TAR Torino, sez. I, sentenza 2013-07-12, n. 201300891
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N. 00891/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00633/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 633 del 2009, proposto da:
Tora S.R.L., rappresentata e difesa dagli avv.ti G M e M M, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via Aurelio Saffi, 2;
contro
Comune di Ameno, rappresentato e difeso dagli avv.ti A R, L C e I P, con domicilio eletto presso A R in Torino, via Don Giovanni Minzoni, 14;Responsabile Sportello Unico Per Edilizia del Comune Di Ameno, Regione Piemonte, Responsabile Sportello Unico Attività Produttive Città Di Borgomanero;
nei confronti di
Massimo Ferri, Patrizia Ferri, Walter Ferri, Immobiliare Danila S.n.c. Di S F &C.;
per l'annullamento
dell'ordinanza di remissione in pristino n. 5/2009 prot. n. 1066 resa in data 16.3.2009, dal responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Ameno, notificata alla Società ricorrente in data 27.3.2009, con la quale è stato ingiunto di procedere alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi relativamente alle opere di nuova costruzione, consistenti nella realizzazione di deposito di materiali destinati alla commercializzazione, posti sull'area sita in Frazione Lortallo, via Carlo Porta e individuata al catasto terreni al mappale n. 421, foglio 9;
nonché per l'annullamento
di ogni atto preordinato, presupposto, conseguente e comunque connesso all'atto impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Di Ameno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società Tora s.r.l. - iscritta nel registro delle imprese impegnate nel settore del trattamento dei rifiuti - esercita attività di recupero del legno derivante dalla manutenzione straordinaria ovvero dallo smantellamento delle linee dei binari ferroviari. Nell’ambito di questa attività, le traverse lignee impiegate per sostenere i binari ferroviari, una volta rimosse (per essere rimpiazzate da traverse di cemento prefabbricato), vengono sottoposte a trattamenti di bonifica che le privano delle loro caratteristiche di tossicità, in maniera tale da non potere essere più incluse tra i “rifiuti pericolosi” ai sensi del D.lgs. 152/2006.
2. L’area adibita a tale attività - corrispondente ad una porzione pari alla metà del lotto di cui al Foglio 9 mappale n. 421, sito nel Comune di Ameno, in fraz. Lortallo, via Carlo Porta - è entrata nella disponibilità della Tora S.r.l. a seguito di stipula con la Società Immobiliare Danila di S F &C. S.n.c. di un contratto di locazione di area edificabile ad uso deposito.
Si tratta di un terreno compreso nella “cornice naturale” del Lago d’Orta, classificata come area di notevole interesse pubblico ex art. 157 D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e D.M. 1 agosto 1985 n. 5670 (cd. “galassino”) e inserita nel Piano Territoriale Provinciale, avente valenza di piano paesaggistico ai sensi dell’art. 143 del Codice Urbani.
3. Ciò premesso, in data 10 novembre 2008 il Comune di Ameno, avendo appurato che sul detto terreno si svolgeva un’attività di deposito di traversine ferroviarie dismesse, indirizzava all’amministratore della Tora s.r.l. una richiesta di idonea documentazione al fine di verificare la legittimità della attività di deposito dei materiali, con riferimento alla sussistenza dei necessari titoli abilitativi, sia di tipo edilizio, sia di tipo paesaggistico.
Faceva seguito in data 17 novembre 2008 un sopralluogo del responsabile dell’ufficio tecnico comunale nel corso del quale veniva riscontrata la “formazione di deposito di materiali definiti quali “materie prime secondarie destinate al riutilizzo” consistenti in traversine in legno dismesse dall’uso ferroviario così depositate: in parte accatastate direttamente sul terreno e in parte contenute in 8 container”.
A seguito del verbale di accertamento scaturito dal suddetto sopralluogo, il responsabile del servizio tecnico adottava l’ordinanza n. 18 del 24 novembre 2008 n. prot.4061 con la quale si ingiungeva al legale rappresentante della ditta esecutrice Tora S.r.l. (oltre che al proprietario dell’area e al direttore dei lavori) – “di procedere alla immediata sospensione dei lavori nonché alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi, e quindi alla “rimozione del materiale depositato parte accatastato sul terreno e parte contenute nei n. 8 container presenti sul sito.
Nel provvedimento si evidenziava che le attività in corso sull’area non erano conformi alla DIA n. 48/05 del 2 dicembre 2005 (rilasciata al proprietario dell’area Ferri Massimo Pasquale e legittimante unicamente interventi di livellamento e recinzione del terreno) e all’autorizzazione paesaggistica già in precedenza rilasciata (ai sensi della L.R. 20/1989) n. 14/06 del 20 marzo 2006.
Solo successivamente, in data 19 dicembre 2008, la Tora s.r.l. presentava richiesta di permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto “riqualificazione e autorizzazione al deposito di materiali edili per la commercializzazione”.
Il responsabile dell’ufficio tecnico disponeva quindi ulteriori verifiche dello stato dei luoghi, nel corso delle quali (in data 15 dicembre 2008) veniva rilevata la presenza di “8 container colmi di traversine, n. 2 rimorchi altrettanto colmi e traversine accatastate sul terreno per una superficie occupata di 17 ml di lunghezza, 9 ml di larghezza e circa 3 ml di altezza per un volume stimato di circa 450 metri cubi e un ulteriore deposito piuttosto limitato di traversine in cemento”.
In data 23 dicembre 2008, il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Ameno richiedeva alla Tora s.r.l. una serie di integrazioni documentali con riferimento all’istanza di permesso di costruire in sanatoria.
Nella medesima data (23 dicembre 2008) la Ditta Immobiliare Danila di S F &C. S.r.l. presentava domanda di permesso di costruire in sanatoria ad integrazione di quella proposta dal Sig. Torresan, avente ad oggetto l’altra metà del terreno oggetto della attività di deposito.
In data 26 gennaio 2009 lo Sportello Unico per le Attività Produttive di Borgomanero formulava alle società Tora e Immobiliare Danila una richiesta di integrazione documentale ai fini del perfezionamento del procedimento di sanatoria edilizia e autorizzazione paesaggistica.
Con tale richiesta si faceva presente che “il procedimento unificato non avrà inizio sino a quando non perverrà a questa struttura tutta la documentazione mancante” e che decorso il termine di trenta giorni “senza ulteriore preavviso il procedimento verrà archiviato e la documentazione depositata presso il Comune interessato dall’intervento per gli eventuali provvedimenti di competenza”.
A seguito del mancato deposito delle integrazioni richieste, aveva luogo l’archiviazione de plano del procedimento.
In data 16 marzo 2009 il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Ameno eseguiva un ulteriore sopralluogo in loco, nel corso del quale emergeva che quanto disposto con ordinanza n. 18 del 24 novembre 2008 non risultava ottemperato e che sull’area permanevano depositate traversine trattate e non trattate “in parte depositate direttamente sul terreno e in parte contenute nel container”.
In data 16 marzo 2009 il responsabile del servizio urbanistica del Comune di Ameno varava, pertanto, un’ordinanza per la rimessione in pristino dello stato dei luoghi relativamente alle “opere di nuova costruzione consistenti nella realizzazione di deposito di materiali destinati alla commercializzazione posti sull’area sita in fraz. Lortallo, via Carlo Porta e individuata al catasto terreni al mappale n. 421 del foglio n. 9”.
4. Giunge ora a decisione il procedimento con il quale Tora s.r.l. impugna l’ordinanza n. 5 del 16 marzo 2009 sulla base del seguente unico articolato motivo: violazione ed errata applicazione dell’art. 136 e dell’art. 167 D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42;violazione ed errata applicazione dell’art. 31, comma 2, DPR 380/2001;violazione, falsa o errata applicazione degli artt. 59 e 64 L.R. 56/1977 e dell’art. 16 L.R. 3 marzo 1989 n. 20;violazione ed errata applicazione di legge con riferimento alla legge 7 agosto 1990 n. 241 e al D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42;eccesso di potere per errore essenziale e carenza assoluta dei presupposti e di attività istruttoria;difetto o insufficienza della motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria;violazione del principio dell’imparzialità e del buon andamento della p.a..
In particolare la ricorrente: a) ha rilevato l’assenza nel provvedimento impugnato di un’intellegibile ragione ostativa alla permanenza del deposito di materiali inerti;b) ha eccepito la mancata comunicazione dei motivi ostativi al conseguimento della sanatoria edilizia;c) ha assunto che il deposito in questione non necessitasse di alcun titolo abilitativo, in quanto non costituirebbe causa di trasformazione dello stato dei luoghi;d) ha eccepito l’insussistenza sull'area di limiti paesaggistici di sorta;e) ha lamentato che ad altre società e nel medesimo contesto ambientale è stato consentito lo svolgimento di analoga attività di deposito.
5. A seguito della costituzione del Comune di Ameno e del rigetto dell’istanza cautelare di sospensiva, il procedimento è pervenuto a decisione all’udienza del 27 giugno 2013.
6. I motivi di ricorso non paiono provvisti di fondamento.
Va innanzitutto respinto il rilievo secondo il quale l’attività di deposito avviata sul fondo cui al foglio 9 mappale n. 421 non necessiterebbe di alcun titolo abilitativo, non integrando causa di trasformazione dello stato dei luoghi.
L'affermazione urta in via di fatto con le emergenze dei verbali di sopralluogo prodotti in giudizio che illustrano come il sedime sia occupato da:
- otto container colmi di traversine;
- due rimorchi altrettanto colmi;
- altre traversine accatastate sul terreno, per 17m di lunghezza, 9 m di larghezza e circa 3 m di altezza quindi con un volume di 450 mc.
L’argomentazione contrasta, inoltre, in punto di diritto, con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale - in presenza di opere che implichino una stabile (benché non irreversibile) trasformazione del territorio, preordinata a soddisfare esigenze non precarie - è necessario il rilascio di un idoneo titolo edilizio (cfr., ex multis, Cons. St. sez. IV, 24 luglio 2012, n. 4214).
Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che, qualora l'entità del deposito dei materiali e la stabilità dell'utilizzazione dell'area emergano con una certa evidenza, è da ritenersi realizzata una trasformazione permanente dell'assetto edilizio del territorio, necessitante di concessione edilizia (T.A.R. Milano sez. IV, 20 dicembre 2011, n. 3307 e sez. ll, 11 marzo 2011, n. 583).
Nel caso di specie, in considerazione dell'entità del deposito di materiali e mezzi d'opera, del relativo ingombro (evincibile dalla documentazione fotografica in atti) e della stabilità dell’utilizzazione dell'area come deposito (l'amministrazione ha, difatti, constatato la posa di materiale inerte già con verbale del 17 novembre 2008), è da ritenersi certamente realizzata una trasformazione permanente dell'assetto edilizio del territorio, necessitante del rilascio di permesso di costruire ai sensi dell'art. 3, lett. e7), d.P.R. n. 380/2001 (che fa riferimento alle ipotesi di “realizzazione di depositi di merci o di materiali” e di “realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo in edificato”).
7. In replica ad un’ulteriore contestazione contenuta in ricorso si osserva che la sussistenza da lungo tempo dell’opera abusiva non esclude certamente il potere di controllo e di repressione del comune in materia urbanistico-edilizia, perché l'esercizio di tale potere non è soggetto a prescrizione o decadenza. Ne consegue che l'accertamento dell'illecito amministrativo e l'applicazione della relativa sanzione possono intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell'abuso, senza che il ritardo nell'adozione della sanzione comporti sanatoria o il sorgere di affidamenti o situazioni consolidate (T.A.R. Milano sez. II, 17 giugno 2008, n. 2045 e 11 marzo 2011, n. 583).
8. Quanto all’asserita carenza motivazionale dell'atto gravato, ritenuto inidoneo a far comprendere le ragioni ostative alla permanenza del deposito, si osserva che le ragioni giustificative dell’ordinanza sono adeguatamente esplicitate con l'affermazione dell'accertata abusività delle opere, sotto il profilo dell’assenza dei titoli abilitativi di tipo edilizio e paesaggistico. L’ordinanza dà inoltre atto dell’archiviazione del procedimento di sanatoria avviato da Tora s.r.l., determinatasi in conseguenza del mancato deposito della documentazione integrativa richiesta. Attesa la doverosità dell'esercizio del potere di repressione degli abusi edilizi e dell’insussistenza, a fronte di un comportamento illecito, di un affidamento meritevole di tutela, alcun altro onere motivazionale poteva gravare sulla pubblica amministrazione.
L'ordine di demolizione, infatti, costituisce atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né infine una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo non può giammai legittimare, a maggiori ragione laddove l'abuso ricada in zona soggetta a vincola paesaggistica (cfr. T.A.R. Liguria sez. I, 29 gennaio 2013, n. 217;T.A.R. Napoli sez. II, 12 marzo 2013, n. 1410 e sez. III, 8 marzo 2013, n. 1374).
8.1 Quanto al difetto di motivazione in relazione all'istanza di permesso di costruire in sanatoria (depositata in data 23 dicembre 2008), occorre osservare come il procedimento sia stato archiviato de plano dallo sportello unico per le attività produttive del Comune di Borgomanero a causa dell'inerzia della richiedente nel produrre la documentazione necessaria che le era stata richiesta.
Sul punto si rammenta che l'art. 36 DPR n. 380/2001 prevede che con il decorso del termine di sessanta giorni ivi previsto - in caso di silenzio della p.a. - l'istanza di accertamento di conformità avanzata dal privato è da considerarsi rigettata.
Tale silenzio - diniego, formatosi sull'istanza di accertamento di conformità, pur essendo passibile di autonoma impugnazione, non è mai stato gravato dalla ricorrente, sicché non è qui consentito dolersene per presunti vizi formali o motivazionali (cfr. T.A.R. Napoli sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2440;sez. III, 15 gennaio 2013, n. 288;sez. II, 23 luglio 2012, n. 3507;T.A.R. Piemonte sez. I, 8 marzo 2006, n. 1173).
8.2 Analoga infondatezza connota la tesi per la quale sarebbero stati violati gli artt. art. 10 bis e 7 della L. n. 241/1990.
A fronte della mancata integrazione della documentazione richiesta, necessaria per valutare la compatibilità edilizia e ambientale dell’opera, l'attività provvedimentale (di per sé vincolata al riscontro della doppia conformità e priva di margini discrezionali) non poteva che condurre al rigetto dell'istanza di sanatoria, con conseguente inconsistenza delle censure formali attinenti alla violazione degli artt. 7 e 10 bis, L. n. 241 del 1990 (cfr. ex multis T.A.R. Napoli sez. IV, 08 aprile 2013, n. 1822).
Peraltro, l'archiviazione del procedimento di sanatoria per effetto della mancata produzione da parte della richiedente dei necessari documenti, è stata preannunciata dalla p.a. procedente nella stessa richiesta di integrazione documentale, sicché anche sotto questo profilo la censura di violazione dei principi riguardanti le facoltà di partecipazione al procedimento appare destituita di fondamento.
9. Infondate risultano anche le doglianze di pretesa violazione del principio di imparzialità e buon andamento, argomentate facendo riferimento ad un'attività di deposito di materiali edili, da tempo cessata, in essere su un'area limitrofa ricadente nella disponibilità della ditta Nuova Faredil s.a.s..
La ricorrente osserva come ad altre società e nel medesimo contesto ambientale sia stato consentito lo svolgimento di attività di deposito del tutto analoghe a quella in contestazione.
Sul punto è sufficiente osservare che ogni singolo intervento edilizio è soggetto a specifica valutazione, con particolare riguardo al suo inserimento nel contesto paesistico e ambientale già esistente. Ciò posto, la circostanza che in relazione ad altre istanze di sanatoria o di concessione, aventi ad oggetto opere ricadenti nel medesimo contesto vincolato, l’amministrazione possa avere ritenuto di avallare interventi conservativi, oltre a non risultare adeguatamente dimostrata nel caso concreto, non vale comunque a configurare disparità di trattamento in mancanza della prova - che incombeva alla ricorrente fornire - della identità delle situazioni sostanziali sottese alle diverse domande di concessione in sanatoria.
In altri termini, non può tradursi in vizio di legittimità del provvedimento la presenza, nell'area interessata, di altre opere asseritamene omogenee a quella non assentita, sia perché ognuna di dette opere è diversa dalle altre per consistenza, ubicazione, periodo di realizzazione;sia perché un eventuale pregresso comportamento illegittimo dell'amministrazione non può valere a sanare un'ulteriore illegittimità. Anzi, una situazione di compromissione del panorama naturale da parte di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che ulteriori opere non deturpino irreversibilmente l'ambiente protetto (Cons. St., sez. VI, 09 giugno 2009, n. 3557;22 novembre 2010, n. 8117 e 27 marzo 2012, n. 1813).
10. In conclusione, resta da esaminare la questione afferente ai limiti di tutela paesaggistica.
L'area in questione risulta sottoposta a vincolo paesaggistico sotto svariati profili:
- come "cornice naturale del Lago d'Orta" ai sensi del D.M. 1 agosto 1985 n. 5670, fatto salvo dall'art. 157 comma 1 lett. b) del d.lgs 42/2004;
- come ambito di elevata qualità paesistico-ambientale per effetto del Piano Territoriale Provinciale avente valenza di piano paesaggistico, ai sensi dell'art. 143 del d.lgs 42/2004, approvato con D.C.R. 383-28597 del 5.10.2004;
- come area tutelata per legge ex art. 142, lett, b) e g) d.lgs 42/2004, perché
contermine a lago e boschiva.
E’ evidente, quindi, che l'attività di deposito avrebbe richiesto l'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, posto che l'entità e la tipologia di materiali accumulati sono certamente idonee ad introdurre modificazioni del territorio lesive del valore paesaggistico della zona, creando un'alterazione dannosa agli assetti ecologici, morfologici e di tutela ambientale del territorio vincolato.
Dal che risulta palese l'inconsistenza giuridica della doglianza con la quale si afferma l’insussistenza di vincoli ambientali incidenti sull’area.
10.1 Sempre in tema la ricorrente lamenta omissioni nel procedimento di formazione dell'autorizzazione paesaggistica richiamando alcune disposizioni contenute nell'art 146 del D. Lgs. n. 42/2004.
Il richiamo alla disposizione citata appare tuttavia fuori segno, posto che alla fattispecie in esame più correttamente si addice l’istituto dell’accertamento paesaggistico in sanatoria, di cui al successivo art. 167 D.lgs. n. 42/2004.
Rispetto, poi, all’art. 167 va rilevato che le opere in questione - con ogni evidenza e per le loro caratteristiche - non potrebbero rientrare in alcuna ipotesi di autorizzazione paesistica postuma.
L'art. 167, co. 1, D. Lgs. n. 42/2004 (come novellato dall'art. 27 D. Lgs. n. 157/2006) prevede come opzione ordinaria quella della demolizione, alla quale consente derogarsi (con eccezionale possibilità di accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento realizzato in difformità) solo in queste tassative ipotesi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'art. 3 del decreta del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380".
L'attività di Tora S.r.l. non pare sussumibile in nessuna delle circoscritte e limitate ipotesi che precedono, per l'entità e la consistenza dell'intervento realizzato (otto container, due rimorchi e altri 450 metri cubi, tutti di traversine).
Le ragioni sin qui esposte conducono all’integrale rigetto del ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.