TAR Salerno, sez. I, sentenza 2016-05-17, n. 201601246

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2016-05-17, n. 201601246
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201601246
Data del deposito : 17 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02087/2015 REG.RIC.

N. 01246/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02087/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2087 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- ed -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. A E, con domicilio eletto in Salerno, via Piave n. 1, presso l’avv. De Vita;

contro

Comune di Nocera Superiore, rappresentato e difeso dall'avv. F A, con domicilio eletto in Salerno, largo Plebiscito n. 6, presso l’avv. Scarpa;

nei confronti di

Santa Milito, rappresentata e difesa dagli avv. Bruno Falcone e Chiara Falcone, con domicilio eletto in Salerno, via Cassese n. 12, presso l’avv. Cacciatore;

per l’accertamento

dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Nocera Superiore in ordine all’atto di diffida prot. n. 0012582/2015 del 1°.

6.2015 e per l’annullamento del provvedimento di archiviazione del 27.11.2015, nonché di tutti gli atti connessi e presupposti


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Nocera Superiore e di Santa Milito;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2016 il dott. E F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Espongono i ricorrenti che, con l’atto di diffida del 1°.6.2015, chiedevano all’amministrazione comunale, quali proprietari di immobili ubicati in Nocera Superiore alla via Indipendenza n. 77, di adottare i provvedimenti di competenza in materia urbanistico-edilizia, sulla scorta della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 721/2013, con la quale la controinteressata, sig.ra Milito Santa, era stata condannata all’abbattimento di alcune opere realizzate nelle dirette vicinanze della proprietà dei ricorrenti ed in violazione dei limiti di distanza dalla stessa.

Essi contestano quindi, con il ricorso introduttivo, il silenzio che asseriscono essersi illegittimamente formato sull’istanza-diffida suindicata, anche in ordine all’adozione di provvedimenti di autotutela nei confronti di titoli edilizi eventualmente rilasciati a favore della controinteressata, affermando che non si configurerebbe in subiecta materia alcun affidamento meritevole di protezione in capo all’interessato e fondando la propria legittimazione ad causam sulla relazione di stabile collegamento in cui si trovano con l’ambito territoriale de quo .

La controinteressata Milito Santa, costituitasi in giudizio per resistente al ricorso, deduce invece essenzialmente che:

- la sentenza n. 721/2013 è stata pronunciata nei confronti della medesima e non nei confronti del Comune di Nocera Superiore, ovvero all’esito di un giudizio civile vertente tra soggetti privati, senza quindi alcuna possibilità di intervento da parte dell’Amministrazione comunale, potendo la sentenza ricevere attuazione solo nella pertinente sede esecutiva civile;

- il Comune intimato ha rilasciato, in relazione all’immobile di sua proprietà oggetto di contestazione, la concessione edilizia in sanatoria n. 46 del 28.11.2000, restando precluso quindi l’esercizio del potere demolitorio invocato dalla parte ricorrente;

- ella ha comunque proposto appello avverso la sentenza suindicata, la cui efficacia esecutiva è stata sospesa dalla Corte di Appello di Salerno con l’ordinanza del 15-16/4/2014;

- tale circostanza è stata rappresentata dal Comune di Nocera Superiore con l’atto di riscontro alla diffida dei ricorrenti di cui alla nota prot. n. 27610 del 16.11.2015, con la quale si evidenzia appunto che “allo stato, in ragione della citata ordinanza di sospensione, non è procedibile alcuna richiesta di esecuzione della sentenza n. 721/2013”.

Anche il difensore del Comune di Nocera Superiore, successivamente costituitosi in giudizio, ha evidenziato l’insussistenza di alcun obbligo a provvedere in capo all’Amministrazione comunale, sia alla data di notifica della diffida da parte dei ricorrenti che alla data di proposizione del ricorso, essendo già stata adottata la predetta ordinanza di sospensione, trasmessa all’Amministrazione dalla controinteressata sig.ra Milito Santa a seguito della comunicazione di avvio del procedimento attivato dalla parte ricorrente, il quale peraltro è stato archiviato con l’allegato provvedimento prot. n. 28839 del 27.11.2015, con il quale è stato affermato espressamente che per effetto della sospensione dell’efficacia della sentenza n. 721/2013 “non può adottarsi alcuna determinazione consequenziale ed esecutiva della stessa”.

Con i motivi aggiunti depositati in data 12.1.2016, i ricorrenti hanno impugnato il suddetto provvedimento di archiviazione, formulando avverso lo stesso le censure che di seguito si riassumono e lamentando la permanenza, pur dopo la sua adozione, della situazione di silenzio posta a fondamento dell’originaria impugnazione: 1) essi non hanno mai chiesto l’esecuzione della sentenza n. 721/2013, che è stata richiamata e prodotta al solo scopo di comprovare la loro legittimazione alla sollecitazione del poteri comunali in ambito urbanistico-edilizio e di controllo del territorio;
2) l’obbligo dell’Amministrazione di pronunciarsi espressamente sull’istanza dei ricorrenti prescinde dall’intervenuta sospensione della sentenza n. 721/2013, che attiene ad aspetti di carattere civilistico, avendo la controinteressata realizzato manufatti in violazione della disciplina urbanistica, integrativa delle norme sulle distanze dettate dal codice civile, e contenendo la sentenza succitata anche l’accertamento incidentale dell’intervenuta realizzazione di una balaustra in ferro in difformità dai titoli edilizi.

Il Comune di Nocera Superiore si oppone all’accoglimento dei motivi aggiunti, evidenziando che la diffida dei ricorrenti era diretta ad ottenere l’ottemperanza della sentenza n. 721/2013, con la conseguenza che nessun obbligo attuativo sarebbe ravvisabile a seguito della sospensione degli effetti della citata sentenza disposta dal giudice civile di appello.

La controinteressata Milito Santa, nell’opporsi anch’ella all’accoglimento dei motivi aggiunti, ribadisce che nessuno spazio di intervento sanzionatorio da parte del Comune è ravvisabile, essendo stati gli aspetti pubblicistici della vicenda definiti con la concessione in sanatoria n. 46/2000, che i ricorrenti non hanno impugnato e di cui i medesimi avevano già da tempo conoscenza, tanto da essere menzionata nella relazione tecnica da essi prodotta nell’ambito del giudizio civile;
evidenzia altresì che i profili di violazione delle distanze indicati nella sentenza n. 721/2013 costituiscono tuttora oggetto di contestazione, come emerge dall’atto di appello da essa proposto avverso la sentenza suindicata.

Il ricorso ed i motivi aggiunti quindi, dopo la discussione delle parti, sono stati trattenuti dal collegio per le decisione di merito.

Ebbene, ritiene il Tribunale di esaminare preliminarmente i motivi aggiunti proposti avverso la determinazione n. 28839 del 27.11.2015, con la quale il Comune di Nocera Superiore ha disposto l’archiviazione del procedimento instaurato con l’istanza-diffida presentata dai ricorrenti in data 1°.6.2015.

Deve premettersi che l’archiviazione dell’istanza-diffida dei ricorrenti è stata disposta in quanto, ad avviso dell’amministrazione comunale, per effetto della sospensione dell’efficacia della sentenza n. 721/2013 disposta dalla Corte di Appello di Salerno, “non può adottarsi alcuna determinazione consequenziale ed esecutiva della stessa”.

Emerge dal tenore testuale del citato provvedimento – ed è confermato dalle deduzioni difensive comunali – che esso si fonda su una determinata lettura dell’istanza-diffida, siccome ritenuta orientata a conseguire da parte dell’amministrazione comunale l’esecuzione della sentenza menzionata: con la conseguenza che, una volta disposta (dal giudice civile di appello), la sospensione dell’efficacia esecutiva della stessa, nessun obbligo attuativo, da essa discendente, sarebbe più configurabile (ammesso che lo fosse in precedenza) a carico dell’Amministrazione comunale.

Ritiene tuttavia il Tribunale che siffatta lettura sia eccessivamente restrittiva e non colga appieno il senso e la finalità dell’atto di impulso procedimentale dei ricorrenti, con il quale essi, richiamata (ed allegata) la sentenza suindicata, nella parte in cui dispone che la controinteressata provveda all’abbattimento di alcune opere realizzate in prossimità della proprietà dei ricorrenti, avendo accertato che le stesse integrano la violazione delle norme sulle distanze dettate dalla strumentazione urbanistica, hanno invitato e diffidato l’amministrazione comunale, “previo espletamento della doverosa attività accertativa, ad assumere i provvedimenti di legge, ai sensi e per l’effetto del TUE 380/01”: tanto “tenuto conto dei profili pubblicistici che la presente vicenda investe, sia in ordine all’ammissibilità di un’eventuale pratica condonistica, presumibilmente definita in assenza dei presupposti, che in ordine al controllo ed alla gestione dell’assetto urbanistico del territorio”.

Deve invero rilevarsi che la suddetta istanza – tenuto conto sia della menzione in essa contenuta della normativa che disciplina in generale il potere di vigilanza urbanistico-edilizia dell’Amministrazione comunale sia dell’invito ad essa rivolto a svolgere i dovuti accertamenti – non si fondi su una ipotetica portata vincolante della sentenza nei confronti del Comune (la quale peraltro sarebbe in radice inconfigurabile, attesa l’estraneità dell’Amministrazione al relativo giudizio, con la conseguente preclusione alla formazione di un giudicato nei suoi confronti), per l’attivazione della quale sarebbe stato peraltro sufficiente il richiamo della sentenza e l’invito all’Amministrazione a darvi esecuzione, ma abbia ad oggetto, più in generale, la sollecitazione dei poteri istruttori e repressivi comunali in maniera urbanistico-edilizia, prendendo spunto dagli accertamenti contenuti nella sentenza summenzionata i quali, pur non potendo fare stato nei confronti dell’Amministrazione, costituivano comunque un materiale istruttorio e valutativo utile ad indirizzare l’esercizio del potere pubblicistico di controllo dell’attività edilizia.

Così individuato il contenuto dell’istanza-diffida di parte ricorrente, la cui legittimazione anche processuale, va detto per inciso, trova sufficiente radicamento nel nesso di stabile collegamento (cd. vicinitas ) con la zona di riferimento (oltre che nella lesione asseritamente subita per effetto della contestata violazione delle distanze e nel contenzioso pendente, sebbene in sede civile, con la controinteressata), è evidente che se, da un lato, l’impugnato atto di archiviazione non abbraccia l’intero spettro della pretesa provvedimentale fatta valere dai ricorrenti, dall’altro lato, l’Amministrazione comunale, mediante la sua adozione, si è espressa in ordine all’unico profilo astrattamente suscettibile di generare un obbligo di provvedere in capo alla stessa: ciò in quanto, relativamente agli ulteriori e poc’anzi enucleati significati dell’istanza di parte ricorrente, non è configurabile, in radice, alcun obbligo a provvedere, in chiave pubblicistica, in capo al Comune destinatario.

Tale conclusione vale, in primo luogo, in relazione alla finalità dell’istanza di sollecitare l’esercizio del potere di autotutela nei confronti del provvedimento concessorio in sanatoria conseguito dalla parte controinteressata (se e nei limiti in cui abbia legittimato il manufatto di proprietà della stessa con la conformazione ritenuta, dal giudice civile di primo grado, contrastante con il regime urbanistico delle distanze): è infatti noto che “i poteri amministrativi di autotutela sono espressione dell'esercizio di un potere tipicamente discrezionale e, pertanto, ad eventuali istanze volte a sollecitare l'esercizio di siffatto potere non può che essere riconosciuta una funzione meramente sollecitatoria, inadeguata a determinare l'obbligo di provvedere e, quindi, a configurare ipotesi di silenzio - inadempimento, utili per la proficua proposizione del rimedio giurisdizionale offerto dall'art. 117 c.p.a.” (cfr., in termini, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 12464 del 4 novembre 2015).

Ma a non diverse conclusioni, quanto alla configurabilità di un obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione comunale intimata, deve pervenirsi in relazione alla (ulteriore) finalità dell’istanza dei ricorrenti di promuovere un procedimento di verifica urbanistico-edilizia, anche in ordine agli eventuali profili di difformità delle opere realizzate dalla controinteressata rispetto alle previsioni progettuali oggetto dei titoli edilizi dalla stessa in passato conseguiti, così come riconosciuti dal giudice civile di primo grado.

Deve invero premettersi che, affinché da una istanza possa generarsi un obbligo di provvedere in capo alla P.A. destinataria, occorre che la stessa attinga una soglia ragionevole di verosimiglianza e attendibilità, palesandosi altrimenti l’imposizione generalizzata di un obbligo di attivarsi come contrastante con i principi di buon andamento, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.

Infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, "l'obbligo giuridico di provvedere sussiste anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'Amministrazione" (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, n. 5994 del 13 dicembre 2013).

Nella specie, l’intervenuta sospensione della sentenza di primo grado, con la quale era stata accertata la violazione delle norme sulle distanze contestata dai ricorrenti, ha privato l’istanza presentata da quest’ultimi dei suoi requisiti minimi di attendibilità (e, quindi, di ammissibilità), atti a giustificare l’esercizio del potere comunale di controllo, compatibilmente con le citate esigenze di buon andamento ed efficienza dell’attività amministrativa: ne consegue che nessun obbligo di provvedere era più predicabile, allorché è stata presentata l’istanza predetta (con la quale, peraltro, è stato omesso di riferire in ordine all’intervenuta sospensione della sentenza n. 721/2013), in capo all’Amministrazione comunale, suscettibile di giustificare l’accertamento del lamentato silenzio-inadempimento e, quindi, l’accoglimento del presente ricorso e dei connessi motivi aggiunti.

Sussistono infine giuste ragioni, in considerazione della peculiarità dell’oggetto della controversia, per disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti.

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