TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2020-06-15, n. 202006533
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 15/06/2020
N. 06533/2020 REG.PROV.COLL.
N. 07350/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7350 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tacito, 50;
contro
Il Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
RICORSO PRINCIPALE:
del decreto del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione centrale per le risorse umane del 19.03.2010, notificato il 10.05.2010, recante il diniego di riconoscimento di dipendenza di infermità da causa di servizio ai fini della determinazione dell'equo indennizzo;
MOTIVI AGGIUNTI:
della nota n-OMISSIS-del 19.08.2010, con cui il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione centrale per le risorse umane ha respinto l’istanza del ricorrente volta ad ottenere il rimborso delle spese mediche sostenute per gli accertamenti sanitari e per cure relativamente alle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 29 maggio 2020 la dott.ssa Lucia Gizzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato, -OMISSIS- impugnava in parte qua il decreto n. -OMISSIS- del 2010, laddove il Ministero dell’Interno – Dipartimento P.S. – Direzione centrale per le risorse umane – Servizio trattamento pensioni e previdenza aveva riconosciuto, come dipendente da causa di servizio, l’infermità, da cui era risultato affetto, di -OMISSIS-;nonché il parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio del 4.8.2008 (n. -OMISSIS-).
Parte ricorrente premetteva di essere in servizio presso la Polizia di Stato dal 1991, quale assistente capo presso la Questure di Lecco. In data 25.6.2004, presentava istanza per ottenere il riconoscimento come dipendente da causa di servizio delle seguenti infermità: -OMISSIS-La Commissione medica ospedaliera di Milano (d’ora in avanti, CMO), con verbale del 9.5.2005, giudicava le infermità non classificabili, tranne quelle di pregressa -OMISSIS-, che ascriveva alla tabella B nella misura minima. Con parere del 4.8.2008, il Comitato di verifica per le cause di servizio (d’ora in avanti, CVCS) riteneva che le infermità da cui era risultato affetto il ricorrente, di pregressa -OMISSIS-, dipendevano da causa di servizio, mentre l’infermità di -OMISSIS-non configurava una vera e propria patologia. Quindi, il decreto ministeriale gravato accoglieva la domanda del ricorrente, con riferimento alle infermità di pregressa -OMISSIS-.
A fondamento del proprio gravame, parte ricorrente deduceva, con un primo motivo di ricorso, violazione degli artt. 6 e 11 del Dpr n. 461 del 2001, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, contraddittorietà, illogicità, incompetenza, ingiustizia manifesta. Ad avviso del ricorrente, la CMO sarebbe caduta in errore nella localizzazione della patologia accertata: essa avrebbe infatti individuato la -OMISSIS-e avrebbe poi modificato l’errore, come chiarito nella nota del 6.6.2005, indicandola in -OMISSIS-. Nel far ciò, però, non avrebbe corretto analogo errore del giudizio diagnostico con riferimento alle -OMISSIS-: esse riguarderebbero il tratto da -OMISSIS-e non solamente, come indicato nel verbale della CMO, il tratto da -OMISSIS- Si tratterebbe di un mero errore materiale, frutto di errata trascrizione della disposta correzione, che ha, a sua volta, comportato l’errore della CVCS e del Ministero e, quindi, la liquidazione di una minore indennità. Qualora poi si ritenesse che non si è trattato di un errore materiale, il giudizio diagnostico della CMO sarebbe viziato da travisamento dei presupposti di fatto, costituiti dalle risultanze della documentazione prodotta nel procedimento dal ricorrente, attestanti l’effettiva patologia da cui questi è affetto. Peraltro, anche il CVCS e il Ministero sarebbero incorsi in illegittimità, in quanto, se avessero esaminato attentamente la documentazione prodotta dal ricorrente, si sarebbero accorti dell’errore della CMO e l’avrebbero corretto.
Con un secondo motivo di gravame, il ricorrente deduceva violazione degli artt. 11 e 14 del Dpr n. 461 del 2001 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per insufficienza, inadeguatezza e carenza di motivazione, contraddittorietà e illogicità: l’Amministrazione resistente si sarebbe acriticamente adeguata al parere della CMO prima, e del CVCS poi, senza un’idonea motivazione, nonostante gli errori di detti atti.
2. Con ricorso per motivi aggiunti, -OMISSIS- impugnava la nota n-OMISSIS-del 19.08.2010, con cui il Ministero dell’Interno – Dipartimento P.S. – Direzione centrale per le risorse umane aveva respinto la sua istanza, volta ad ottenere il rimborso delle spese mediche sostenute per gli accertamenti sanitari e per cure relativamente alle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio.
A fondamento del gravame, parte ricorrente deduceva violazione dell’art.1, comma 555, della legge n. 296 del 2006, nonché eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irrazionalità. Ed invero, l’Amministrazione non aveva provveduto al rimborso sul presupposto che l’infortunio fosse avvenuto in itinere e, quindi, non ricorresse il presupposto di legge dell’infortunio riportato nell’espletamento dei servizi di polizia o di soccorso pubblico. Invece, sarebbe sufficiente la causa di servizio, ossia la circostanza che l’infermità sia stata causata dal servizio, a giustificare il rimborso delle spese mediche.
3. Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno.
Alla udienza del 29.5.2020, previo deposito di memorie difensive, la causa veniva trattenuta in decisione.
4. Oggetto di ricorso principale sono il decreto n. -OMISSIS- del 2010, con cui il Ministero dell’Interno – Dipartimento P.S. – Direzione centrale per le risorse umane – Servizio trattamento pensioni e previdenza ha riconosciuto, come dipendente da causa di servizio, l’infermità di -OMISSIS-, da cui è risultato affetto il ricorrente, e il presupposto parere del CVCS del 4.8.2008 (n. -OMISSIS-).
4.1. Ricorda il Collegio come, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza amministrativa, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all’equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del CVCS.
Ed invero, questo Comitato – che ha una composizione complessa, essendo costituito non solo da medici, ma anche da soggetti con professionalità amministrative e giuridiche – “accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione” (art. 11 del Dpr n. 461 del 2001).
Il provvedimento finale, che riconosce l’infermità o la lesione come dipendente da causa di servizio, è adottato dall’Amministrazione competente “su conforme parere del Comitato” (art. 14 del Dpr n. 461 del 2001). Qualora, l’Amministrazione, “per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l'obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato”. In tal caso, “l’Amministrazione adotta il provvedimento (…) motivandolo conformemente al parere del Comitato” (art. 14 del Dpr n. 461 del 2001).
Come chiarito dalla giurisprudenza, il Dpr n. 461 del 2001 ha affidato (artt. 11 e 12) al CVCS il compito di accertare l’esistenza del nesso causale (o concausale) con il servizio delle infermità contratte dai pubblici dipendenti.
Ai fini del riconoscimento della dipendenza di infermità da fatti di servizio, infatti, il parere del CVCS non solo è obbligatorio ma è altresì vincolante e insurrogabile, posto che l’Amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento in conformità al giudizio di questo organo (ex multis, Tar Campania, Salerno, n. 1735 del 2019;Tar Lazio, Roma, n. 10702 del 2019;Tar Calabria, Catanzaro, n. 778 del 2015).
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 14 Dpr n. 461 del 2001, quindi, il parere del CVCS si impone, nel suo contenuto tecnico-discrezionale, all'Amministrazione, la quale, nell’adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non deve attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico. In altre parole, l’Amministrazione deve conformarsi al suddetto parere, al quale può senz'altro rinviare per relationem e, solo ove ritenga di non poterlo fare, certamente per ragioni non di tipo tecnico, che deve in ogni caso esplicitare, può chiedere un ulteriore parere (ex multis, Tar Lazio, Roma, n. 11462 e n. 10675 del 2019;Tar Campania, Salerno, n. 635 del 2015).
Peraltro, il CVCS esprime un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la CMO: si tratta di un parere di carattere più complesso, sia per la composizione dell'organo (essendo presenti nel Comitato soggetti con professionalità mediche, giuridiche ed amministrative), sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali, che assorbe quindi i diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento, sicché l'Amministrazione non è tenuta a motivare le ragioni per le quali si adegua ad esso, mentre una motivazione specifica e puntuale è dovuta nei soli casi in cui l'Amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dallo stesso ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del predetto Comitato.
Ne consegue che è del tutto destituito di fondamento il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 11 e 14 del Dpr n. 461 del 2001 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per insufficienza, inadeguatezza e carenza di motivazione, contraddittorietà e illogicità, laddove l’Amministrazione resistente si sarebbe acriticamente adeguata al parere del CVCS senza un’adeguata motivazione.
4.2. Ciò chiarito, bisogna poi ricordare che il CVCS perviene alle proprie conclusioni in ordine alla dipendenza da causa di servizio della patologia da cui è affetto il dipendente, assumendo a base cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il relativo parere è espressione di discrezionalità tecnica.
Di conseguenza, per costante giurisprudenza, il sindacato giurisdizionale sulle decisioni dell’Amministrazione che recepiscono il parere del CVCS sulla dipendenza di un’infermità da causa di servizio è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione stessa, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (Cons. Stato, n. 7761 e n. 6778 del 2019, n. 5822 del 2018;n. 1454 del 2014;Tar Torino, 286 del 2016;Tar Puglia, Lecce, n. 935 del 2018 e n. 340 del 2016;Tar Abruzzo, Pescara, n. 11 del 2016, Tar Lazio, Roma, n. 242 del 2016). Il giudice amministrativo, pertanto, non può sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa, neanche in caso di difformi conclusioni raggiunte dai sanitari compulsati autonomamente dalla parte.
Peraltro, il Dpr n. 461 del 2001 attribuisce al CVCS il compito di esprimere il parere sulla sussistenza o meno del nesso causale tra l’infermità, accertata dalla CMO, e la causa di servizio, sulla base di un giudizio tecnico-giuridico fondato sulla scienza ed esperienza dei componenti del Comitato, nominati tra esperti della materia appartenenti a vari settori, oltre che medici. Il parere del CVCS viene adottato a seguito di un ben preciso iter procedimentale in cui le competenze di CMO e Comitato di verifica sono ben specificate e diverse. Di conseguenza non sussiste alcun obbligo di motivare le ragioni per cui si recepisce il parere della CMO, il cui compito è proprio quello di pronunciare sull’esistenza dell’infermità, restando esclusivamente in capo al Comitato di verifica quello di esprimersi sulla dipendenza da cause di servizio, con parere al quale l'Amministrazione è tenuta a conformarsi (Cons. Stato n. 770 del 2019;Tar Sicilia, Palermo n. 390 del 2019).
Ne consegue che è del tutto destituito di fondamento il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 11 e 14 del Dpr n. 461 del 2001 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per insufficienza, inadeguatezza e carenza di motivazione, contraddittorietà e illogicità, anche con riferimento alla presunta omessa motivazione da parte del CVCS in ordine al giudizio diagnostico della CMO.
4.3. Anche il primo motivo di ricorso è infondato. Con esso, il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 6 e 11 del Dpr n. 461 del 2001, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, contraddittorietà, illogicità, incompetenza, ingiustizia manifesta.
A suo avviso, la CMO sarebbe caduta in errore nella localizzazione della patologia accertata: si sarebbe trattato di un mero errore materiale, solo parzialmente corretto con la nota del 6.6.2005, che, a sua volta, avrebbe comportato l’errore della CVCS e del Ministero e, quindi, la liquidazione di una minore indennità.
Osserva in proposito il Collegio che la CMO, con la nota del 3.6.2005 (doc. 11), ha corretto il giudizio diagnostico di cui al verbale del 9.5.2005 (all. 10 al ricorso), nel senso che la-OMISSIS-doveva essere localizzata tra -OMISSIS- e non-OMISSIS-e che le -OMISSIS- dovevano essere localizzate tra-OMISSIS-. All’esito di questa correzione, la CMO non ha ritenuto di modificare l’ascrizione delle suddette patologie, così come effettuata nel verbale del 9.5.2005 alla tabella B nella misura minima, mantenendo per-OMISSIS-la qualificazione di -OMISSIS- non classificabile. Né il ricorrente, nell’insistere nell’errore materiale, che come detto la CMO ha corretto, ha indicato le ragioni per cui una tale correzione avrebbe dovuto portare a una diversa classificazione della patologia accertata.
5. Oggetto di ricorso per motivi aggiunti è la nota n-OMISSIS-del 19.8.2010, con cui il Ministero dell’Interno – Dipartimento P.S. – Direzione centrale per le risorse umane ha respinto l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il rimborso delle spese mediche sostenute per gli accertamenti sanitari e per le cure relativamente alle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, da cui egli è risultato affetto.
Il ricorrente ha dedotto, con un solo motivo di gravame, la violazione dell’art.1, comma 555, della legge n. 296 del 2006, nonché eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irrazionalità, in quanto l’Amministrazione avrebbe erroneamente ritenuto non sussistente il presupposto di legge dell’infortunio riportato nell’espletamento dei servizi di polizia o di soccorso pubblico. A suo avviso, invece, sarebbe sufficiente la causa di servizio, ossia la circostanza che l’infermità sia stata causata dal servizio, a giustificare il rimborso delle spese mediche.
Il ricorso è infondato e merita di essere rigettato.
Osserva il Collegio che la legge n. 296 del 2006, all’art. 1, comma 555, ha reintrodotto il rimborso delle spese di cura, qualora queste siano sostenute dal personale delle forze di polizia e siano “conseguenti a ferite o lesioni riportate nell'espletamento di servizi di polizia o di soccorso pubblico, ovvero nello svolgimento di attività operative o addestrative, riconosciute dipendenti da causa di servizio”. Il presupposto del diritto al rimborso delle spese per cure mediche è duplice, richiedendosi, da un lato, che l’infermità sia riconosciuta dipendente da causa di servizio, dall’altro, che sia stata riportata nell’espletamento di servizi di polizia o di soccorso pubblico, ovvero nello svolgimento di attività operative o addestrative.
Nel caso di specie, ricorre la prima condizione, in quanto il decreto n. -OMISSIS- del 2010 ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio della patologia “-OMISSIS-”, conseguente, come attestato dal parere del CVCS del 4.8.2008, ad infortunio avvenuto lungo il percorso compreso tra l’abitazione del ricorrente e il luogo di lavoro (c.d. infortunio in itinere). Non ricorre, invece, la seconda condizione, in quanto, trattandosi appunto di infortunio in itinere, esso non è stato riportato dal ricorrente nell’espletamento dei servizi di polizia.
L’infortunio che ha colpito il ricorrente e che ha determinato l’insorgenza della patologia, per la quale egli ha sopportato le spese di cui chiede il rimborso, insomma, non si è verificato nell’esercizio delle sue funzioni, ma nel tragitto per recarsi al lavoro. Ciò comporta che, se non è escluso l’equo indennizzo per infermità da causa di servizio, è però escluso, data la chiara dizione letterale della norma in questione, il rimborso delle spese mediche.
6. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso principale e quello per motivi aggiunti vanno rigettati.
Attesto l’oggetto del contendere, possono compensarsi tra le parti le spese di lite.