TAR Ancona, sez. I, sentenza 2017-01-09, n. 201700029
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 09/01/2017
N. 00029/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00362/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 362 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A N, rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Domenico Liso in Ancona, corso Garibaldi, 19;
contro
Ministero dell'Interno, Questore di Ancona, Prefetto di Ancona, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
per l'annullamento
- del provvedimento di rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, emesso dal Questore della Provincia di Ancona in data 31.10.2011, già impugnato con ricorso gerarchico ex art. 2 D.P.R. 1199/1971 presentato al Prefetto di Ancona, depositato in data 16.12.2011 e conclusosi in data 15.3.2012 con silenzio-rigetto ai sensi dell'art. 6 DPR. 1199 del 1971;
- e, per quanto occorrer possa, del silenzio-rigetto del Prefetto di Ancona formatosi in data 15.03.2012 sul ricorso gerarchico anzidetto;
- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso, consequenziale;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, del Questore di Ancona e di Prefetto di Ancona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2016 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Al ricorrente, cittadino albanese da tempo residente nel territorio nazionale, coniugato (con ricongiungimento del nucleo familiare) e con un figlio nato in Italia, è stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato sulla base della sua pericolosità sociale, basata sulla sentenza n. 1702/2010 del 11.10.2010 del Tribunale di Ancona, che lo ha condannato ad anni 8 di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed espulsione dal territorio dello Stato a fine pena, per vari reati in materia stupefacenti.
Il ricorrente ha presentato ricorso gerarchico contro il provvedimento, sul quale si è formato il silenzio rigetto ai sensi dell’art. 6 del DPR 1199 del 1971.
Con il ricorso introduttivo ha dedotto, con tre motivi di ricorso, la violazione articolo dell’art. 10 bis della legge 241 del 1990, nonché la violazione dell’art. 4, commi 3 e 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 ( Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero ), eccesso di potere sotto vari profili e difetto di motivazione, per la mancata considerazione sia della situazione personale e familiare, sia dell’appello presentato avverso la sentenza di condanna.
Con ordinanza 8.6.2012 n. 311 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo la sussistenza di tutti i presupposti per l’adozione del provvedimento impugnato, il quale non poteva che denegare il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, alla luce del carattere ostativo della condanna subita dal ricorrente, indicativa di pericolosità sociale, correttamente valutata dall’amministrazione.
L’ordinanza è stata confermata in appello (Cons. Stato, III, ord. n. 3887 del 2012).
In data 9.10.2012 è stato pubblicato il dispositivo della Corte di Appello di Ancona relativo all’appello contro la sentenza di condanna, che ha visto la pena del ricorrente ridotta a tre anni di carcere, 14.000 euro di multa, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e non confermata la misura di sicurezza dell’espulsione a fine pena.
Il ricorrente ha quindi presentato motivi aggiunti, depositati in data 14.12.2012, avendo altresì presentato all’Amministrazione istanza di autotutela notifica in data 28.11.2012, rimasta senza risposta.
Deduce ancora la violazione dell’art. 4, commi 3 e 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 ed eccesso di potere sotto vari profili, con riferimento alla mancata considerazione dell’appello verso la sentenza e alla mancata valutazione della situazione personale e familiare del ricorrente, anche alla luce della significativa riforma della sentenza di condanna. Ribadisce inoltre le censure già dedotte con il ricorso introduttivo.
Con ordinanza 11.1.2013 n. 4, il Tribunale ha ritenuto che il provvedimento impugnato, per il quale era stata già respinta l’istanza cautelare con ordinanza di questo Tar confermata in appello, mantenesse la sua validità con riguardo all’epoca di emanazione. Si rilevava altresì come la Corte d’Appello avesse riformato la sentenza di condanna di primo grado solo parzialmente, condannando il ricorrente a tre anni di reclusione (pena ridotta per il rito abbreviato) e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, per detenzione e spaccio di stupefacenti. Si osservava quindi come il provvedimento impugnato potesse solo essere oggetto di una nuova valutazione da parte dell’amministrazione, come peraltro già richiesto dal ricorrente.
Si è costituita l’Amministrazione, resistendo al ricorso.
Alla pubblica udienza del 2.12.2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
1 Il Collegio ritiene debbano essere confermate le valutazioni effettuate in sede cautelare, per cui il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti devono essere, allo stato, respinti. Essi, in ogni caso, possono essere trattati unitariamente, riguardando lo stesso provvedimento.
2 E’ infondato il primo motivo di ricorso introduttivo, ove si deduce la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Difatti, l’Amministrazione ha documentato di avere inviato al ricorrente la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della sua istanza a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del 30.8.2011, mai ritirata dal ricorrente.