TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-05-04, n. 201506308

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-05-04, n. 201506308
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201506308
Data del deposito : 4 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08120/2004 REG.RIC.

N. 06308/2015 REG.PROV.COLL.

N. 08120/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8120 del 2004, proposto da:
OI MARIA, rappresentata e difesa dagli Avv. M M, F N, con domicilio eletto presso Gualtiero Cremisini in Roma, Via D. Millelire, 6;

contro

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, COMANDO GENERALE GUARDIA DI FINANZA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale n. 201 del 30 aprile 2004, recante il diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità che ha causato il decesso del Brigadiere Graziano S ed il rigetto domanda di equo indennizzo;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Comando Generale Guardia di Finanza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2015 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Espone in fatto l’odierna ricorrente di aver chiesto, con istanza del 2 luglio 2002, l’accertamento della dipendenza da causa di servizio del decesso del marito, il Brigadiere della Guardia di Finanza Graziano S e che con verbale della CMO di Bari del 10 luglio 2003 l’infermità ‘ictus cerebrale da occlusione dell’arteria carotidea comune’ determinante il decesso, è stata riconosciuta interdipendente con l’infermità ipertensione arteriosa di grado elevato, già giudicata dipendente da causa di servizio.

Con istanza del 19 novembre 2003 la ricorrente ha quindi chiesto la concessione dell’equo indennizzo per la predetta patologia ed il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, con verbale del 16 febbraio 2004, ha giudicato l’infermità dipendente da causa di servizio.

Con il provvedimento impugnato, l’istanza volta ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo è stata rigettata per essere stata presentata oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 461 del 2001.

Avverso tale provvedimento deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione di legge per violazione del D.P.R. n. 461 del 2001. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità ed irrazionalità manifeste, sviamento.

Sostiene innanzitutto parte ricorrente che il termine, previsto dal D.P.R. n. 461 del 2001, non avrebbe natura decadenziale, bensì meramente acceleratoria, affermando altresì che, per l’ipotesi in cui tale termine dovesse intendersi come perentorio, lo stesso dovrebbe decorrere dalla data in cui è stata acquisita la consapevolezza della gravità dell’infermità e della sua possibile dipendenza da causa di servizio, e tale consapevolezza potrebbe ritenersi acquisita solo a far data dal momento in cui la CMO di Bari ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio del decesso, non essendo la ricorrente in possesso di conoscenze tecnico-specialistiche.

Denuncia inoltre parte ricorrente l’intervenuta violazione dell’obbligo di avvio d’ufficio del procedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio del decesso ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 461 del 2001.

2 – Violazione di legge per violazione del D.P.R. n. 461 del 2001. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto d istruttoria, illogicità ed irrazionalità manifeste, sviamento.

Rappresenta parte ricorrente che verrebbe in rilievo, nella fattispecie, un’ipotesi di aggravamento di una precedente patologia già riconosciuta come dipendente da causa di servizio con concessione dell’equo indennizzo, trovando quindi applicazione l’art. 56 del D.P.R. n. 686 del 1957 che prevede la possibilità di procedere alla revisione dell’equo indennizzo in caso di aggravamento dell’infermità entro cinque anni dal decreto di concessione dell’equo indennizzo.

Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni sostenendo, con articolate deduzioni, l’infondatezza del ricorso, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con memorie successivamente depositate parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto, ulteriormente argomentando ed insistendo nelle proprie richieste.

Alla pubblica udienza del 15 aprile 2015 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso il provvedimento – meglio descritto in epigrafe nei suoi estremi – con cui è stata rigettata, in quanto ritenuta proposta oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 461 del 2001, la richiesta della ricorrente volta ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo in relazione all’infermità ‘ictus cerebrale da occlusione dell’arteria carotidea comune’ determinante il decesso del proprio marito, il Brigadiere della Guardia di Finanza Graziano S.

Sostiene parte ricorrente l’illegittimità della gravata determinazione sulla base dell’assunto della natura meramente acceleratoria – e non perentoria – del termine di sei mesi previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 461 del 2001, affermando altresì, laddove si interpretasse tale termine come decadenziale, che lo stesso dovrebbe intendersi decorrente dalla data di acquisizione della consapevolezza della gravità dell’infermità e della sua dipendenza da causa di servizio, coincidente con la data in cui la CMO di Bari ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio dell’infermità con verbale del 10 luglio 2003.

Così brevemente dato atto del contenuto del ricorso in esame, lo stesso, per le considerazioni che si andranno ad esporre, non merita favorevole esame.

Il termine semestrale per la presentazione della domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un'infermità, fissato in precedenza dall'art. 36, d.P.R. n. 686 del 1957 e ora ribadito dall'art. 2 del vigente d.P.R. n. 461 del 2001, non è meramente ordinatorio, ma ha carattere di termine perentorio e, quindi, decadenziale.

Dispone il citato articolo, al comma 1, che “ Il dipendente che abbia subìto lesioni o contratto infermità o subìto aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti, ovvero l'avente diritto in caso di morte del dipendente, per fare accertare l'eventuale dipendenza da causa di servizio, presenta domanda scritta (…). Fatto salvo il trattamento pensionistico di privilegio, la domanda, ai fini della concessione dei benefìci previsti da disposizioni vigenti, deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento .”

Il successivo comma 3 prevede che “ La presentazione della richiesta di equo indennizzo può essere successiva o contestuale alla domanda di riconoscimento di causa di servizio ovvero può essere prodotta nel corso del procedimento di riconoscimento di causa di servizio, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di cui agli articoli 7, comma 2, e 8, comma 2;
in quest'ultimo caso il procedimento si estende anche alla definizione della richiesta di equo indennizzo
.”.

Le comunicazioni di cui all’art. 7, comma 2 e all’art. 8, comma 2, sono quelle relative alla trasmissione degli atti al Comitato di Verifica.

La normativa di riferimento, prevede quindi una precisa scansione temporale per la presentazione delle istanze volte all’accertamento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità e per la concessione dell’equo indennizzo, e, trattandosi di termini posti a carico della parte interessata – e non dell’Amministrazione procedente – deve essere esclusa la loro natura meramente acceleratoria, trattandosi invece di termini, secondo quando unanimemente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, aventi carattere perentorio.

La previsione dettata dal citato art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 461 del 2001, impone invero che il procedimento preordinato alla liquidazione dell'equo indennizzo abbia inizio su istanza dell’interessato, da proporsi contestualmente a quella di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità ove la menomazione permanente dell'integrità psico - fisica si sia manifestata contemporaneamente all'insorgenza delle patologie, ovvero in un momento successivo se la menomazione si sia manifestata solo successivamente alla patologia, occorrendo comunque, in entrambe le ipotesi, che l’istanza sia presentata entro i sei mesi dalla insorgenza della menomazione.

La contestualità delle istanze, richiesta per la prima delle due evenienze, costituisce per il dipendente pubblico un onere il cui mancato adempimento determina la decadenza dal diritto alla liquidazione dell'equo indennizzo, dovendo la relativa domanda essere proposta entro il termine perentorio decorrente dal momento in cui i postumi inabilitanti si sono per la prima volta manifestati.

Uno spostamento in avanti del termine per la presentazione dell’istanza può operare solo allorquando la menomazione permanente si sia manifestata in un momento successivo alla presentazione della domanda di riconoscimento dell'infermità come dipendente da causa di servizio, dovendo in tal caso l'istanza essere presentata dall'interessato non oltre il termine di sei mesi decorrente dalla conoscenza della menomazione permanente.

Tale termine – avente, quindi, carattere perentorio – decorre, secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza, non dalla mera conoscenza dell'infermità, ma dal momento dell'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio. Tale criterio, che privilegia la percezione soggettiva degli effetti invalidanti piuttosto che il rilievo oggettivo dell'insorgenza dell'infermità deve essere contemperato con la normativa di riferimento che pone un termine per la presentazione della domanda, comunque ancorato a risultanze obiettive, quali l'effettiva consistenza e gravità dell'affezione e delle conseguenze invalidanti e delle quali il soggetto deve acquisire la conoscenza secondo un criterio di normalità.

Al fine di verificare l'osservanza del previsto termine - sei mesi dalla data dell'evento dannoso o da quella in cui l'interessato ha conosciuto la lesione - va considerato il momento in cui la diagnosi dei danni subiti e delle patologie in atto abbia raggiunto sufficiente grado di certezza ed identificazione.

Applicando tali principi alla fattispecie in esame, non può invero dubitarsi della tardività della domanda presentata da parte ricorrente volta ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo.

L’evento cui si riferisce l’istanza, ovvero il decesso del marito della ricorrente determinato da ictus cerebrale da occlusione dell’arteria carotidea comune, è intervenuto in data 28 giugno 1999, mentre parte ricorrente ha presentato solo in data 4 luglio 2002 istanza volta ad ottenere accertamenti circa l’interdipendenza tra tale infermità e quella relativa ad ipertensione arteriosa di grado elevato, già giudicata dipendente da causa di servizio, al fine di ottenere la reversibilità della pensione privilegiata.

Successivamente, in data 17 ottobre 2003, a seguito del parere della CMO di Bari del 10 luglio 2003 che ha riconosciuto l’interdipendenza tra le due infermità e la dipendenza da causa di servizio, parte ricorrente ha presentato istanza volta ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo.

Ciò posto, non può essere revocato in dubbio che l’evento dannoso da cui far decorrere il termine semestrale sia identificabile con il giorno del decesso del marito della ricorrente e della diagnosticata causa del decesso, con la conseguenza che, ai fini del riconoscimento del diritto all'equo indennizzo, la domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio avrebbe dovuto essere presentata non oltre il termine perentorio di sei mesi richiesto dall'art. 2, del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 decorrente dal decesso (Consiglio di Stato - sez. IV, 22 dicembre 2014 n. 6206), non potendo ritenersi, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, che a quella data non vi fosse la sufficiente consapevolezza della gravità dell’infermità e della sua possibile interdipendenza con l’infermità già riconosciuta come dipendente da causa di servizio, non essendo necessaria, a tal fine, alcuna specifica competenza.

Il principio, invocato da parte ricorrente, secondo cui il termine per l'istanza di riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio decorre non dalla mera conoscenza dell'infermità ma dal momento dell'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio, deve essere invero ragionevolmente interpretato in senso conforme alla norma.

Ne consegue che il rispetto di tale termine - di agevole determinazione quando l'infermità è conseguenza di un evento dannoso istantaneo, in quanto tale oggettivamente collocabile nel tempo – nelle ipotesi in cui l'infermità deriva da cause che incidono progressivamente sull'integrità psico - fisica del dipendente e non può con assoluta precisione essere identificato il dies a quo di decorrenza del predetto termine semestrale, deve farsi ricorso, in mancanza di criteri normativamente precostituiti, al principio di ragionevolezza, secondo il quale la tempestività della domanda va valutata in relazione al momento in cui si manifesta la chiara consapevolezza dell’infermità quale conseguenza della prestazione del servizio.

Tale consapevolezza non può essere ricondotta, per come affermato da parte ricorrente, alla data di accertamento, da parte della competente CMO, della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, ma va piuttosto ancorata alla data del decesso e della relativa diagnosi, alla quale deve ritenersi integrata l'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio secondo un criterio di normalità riferibile alle ordinarie conoscenze e di ragionevolezza, essendo la lesione subita immediatamente percepibile al momento dell'evento dannoso integrato dal decesso.

Deve, conseguentemente ritenersi che la domanda presentata dalla ricorrente sia tardiva, per come correttamente rilevato nel gravato provvedimento.

Né può ritenersi che l’Amministrazione avesse l’obbligo di attivare d’ufficio il procedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità in questione ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 461 del 2001, posto che il brigadiere S era cessato dal servizio per congedo già dal 1994, con conseguente venir meno di tale obbligo.

Non può, infine, trovare favorevole esame la tesi di parte ricorrente secondo cui verrebbe in rilievo un’ipotesi di aggravamento di una precedente patologia già riconosciuta come dipendente da causa di servizio con concessione dell’equo indennizzo, con applicazione dell’art. 56 del D.P.R. n. 686 del 1957 - che prevede la possibilità di procedere alla revisione dell’equo indennizzo in caso di aggravamento dell’infermità entro cinque anni dal decreto di concessione dello stesso – e ciò in quanto l’infermità che ha condotto al decesso è stata giudicata dalla CMO di Bari, con verbale non contestato da parte ricorrente, interdipendente con la precedente infermità, e non già quale suo aggravamento, il che esclude l’applicabilità della invocata disposizione normativa.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, il ricorso in esame deve essere rigettato stante la rilevata infondatezza delle censure con lo stesso proposte.

Le spese di giudizio, in ragione della peculiarità della presente vicenda contenziosa, possono essere equamente compensate tra le parti.

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