TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-07-27, n. 201808488

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-07-27, n. 201808488
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201808488
Data del deposito : 27 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/07/2018

N. 08488/2018 REG.PROV.COLL.

N. 08148/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8148 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato V B, con domicilio eletto presso il suo studio in Catanzaro, via Vittorio Veneto, 48;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa concessione di idonea misura cautelare,

- del Decreto del Presidente della Repubblica del 5 maggio 2017 pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 24 maggio 2017, con il quale è stato disposto lo scioglimento, ex art. 143 comma 1 D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 TUEL, del Consiglio Comunale di -OMISSIS-) e con il quale, contestualmente è stata disposta la nomina e l’invio dei Commissari;

- della Relazione di accompagnamento del Ministro dell’Interno allegata al decreto di scioglimento;

- della relazione, anch’essa allegata al decreto di scioglimento, del Prefetto di Reggio Calabria;

- del precedente decreto di sospensione del 6 maggio 2017;

nonché di ogni atto antecedente, prodromico, successivo esecutivo degli atti sopra indicati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, con la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 10063/2017 del 5.10.2017;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 20 giugno 2018 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con rituale ricorso a questo Tribunale, i signori in epigrafe, quali sindaco, vicesindaco e consigliere comunale del Comune di -OMISSIS-), eletti in seguito alla tornata elettorale del maggio 2014, chiedevano l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti, pure in epigrafe indicati, concernenti il disposto scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’art. 143 d.lgs. n. 267/2000 (TUEL).

I ricorrenti, facendo riferimento alle relazioni ministeriale e prefettizia (quest’ultima sugli esiti di quella della Commissione d’accesso) – pur non conosciute in forma integrale – fornivano preliminarmente la propria ricostruzione del quadro normativo e della conseguente interpretazione giurisprudenziale dell’art. 143 TUEL e lamentavano, con un unico, articolato, motivo, la sussistenza di varie forme di eccesso di potere in relazione ai profili principali esaminati in detti atti e che erano stati posti alla base della decisione assunta, riguardanti i rapporti di parentela degli amministratori comunali con esponenti della locale criminalità organizzata, l’azione di contrasto nei confronti di detta “criminalità”, l’operato dell’apparato burocratico dell’ente, i lavori e servizi “in economia”, i lavori in urgenza e somma urgenza, il servizio accalappiacani e smaltimento di carcasse, le autorizzazioni all’esercizio del pascolo sul territorio comunale, l’utilizzo dei beni confiscati, il servizio incendi e il “catasto incendi”, l’abusivismo edilizio, la gestione delle concessioni per l’esercizio di attività estrattiva, la valorizzazione dei beni e terreni comunali.

Si costituivano in giudizio le amministrazioni in epigrafe, chiedendo la reiezione del ricorso.

Nel corso del giudizio, l’originario difensore dei ricorrenti era ritualmente sostituito da altro, come indicato in epigrafe.

Con l’ordinanza collegiale adottata all’esito della camera di consiglio, era intimato all’Amministrazione il deposito della documentazione ivi indicata, in forma integrale e senza “omissis”, ed era fissata l’udienza di trattazione del merito, ex art. 55, comma 10, c.p.a.

Ottemperata tale ordinanza e in prossimità di tale udienza pubblica, le parti ricorrenti depositavano memorie e ulteriore documentazione a sostegno delle proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2018 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene opportuno precisare, “in limine”, lo stato della giurisprudenza in ordine ai presupposti legittimanti l’adozione di un provvedimento di scioglimento ex art. 143 TUEL.

Può a tale proposito farsi riferimento, tra le più recenti, alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 10.1.2018 n. 96 (ma anche: Sez. III, 2.10.2017 n. 4578;
25.1.2016 n. 256;
26.9.2014 n. 4845;
28.5.2013, n. 2895), che ha ribadito, in sintesi, i seguenti profili:

a) lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo “sanzionatorio” ma preventivo, per la cui legittimazione è sufficiente la presenza di elementi “indizianti”, che consentano d'individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato “infiltrato”;

b) esso è uno strumento di tutela della collettività, in particolari situazioni ambientali, nei confronti dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, quale “misura di carattere straordinario” per fronteggiare a sua volta “una emergenza straordinaria” (già Corte Cost. 19.3.93 n. 103, sul previgente art. 15-bis della legge 19 marzo 1990, n. 55);

c) il quadro fattuale posto a sostegno del provvedimento di scioglimento ex art. 143 cit. deve essere valutato non atomisticamente ma nella sua complessiva valenza dimostrativa, dovendosi tradurre in un prudente apprezzamento in grado di lumeggiare, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente che la norma intende prevenire;

d) stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all'ordine pubblico, ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come “estrinseco”, nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, alla ragionevolezza del momento valutativo, nonché alla congruità e proporzionalità rispetto al fine perseguito.

Tali principi, d’altronde, sono stati sviluppati anche da questa Sezione in più di una occasione (tra le ultime: TAR Lazio, Sez. I, 3.4.18, n. 3675 e 22.1.18, n. 816), ove è stato precisato, al riguardo, come l'art. 143 del d.lgs. n. 267/2000, al comma 1 (nel testo novellato dall'art. 2, comma 30, della legge 94/2009), richieda che la situazione di condizionamento dell’ente locale da parte della criminalità sia resa evidente da elementi “concreti, univoci e rilevanti”, che assumano valenza tale da determinare “un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per “concretezza”, in quanto assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica;
per “univocità”, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire;
per “rilevanza”, che si caratterizza per l'idoneità all'effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell'ente locale (v. anche: Cons. Stato, Sez. III, 15.3.16, n. 1038).

E’ per questo, quindi, che il provvedimento di scioglimento ex art. 143 cit., in tal senso, non ha natura sanzionatoria, ma preventiva, perché posto a tutela della collettività e non avverso i singoli amministratori dell’ente “disciolto”, per i quali le ulteriori conseguenze (incandidabilità) sono valutate in distinto e autonomo procedimento i cui esiti sono impugnabili avanti altra autorità giudiziaria.

Per tale ragione le vicende che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un consiglio comunale ex art. 143 cit. devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso, per cui ben possono assumere rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali dei singoli amministratori ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione dell’amministrazione locale in quanto tale alla criminalità organizzata (non solo per vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione di cui al codice penale stesso (Cons. Stato, Sez. III, n. 4529/2015, n. 3340/2015 e n. 2054/2015).

La norma dell'art. 143 cit., infatti, consente l'adozione del provvedimento di scioglimento sulla scorta di indagini ad ampio raggio sulla sussistenza di rapporti tra gli amministratori e la criminalità organizzata, non limitate alle sole evenienze di carattere penale, ma sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza serio, anche se - come detto - di livello “inferiore” rispetto a quello che legittima lo svolgimento dell’azione penale o l'adozione di misure di sicurezza (Cons. Stato, Sez. III, 6.3.12, n. 1266).

E tale valutazione non atomistica, globale e “indiziaria”, nel senso sopra precisato, deve, sì, essere propria del controllo “postumo” in sede giurisdizionale ma lo deve essere anche al momento in cui sono adottati tutti i provvedimenti che dispongono lo scioglimento, a partire dalla relazione della Commissione d’indagine, fino a quella prefettizia e alla proposta del Ministero dell’Interno, recepita dal d.p.r. finale che lo pronuncia.

Fatta questa necessaria premessa, il Collegio anticipa che, facendo applicazione di tali principi, il ricorso proposto si palesa infondato, sulla base delle seguenti osservazioni, che non possono non prendere come base di riferimento, per quanto detto, i provvedimenti impugnati e il loro contenuto integrale.

Passando, quindi, all’esame del ricorso e secondo la sua impostazione, il Collegio osserva che i rapporti di parentela non sono stati evidenziati nelle relazioni “in quanto tali” ma nel quadro “d’insieme” che ha permesso di ricostruire la concreta presenza della malavita locale, per cui se è vero che lo stesso Consiglio di Stato (Sez. IV. n. 876/2016) – come osservato dai ricorrenti – ha precisato che il rapporto di parentela tra amministratori ed esponenti della malavita organizzata locale non può costituire, di per sé, un elemento indicativo di un collegamento rilevante ai sensi dell’art. 143 cit., ciò non toglie che tale rapporto possa essere considerato non per stigmatizzarlo in quanto tale o per ritenere che il sindaco eletto dovesse fare un controllo preventivo sulla posizione parentale di ogni eletto ma per evidenziare lo “sfondo” e il “quadro d’insieme” entro cui collocare le vicende specifiche prese in considerazione e la loro attitudine a legittimare il disposto scioglimento (Tar Lazio, Sez. I, n. 3675/18 cit.).

Valga evidenziare, sul punto, che la relazione della Commissione, come recepita da quella prefettizia, ha avuto modo di rilevare che nel Comune di -OMISSIS- è presente una “cosca” dominante, sin dagli anni sessanta, entrata in contatto anche a livello internazionale con altri esponenti stranieri per il commercio e spaccio di stupefacenti e componente di un “cartello” con altre “’ndrine” della fascia jonica proprio a tale scopo.

Che la ricorrente -OMISSIS-, quindi, affermi che il padre, accusato a vario titolo di “vicinanza” con la indicata famiglia malavitosa “egemone”, abbia visto archiviare un procedimento penale per reato associativo, non è elemento decisivo, in quanto, come detto, non è il rapporto in sé a essere oggetto di stigmatizzazione ma la sua collocazione nl quadro d’insieme locale.

A ciò si aggiunga che la stessa ricorrente ammette di essere nipote di soggetto pregiudicato e da numerosi anni (dal 2004) in stato di latitanza, con conseguente abbandono della famiglia e segnalazione di sua presenza in Colombia (a Medellin), per cui, proprio in virtù della ricordata espansione “internazionale” della cosca locale in “cartello” con altre, tale situazione ben poteva essere collocata nel quadro d’insieme necessario ad allertare gli organi competenti sulla potenzialità di infiltrazione rilevabile, per cui la latitanza in Colombia del nonno della ricorrente -OMISSIS- non appare elemento trascurabile in tal senso, come invece ritenuto nel gravame.

Sempre sotto il ricordato “quadro”, deve valutarsi anche l’osservazione per la quale l’ex vicesindaco di -OMISSIS- tra il 1999 e il 2009, arrestato e considerato esponente della locale cosca in contatto anche con altre, lo era stato anche nella consiliatura precedente al 2014, ove la stessa ricorrente -OMISSIS- era già sindaco (poi riconfermata nel 2014).

Deve poi rilevarsi che la stessa relazione indica che da operazioni di polizia negli ultimi anni è stato evidenziato che nel territorio del comune di -OMISSIS- è presente una specifica struttura criminale denominata “locale di -OMISSIS-”.

Nella relazione in questione, inoltre, risulta che un sottufficiale in congedo del Corpo Forestale, il cui nome era emerso in uno stralcio dell’operazione “Saggezza” che aveva interessato alcuni esponenti di sodalizi mafiosi operanti nel territorio della Locride, nel corso della campagna elettorale del 2014, dando esplicito appoggio al sindaco uscente (poi confermata), partecipando attivamente anche nella fase di creazione delle liste, si accompagnava per “-OMISSIS- nuovo” con costei per cercare di ottenere voti, secondo una specifica campagna elettorale “porta a porta”.

Anche tale elemento, soggiunge il Collegio, pur non assumendo valore di carattere penale e/o personale nei confronti del sindaco, conferma che esponenti legati alla malavita avevano facile accesso ad esponenti della compagine poi eletta, tra cui lo stesso sindaco, a testimonianza dell’attitudine di tale compagine a essere potenzialmente “infiltrata”. Ciò, poi, era confermato dall’altro elemento richiamato nella relazione e su cui i ricorrenti non si soffermano, secondo cui l’ex vicesindaco (poi decaduto in virtù di arresto per procedimento penale ex art. 416 bis c.p.) si era adoperato per appoggiare la lista del sindaco poi confermato, tra cui figuravano, peraltro, soggetti imparentati o in affinità con esponenti della malavita locale, il cui appoggio reputato alla lista contrapposta a quella del sindaco uscente non risultava confermato da indagini di p.s.

In più, la (comunque) riscontrata presenza di esponenti riconducibili alla malavita locale anche nella opposta lista, confermava ancor di più, ad opinione del Collegio, la situazione di permeabilità dell’apparato comunale alle infiltrazioni in questione, così che era richiesta una particolare attenzione e scrupolosità nella gestione dell’amministrazione comunale, invece non rinvenuta per quanto sarà in prosieguo indicato.

Passando agli elementi rilevati nelle relazioni poste alla base del provvedimento di scioglimento impugnato, il Collegio osserva quanto segue.

In primo luogo, è stato rilevato che tra i dipendenti del Comune di -OMISSIS- si segnalavano soggetti gravati da pregiudizi penali e/o di polizia e/o da vincoli e/o rapporti di parentela e/o frequentazioni con elementi della criminalità organizzata, tra cui spiccava un dipendente dell’area tecnica manutentiva e gestione del territorio.

In secondo luogo, è emersa un’inadeguatezza organizzativa e gestionale relativa all’attività di acquisizione di beni e servizi e ai lavori in economia. In particolare, nel periodo preso in considerazione, l’Amministrazione in carica non aveva mai indetto, ad inizio anno, apposite gare finalizzate all’affidamento di beni e di servizi di manutenzione varia né aveva richiesto più preventivi di spesa od offerte di prezzi validi per il periodo di tempo previsto, non procedendo, quindi, secondo il relativo Regolamento di contabilità comunale e ricorrendo all’affidamento diretto, con minori garanzie di trasparenza, vista la riscontrata assenza di DURC delle ditte prescelte, necessario sempre per il pagamento dello stato finale e della preventiva dichiarazione sostitutiva circa il possesso dei requisiti di legge necessari per poter contrattare con la Pubblica Amministrazione, oltre che dei requisiti di idoneità morale, capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria prescritta per prestazioni di pari importo affidate con le procedure ordinarie di scelta del contraente.

Risultava, quindi, che affidatarie dei contratti erano per la maggior parte dei casi sempre le medesime ditte, alcun delle quali riconducibili a soggetti collusi, per parentela diretta o frequentazioni, con esponenti della malavita, come dettagliatamente illustrato a pag. 119 e ss. della relazione della Commissione d’accesso, secondo cui: “ Appare evidente che le ditte riconducibili ai -OMISSIS- siano state più volte interessate da lavori pubblici nel Comune di

-OMISSIS-. Tale clientelismo proseguiva anche nei due mandati di -OMISSIS-, la cui famiglia ricordiamo essere legata da vincolo di parentela al -OMISSIS- e tramite questi vicina ai -OMISSIS- che, come evinto da quest’Arma, ne appoggiavano la candidatura .”

L’appoggio fornito dai -OMISSIS-, come dimostrato in informativa, è concreto e per nulla aleatorio, nonché riscontrato dalla presenza tra le file della -OMISSIS- del Consigliere -OMISSIS-.

Anche la ditta -OMISSIS-, all’apparenza lontana da ogni pregiudizio, è fattivamente riconducibile ai fratelli -OMISSIS- e alla cosca a cui essi appartengono. L’anello di congiunzione è l’ex presidente del consiglio comunale -OMISSIS-, per anni attivo e presente nella vita politica canolese. Anche il libero professionista -OMISSIS-, già Sindaco di -OMISSIS-, è chiaramente collegato ai -OMISSIS- e a quella che era, ed oggi è ancora – benché mai condannata dalla giustizia – la cosca di -OMISSIS- Centro. Analizzando quanto riportato sopra, oltre il connubio tra la politica locale e le ditte da essa chiamate ad operare, è possibile apprezzare come dal 1999 la politica del Comune di -OMISSIS- è sempre stata retta, direttamente o indirettamente, dagli stessi personaggi tutti chiaramente e indiscutibilmente vicini o annessi alle consorterie di “ndrangheta” operanti nel territorio;
senza dimenticare il ventennio di dominio diretto della cosca -OMISSIS- con sindaci il vecchio capo bastone -OMISSIS-
.”

Era, poi, dettagliatamente indicato nella relazione in questione che vi erano stretti rapporti tra la “cosca di -OMISSIS-” ed altre consorterie presenti nel comprensorio locrideo, tali da estendere l’influenza della malavita anche ad altre ditte non direttamente riconducibili a soggetti canolesi, beneficiate di affidamenti diretti in spregio delle procedure previste dal Regolamento comunale e ampiamente riconducibili a esponenti della malavita jonica, secondo le dettagliate indicazioni contenute nella relazione della Commissione (pag. 128 e ss. della relazione della Commissione d’accesso).

Sul punto i ricorrenti si soffermano sulla correttezza del loro operato e sul fatto che alcune ditte siano state oggetto di affidamento anche da parte della stessa Commissione straordinaria nominata in seguito allo scioglimento ma, in merito, il Collegio osserva, su tale ultimo profilo, che la Commissione svolge autonome deduzioni e opera nell’ottica della provvisorietà e continuità nel limiti del pubblico interesse, fermo restando che non tutte le ditte coinvolte sono risultate (ri)affidatarie. In secondo luogo, non risulta contestato che non vi siano state determine di affidamento – come richiamate dai ricorrenti - ma quel che ha rilevato ai fini del disposto scioglimento è essenzialmente che l’operato “disinvolto” della struttura comunale ha consentito, in assenza di controlli rigidi dovuti proprio alla permeabilità del territorio alla malavita organizzata, che comunque ditte colluse beneficiassero di affidamenti diretti.

Ugualmente, per quanto riguarda l’affidamento del servizio di accalappiacani e smaltimento carcasse, è emerso che la convenzione originaria del 2006 era continuamente rinnovata senza indagini di mercato e che il responsabile di una delle ditte beneficiarie era riconducibile a consorteria criminale, fermo restando che non risultava alcun effettivo controllo sulla corrispondenza tra le somme versate per animale e il relativo smaltimento di carcasse.

Inoltre, beneficiaria del servizio di autospurgo in affidamento diretto era pure una ditta riconducibile a una cosca dell’alto “jonio-reggino” in virtù di stretti rapporti di parentela.

Risultava, ancora, che l’autorizzazione rilasciata in favore dei richiedenti per l’uso al pascolo di alcuni terreni Comunali e il relativo contratto avevano forma retroattiva rispetto alla data di concessione all’uso e che tra i destinatari delle licenze, come risulta dagli accertamenti condotti dal Commissariato di Siderno, erano ricompresi soggetti contigui alla criminalità organizzata locale.

Ne consegue che se pure il Comune si era dotato di un regolamento per l’uso dei terreni a pascolo, come evidenziato dai ricorrenti, era l’uso delle licenze “a valle” ad aver favorito soggetti collusi, peraltro anche con retrodatazione non dovuta.

Anche la gestione dei beni confiscati appare correttamente inquadrata nel “quadro d’insieme” su ricordato, in quanto non risulta alcuna attività sollecitatoria da parte del Comune al fine di entrare concretamente in possesso del bene, anche al solo fine di variazione catastale.

Tale attività di inerzia deve riscontrarsi anche per quanto riguarda l’abusivismo edilizio, che ha favorito principalmente soggetti riconducibili alla malavita, in particolare al soggetto sopra richiamato che aveva accompagnato il sindaco nella campagna elettorale “porta a porta”.

I ricorrenti sostengono che il Comune aveva emesso un’ordinanza di sgombero ma ciò appare in contraddizione con la rilevata la realizzazione di opere di urbanizzazione, quali strade e punti di illuminazione, e con la concessione di allacci alla rete idrica, come rilevato anche da fotografie allegate alla relazione della Commissione d’accesso, fermo restando che nessun sopralluogo risulta mai disposto dall’Amministrazione comunale.

Anche dell’altro episodio di abusivismo edilizio individuato nella relazione hanno beneficiato soggetti riconducibili alla malavita locale e che in essi sia individuabile un’attività di falsificazione a carico di un tecnico comunale non è circostanza esimente, dato che solo a seguito di segnalazione dei Carabinieri il sindaco, nel novembre 2016, assumeva un’iniziativa avverso detto dipendente.

Sull’attività estrattiva da cava di pietra, dalla lettura della relazione non si evince che l’elemento sia stato considerato in virtù dei rapporti di parentela tra il sindaco ed esponenti di una ditta interessata ma sulla riscontrata abusività di tutta l’estrazione operata dal 2009 al 2016.

Per altra ditta, poi, è emerso che l’omessa esecuzione di sopralluoghi ha causato l’impossibilità di stabilire quando è avvenuta materialmente l’estrazione e quindi calcolare, in base alla normativa vigente all’epoca dell’estrazione, a quanto ammontava il dovuto per la “sovra-estrazione” in favore dell’Ente comunale né risultavano adottati altri atti e provvedimenti necessari per controllare il versamento di canoni annuali, per dare luogo alle ispezioni e controlli di legge, per autorizzare gli scarichi, per dare luogo alla rescissione contrattuale. A ciò si aggiunga che lo stesso sindaco, a quel che emerge dalla relazione, evidenziava ai cittadini di essersi adoperata per seguire la vicenda delle cave, pur non essendo tenuta per via del suo “munus”.

La commissione ha contestato che eventi combustivi non risultano inseriti nel catasto incendi.

I ricorrenti negano che vi sia stata omissione di dati ma, dalla relazione, risulta che due incendi, del settembre 2015 e dell’agosto 2016, non sono stati inseriti e questi riguardavano terreni su cui vi era interesse da parte di soggetti riconducibili alla malavita organizzata, come esplicitamente indicati nella relazione.

In definitiva, come riportato in tale relazione, è emerso che: “ L’impressione prevalente che ne deriva è quella di un diffuso e generalizzato caos amministrativo, frutto essenzialmente di scarsa competenza professionale per quanto concerne gli aspetti più propriamente “tecnici”, come anche di ignoranza, quantomeno colposa, delle discipline di settore. Irregolarità sono state riscontrate nell’istruttoria delle istanze di autorizzazione all’esercizio del pascolo, in diversi casi rilasciate a soggetti contigui alla criminalità organizzata, mentre sostanziale inerzia dell’Ente è stata registrata nella gestione dell’unico bene confiscato…assegnato al

Comune. Ulteriori omissioni da parte dell’Ufficio tecnico Comunale sono state individuate nel contrasto all’abusivismo commesso da individui ritenuti vicini alla cosca dominante sul territorio…”.

Dagli specifici accertamenti svolti dai Carabinieri sulle ditte affidatarie, poi, anche per procedure con importi modesti, è risultato, infatti, che buona parte dei titolari delle stesse sono gravati da vicende penali e/o collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata (Impresa individuale -OMISSIS-, Impresa individuale -OMISSIS- Antonio ecc.). Inoltre, delle ditte in questione (cfr. § 5.3.1 e 5.3.5) risultano destinatarie di certificazione interdittiva emessa dalla Prefettura in relazione ad appalti commissionati da altri Enti (-OMISSIS-).

In sostanza, la relazione in questione evidenziava che le irregolarità e le varie forme di deviazione riscontrate in sede di accesso riguardavano proprio settori imprenditoriali su cui si appuntavano i sostanziali interessi della malavita locale e che, in merito, o non vi era stato un esercizio di efficace vigilanza e controllo da parte del vertice politico amministrativo sull’apparato burocratico o vi erano state forme di ingerenza nell’adozione di provvedimenti.

Era abbondantemente illustrato, quindi, che era stato preso in considerazione un quadro indiziario generale idoneo a configurare i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale, senza necessità di immediati e definitivi riscontri in sede penale per quel che riguardava specifici comportamenti, fermo restando che il su richiamato sfondo aveva evidenziato il mantenimento di interessi e assetti preesistenti e funzionali ad un vantaggioso “status quo” per la malavita organizzata locale, dovuto alla generale connivenza da parte dell’amministrazione pubblica che, invece, si sarebbe dovuta subito e costantemente attivare per rimuovere le deviazioni evidenti riscontrate nel corso dell’accesso.

Né può assumere rilievo il richiamo dei ricorrenti alla costituzione di parte civile dell’amministrazione comunale in due procedimenti penali, a testimonianza, secondo la loro ricostruzione, dell’impegno profuso contro la locale criminalità organizzata.

Il Collegio osserva in merito che tali interventi non possono sminuire la significatività degli elementi indicativi del condizionamento subito dall’amministrazione comunale e dall’apparato burocratico, per cui il loro mancato richiamo non costituisce elemento idoneo a smentire l’attendibilità delle valutazioni rese nelle relazioni.

Compito dell’organo ispettivo, infatti, era quello di delineare eventuali fatti ritenuti rilevanti per la dimostrazione del rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata dell’amministrazione, per cui, una volta acquisiti gli elementi fattuali necessari per sostenere la richiesta di scioglimento, correttamente nelle relazioni non si è fatto cenno agli elementi “contrari”, quali - ad esempio - gli atti amministrativi “regolari”, le delibere conformi a legge, e le altre iniziative richiamate dai ricorrenti, in quanto ritenuti insufficienti – in comparazione con la complessità degli elementi negativi emersi in sede istruttoria - a far cadere l’impianto “accusatorio” (in tal senso: Cons. Stato, Sez. III, 2.10.17, n. 4578, secondo cui: “…Del resto – se bastasse qualche operazione “di facciata” per lenire il rischio di dissoluzione – sarebbe ben agevole farvi ricorso, eludendo in questo semplice modo la finalità perseguita della norma di cui all’art. 143 del D.Lgs. 267/2000.”).

Ad essere stata correttamente stigmatizzata, quindi, era la tendenza dell’attività degli organi politici a non porre in essere ciò che era loro compito nel dare luogo anche solo ad un’opera di vigilanza e controllo dell’apparato burocratico, al fine di evitare ingerenze da parte della criminalità organizzata, i cui esponenti comunque avevano (anche solo autonomamente) ritenuto comunque di trarre vantaggi dall’elezione del sindaco, come acclarato nella relazione.

Proprio la mancanza di un efficace controllo o vigilanza costituisce, infatti, un elemento di forte rilevanza al fine di individuare una riconducibilità all’organo politico dei vantaggi acquisiti a causa di tali omissioni da parte di soggetti “vicini” o direttamente appartenenti alla malavita organizzata, dato che - come detto - la funzione dei provvedimenti impugnati non è “sanzionatoria” verso i singoli ma rivolta ad evitare il perdurare dell’infiltrazione “mafiosa”, oggettivamente considerata.

Si ribadisce che è conclusione giurisprudenziale diffusa – a tale proposito – quella per la quale lo scioglimento ex art. 143 cit., in virtù della natura “non sanzionatoria” che lo contraddistingue, è legittimo sia qualora sia riscontrato il coinvolgimento diretto degli organi di vertice politico-amministrativo sia anche, più semplicemente, per l’inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune, che impongono l'esigenza di intervenire ed apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell'interesse pubblico dalla compromissione derivante da ingerenze estranee riconducibili all'influenza ed all'ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata (in tal senso: TAR Lazio, Sez. I, 28.8.15, n. 10899 e Cons. Stato, Sez. III, 6.3.12, n. 1266).

Il quadro indiziario complessivamente emerso dagli accertamenti istruttori, e valutato come significativo di una gestione amministrativa poco lineare, rende quindi ragionevolmente plausibile la conclusione per la quale l'attività dell'ente era, sia concretamente che potenzialmente anche per il futuro, permeata e permeabile a possibili ingerenze e pressioni da parte della criminalità organizzata specificamente individuata.

Tutti questi elementi, perciò, considerati nel loro insieme e inseriti nello sfondo di riferimento, possono essere ritenuti idonei a configurare i presupposti di concretezza, univocità e rilevanza richiesti dall’art. 143 TUEL ai fini dello scioglimento del Consiglio comunale, con il fine di prevenzione teso ad evitare anche solo il rischio di infiltrazione da parte della malavita organizzata già presente sul territorio.

Tenuto conto dei principi giurisprudenziali espressi in precedenza e della ricostruzione dei fatti di cui alle relazioni richiamate, quindi, per il particolare tipo di sindacato di legittimità “estrinseco” di cui dispone il giudice amministrativo nella materia in questione, il provvedimento dissolutivo impugnato risulta immune dai vizi di eccesso di potere dedotti.

Il ricorso, quindi, non può trovare accoglimento.

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