TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-23, n. 202301968
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Testo completo
Pubblicato il 23/06/2023
N. 01968/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00122/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 122 del 2021, proposto da
Osservatorio delle Politiche Urbane e Territoriali Ets, E G N, V D, M L P, S S, G C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati C G e M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio C G in Catania, via Trieste 36;
contro
Genio Civile di Catania, in persona dell’Ingegnere Capo pro tempore;
Dipartimento Regionale Tecnico dell’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e delle Mobilità della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Dipartimento Regionale delle Infrastrutture della mobilità e dei Trasporti dell’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e delle Mobilità della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Dipartimento Regionale Urbanistica dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore
Ministero di Giustizia in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore;
Ministero Infrastrutture e Trasporti – Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Sicilia - Calabria, in persona del Provveditore pro tempore;tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliati in via Vecchia Ognina, 149
Comune di Catania, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniela Maria Macri', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
E L A, E S e G F M B, rappresentati e difesi dall'avvocato C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Trieste 36;
per l'annullamento
1) del D.D.G. dell'Assessorato Regionale territorio e ambiente – Dipartimento Ragionale Urbanistica n.189 del 18/11/2020, con cui è stata autorizzata la realizzazione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della L.R. 65/81, così come modificato dall'art. 6 della L.R. n. 15/91, del progetto di “Riqualificazione e ristrutturazione del plesso di Viale Africa da destinare a sede degli Uffici giudiziari della città di Catania” – Ricostruzione nuovi Uffici Giudiziari”, in variante allo strumento urbanistico del Comune di Catania;
2) della Delibera del Consiglio Comunale di Catania n.6 del 17/09/2020, con la quale è stato approvato il “progetto di fattibilità tecnico-economica dei Nuovi Uffici Giudiziari della Città di Catania - ex edificio Poste Ferrovie approvato ai sensi dell'art. 1 L. 1/78 con Delibera Consiglio Comunale n. 48/1979. Rideterminazione ai sensi dell'art. 7 L.R. 65/81, modificato dall'art. 6 L.R. 15/91, in difformità da quanto previsto dal PRG approvato con D.A. 166/A del 28/06/1969”;
3) dell'Atto integrativo alla Convenzione attuativa del Protocollo d'Intesa sottoscritto il 28 giugno 2016, con il quale si sarebbe trasferita la funzione di stazione appaltante dal Provveditorato Interregionale OOPP Sicilia e Calabria al Dipartimento regionale Tecnico, con conseguente assegnazione delle funzioni di Responsabile del Procedimento a un dirigente individuato all'interno dell'Ufficio del Genio Civile di Catania, e conseguentemente di tutti gli atti posti in essere dal Responsabile del Procedimento dell'Ufficio del Genio Civile, viziati per incompetenza dello stesso.;
4) di tutti gli atti posti in essere dal Responsabile del Procedimento dell’Ufficio del Genio Civile, (in quanto ritenuti) viziati per incompetenza dello stesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Catania, dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana , dell’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilita' della Regione Siciliana, del Genio Civile di Catania, del Ministero della Giustizia e del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Sicilia - Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2023 il dott. G G R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Osservatorio delle politiche urbane e territoriali, agendo in persona del rappresentante legale pro tempore Sig. S C, nonché i Sig.ri E G N e V D – agendo entrambi in proprio, oltre che nella qualità di Consiglieri Comunali presso il Comune di Catania -, G C, M L P e S S proponevano un ricorso giurisdizionale per contestare la legittimità dei seguenti atti:
1) D.D.G. dell'Assessorato Regionale territorio e ambiente – Dipartimento Ragionale Urbanistica n.189 del 18/11/2020, con cui è stata autorizzata la realizzazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 della L.R. 65/81, così come modificato dall’art. 6 della L.R. n. 15/91, del progetto di “Riqualificazione e ristrutturazione del plesso di Viale Africa da destinare a sede degli Uffici giudiziari della città di Catania” – Ricostruzione nuovi Uffici Giudiziari”, in variante allo strumento urbanistico del Comune di Catania;
2) Delibera del Consiglio Comunale di Catania n.6 del 17/09/2020, con la quale è stato approvato il “progetto di fattibilità tecnico-economica dei Nuovi Uffici Giudiziari della Città di Catania - ex edificio Poste Ferrovie approvato ai sensi dell’art. 1 L. 1/78 con Delibera Consiglio Comunale n. 48/1979. Rideterminazione ai sensi dell’art. 7 L.R. 65/81, modificato dall’art. 6 L.R. 15/91, in difformità da quanto previsto dal PRG approvato con D.A. 166/A del 28/06/1969”;
3) Atto integrativo alla Convenzione attuativa del Protocollo d'Intesa sottoscritto il 28 giugno 2016, con il quale si sarebbe trasferita la funzione di stazione appaltante dal Provveditorato Interregionale OOPP Sicilia e Calabria al Dipartimento regionale Tecnico, con conseguente assegnazione delle funzioni di Responsabile del Procedimento a un dirigente individuato all'interno dell'Ufficio del Genio Civile di Catania;
4) tutti gli atti posti in essere dal Responsabile del Procedimento dell’Ufficio del Genio Civile, (in quanto ritenuti) viziati per incompetenza dello stesso.
I ricorrenti proponevano in gravame censure che possono così esser sinteticamente rappresentate: a) vizio di incompetenza discendente dalla nullità ex art. 21 septies della L. n. 241/1990 per mancanza di elementi essenziali nell’Atto integrativo alla Convenzione attuativa del Protocollo d'Intesa sottoscritto il 28 giugno 2016;b) vizio di incompetenza discendente dalla violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del D.P.R. n. 878/1950, alla cui stregua, rispettivamente, “ per le grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale, di cui al successivo art. 3, l’amministrazione regionale svolge una attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato ” e “ sono considerate grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale ai sensi dell’art. 14, lettere g) e i) dello statuto le costruzioni di edifici per servizi statali, nonché gli edifici destinati a sedi giudiziarie la cui costruzione sia assunta dallo stato a proprio carico ”;c) vizi di violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 383/1994 e dell’art. 7 della L.R. n. 65/1981 (oltre che di eccesso di potere per difetto e incompletezza di istruttoria) perché sarebbe mancato un progetto di massima o esecutivo compatibile con l'assetto territoriale;d) vizi di violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 383/1994 e dell’art. 7 della L.R. n. 65/1981 (oltre che di eccesso di potere per difetto e incompletezza di istruttoria) perché il progetto di fattibilità tecnico-economica, quale veste che (in tesi) avrebbe dovuto assumere il progetto di massima o esecutivo, non è stato preceduto dalla redazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali;e) vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 18 della L.R. n. 19/2020, della Direttiva Comunitaria 42/2001/CE e dell’art. 20 del D.P.R. n. 207/2010, in quanto il più recente fra gli atti contestati, ove anche avesse costituito (così come in tesi) una variante automatica” al P.R.G. di Catania sottoposta alla disciplina dell’art. 6, comma 12, del TU ambientale, si sarebbe posto in contrasto sia con la Direttiva comunitaria 2001/42 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, sia con la vigente Legge Regionale n.19 del 2020;f) incompatibilità con l’assetto territoriale per il carico urbanistico;g) incompatibilità con l’assetto territoriale per l’impatto ambientale e paesaggistico;h) incompatibilità con l’assetto territoriale in relazione alla mancanza di verde pubblico e alla carenza di parchi urbani.
Si costituivano in giudizio tanto l’intimato Comune di Catania, quanto l’intimato Assessorato Regionale Territorio e Ambiente della Regione Siciliana.
Con atto depositato in segreteria l’11 marzo 2021 intervenivano in giudizio ad adjuvandum i Sig.ri E L A - in proprio e nella qualità di consigliere del Comune di Catania -, G F M B - parimenti in proprio e nella qualità di consigliere del Comune di Catania – ed E S.
La domanda cautelare incidentalmente proposta con il ricorso in epigrafe veniva rigettata con ordinanza n. 621/2021, a causa della ritenuta mancanza di un pregiudizio grave ed irreparabile per le ragioni dei ricorrenti.
Le parti scambiavano fra loro ulteriori scritti defensionali.
In data 22 giugno 2023 si teneva l’udienza pubblica per l’esame del ricorso in epigrafe.
DIRITTO
I – E’ stata innanzitutto eccepita, all’interno della memoria depositata in segreteria il 15/10/2021 dall’Assessorato Regionale intimato, la irricevibilità per tardività del ricorso in epigrafe. Con quell’atto “ si sottolinea che la Delibera del Consiglio Comunale di Catania n. 6, impugnata col ricorso cui si risponde, risulta approvata in data 17 settembre 2020 e che l’Atto integrativo alla Convenzione attuativa del Protocollo d’Intesa è stato sottoscritto in data 28 giugno 2016. Tanto basti a dimostrare la tardività dell’impugnazione ”.
Non è tuttavia la data di adozione del provvedimento impugnato che può far senz’altro decorrere il termine per la sua tempestiva contestazione, che decorre invece soltanto dalla sua avvenuta “ comunicazione, notificazione o piena conoscenza ” ex art. 41, secondo comma, c.p.a. Considerato poi che, per costante giurisprudenza, “ ai fini della declaratoria di irricevibilità del ricorso, la prova della piena conoscenza dell'atto impugnato in un momento precedente grava sulla parte che solleva la relativa eccezione e deve essere valutata in modo rigoroso, non essendo sufficiente la mera verosimiglianza della conoscenza stessa ”( ex plurimis CGA, sentenza 22 marzo 2022, n. 356), è del tutto irrilevante la produzione, quale allegato n. 9 alla precedentemente indicata memoria, di una copia della delibera n. 6 del 17/09/2020 del Consiglio Comunale del Comune di Catania priva del certificato della sua avvenuta pubblicazione sull’albo pretorio. Né è meno perniciosa la confusione fra data di adozione dell’atto e momento della sua piena conoscenza con riguardo l’Atto integrativo alla Convenzione attuativa del Protocollo d’Intesa è stato sottoscritto in data 28 giugno 2016, il quale non beneficia di alcun meccanismo strumentale a garantirne la conoscibilità (così come invece per le delibere adottate dagli organi espressione dell’indirizzo politico-amministrativo degli enti locali ex art. 124 del D. Lgs. n. 267/2000), e che quindi non è strano sia stato conosciuto soltanto successivamente dai ricorrenti, in base al riferimento che ad esso vien fatto all’interno del (parimenti impugnato) D.D.G. dell'Assessorato Regionale territorio e ambiente – Dipartimento Ragionale Urbanistica n.189 del 18/11/2020. In conclusione il Collegio rigetta la eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso in epigrafe nella sua interezza, ritenendo di poter sottoporre al proprio scrutinio – ove differenti motivi scrutinati nel proseguo a ciò non ostino – tutti i provvedimenti impugnati indicati in epigrafe.
II – In secondo luogo, è stato eccepito che “ sia i ricorrenti che gli intervenienti ad adiuvandum risultano, …, del tutto sforniti di legittimazione attiva ed interesse ad agire ”.
Cominciando dalla posizione dell’Osservatorio delle politiche urbane e territoriali, quest’ultimo, a difesa della propria legittimazione processuale e del proprio interesse a ricorrere, ha così argomentato: “ l’Osservatorio delle politiche urbane e territoriali ha promosso il presente ricorso quale Ente del terzo settore (in conformità al Codice del Terzo Settore di cui al d.lgs. 117/2017) e associazione costituita a tutela di interessi diffusi nell’ambito della comunità rappresentata (ex art. 5, lett. w, del citato d.lgs. 117/2017), con uno stabile collegamento con il territorio e con l’area interessata dall'intervento contestato, e statutariamente finalizzata a promuovere “interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente” e a “monitorare le trasformazioni urbane in atto e i progetti per quelle da attuare tenendo conto del quadro d’insieme da un lato e delle conseguenze sulla popolazione, sui beni comuni e sull’assetto della città di Catania” (come da Statuto prodotto in atti)”.
Ma osserva in contrario il Collegio come non ci si possa autoreferenzialmente qualificare come un “ Ente del terzo settore ”: perché al contrario il possesso di quella qualità giuridica può risultare soltanto da atti formali (che nella specie mancano), così com’è agevole desumere dall’art. 4 D. Lgs. n. 117/2017, alla cui stregua “ sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le societa' di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle societa' costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o piu' attivita' di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualita' o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore ”.
Per quanto riguarda la “copertura” assicurata dalle norme statutarie invocate dall’Osservatorio all’azione giudiziaria esperita, il Collegio non ritiene invece vi siano dubbi circa il rientrare del presente giudizio all’interno del cono d’ombra di quelle.
Proprio però perché l’Osservatorio non può essere considerato un Ente del terzo settore (quantomeno in atto), è con particolare rigore che deve valutarsi – ai fini della legittimazione processuale e dell’interesse a ricorrere - il sussistere di un suo stabile collegamento con il territorio. A questo riguardo non può sottacersi la grande vicinanza temporale fra l’atto di costituzione dell’Osservatorio, avvenuta il 14/09/2020,e la data di adozione dei provvedimenti impugnati – nell’ordine avvenuta il 17/09/2020 per la delibera n. 6 del Consiglio Comunale di Catania, ed il 18/11/2020 per il D.D.G. dell'Assessorato Regionale territorio e ambiente – Dipartimento Ragionale Urbanistica n.189 -, quale circostanza che potrebbe far pensare come meramente strumentale all’azione giudiziaria esperita contro quei provvedimenti con ricorso notificato il 14/01/2021 la creazione del soggetto giuridico “Osservatorio delle politiche urbane e territoriali”. Tuttavia non vi sono elementi in punto di fatto tanto pregnanti da autorizzare a discostarsi dalla seguente conclusione cui è autorevolmente giunto il Consiglio di Stato, Sez. III, nella sentenza 10 dicembre 2020, n. 7850: “ né può attribuirsi rilevanza decisiva in senso negativo alla circostanza che l’associazione sia stata costituita […] solo qualche mese prima della proposizione del ricorso e che inizialmente siano solo sette i soci che ne fanno parte. Se l’elemento temporale fosse dirimente si impedirebbe in modo irragionevolmente discriminatorio a formazioni sociali di nuova costituzione, per il cui riconoscimento giuridico ai sensi di legge, tra l’altro, non è richiesto un numero minimo di componenti o di soci costituenti, di accedere agli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione per la tutela di situazioni giuridiche protette, in violazione dei principi espressi dagli artt. 2, 3 e 39 Cost. Ed ancora, attribuire all’elemento temporale – la più o meno recente costituzione – tale funzione di discrimine, introdurrebbe un indebito elemento discrezionale se non arbitrario la cui delimitazione – in mesi? in giorni? in anni? – o valutazione non è, del resto, in alcun modo dalla legge considerata né, quindi, attribuita a qualsivoglia organismo ”.
Quanto alla posizione processuali persone fisiche/consiglieri Comunali, il Collegio, come da prevalente giurisprudenza, ritiene che “ in linea di principio, il Consigliere comunale (al pari del Sindaco e degli Assessori), come tale, non è legittimato ad agire contro l'Amministrazione di appartenenza, in quanto il processo amministrativo è finalizzato alla risoluzione di controversie intersoggettive e non è, di regola, aperto anche a quelle tra organi o componenti di organi dello stesso ente;deve, però, riconoscersi la legittimazione attiva all’organo (Sindaco, Consiglio, Giunta) o a singoli componenti dello stesso (Sindaco, Consiglieri, Assessori), allorquando vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul munus e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica interferenti come tali sul corretto esercizio del mandato ” ( ex plurimis , TAR Sicilia – Palermo, Sez. I, sentenza 29 gennaio 2013 n. 204).
Il ricorso in epigrafe deve pertanto essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione processuale attiva nei confronti dai Sig.ri E G N e V D, tanto nella loro qualità di componenti del Consiglio Comunale di Catania per le ragioni dianzi considerate (ed essendo del tutto irrilevante che essi figurassero fra i Consiglieri oppostisi all’impugnata delibera di C.C. n. 6 del 17/09/2020, così come rappresentato all’interno di atti defensionali), quanto come persone fisiche per l’assenza di una vicinitas legittimante (dimorando essi in Catania, ma uno dei due in Via Umberto, e l’altro in via Elenorà d’Angio: in entrambi i casi, quindi, non in prossimità dal luogo dove l’intervento contestato avrebbe dovuto essere realizzato).
Quanto poi ai rimanenti ricorrenti Onorevoli G C, M L P e S S, la considerazione secondo cui essi “ agiscono tanto quali residenti a Catania e potenziali utenti dell’opera, quanto quali rappresentanti dei cittadini eletti presso l’Assemblea Regionale Siciliana e presso la Camera dei Deputati” è del tutto irrilevante dal punto giuridico: perché la posseduta qualità di onorevoli consente loro soltanto di difendere politicamente gli interessi dei cittadini catanesi nell’ambito delle Assemblee elettive di rispettiva appartenenza, ma non conferisce agli stessi alcuna particolare “patente” per assumere iniziative a (soltanto asserito) beneficio di quelli;mentre per l’azione esperita dagli stessi quali persone fisiche difetta palesemente il requisito legittimante della vicinitas , risiedendo tutti e tre in luoghi distanti (via P. Mascagni, Via Museo Biscari e Via Messina in Catania) dal sito di realizzazione dei nuovi uffici giudiziari contestato.
Per quanto attiene all’intervento ad adjuvandum dei Sig.ri E L A, G F M B ed E S, esso va ritenuto integralmente inammissibile: con esclusivo riguardo al requisito della vicinitas con riferimento all’ultimo fra i tre – egli residente addirittura a Scordia (CT);ovvero in un paese assai distante dal capoluogo di Provincia –;e per i primi due, che hanno proposto l’atto di intervento (anche) nella loro qualità di Consiglieri Comunali del Comune di Catania, sia per la estraneità dell’azione esperita a ragioni di legittima tutela del proprio munus come da precedenti considerazioni, sia per la residenza in luoghi essai distanti dal sito di localizzazione dei nuovi uffici giudiziari contestato (in particolare ambedue all’esterno della Città di Catania, nei Comuni di Trecastagni e San Pietro Clarenza).
III – Con i primi due motivi di ricorso sono stati prospettati dei vizi di incompetenza, i quali originerebbero: 1) dalla (ritenuta) nullità dall’atto integrativo alla convenzione del 20 dicembre 2016, con cui la funzione di stazione appaltante è stata sottratta al Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria, in favore del Dipartimento Regionale Tecnico (e, a cascata, dello stesso Genio Civile di Catania);2) dalla violazione dell’art. 1 del D.P.R. 30 luglio 1950 n. 878 e s.m.i, il quale stabilisce che “ per le grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale, di cui al successivo art. 3, l’amministrazione regionale svolge una attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato ”, e dell’art. 3 di quello stesso D.P.R., il quale prevede che “ sono considerate grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale ai sensi dell’art. 14, lettere g) e i) dello statuto le costruzioni di edifici per servizi statali, nonché gli edifici destinati a sedi giudiziarie la cui costruzione sia assunta dallo stato a proprio carico ”.
Quanto alla criticità sub 1), essa discenderebbe (in tesi) dalla sottoscrizione dall’atto integrativo alla convenzione del 20 dicembre 2016 soltanto ad opera del Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria, e non anche da parte di tutti gli altri soggetti partecipi della originaria convenzione. Il punto, però, è che la convenzione del 20 dicembre 2016 non può considerarsi un accordo fra Amministrazioni Pubbliche ex art. art. 15 L. n. 15/1990 – che non a caso non è infatti mai stato richiamato all’interno di quella convenzione … -, ma costituisce una piana applicazione della normativa vigente quanto all’attribuzione, in base al suo articolo 2, delle funzioni di stazione appaltante al Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria. In particolare in base agli art. 1 e 3 del D.P.R. 30 luglio 1950 n. 878 e s.m.i. - i quali rispettivamente stabiliscono che “ per le grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale, di cui al successivo art. 3, l’amministrazione regionale svolge una attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato ” e “ sono considerate grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale ai sensi dell’art. 14, lettere g) e i) dello statuto le costruzioni di edifici per servizi statali, nonché gli edifici destinati a sedi giudiziarie la cui costruzione sia assunta dallo stato a proprio carico ” - la previsione dell’art. 2 della convenzione del 20 dicembre 2016 non può considerarsi in alcun modo essa stessa fonte attributiva di poteri al Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria. Si tratta allora di capire, piuttosto, se il trasferimento delle funzioni di stazione appaltante dal Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria al Dipartimento Regionale Tecnico incardinato presso l’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Siciliana esigesse espressamente un atto modificativo della convenzione del 20 dicembre 2016 siglato da tutti i soggetti firmatari di quella, o non fosse invece compatibile con una delega di funzioni disposta unilateralmente dal primo. Ma la risposta riposa già interamente nell’art. 1 del D.P.R. n. 878/1950, alla cui stregua “ per le grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale, di cui al successivo art. 3, l’amministrazione regionale svolge una attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato ”. Posto infatti che è indubbia la natura di organo dello Stato/soggetto del Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria, è evidente che la norma prima richiamata – in perfetta conformità al testo del secondo comma dell’art. 118 Cost. vigente al tempo della sua adozione, secondo il quale “l o Stato può con legge delegare alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative ” – ha precostituito la facoltà per una delega amministrativa dal Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria al Dipartimento Regionale Tecnico, quale organo del” l’amministrazione regionale ” incardinato presso l’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Siciliana , delle funzioni di stazione appaltante in relazione all’intervento di “ Riqualificazione del plesso di Viale Africa da destinare a sede degli uffici giudiziari di Catania ”: funzioni che si risolveranno nello svolgimento di una “ attività Amministrativa ” pur sempre “ secondo le direttive del Governo dello Stato ”, in base ai poteri di direttiva, di vigilanza e di controllo del delegante (qui il Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria) sull’attività del delegato (qui il Dipartimento Tecnico Regionale) che sono sempre impliciti in ogni ipotesi di delega amministrativa (specie se intersoggettiva, piuttosto che interorganica). L’atto integrativo alla convenzione del 20 dicembre 2016, quindi, in modo del tutto legittimo poteva venire adottato ad esclusiva firma del responsabile del Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria Provveditorato Interregionale OO.PP. Sicilia-Calabria;e non v’è nulla che ne determini la nullità a norma dell’art. 21septies della L. n. 241/1990 per carenza degli elementi strutturali essenziali. Per le stesse ragioni, non vi è stata alcuna violazione degli artt. 1 e 3 del D.P.R. n. 878/1950 che ridondi in un vizio di incompetenza imputabile all’acquisto della qualità di stazione appaltante da parte del Dipartimento Regionale Tecnico quale organo incardinato presso l’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Siciliana. Con ritenuta infondatezza, pertanto, anche del secondo motivo di ricorso.
IV – Con un altro omologo gruppo di censure, sono stati prospettati una pluralità di vizi procedimentali
IV.1 – In primo luogo, secondo l’Osservatorio ricorrente sarebbe stato violato il disposto del primo comma dell’art. 7 della L.R. n. 65/1981 – alla cui stregua “ qualora per rilevante interesse pubblico sia necessario eseguire opere di interesse statale o regionale da parte degli enti istituzionalmente competenti in difformità delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, i progetti di massima o esecutivi, ove compatibili con l' assetto territoriale, possono essere autorizzati dall' Assessore regionale per il territorio e l' ambiente, sentiti i comuni interessati” -, perché la documentazione sulla base della quale è stata avviata la procedura, e trasmessa ai rispettivi organi di competenza per esprimere parere, non assurge alla natura di progetto di massima e/o esecutivo.
Osserva in contrario il Collegio che espressamente l’art. 9 della convenzione del 20 dicembre 2016, mai modificata dal successivo atto integrativo alla stessa, rinvia alle disposizioni del D. Lgs. n. 50/2016 esclusivamente “ per la progettazione ed esecuzione dei lavori ”.
La iniziativa assunta in base all’art. 7 della L.R. n. 65/1981, però, si muove ancora nell’ambito della compatibilità urbanistica del realizzando intervento, piuttosto che della “ progettazione ”, o della “ esecuzione ” di quello avente ad oggetto la “Riqualificazione del plesso di Viale Africa da destinare a sede degli uffici giudiziari di Catania”.
Da ciò discende che è del tutto inconferente, così come fa invece il ricorrente Osservatorio, fare menzione dell'art. 23 D.Lgs 50/2016 - il quale prevede che la progettazione in materia di lavori pubblici si articola secondo tre livelli: progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo - per giungere ad affermare che “ il progetto di massima non possa che essere il primo livello di progettazione, cioè il progetto di fattibilità tecnico-economica ” (all’interno del qual ultimo, così come dalla norma richiamata in precedenza, “ il progettista sviluppa, nel rispetto del quadro esigenziale, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti di cui al comma 1, nonché gli elaborati grafici per l'individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare e le relative stime economiche, secondo le modalità previste nel regolamento di cui al comma 3...).
Per le stesse ragioni non può essere positivamente apprezzato (neppure) il quarto motivo di ricorso, con il quale l’Osservatorio ricorrente lamenta la violazione del comma 5 dell’art. 23 del codice dei contratti pubblici - alla cui stregua “ per i lavori pubblici di importo pari o superiore alla soglia di cui all'articolo 35 anche ai fini della programmazione di cui all'articolo 21, comma 3 nonché per l'espletamento delle procedure di dibattito pubblico di cui all'articolo 22 e per i concorsi di progettazione e di idee di cui all'articolo 152, il progetto di fattibilità è preceduto dal documento di fattibilità delle alternative progettuali di cui all' articolo 3, comma 1, lettera ggggg-quater nel rispetto dei contenuti di cui al regolamento previsto dal comma 3 del presente articolo ” – in quanto nessun documento di fattibilità delle alternative progettuali è stato mai redatto.
IV.2 – Le censure di cui al quinto motivo di ricorso sono state proposte per l’ipotesi in cui la documentazione a base della richiesta della autorizzazione di cui al primo comma dell’art. 7 della L.R. n. 65/1981 fosse stata comunque ritenuta tale da poter costituire un valido progetto di massima: senza che ciò (almeno in tesi) avesse tuttavia potuto sottrarre il D.D.G. dell'Assessorato Regionale territorio e ambiente – Dipartimento Ragionale Urbanistica n.189 del 18/11/2020 alla illegittimità per vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 18 della L.R. n. 19/2020, della Direttiva Comunitaria 42/2001/CE e dell’art. 20 del D.P.R. n. 207/2010.
Dal D.D.G. n. 189 del 2020 si evince che il RUP ha fatto rientrare la variante al P.R.G. tra le ipotesi eccezionali di “varianti automatiche” disciplinate dall’art. 6, comma 12, del Testo Unico in materia ambientale (D.Lgs. 152/2006), così come modificato dall'art. 50, comma 1, legge n. 120 del 2020, il quale stabilisce che “ per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale, urbanistica o della destinazione dei suoli conseguenti all’approvazione dei piani di cui al comma 3-ter, nonché a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere ”. Ma è proprio la prevista salvezza “ della disciplina in materia di VIA ” che nuoce alla tesa attorea. Infatti a norma del primo comma dell’art. 5 della Direttiva Comunitaria 42/2001/CE “nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma. L'allegato I riporta le informazioni da fornire a tale scopo ”. A sua volta, in base all’allegato I alla predetta direttiva, le informazioni da fornire sono rappresentate da:
a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;
b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma;
c) caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;
d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;
e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;
f) possibili effetti significativi [1] sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori;
g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma;
h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o mancanza di know-how) nella raccolta delle informazioni richieste;
i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio di cui all'articolo 10;
j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.
Secondo l’Osservatorio ricorrente l’applicazione dell’art. 6, comma 12, del D.Lgs. 152/2006 avrebbe però determinato la violazione sia della Direttiva comunitaria 2001/42, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, che della vigente Legge Regionale n.19 del 2020.
Rispetto alle informazioni richieste dalla Direttiva menzionata in precedenza è senz’altro congruente la disciplina nazionale in materia di VAS, quale “ processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio ” ex art. 5, primo comma, lettera a) del D. Lgs. n. 152/2006, e che pone al centro della relativa disamina un rapporto ambientale, al cui interno, a norma dell’art. 13 del D. Lgs. n. 152/2006, “ debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonche' le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso. L'allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto ambientale da' atto della consultazione di cui al comma 1 ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti gia' effettuati ed informazioni ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative ”.
Per quanto invece riguarda la procedura di VIA, al suo centro si pone, piuttosto che un rapporto ambientale, uno studio di impatto ambientale, il quale contiene, a norma del terzo comma dell’art. 22 del D. Lgs. n. 22, almeno le seguenti informazioni:
“a) una descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti;
b) una descrizione dei probabili effetti significativi del progetto sull'ambiente, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione;
c) una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili impatti ambientali significativi e negativi;
d) una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali;
e) il progetto di monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio del progetto, che include le responsabilità e le risorse necessarie per la realizzazione e la gestione del monitoraggio;
f) qualsiasi informazione supplementare di cui all'allegato VII relativa alle caratteristiche peculiari di un progetto specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio”.
Per comprendere se il “salto”, in via normativa, della VAS per l’approvazione in variante di strumenti urbanistici in relazione all’intervento di “Riqualificazione del plesso di Viale Africa da destinare a sede degli uffici giudiziari di Catania” sia avvenuto nel rispetto della Direttiva UE n. 42/2001, occorre allora porre a raffronto il contenuto dell’Allegato I alla stessa con quello dell’Allegato VII al D. Lgs. n. 152/2006.
Ora, in base all’Allegato VII al D. Lgs. n. 152/2006, la studio di impatto ambientale previsto per la VIA deve contenere:
“ a) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;
b) una descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione, per esempio, della natura e delle quantità dei materiali impiegati;
c) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione, ecc.) risultanti dall’attività del progetto proposto;
d) la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l’utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili.