell’art. 3, co. 125, della legge regionale n. 17/2016;
cfr. art. 3, co. 160) prevede che “Nei casi di cessione volontaria, di accertata compravendita, di omessa denuncia di occupazione da parte di terzi dell’alloggio assegnato, di mancata riconsegna dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica all’ente gestore e comunque in tutti i casi di illegittima cessione dell’alloggio, l’assegnatario decade dal diritto e l’occupante non ha titolo all’acquisto dell’immobile e alla regolarizzazione della posizione amministrativa” .

6.1.2. Quanto alla “regolarizzazione” dell’occupazione di un alloggio e.r.p. giusta la l.r. n. 26/2007 rilevano (per quanto oggi d’interesse) i commi 1 e 2 dell’art. 53 (di detta l.r. n. 26/2007), ai sensi dei quali:

- co. 1: “In deroga all’articolo 15 della l.r. 12/1999, nei confronti di coloro che alla data del 20 novembre 2006 occupano senza titolo alloggi di edilizia residenziale pubblica il comune dispone, in presenza delle condizioni richieste per l’assegnazione, la regolarizzazione dell’alloggio” (previsione così modificata dalla l.r. n. 11/2007;
nel testo originario la deroga era riferita, oltre che all’art. 15, anche “all’articolo 11, comma 1, lettera f” ;
la norma riprende l’art. 1, co. 1, l.r. Lazio 4 aprile 2000, n. 18);

- co. 2: “L’assegnazione in regolarizzazione di cui al comma 1 è subordinata: […]” a una serie di condizioni, quali il “protrarsi dell’occupazione senza soluzione di continuità da parte dello stesso nucleo familiare dalla data di occupazione fino al momento dell’assegnazione” , il possesso dei requisiti di cui all’art. 11, lettere da a a f , “ limitatamente alla previsione di non aver ceduto un alloggio già assegnato” , della l.r. n. 12/1999 e la circostanza che l’occupazione “non abbia sottratto il godimento dell’alloggio” al legittimo assegnatario (nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla l.r. n. 11/2007 erano richiamate unicamente le lettere da a a d dell’art. 11).

6.1.3. In merito al rapporto tra le previsioni innanzi riportate, secondo un indirizzo del Giudice d’appello (Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 2014, n. 4422, richiamata dalla parte ricorrente) la disposizione del comma 5 dell’art. 53 “ribadisce quanto già previsto in generale dall’art. 15 l. n. 12/1999 […]. I commi 2 e 3 di quest’ultima, infatti, comminano la decadenza, rispettivamente, all’assegnatario cedente ed al cessionario del godimento di un alloggio popolare” ; tuttavia, “la medesima pari causa turpitudinis non è estensibile ad una norma che intenda sanare per il passato situazioni di illegalità, regolarizzando a titolo oneroso la condicio accipientis, quale quella [art. 53, co. 1, l.r. n. 27/2006] della cui applicazione si discute nel presente giudizio” .

Questa conclusione trova conferma, in particolare, nel comma 1 dello stesso art. 53 della l.r. n. 27/2006, che prevede un’espressa deroga al richiamato articolo 15 della l.r. n. 12/1999 nei confronti di coloro i quali “alla data del 20 novembre 2006 occupano senza titolo alloggi di edilizia residenziale pubblica” : per questi ultimi, appunto, “in deroga […] all’art. 15 della l.r. 12/1999” [oltreché all’articolo 11, comma 1, lett. f della stessa legge, nell’iniziale formulazione della norma] “il comune dispone, in presenza delle condizioni richieste per l’assegnazione, la regolarizzazione dell’alloggio” .

Dal tenore letterale del comma 1 appena riportato si desume cioè come il Legislatore, per la definizione delle domande di sanatoria di cui alla l.r. n. 27/2006, abbia individuato quale discrimen la data del 20 novembre 2006 (cfr. ex multis Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 16 febbraio 2022, n. 1884), così escludendo - ai fini della regolarizzazione - sia la rilevanza di eventuali occupazioni che abbiano avuto inizio successivamente a tale data (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2018, n. 4291) sia la possibilità di applicare la deroga al menzionato art. 15 l.r. n. 12/1999 per le cessioni avvenute dopo la medesima data.

In altri termini, ai soggetti che, pure in possesso alla data del 20 novembre 2006 dei requisiti per la sanatoria, fossero stati eventualmente interessati - successivamente a tale data - da una illegittima cessione, tornerebbe ad applicarsi la disciplina dei commi 2 e 3 dell’art. 15 l.r. n. 12/1999, siccome “integrata” dal comma 5 dell’art. 53 l.r. n. 27/2006 (nella formulazione applicabile ratione temporis ), con la conseguenza che la cessione in questione opererebbe quale elemento ostativo per il cessionario al godimento del bene e alla regolarizzazione della relativa posizione amministrativa.

6.2. Tanto premesso in termini generali, occorre considerare che alla base del diniego di regolarizzazione oggetto del presente giudizio l’Amministrazione resistente ha posto proprio l’asserita illegittima cessione dell’alloggio e.r.p. in questione da parte dell’allora assegnataria all’odierno ricorrente.

6.3. In particolare, dopo aver rilevato nel preavviso di rigetto che “l’occupazione è successiva al termine normativo del 20 novembre 2006 (art. 53, comma 1, L.R. 27/2006), avendo avuto inizio solo il 23/11/2006, data in cui la legittima assegnataria, sig.ra-OMISSIS-, è emigrata” , l’Amministrazione ha giustificato il rigetto facendo esclusivo riferimento all’illegittima cessione. Tuttavia, nelle premesse del provvedimento, nel riepilogare il corso del procedimento, Roma Capitale si è limitata a esporre che l’interessato “ha prodotto documentazione […] con in particolare lo storico anagrafico attestante la propria residenza a partire dal 17/08/2006, verbale di polizia municipale del 17/11/2006 che accertava la presenza del sig. -OMISSIS-nell’alloggio ma non della sig.ra -OMISSIS- e verbale di sentenza, datato 22/11/2011, nella causa penale contro il richiedente, imputato per essersi introdotto arbitrariamente all’interno dell’appartamento (artt. 110, 633 e 639 bis c.p.), conclusasi con l’esito assolutorio ‘perché il fatto non sussiste’” .

L’Amministrazione ha altresì rappresentato che “dalla ricostruzione alla base della sentenza di assoluzione dell’imputato -OMISSIS-nel procedimento penale, tesa a verificare l’arbitrarietà dell’accesso dello stesso, ‘emerge da un lato come nel novembre 2006 l’immobile fosse condotto in locazione, in qualità di legittima assegnataria’, che gli imputati si siano ‘stabiliti sin dall’agosto 2006 con il pieno consenso della legittima assegnataria’ e che quanto dichiarato dal richiedente e quanto descritto nella sentenza configuri la fattispecie descritta nell’art. 53, comma 5, L.R. 27/2006 (Nei casi di illegittima cessione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, l’assegnatario e l’occupante vengono privati del diritto all’assegnazione, all’acquisto e alla regolarizzazione della posizione amministrativa…), essendosi verificata una cessione volontaria dall’assegnataria all’occupante e una mancata riconsegna dell’alloggio all’ente gestore” .

Viceversa, l’Amministrazione non si è premurata di collocare temporalmente l’asserita cessione illegittima.

Invero, dalle affermazioni appena riportate emerge esclusivamente:

- da un lato, che nel novembre 2006, l’immobile veniva condotto in locazione dalla sig.ra -OMISSIS-, sua legittima assegnataria;

- dall’altro lato, che l’odierno ricorrente si era stabilito con il consenso della stessa assegnataria nell’alloggio, sin dall’agosto dello stesso anno.

6.4. La motivazione è dunque inadeguata (come prospettato nel secondo mezzo), perché incompleta;
in particolare, non essendo indicato il momento in cui sarebbe avvenuta l’illegittima “cessione volontaria dall’assegnataria all’occupante” con la “ mancata riconsegna dell’alloggio all’ente gestore” (v. premesse dell’atto impugnato), non è possibile stabilire se operasse o non la deroga all’art. 15 l.r. n. 12/1999 (nel senso che una cessione intervenuta anteriormente alla data limite del 20.11.2006 non osterebbe alla regolarizzazione, a differenza di una cessione successiva a tale data).

Il provvedimento è, dunque, affetto da vizio della motivazione.

7. L’accoglimento della censura in questione consente di assorbire ogni altro motivo di ricorso.

8. Il ricorso va, dunque, accolto e il provvedimento annullato, ferme le successive determinazioni dell’Amministrazione.

9. Peraltro, tenuto conto della peculiarità e della novità della questione, si ritiene di dover disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.

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