TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2021-12-02, n. 202107749

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2021-12-02, n. 202107749
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202107749
Data del deposito : 2 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2021

N. 07749/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00475/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 475 del 2021, proposto da
A L, R P, N M, G S e B C, rappresentati e difesi dall'avvocato I S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Mnistero dell'Interno, in persona del Mnistro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

nei confronti

Inps, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento

della illegittimità del silenzio illegittimamente serbato dalle Amministrazioni intimate a seguito ed in relazione all’atto di diffida inviato a mezzo PEC dai ricorrenti;

del diritto alla rideterminazione del trattamento di fine servizio con inserimento nella relativa base di calcolo del beneficio dei sei scatti stipendiali previsto dall’articolo 6- bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 472.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Inps e del Mnistero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2021 Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso collettivo all’esame, notificato il 4 febbraio 2021 e depositato in segreteria il giorno successivo, i ricorrenti espongono: a) di essere dipendenti della Questura di Napoli (sig. P), del Mnistero dell’Interno – direzione centrale personale (sig. M) e della Prefettura di Napoli (i restanti tre ricorrenti) cessati a domanda dal servizio e posti in quiescenza;
b) di aver chiesto all’INPS a mezzo di apposita diffida di computare nel trattamento di fine servizio loro spettante sei scatti stipendiali secondo quanto previsto dall’articolo 6- bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472.

1.1. Stante l’inerte contegno serbato dall’INPS sulle ridette istanze, i ricorrenti insorgevano, indi, avanti questo TAR, denunciando l’illegittimità del silenzio e chiedendo che fosse accertato il loro diritto alla rideterminazione del trattamento di fine servizio con inserimento nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali secondo quanto previsto dall’articolo 6- bis e condanna dell’INPS a corrispondere il trattamento spettante (al netto ovviamente di quanto già corrisposto).

1.2. L’INPS ed il Mnistero dell’Interno si costituivano in giudizio, instando per la reiezione del gravame.

1.3. L’INPS, in particolare, eccepiva la inammissibilità del ricorso, nella parte diretta a censurare il silenzio inadempimento, stante da un canto la inesistenza dell’obbligo di provvedere sulla istanza presentata dai ricorrenti (che integrerebbe una richiesta di riesame in autotutela dei provvedimenti di liquidazione della indennità di buonuscita a suo tempo adottati) e dall’altro la formazione del silenzio rigetto sulle ridette istanze ex art. 7 l. 533/73;
viene poi eccepito che nei confronti del ricorrente L sarebbe maturatala prescrizione quinquennale (decorrente dalla data di cessazione del servizio), nel mentre neanche sarebbe stata indicata la data di assunzione di essi ricorrenti al fine di verificare se, alla data di cessazione dal servizio, essi avessero meno di 55 anni di età;
nel merito l’INPS rimarcava la infondatezza delle pretese azionate.

1.4. La causa, al fine, veniva introitata per la decisione all’esito della discussione tenutasi nella odierna udienza pubblica.

2. Il ricorso collettivo è in parte inammissibile per difetto di giurisdizione –relativamente alle due domande presentate dai sigg. P e M, siccome peraltro prospettato ai difensori delle parti nel corso della udienza di discussione- e infondato per quanto attiene alle restanti tre domande.

2.1. E, invero, come espressamente allegato nel ricorso introduttivo e pacificamente riconosciuto dalle parti anche nel corso della odierna udienza di trattazione:

- i sigg. P e M appartenevano al “ personale civile del Mnistero dell’Interno ”, essendo il primo un “ ex dipendente della Questura di Napoli ” ma non facente parte della Polizia di Stato, e il secondo un “ ex dipendente del Mnistero dell’Interno presso la direzione centrale personale ”;

- all’art. 63, comma 1, del d.lgs. 165/01 è testualmente dato leggere che “ Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti ”;

- l’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/01, a sua volta, dispone che “ Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI ”;

- il comma 4, di poi, del medesimo art. 63, nel tratteggiare le ipotesi “eccettuative” alla generale previsione della potestas iudicandi del giudice ordinario in subiecta materia , dispone che “ Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi ”;

- l’art. 3, al fine, nel partitamente individuare le categorie di pubblici impiegati “sottratte” alla generale giurisdizione del giudice ordinario, prevede che “ In deroga all'art. 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287 ”.

2.1.1. In claris non fit interpretatio .

Le pretese azionate dai sigg. P e M, in quanto promananti da dipendenti “civili” del Mnistero dell’Interno – id est non appartenenti alla Polizia di Stato- né tampoco facenti parte della carriera prefettizia:

- rientrano nella regola generale foggiata agli artt. 63, comma 1, e 1, comma 2, d.lgs. 165/01;

- esulano dalle ipotesi eccettuative tassativamente enumerate all’art. 3 del d.lgs. 165/01;

- sono conoscibili, indi, dal giudice ordinario e non già da questo TAR.

2.2. Le restanti tre domande, pure presentate uno actu con il ricorso collettivo in esame, non sono fondate.

2.2.1. Preliminarmente vanno respinte le preliminari, plurime, eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dall’INPS, atteso che i ricorrenti, al di là dell’impugnazione del silenzio sulle istanze serbato, agiscono per l’accertamento di un diritto che ha come presupposto la cessazione dal servizio che, essendo incontestatamente verificatasi per tutti i ricorrenti, è idonea a radicare l’interesse alla decisione.

2.3. Può quindi passarsi al merito della controversia.

2.3.1. La infondatezza delle pretese dei ricorrenti consente di tenere in non cale la eccezione di prescrizione formulata dall’Inps, peraltro in relazione alla sola posizione del sig. L.

2.4. In via liminare valga il rammentare che l’istituto dei 6 scatti stipendiali, ai fini della liquidazione della pensione e dell’indennità di buonuscita, nasce con la legge 804/73 per i soli generali e colonnelli, nei casi di cessazione dal servizio per limiti di età, perchè la loro età per la cessazione dal servizio era inferiore a quella prevista per gli altri dipendenti pubblici. Per lo stesso motivo il beneficio è stato esteso al restante personale delle Forze Armate, con la legge 468/87 e a quello delle Forze di polizia ad ordinamento civile con la legge 472/87, nei casi di cessazione dal servizio per limiti di età, fisica inabilità o decesso.

2.4.1. Come accennato i ricorrenti rivendicano il beneficio dell’articolo 6- bis del d.l. n. 687 del 1987 secondo cui “ al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio …. ”;
essi puntualizzano che in base al secondo comma dell’articolo 6- bis il beneficio spetta anche “ al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile ”.

2.4.2. Trattasi di una disposizione che ex professo è limitata al solo personale della Polizia di Stato, di cui i tre ricorrenti de quibus all’evidenza non facevano parte, appartenendo alla carriera prefettizia.

2.4.3. Peraltro una tale limitazione, con la assimilazione in parte qua della sola Polizia di Stato alle Forze Armate, ben rinviene una ragionevole giustificazione a cagione della natura per certi versi “similare” dei compiti disimpegnati dagli agenti e dai funzionari di polizia (nella generale attività di prevenzione e repressione dei reati, di controllo dell’ordine e della sicurezza pubblica) rispetto a quelli dei militari; eadem ratio che, all’evidenza, non ricorre per il personale civile del Mnistero dell’Interno che in nulla si differenzia rispetto agli altri pubblici impiegati, e per i quali indi il beneficio in parola non è contemplato.

2.5. Né può venire in rilievo l’art. 17 del DPR 340/82, invocato dai ricorrenti a mente del quale “ Ai vice consiglieri di prefettura e di ragioneria, competono lo stipendio e la progressione economica previsti per i funzionari della Polizia di Stato di cui alla lettera e), settimo comma, dell'art. 43 della legge 1° aprile 1981, n. 121. Ai direttori di sezione ed ai direttori di sezione di ragioneria competono lo stipendio e la progressione economica previsti per i funzionari della Polizia di Stato di cui alla lettera f) del settimo comma dell'art. 43 della legge suddetta. Ai vice prefetti ispettori aggiunti ed ai direttori aggiunti di divisione di ragioneria competono lo stipendio e la progressione economica previsti per i vice questori aggiunti del ruolo della Polizia di Stato di cui alla lettera g) del settimo comma dell'art. 43 della legge citata ”, trattandosi di disposizione:

- abrogata, dall’art. 7, D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398;

- inapplicabile a latere soggettivo agli attuali ricorrenti, che non mai allegano, né tampoco comprovano, di avere acquisito le specifiche qualifiche normativamente contemplate nel ridetto art. 17, id est : qualifica di “ vice consiglieri di prefettura e di ragioneria ”, “ direttori di sezione ed ai direttori di sezione di ragioneria ”, “ vice prefetti ispettori aggiunti ed ai direttori aggiunti di divisione di ragioneria ”;

- inapplicabile a latere oggettivo , vertendo la previsione sullo “ stipendio ” e sulla “ progressione economica ”, e non anche sulle modalità di determinazione della indennità di buonuscita

2.6. Anche la pronunzia del Consiglio di Stato (1231/19), invocata dai ricorrenti a supporto della loro tesi, non è di contro conducente ai fini che ne occupano, essendosi fatta applicazione in quel caso dell’art. 6, comma 3- bis del d.l. 387/87, a mente del quale “ al personale dirigente indicato nel diciannovesimo comma dell'articolo 43 della legge 1° aprile 1981, n. 121, come sostituito dall'articolo 20 della L. 10 ottobre 1986, n. 668 , ed ai dirigenti del Corpo forestale dello Stato e del Corpo degli agenti di custodia, che cessi dal servizio nelle condizioni previste dai commi 1 e 2, si applica il beneficio previsto dall'articolo 13 della L. 10 dicembre 1973, n. 804 ”, estendendosi il beneficio de quo agitur , indi, esclusivamente al personale con qualifica dirigenziale.

Di qui la chiara inapplicabilità, ratione personae , anche della ridetta disposizione e delle invocate statuizioni giurisprudenziali rese sul punto, non avendo i ricorrenti giammai allegato di avere ricoperto qualifiche dirigenziali all’interno della carriera prefettizia.

2.7. Le considerazioni suesposte militano, sotto molteplici profili, per la inesistenza in nuce del diritto per cui quivi si insta.

2.8. Valga in appresso, nondimeno, rilevare la infondatezza della pretesa azionata dai ricorrenti anche sotto altro aspetto.

2.8.1. Anche a voler obnubilare le di per sé dirimenti considerazioni suesposte – circa la inapplicabilità redicitus del beneficio de quo , a latere soggettivo ed oggettivo - la tesi dei ricorrenti – che invocano sempre il recente precedente del Consiglio di Stato (CdS, III, 1231/19 cit.) è che il beneficio in questione si applichi anche a coloro i quali siano cessati dal servizio a domanda, che abbiano compiuto 55 anni di età, e vantino almeno 35 anni di servizio utile.

2.8.2. Va però rilevato che l’articolo 4 della legge 30 aprile 1997, n. 165, espressamente intervenendo nella materia disciplinata dal più volte citato articolo 6- bis ha espressamente escluso l’applicazione dei benefici ivi previsti nel caso di cessazione dal servizio a domanda (salvo pagamento della restante contribuzione previdenziale calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito), sicchè anche se si ritenesse che ai ricorrenti fosse applicabile l’articolo 6- bis (non si comprende davvero in qual guisa, al lume delle suesposte considerazioni) comunque non spetterebbe loro il beneficio, perché esso è stato escluso per i collocamenti a riposo a domanda dalle previsioni dell’articolo 4 della legge 165 del 1997 che è tuttora in vigore non essendo stata abrogata (in questo senso, in termini, la recente pronunzia di questo TAR, 12 novembre 2021, n. 7221;
T.R.G.A. Trento, 1 luglio 2021, n. 114).

2.8.3. Né potrebbe obiettarsi che la disciplina del citato articolo 4 si riferisca soltanto alla determinazione della base pensionabile e non influisca quindi sulla indennità di fine rapporto. La disposizione dell’articolo 4 infatti ha ad oggetto “i benefici” indicati dalle varie disposizioni citate (tra cui il 6- bis del d.l. n. 379 per effetto del richiamo all’articolo 21 della legge 232 del 1990) e quindi ha una efficacia non limitata all’ambito previdenziale tanto più che il trattamento in contestazione pur costituendo una forma di retribuzione differita ha un’indubbia funzione previdenziale;
in definitiva l’articolo 4 citato ha chiaramente voluto ripristinare l’originario ambito applicativo del beneficio del riconoscimento dei sei scatti stipendiali limitandolo – coerentemente con la sua originaria ratio di carattere premiale – ai casi di cessazione dal servizio per morte, inabilità fisica o raggiungimento dei limiti di età e con esclusione del collocamento a riposo a domanda (salvo “ pagamento della restante contribuzione previdenziale di cui al comma 3, calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito ”, come dispone il comma 4).

3. Le spese di giudizio possono essere compensate attesa l’incertezza giurisprudenziale in materia.

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