TAR Potenza, sez. I, sentenza 2015-07-03, n. 201500370
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N. 00370/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00595/2000 REG.RIC.
N. 00130/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 595 del 2000, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
- L V, L A G e M B, rappresentati e difesi dall’avv. G L S, da intendersi domiciliati, ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett. a) cod. proc. amm., presso la Segreteria di questo Tribunale;
contro
- Comune di Avigliano, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;
sul ricorso avente numero di registro generale 130 del 2001, proposto da:
- L V, L A G e M B, rappresentati e difesi dall’avv. G L S, da intendersi domiciliati, ai sensi dell’art. 25, n. 1, lett. a) cod. proc. amm., presso la Segreteria di questo Tribunale;
contro
- Comune di Avigliano, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
quanto al ricorso n. 595 del 2000 :
- della nota del Comune di Avigliano prot. n. 7361 del 19 luglio 2000;
- della nota del Comune di Avigliano prot. n. 8238 del 2 agosto 2000, di comunicazione di avvio del procedimento diretto all'acquisizione gratuita di opere edilizie abusive;
- di ogni altro presupposto, connesso e consequenziale, ed in particolare dell’ordinanza del 2 febbraio 1996, prot. n. 2356;
- nonché, a seguito di motivi aggiunti, dell’atto unilaterale di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Avigliano di opere abusive del 14 febbraio 2001, repertorio n. 1454;
quanto al ricorso n. 130/2001
- dell’atto unilaterale di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Avigliano di opere abusive del 14 febbraio 2001, repertorio n. 1454..
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2015 il magistrato Benedetto Nappi e udito per i ricorrenti l’avv. G L S;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. In data 22 aprile 1980 il sig. V L, nella qualità di proprietario unitamente alla coniuge sig.ra B M, ha chiesto di essere autorizzato alla costruzione di un piazzale ad uso deposito presso il fabbricato sito in Avigliano, alla via G.B. Sacco.
1.1. In data 6 maggio 1980, con nota prot. n. 2583, l’Ufficio tecnico del predetto Comune, ha comunicato il nulla osta all’esecuzione delle opere, avendo la locale Commissione edilizia espresso il proprio parere favorevole nella seduta del 6 maggio 1980.
1.2. Con successiva istanza del 17 gennaio 1984, acquisita al protocollo comunale in data 18 gennaio 1984, al n. 474, lo stesso sig. V L ha chiesto la concessione per l’esecuzione di lavori di installazione temporanea di una struttura in acciaio smontabile presso il medesimo fabbricato di via G.B. Sacco.
1.3. In accoglimento di detta istanza, è stata rilasciata la relativa concessione n. 21 del 22 febbraio 1984, relativa all’installazione temporanea per un anno di detta struttura in acciaio.
1.4. In data 18 gennaio 1996 si è svolto un sopralluogo ad opera di personale dell’Ufficio tecnico e del Comando vigili urbani del Comune di Avigliano, nel corso del quale si è rilevata l’esistenza di una baracca in ferro, la cui autorizzazione è risultata scaduta. In particolare, con riguardo alla predetta struttura in ferro, nell’occasione si è rilevato che: “ per quanto attiene la baracca in lamiera, questa venne tempo addietro autorizzata, e successivamente l'autorizzazione venne prorogata per consentire l'intervento sul fabbricato preesistente, ed essendo i lavori edili ultimati non sussistono le motivazioni per il mantenimento, per quanto riguarda i locali ricavati al disotto della baracca non esiste autorizzazione alcuna, pertanto vanno ritenuti opere abusive per le quali occorre procedere ad emettere ordinanza di demolizione ”.
1.5. In data 2 febbraio 1996, con ordinanza prot. n. 2356, è stato ordinato ai sigg. B M e V L di procedere alla rimozione della sola baracca in ferro realizzata sulla particella n. 473 del foglio n. 80, nel termine di novanta giorni dalla notifica, mentre nulla è stato disposto relativamente ai locali ad essa sottostanti.
1.5.1. Detta ordinanza, notificata in data 5 febbraio 1996 direttamente ai predetti coniugi B M e V L, non risulta essere stata impugnata.
1.6. Il successivo 25 giugno 1996, la Polizia municipale del Comune di Avigliano ha accertato l’inottemperanza alla predetta ordinanza.
1.7. In data 19 luglio 2000, con nota prot. 7361, il Comune di Avigliano ha dato notizia ai sigg. B M e V L dell’avvio delle procedure repressiva di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 7 della legge n. 47/1985, con acquisizione al patrimonio comunale dei beni di cui all’ordinanza di demolizione n. 2356 del 2 febbraio 1996.
1.7.1. In data 2 agosto 2000, con nota prot. 8238, il medesimo Comune, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ha dato notizia dell’avvio del procedimento diretto all’acquisizione di opere abusive e dell’area di sedime al proprio patrimonio anche al sig. A L Lacerenza, nella qualità di proprietario del fondo di cui alla particella n. 795 del foglio n. 88.
1.8. Avverso tale ultime comunicazioni, nonché avverso l’ordinanza di demolizione n. 2356/1996, sono insorti gli odierni ricorrenti, proponendo dinanzi a questo Tribunale il ricorso avente numero di registro generale 595/2000 deducendo eccesso di potere per travisamento, falsità ed erroneità nei presupposti di fatto e di diritto, per sviamento, per contraddittorietà tra atti della stessa pubblica amministrazione, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985, violazione del giusto procedimento, violazione del principio di imparzialità ex art. 97 Cost..
2. Il Comune di Avigliano non si è costituito in giudizio.
3. Con ordinanza collegiale n. 352/2000, questo Tribunale ha respinto l’incidentale istanza cautelare, ritenuta l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 3 l. n. 205/2000.
4. In data 14 febbraio 2001, con atto repertorio n. 1454, il Comune di Avigliano ha disposto l’acquisizione gratuita al proprio patrimonio del fabbricato e dell’area insistenti sulle particelle n. 468 e 795.
4.1. Detto atto è stato notificato agli odierni ricorrenti in data 28 febbraio 2001.
2.4. Avverso tale atto di acquisizione i ricorrenti hanno prodotto motivi aggiunti al ricorso r.g. n. 595/2000, notificati in data 6 marzo 2001 e depositati in data 17 marzo 2001, deducendo l’illegittimità dell’atto impugnato per illegittimità derivata, derivante dalla asserita mancata redazione del verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, già dedotta col ricorso principale, nonché per il fatto che all’inosservanza dell’ordine di demolizione avrebbe potuto al più conseguire il ripristino dello stato dei luoghi con esecuzione in danno dei ricorrenti, giammai quella di acquisizione al patrimonio comunale.
5. Successivamente, in data 9 marzo 2001 i ricorrenti hanno ritenuto di proporre un nuovo ricorso, avente numero di ruolo generale 130/2001, avverso il medesimo atto repertorio n. 1454 del 14 febbraio 2001, già impugnato con motivi aggiunti al ricorso n. 595/2000.
5.1. In tale ultimo ricorso, dopo aver interamente richiamato le censure di cui al ricorso n. 595/2000, nonché le “ulteriori deduzioni” di cui ai motivi aggiunti, si è sostenuta: a) l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione n. 2356/1996 per contrasto con la concessione edilizia n. 21/84, mai annullata o revocata, nonché per violazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985, non venendo in considerazione il caso di opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità da essa o con variazioni essenziali;b) l’ordinanza n. 2356/1996 avrebbe disposto, in caso di inottemperanza, la sola esecuzione in danno degli inadempienti e non l’acquisizione al patrimonio comunale;c) l’illegittimità del procedimento di acquisizione, viziato sin dall’inizio dalla carenza dell’atto di accertamento e della sua notifica agli interessati;d) erroneità dell’atto di acquisizione nella parte in cui non ha tenuto conto che la ridetta ordinanza n. 2356/1996 si riferisce alla sola baracca e non anche ai locali sottostanti.
6. Il Comune di Avigliano non si è costituito in giudizio.
7. Con ordinanza collegiale n. 108/2001, questo Tribunale ha respinto anche l’incidentale istanza di sospensiva correlata al ricorso r.g. n. 130/2001, ritenuta l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 3 l. n. 205/2000.
8. All’udienza pubblica svoltasi in data 8 maggio 2014, riuniti i ricorsi, con ordinanza n. 334/2014 il Collegio ha disposto incombenti istruttori.
9. Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In limine, va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., attesa la loro connessione soggettiva e oggettiva.
2. Il Collegio procede, quindi, alla disamina del ricorso avente numero di ruolo generale n. 595/2000.
2.1. Il ricorso è in parte irricevibile, in parte inammissibile e per il resto infondato, alla stregua della motivazione che segue.
2.2. Occorre premettere che non è contestato che l’ordinanza sindacale di rimozione prot. n. 2356 del 2 febbraio1996 è stata notificata ai sigg. B M e V L in data 5 febbraio 1996, sicché il ricorso, spedito per la notificazione soltanto il 15 settembre 2000, risulta irricevibile laddove pretende di impugnare detto provvedimento dopo oltre 4 anni, in palese violazione del termine di cui all’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, applicabile ratione temporis.
2.2.1. In tale prospettiva, non rileva che l’ordinanza non sia stata notificata al sig. A G L, posto che, all’epoca di emanazione del provvedimento, unici proprietari dei fondi di cui è questione erano i ricorrenti sigg. V L e M B.
2.3. Inammissibile risulta poi l’impugnativa della nota del Comune di Avigliano prot. n. 7361 del 19 luglio 2000, la quale ha natura di atto endoprocedimentale, sprovvisto di autonoma valenza lesiva, risolvendosi nel preavviso dell’avvio di rilevazioni tecniche finalizzate alla successiva adozione di atto di acquisizione delle opere abusive e dell’area di sedime. Non è invero ammissibile una pronuncia in via di prevenzione sui fatti di cui si controverta, in mancanza del provvedimento finale che acclari e consolidi autoritativamente una precisa lesione attuale.
2.4. Per speculari ragioni, risulta inammissibile l’impugnazione della nota del 2 agosto 2000, prot. n. 8238, con la quale il Comune di Avigliano ha dato notizia al sig. A L Lacerenza, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dell’avvio del procedimento diretto all’acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime al patrimonio comunale. In effetti, la comunicazione di avvio del procedimento, similmente ad ogni atti endoprocedimentale, non è autonomamente impugnabile se non quando determini una immediata lesività, che va accertata con riferimento al concreto ed attuale pregiudizio che l'atto arreca all'interesse sostanziale dedotto in giudizio e non già con riguardo alla possibile futura incidenza dell'atto sulla sfera giuridica del ricorrente. Ne deriva l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso tali atti, privi di reale efficacia lesiva (cfr., ex multis , T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 10 novembre 2014, n. 541;T.A.R. Lombardia, sez. II, 7 aprile 2005, n. 754;T.A.R. Campania, sez. I, 6 dicembre 2002, n. 78).
2.5. Con motivi aggiunti, notificati in data 5 marzo 2001, è stato poi impugnato dell’atto unilaterale di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Avigliano di opere abusive.
2.5.1. Con essi, i ricorrenti hanno in primo luogo dedotto la mancata notificazione del verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, che costituirebbe indefettibile presupposto di legittimazione.
La censura è infondata. Il quarto comma dell’art. 7 della legge n. 47/1985 (specularmente a quanto oggi previsto dall’art. 31, n. 4, del d.P.R. n. 380/2001), dispone che: “ l’accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente ”. La giurisprudenza è costante nell’affermare che l’effetto ablatorio si verifica ope legis per effetto dell’inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell’accertamento formale dell’inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari. Il presupposto giuridico dell’acquisizione de iure è, dunque, rappresentato dal fatto dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire, scaduto il termine di novanta giorni per provvedere in tal senso. Ne consegue, pertanto, che l’effetto costitutivo dell'istituto acquisitivo discende direttamente dall'inutile scadenza del predetto termine, laddove la constatazione dell'inottemperanza si pone necessariamente alla stregua di un mero atto ricognitivo, con efficacia dichiarativa ed a contenuto vincolato. Ne deriva, altresì, che la previa notificazione agli interessati dell’atto di accertamento dell’inottemperanza assume valenza esclusivamente quale adempimento strumentale alla trascrizione ed all’immissione nel possesso del bene (cfr. C.d.S., sez. V, 12 dicembre 2008, n. 617). Ebbene, secondo il condivisibile indirizzo cui il Collegio presta adesione, non è necessario che l’atto di accertamento: “ venga notificato al responsabile dell'abuso prima di adottare il provvedimento con cui si dispone l'acquisizione gratuita, rilevando l’adempimento della notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza unicamente allo scopo di consentire all'ente locale l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione ” (cfr. T.A.R. Campania, sez. VIII, 19 maggio 2015, n. 2814, e la giurisprudenza ivi richiamata). In tal senso, l’atto di accertamento risulta notificato ai ricorrenti unitamente all’atto unilaterale di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Avigliano impugnato in questa sede.
2.5.2. Con ulteriore censura, si è dedotto che la procedura ablativa sarebbe viziata, perché finalizzata ad espropriare un’area di sedime su cui insiste un manufatto anch’esso autorizzato, la cui rimozione avrebbe dovuto essere proceduta da un atto formale di revoca. Inoltre, nel caso di specie il Comune avrebbe dovuto applicare l’art. 10 della legge n. 47 del 1985, con applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo dell’ordine di demolizione. La doglianza è inammissibile, in quanto volta a censurare l’asserita illegittimità della misura sanzionatoria a suo tempo adottata dal Comune, in difetto della tempestiva impugnazione dell'ingiunzione a demolire.
2.5.3. I ricorrenti hanno ancora dedotto che l’osservanza dell’ordine di rimozione avrebbe dovuto, al più comportare l’esecuzione in danno, con rimozione dell’opera abusiva a spese dei ricorrenti, e non anche “la procedura ablativa tipica ex art. 7 legge 47/1985”.
Anche tale argomentazione non coglie nel segno. L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale non costituisce sanzione accessoria alla demolizione, volta a colpire l’esecutore delle opere abusive, ma si configura quale sanziona autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione. Inoltre il provvedimento di acquisizione al patrimonio del Comune non richiede alcuna preliminare determinazione inerente l’esercizio di una scelta da parte del Comune sull’applicabilità della più grave misura acquisitiva rispetto alla semplice demolizione del manufatto abusivo (cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, 12 aprile 2002, n. 3160).
3. Il Collegio procede quindi alla disamina del ricorso avente numero di registro generale 130/2001, con il quale, va ribadito, è stato nuovamente impugnato l’atto unilaterale di acquisizione gratuita al patrimonio comunale redatto il 14 febbraio 2001.
3.1. Il ricorso è fondato in parte, alla stregua della motivazione che segue.
3.2. Con un unico articolato motivo, i ricorrenti hanno in primo luogo riproposto le censure concernente l’illegittimità dell’ingiunzione a demolire, che determinerebbe l’illegittimità derivata dall’intera procedura di acquisizione sanante.
Il motivo, per tale profilo, è inammissibile, perché già delibato in precedenza, in occasione dello scrutinio del ricorso r.g.n. 595/2000.
3.3. I ricorrenti lamentano ancora la mancata redazione del verbale di accertamento dell’inottemperanza nonché l’omissione della sua notificazione ai controinteressati.
Anche per tale aspetto il motivo è inammissibile, perché già delibato in precedenza, in occasione dello scrutinio del ricorso r.g.n. 595/2000.
3.4. Con ulteriore doglianza, si è poi sostenuta l’inidoneità dell’ordinanza sindacale del 2 febbraio 1996, n. 2356, ad assumere valenza sostanziale di ordine di demolizione, sia perché sarebbe in essa stata utilizzata la locuzione “rimozione” in luogo di quella “demolizione”, sia perché esso non recherebbe l’avviso che, in difetto di ottemperanza, sarebbero state attivate le procedure ablative di cui all’art. 7 della legge n. 47/1985.
La censura è inammissibile perché rivolta in tutta evidenza a far valere vizi della stessa ordinanza n. 2356/1996, non impugnata tempestivamente. Ciò nondimeno, ragioni di completezza di scrutinio inducono a precisare che la stessa è del tutto infondata. E ciò sia perché l’ordine di rimozione del manufatto abusivo è del tutto equivalente, anche sul piano fattuale, a quello della sua demolizione, sia perché, come già affermato da questo Tribunale, la mancata indicazione delle conseguenze derivanti dall’inottemperanza all'ordine di demolizione, non infirma il procedimento preordinato alla demolizione delle opere abusive, in quanto concernente effetti automatici ex lege , come tali presuntivamente conosciuti dai destinatari (cfr. T.A.R. Basilicata, 8 febbraio 2012, n. 48).
3.5. Coglie nel segno, diversamente, l’ulteriore deduzione con la quale è stata lamentata, in buona sostanza, l’illegittimità dell’atto impugnato per difetto dei presupposti e vizio di motivazione, segnatamente in relazione alla superficie del piazzale, la cui realizzazione risulterebbe autorizzata con nota comunale prot. 2583 del 25 maggio 1980.
In effetti, con la richiamata ordinanza collegiale n. 334/2014, è stato disposto incombente istruttorio volto, tra l’altro ad acquisire elementi conoscitivi in ordine all’iter mediante cui il Comune intimato ha determinato le modalità di acquisizione al proprio patrimonio delle superfici riportate nell’atto impugnato, con particolare riguardo alla particella 795. In riscontro, il Comune di Avigliano ha segnalato che: “ l’opera abusiva già ricadeva tra le particelle 795 e 468 foglio 88 intestate a Lacerenza A L, così come si evince a pag. 2 della relazione sulle opere abusive redatta dal geom. D V ”. Tuttavia, in tale relazione, si sostiene l’opera abusiva consiste: “ in una baracca e un sottostante deposito ”, e si afferma anche che: “ il locale sottostante la baracca era in origine un portico su cui era realizzato un piazzale, oggetto di autorizzazione n. 2583 del 26/05/1980. Questa disponeva in modo esplicito che il portico non doveva essere né chiuso, né utilizzato, servire quindi al solo sostegno del piazzale a quota superiore. Al momento del sopralluogo è risultato, invece, interamente tamponato ed utilizzato come deposito da parte del sig. Lacerenza e quindi risulta in totale difformità al provvedimento autorizzativo ”. Anche gli elaborati grafici allegati alla relazione, inoltre, concernono i locali realizzati in virtù della nota comunale n. 2583/1980. Senonché, l’ordinanza comunale di demolizione n. 2356/1996 non concerne affatto il locale deposito sottostante la baracca in metallo, bensì soltanto quest’ultima. Tale provvedimento, infatti, ordina la: “ rimozione della baracca in ferro realizzata sulla particella 473 del foglio 80, il cui atto autorizzatorio risulta scaduto ”, mentre alcun riferimento è fatto né alle differenti particelle n. 795 e 468, né ai locali adibiti a deposito. In tal senso, dunque, appare evidente la non corrispondenza tra quanto ordinato dall’ordinanza di demolizione e il contenuto della relazione, che fa riferimento anche ad ulteriori opere, così necessariamente prendendo in considerazione un’area di sedime diversa e maggiore. Di talché, risultando detta relazione alla base dell’atto unilaterale di acquisizione impugnato, l’erroneità dell’individuazione dalle complessive superfici da acquisire.
4. Dalle considerazioni che precedono discende, limitatamente a tale ultimo motivo, l’accoglimento del ricorso r.g.n. 130/2001 e, per l’effetto, l’annullamento dell’atto impugnato.
4.1. Sussistono giusti motivi, in ragione delle peculiarità della questione, per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.