TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-11-09, n. 201512583
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N. 12583/2015 REG.PROV.COLL.
N. 15331/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 15331 del 2014, proposto da:
Società Agricola Pecollo Isidoro srl, rappresentato e difeso dagli avv. G C, V D G, A L, con domicilio eletto presso Studio Legale Macchi Di Cellere Gangemi in Roma, Via Cuboni, 12;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Autorita' dell' Energia Elettrica Per il Gas ed il Sistema Idrico, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;Governo della Repubblica, Gestore dei Servizi Energetici;
per l'annullamento, previa sospensione
- delle “Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 116/2014”;
- del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014 con cui sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi;
per l’accertamento:
- del diritto delle ricorrenti di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell’incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall’art. 26 comma 3° d.l. n. 91/2014 conv. in L. 116/2014;
previa rimessione
alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, lett. a), b) e c), del D.L. 91/2014 conv. in legge 11 agosto 2014 n. 116 per violazione degli artt. 3, 41, 42 e 97 della Costituzione e del principio del legittimo affidamento, nonché per violazione degli artt. 10 e 117, comma 1 della Costituzione, in relazione all’art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU, per violazione degli artt. 10 e 117 co. 1 Cost. con riferimento agli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta europea dell’energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994 e ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997 n. 415 e in relazione ai contenuti della Direttiva 2009/28/CE, recepita nel nostro ordinamento con il Dlgs n. 28 del 2011, alla violazione del diritto comunitario e in relazione alla Direttiva 2000/35/CE e alla Direttiva 2011/7/UE;
oppure, previa disapplicazione
dell’art. 26, comma 3, lett. a), b) e c) del d.l. 91/2014 per violazione del diritto comunitario, segnatamente del Protocollo n. 1 alla CEDU, (Protezione della proprietà), del Trattato sulla Carta europea dell’energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994 e ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415, della Direttiva 2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario di tutela dell’affidamento, della certezza del diritto, della parità di trattamento,
oppure, in alternativa,
previa remissione
alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’interpretazione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE (ex art. 234 TCE), della conformità dell’art. 26, comma 3 lett. a), b) e c) , della suddetta Legge 11 agosto 2014 n. 116 di conversione, con modificazioni del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 ai principi di diritto comunitario e alle norme della Direttiva 2009/28/CE;
nonché per il risarcimento dei danni derivanti dalla applicazione della riduzione dell’incentivo riconosciuto da determinarsi in corso di causa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Autorita' dell' Energia Elettrica Per il Gas ed il Sistema Idrico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 la dott.ssa M G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 12.11.2014 e depositato il 05.12.2014 la ricorrente ha impugnato il decreto del 17 ottobre 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico e le “Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 116/2014”, chiedendone l’annullamento e l’accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell’incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall’art. 26 comma 3° lettere a), b) e c) d.l. n. 91/2014, previa remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 della suddetta legge 11 agosto 2914 n. 116 di conversione con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91, per violazione degli artt. 3, 10, 41, 42, 97 e 117 della Costituzione.
In alternativa chiede la disapplicazione dell’art. 26, comma 3, della legge 11 agosto 2014 n. 116, o ancora, la remissione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’interpretazione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE (ex art. 234 TCE), della conformità dell’art. 26 della suddetta Legge 11 agosto 2014 n. 116 di conversione, con modificazioni del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 ai principi di diritto comunitario e alle norme della Direttiva 2009/28/CE.
Si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l’Autorita' dell' Energia Elettrica Per il Gas ed il Sistema Idrico il 24.12.2014, depositando memoria il 05.01.2015 e il 11.05.2015.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva il 27.04.2015.
All’udienza pubblica del 25 giugno 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Le domande di accertamento e di annullamento, contenute in ricorso, sono state presentate in riferimento alla disciplina introdotta dall’art. 26, co. 3, d. l. n. 91/2014, convertito dalla legge n. 116 dell’11 agosto 2014, secondo cui “a decorrere dal 1º gennaio 2015, la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata, a scelta dell’operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014:
a) la tariffa è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall’entrata in esercizio degli impianti, ed è conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all’allegato 2 al presente decreto;
b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all’attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1º ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all’opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all’anno per il periodo 2015-2019, rispetto all’erogazione prevista con le tariffe vigenti;
c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è ridotta di una quota percentuale dell’incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantità:
1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW;
2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW;
3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW.
In assenza di comunicazione da parte dell’operatore il GSE applica l’opzione di cui alla lettera c)”.
Le domande sono finalizzate all’accertamento del diritto della ricorrente a conservare le condizioni contrattuali stabilite nella Convenzione stipulata con il GSE, senza dovere esercitare alcuna delle opzioni previste, né vedersi applicare l’opzione sub c).
2. Così delineato l’oggetto del ricorso, il Tribunale ritiene che esso appartenga alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, lettera o) del codice del processo amministrativo, ove si legge che “le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione concernenti la produzione di energia, ivi comprese quelle inerenti l'energia da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche e quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti”, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Posto che, per pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 7, comma 2, c.p.a., deve intendersi anche il soggetto ad essa equiparato o comunque tenuto al rispetto dei principi del procedimento amministrativo, come, nella specie, il GSE, in forza delle attribuzioni, in materia di impianti di produzione di energia rinnovabile, conferite ai sensi del d.lgs. 28/2011 e dei decreti ministeriali di attuazione, la controversia rientra nell’ambito di giurisdizione esclusiva attribuito a questo giudice.
Ne consegue la riconducibilità alla previsione dell’art. 133 lettera o) d. lgs. n. 104/2010 delle domande caducatorie che hanno ad oggetto atti emanati dal Ministero dello sviluppo economico e dal G.S.E., in attuazione della disciplina prevista dall’art. 26 comma 3° d. l. n. 91/2014, concernente la rimodulazione degli incentivi finalizzati alla produzione di energia fotovoltaica.
Il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, infatti, individua le modalità di rimodulazione dell’incentivo nell’ipotesi in cui l’impianto acceda all’opzione di cui alla lettera b) dell’art. 26 comma 3° d.l. n. 91/2014 e le Istruzioni Operative del 03/11/14 sono state emanate dal G.S.E. in dichiarata attuazione dell’art. 26 in esame.
Il Tribunale ritiene, poi, che anche le domande di accertamento, proposte con il ricorso, rientrino nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133 lettera o) d.lgs. n. 104/2010, in quanto hanno ad oggetto il diritto di non esercitare alcuna delle opzioni indicate dall’art. 26 comma 3° d.l. n. 91/2014 ove prevede una rimodulazione e/o riduzione degli incentivi secondo le modalità ivi indicate.
Il giudizio concerne, in definitiva, la misura degli incentivi destinati alla produzione di energia fotovoltaica e, come tale, rientra nell’ambito applicativo dell’art. 133 lettera o) d.lgs. n. 104/2010 che devolve alla giurisdizione esclusiva del g.a. ogni controversia “concernente la produzione di energia” e, quindi, non solo quelle correlate all’esercizio del potere pubblico in senso stretto, ma anche quelle riferibili ad ogni situazione giuridica soggettiva (comprese quelle di diritto soggettivo) relativa alla produzione di energia.
Questa Sezione ha già avuto modo di chiarire che il tenore testuale dell’art. 133, lett. o), ove fa riferimento alle procedure e ai provvedimenti concernenti la produzione di energia, è “suscettibile di comprendere nel suo campo applicativo anche le controversie relative agli incentivi (e più in generale i regimi di sostegno) alla produzione da fonti rinnovabili, stante le notorie finalità dell’intervento pubblico nel settore e il nesso di strumentalità sussistente tra questo e gli inerenti obblighi di matrice europea e internazionale (cfr. Tar Lazio III ter n. 3762/2013).
L’utilizzo del termine procedure, anziché il più tecnico “procedimenti”, è altro indizio della volontà di ricomprendere sequenze di atti non necessariamente a carattere provvedimentale.
La circostanza, poi, che, nel caso di specie, venga in rilievo il diritto al mantenimento delle condizioni contrattuali contenute in una convenzione di diritto privato, non sembra possa sottrarre a questo giudice la cognizione della controversia.
La convenzione in argomento, benché qualificabile come negozio “di diritto privato” (in questo senso si esprime espressamente l’art. 24 comma 2° lettera B d.lgs. n. 28/2011;indicazioni in tal senso sono presenti anche per le convenzioni stipulate in base al d.lgs. n. 387/2003, come si avrà modo di precisare in prosieguo), è un contratto accessivo ad un provvedimento di riconoscimento della tariffa incentivante e, atteso che la controversia attiene alla modifica delle condizioni di incentivazione riconosciute a monte della convenzione, ciò che viene in evidenza non è l’esecuzione del contratto, ma la modifica del regime degli incentivi già riconosciuti e stabilizzati nelle convenzioni stipulate dai titolari di impianti fotovoltaici.
E’ opinione del Collegio che anche le modalità di quantificazione del diritto all’incentivo rientrino nell’ambito di “procedura concernente la produzione di energia”, richiamata dall’art. 133, 1° comma, lett. o) d.lgs. 104/2010, e ciò in virtù del nesso di necessaria strumentalità tra incentivo e convenzione, da una parte, e produzione di energia rinnovabile, dall’altra, nonché della procedimentalizzazione della fase di erogazione dell’incentivo.
3. Affermata la giurisdizione di questo Tribunale, il Collegio, richiamando, ai sensi dell’art. 88, co. 2, lett. d) c.p.a., le precedenti sentenze di questa Sezione su analoghe controversie (v., per tutte, Tar Lazio III ter nn. 8664/2015, 8720/2015 e 8612/2015) pronuncia anche sulla ammissibilità dell’azione di accertamento.
4. Il Tribunale, poi, considerato che con separato provvedimento, emesso in pari data, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della disposizione applicabile alla presente fattispecie, ovvero dell’art. 26 d. l. n. 91/2014, ritiene in questa sede opportuno specificare che la questione non è stata proposta in riferimento alla violazione, prospettata dalle ricorrenti, degli artt. 10 e 117 Cost. in riferimento all’art. 10 del Trattato sulla Carte Europea dell’energia, stipulato a Lisbona il 17/12/94, e ratificato in Italia con la legge n. 415 del 1997 in quanto, sotto questo profilo, la questione stessa risulta manifestamente infondata.
L’art. 10 (“promozione, tutela e disciplina degli investimenti”) della Carta Europea dell’Energia è, infatti, diretto principalmente a garantire la par condicio tra investitori nazionali e di altri Paesi contraenti e, pertanto, non può assurgere ad idoneo parametro normativo ai fini dello scrutinio di legittimità dell’intervento “retroattivo” oggi in contestazione.
Ciò si desume agevolmente dal testo della disposizione della Carta che si assume violata, secondo cui:
“1. Ciascuna Parte contraente, in conformità al disposto del presente Trattato, incoraggia e crea condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti per gli investitori di altre Parti contraenti che effettuano investimenti nella sua area. Queste condizioni comprendono l'impegno ad accordare in ogni occasione agli investimenti di investitori di altre Parti contraenti un trattamento giusto ed equo. Gli investimenti godono inoltre di una piena tutela e sicurezza e nessuna Parte contraente può in alcun modo pregiudicare con misure ingiustificate e discriminatorie la gestione, il mantenimento, l'impiego, il godimento o l'alienazione degli stessi. In nessun caso tali investimenti sono sottoposti ad un trattamento meno favorevole di quello prescritto dal diritto internazionale, compresi gli obblighi pattizi. Ciascuna Parte contraente adempie eventuali obblighi assunti riguardo ad un investitore o un investimento effettuato da un investitore di una qualsiasi altra Parte contraente.
2. Ciascuna Parte contraente si adopera per concedere agli investitori di altre Parti contraenti, per quanto riguarda la realizzazione di investimenti nella propria area, il trattamento descritto al paragrafo 3.
3. Ai fini del presente articolo, si intende per «trattamento», il trattamento concesso da una Parte contraente che non è meno favorevole di quello più favorevole previsto per i propri investitori o per gli investitori di qualsiasi altra Parte contraente o qualsiasi Stato terzo”.
Ciò premesso la questione relativa al Trattato sulla Carta Europea dell’Energia è manifestamente infondata.
Non viene, poi, sollevata la questione avente a oggetto la prospettata violazione degli artt. 42, 97, 10 e 117, 1° co., Cost. in riferimento al contrasto con il diritto europeo comunitario (salvo che per l’aspetto concernente la dir. 2011/7/UE) sia perché tali profili paiono riconducibili agli aspetti portati all’esame della Corte costituzionale, sia perché le questioni concernente la compatibilità della normativa nazionale con quella comunitaria saranno eventualmente oggetto di approfondimento nella successiva fase del giudizio.
Le rimanenti questioni sono invece rilevanti e non manifestamente infondate, come motivato in separata ordinanza che sospende il presente giudizio, e vanno sottoposte alla Corte Costituzionale.
In conclusione, il Tribunale, definendo parzialmente il giudizio, dichiara la giurisdizione di questo giudice e l’ammissibilità dell’azione di accertamento proposta dalla ricorrente.
Ogni statuizione in ordine alle spese della presente fase processuale è rinviata alla sentenza con cui sarà definita l’intera controversia.