TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2018-05-02, n. 201804814

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2018-05-02, n. 201804814
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201804814
Data del deposito : 2 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2018

N. 04814/2018 REG.PROV.COLL.

N. 11741/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11741 del 2017, proposto da B M, M L F e C P M, rappresentati e difesi dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M L F in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p. t., non costituito in giudizio;

per l'ottemperanza

del decreto emesso dalla Corte di Appello di Roma, Sezione equa riparazione, sul RG 52187/2013;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2018 il Cons. Donatella Scala e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente agisce per l’esecuzione della pronuncia in oggetto nella parte in cui reca la condanna dell’amministrazione intimata al pagamento delle somme in essa liquidate, in suo favore, a titolo di equa riparazione, oltre interessi legali, nonché, quanto ai difensori, delle somme in essa liquidate in favore dei difensori antistatari.

Dedotto il carattere di definitività della pronunzia ed esposto che l’Amministrazione non ha provveduto all’adempimento del comando giudiziario, parte ricorrente ha chiesto che, in accoglimento del presente mezzo di tutela, proposto ai sensi dell’art. 112 c.p.a., questo giudice amministrativo dichiari, in esecuzione della pronuncia di cui sopra, l’obbligo dell’amministrazione intimata di provvedere al pagamento delle somme dovute, assegnando per l’effetto un congruo termine per adempiere, disponendo immediatamente che a tanto provveda, per il caso di perdurante inadempimento, un commissario ad acta e la condanna del Ministero al pagamento di una somma, a titolo di risarcimento del danno per il ritardo nell’esecuzione del giudicato nella misura ritenuta di giustizia;
oltre alle spese accessorie e alle spese di lite del presente giudizio.

L’intimato Ministero non si è costituito in giudizio.

Nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2018 il ricorso è stato trattenuto a sentenza.

Ritiene il Collegio che, sulla base della documentazione depositata e delle deduzioni svolte, non contrastate ex adverso, la pronuncia indicata in epigrafe non ha, allo stato, ricevuto esecuzione.

Deve, pure essere dato atto che parte ricorrente ha inviato, con pec del 5 aprile 2017, la dichiarazione di cui al comma 1, art. 5 sexies, legge n. 89/2001, ed è decorso, altresì, il termine di sei mesi dall’invio di tale documentazione, per cui il ricorso per ottemperanza può essere accolto.

Il ricorso va perciò accolto, nei sensi e nei limiti di cui appresso.

In relazione alla domanda principale, va ordinato al Ministero della Giustizia di dare piena ed integrale esecuzione alla decisione di cui in epigrafe e, per l’effetto, di corrispondere in favore di parte ricorrente l’importo fissato nella decisione in epigrafe a titolo di equa riparazione, nonché gli interessi legali sulla predetta somma, decorrenti dalla data della domanda, oltre alle spese processuali, pure ivi fissate e da liquidarsi in favore dei difensori antistatari.

In relazione alla domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma a titolo di risarcimento per il ritardo nell’esecuzione del giudicato, il Collegio ritiene che detto capo di domanda rimandi direttamente alla previsione di cui all’art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a., come recentemente modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dall'art. 1, comma 781, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 208 (“il giudice, in caso di accoglimento del ricorso, … salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato;
tale statuizione costituisce titolo esecutivo. Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza;
detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”;
istituto della c.d. astreinte), considerato che la pretesa sostanziale azionata attiene proprio all’interesse al conseguimento di un ristoro patrimoniale per il danno connesso al ritardo nell’esecuzione del giudicato espressamente menzionato nella citata disposizione normativa.

Per tale ragione il Collegio, tenuto conto che detta norma si applica anche nel caso in cui l'obbligo di cui si chiede l'adempimento consista in un'obbligazione pecuniaria (come anche chiarito da ultimo con la modifica alla norma del codice del processo amministrativo in rassegna), precisa che, come già statuito dal giudice di appello in merito alla decorrenza della astreinte, e in coerenza con la nuova formulazione dell’art. 114, c.p.a., la condanna dell’Amministrazione al pagamento, a cagione del ritardo, di una somma di danaro in favore del creditore, è giustificata in ragione della violazione, inosservanza ovvero, ritardo successivi alla pronunzia del giudice dell’ottemperanza, attesa la funzione deterrente, general-preventiva e dissuasiva dello strumento in parola che può realizzarsi solo per comportamenti successivi alla comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento formulato dal giudice che ne dispone il pagamento (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, n. 4571 del 30 settembre 2015).

Tenuto conto, poi, del criterio circa la misura della penalità indicato sempre da ultimo dal legislatore, la quantificazione di tale somma può essere effettuata prendendo a fondamento quale parametro di commisurazione della penale da ritardata corresponsione al creditore della somma di denaro di cui alla pronuncia da ottemperare il tasso legale di interesse da applicare sulla somma come sopra dovuta a titolo di equa riparazione che dovrà essere quindi corrisposta, a carico dell’Amministrazione, a far tempo dalla notificazione o comunicazione della presente decisione.

Applicando tali princìpi al caso di specie, il Collegio ravvisa la sussistenza delle condizioni per condannare il Ministero intimato al pagamento di una somma in favore dell’odierna parte ricorrente, che – alla stregua di quanto precedentemente osservato – andrà quantificata dalla stessa Amministrazione con riferimento ai parametri di determinazione appena indicati.

Non è, invece, ammissibile la domanda proposta ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), del c.p.a., nella parte in cui questa è stata avanzata anche dai ricorrenti difensori antistatari nel giudizio per l’equa riparazione. Si deve dare atto, in proposito, dei precedenti, oltre che di questo Tribunale, anche del giudice di appello, che non hanno ritenuto ammissibile la domanda di riconoscimento della sanzione quale astreinte anche in relazione alla esecuzione alla liquidazione delle spese processuali liquidate nel decreto del giudice dell’equa riparazione in favore degli avvocati dichiarati antistatari ((Tar Lazio, I bis, nn. 6421 e 6426 del 2015;
Cons. di Stato, Sez. IV, n. 1442 del 2016).

Tale obbligazione, invero, trova titolo nel solo provvedimento del giudice ordinario ed è qualificata come competenza di natura professionale per attività processuali poste in essere dai difensori della parte istante nel giudizio di equa riparazione. Ciò comporta che la medesima obbligazione di cui si chiede l’adempimento è legata solo occasionalmente al riconoscimento dell’equa riparazione, potendo la stessa riguardare l’accoglimento di qualsiasi altra azione giudiziaria.

Osserva il Collegio che tale obbligazione è assistita da tutta una variegata serie di garanzie poste a tutela del credito vantato dal difensore della parte vincitrice nei confronti di quella soccombente, nonché dalla possibilità di rivalersi nei confronti del proprio rappresentato.

Pertanto, alla stregua del chiaro disposto dell’art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a. (“il giudice, in caso di accoglimento del ricorso, … salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato;
tale statuizione costituisce titolo esecutivo”), il Collegio ritiene che per ragioni di equità sostanziale non sia applicabile la sanzione da ritardo nell’adempimento, quale astreinte, anche a tale tipo di obbligazione posta a carico dell’Amministrazione intimata dal provvedimento del giudice ordinario di cui si chiede l’esecuzione.

Quanto al restante, il Collegio nomina, fin da ora, un commissario ad acta, che provvederà – una volta decorso il termine di giorni 30 (trenta) dalla notificazione, o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza – al pagamento, nello stesso termine, di tutte le somme sopra indicate.

Il predetto organo commissariale viene nominato, ai sensi dell’art. 1, comma 777, punto 8, della legge n. 208/2015, nella persona del responsabile p. t. dell’Ufficio I della Direzione generale degli affari giuridici e legali del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia, o un suo delegato, con la precisazione per la quale, tenuto conto del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti della “legge Pinto”, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero della Giustizia.

Le spese di lite del presente giudizio, anche valutate le caratteristiche dell’attività prestata e dell’affare trattato, oltre che il risultato del giudizio, possono essere interamente compensate fra le parti.

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