TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-07-19, n. 202300233
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Pubblicato il 19/07/2023
N. 00233/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00328/2021 REG.RIC.
N. 00329/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 328 del 2021, proposto da
M B, rappresentato e difeso dall’avv. C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agenzia delle Entrate - Riscossione e AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria
ex lege
;
sul ricorso numero di registro generale 329 del 2021, proposto da
Fausto Basili, rappresentato e difeso dall’avv. C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agenzia delle Entrate - Riscossione e AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 328/2021
- dell’atto dell’Agenzia delle Entrate - Riscossione di Parma recante l’intimazione di pagamento n. ‘07820219000625612000’ per l’importo di € 81.940,59;
quanto al ricorso n. 329/2021
- dell’atto dell’Agenzia delle Entrate - Riscossione di Parma recante l’intimazione di pagamento n. ‘07821219000802817000’ per l’importo di € 81.967,38.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate - Riscossione e dell’AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;
Visti tutti gli atti delle due cause;
Relatore nell’udienza pubblica del 12 luglio 2023 il dott. I C e udito, per i ricorrenti, il difensore come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il sig. M B, quale socio dell’Azienda agricola “Basili Fausto e Basili Marco”, ha ricevuto in data 25 ottobre 2021 dall’Agenzia delle Entrate - Riscossione di Parma l’atto recante l’intimazione di pagamento n. ‘07820219000625612000’ per l’importo di € 81.940,59. Si tratta di quanto dovuto, per una “cartella” AGEA del 2018 (n. ‘30020180000011592/000’), a titolo di «prelievo latte» per le campagne 1995/1996, 1996/1997 e 2000/2001.
Avverso il suindicato atto il Basili ha proposto impugnativa (ricorso n. 328/2021), premettendo che l’azienda agricola interessata “… è produttrice di latte fresco bovino e opera da molti anni nel settore della zootecnia e della commercializzazione del prodotto lattiero caseario …” e che “… in ambito CE la commercializzazione del latte è sottoposta, fin dal 1984, ad un regime di contingentamento della produzione, il c.d. regime delle quote-latte, istituito per ridurre il divario allora esistente tra l’offerta e la domanda nel mercato del latte e dei prodotti lattiero caseari, al fine di conseguire un migliore equilibrio di mercato …”.
Deduce:
1) Illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione - Mancata allegazione della cartella di pagamento - Mancata indicazione della campagna lattiera cui fare riferimento - Violazione del diritto di difesa e principio del contraddittorio;
2) Illegittimità dell’atto per palese genericità e indeterminatezza nel calcolo della quota di interessi con peculiare riferimento ai dedotti e contestati “interessi moratori” - Mancanza di congrua sufficiente motivazione circa il calcolo degli interessi addebitati;
3) Intervenuta prescrizione del credito di Agea. Intervenuta prescrizione per tardività della notifica dell’atto di intimazione di pagamento rispetto alla data di presunta notifica di cartella;
4) Illegittimità del provvedimento notificato impugnato per violazione di legge anche in riferimento a normativa unionale - Illegittimità per carenza di istruttoria e per eccesso di potere;
5) Nullità/annullabilità dell’iscrizione a ruolo per difetto di motivazione circa i recuperi pac effettuati nel corso degli anni da Agea. Errata quantificazione del presunto debito - Difetto carenza di motivazione.
Si sono costituite in giudizio l’Agenzia delle Entrate - Riscossione e l’AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.
Con ordinanza n. 32/2022 del 27 gennaio 2022 la Sezione accoglieva l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
Il sig. Fausto Basili, altro socio dell’Azienda agricola “Basili Fausto e Basili Marco”, ha a sua volta ricevuto in data 5 novembre 2021 dall’Agenzia delle Entrate - Riscossione di Parma l’atto recante l’intimazione di pagamento n. ‘07821219000802817000’ per l’importo di € 81.967,38. Si tratta di quanto dovuto, per una “cartella” AGEA del 2018 (n. ‘30020180000011592/000’), a titolo di «prelievo latte» per le campagne 1995/1996, 1996/1997 e 2000/2001.
Avverso il suindicato atto il Basili ha proposto impugnativa (ricorso n. 329/2021), premettendo che l’azienda agricola interessata “… è produttrice di latte fresco bovino e opera da molti anni nel settore della zootecnia e della commercializzazione del prodotto lattiero caseario …” e che “… in ambito CE la commercializzazione del latte è sottoposta, fin dal 1984, ad un regime di contingentamento della produzione, il c.d. regime delle quote-latte, istituito per ridurre il divario allora esistente tra l’offerta e la domanda nel mercato del latte e dei prodotti lattiero caseari, al fine di conseguire un migliore equilibrio di mercato …”.
Deduce:
1) Illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione - Mancata allegazione della cartella di pagamento - Mancata indicazione della campagna lattiera cui fare riferimento - Violazione del diritto di difesa e principio del contraddittorio;
2) Illegittimità dell’atto per palese genericità e indeterminatezza nel calcolo della quota di interessi con peculiare riferimento ai dedotti e contestati “interessi moratori” - Mancanza di congrua sufficiente motivazione circa il calcolo degli interessi addebitati;
3) Intervenuta prescrizione del credito di Agea. Intervenuta prescrizione per tardività della notifica dell’atto di intimazione di pagamento rispetto alla data di presunta notifica di cartella;
4) Illegittimità del provvedimento notificato impugnato per violazione di legge anche in riferimento a normativa unionale - Illegittimità per carenza di istruttoria e per eccesso di potere;
5) Nullità/annullabilità dell’iscrizione a ruolo per difetto di motivazione circa i recuperi pac effettuati nel corso degli anni da Agea. Errata quantificazione del presunto debito - Difetto carenza di motivazione.
Si sono costituite in giudizio l’Agenzia delle Entrate - Riscossione e l’AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.
Con ordinanza n. 33/2022 del 27 gennaio 2022 la Sezione accoglieva l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
Successivamente, chiamata a pronunciarsi in sede di giudizio di merito sui due ricorsi, la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico delle Amministrazioni resistenti, cui ha chiesto di chiarire alcuni aspetti della controversia, anche per verificare se fossero “… stati emessi eventuali atti presupposti notificati alla Società agricola o ai soci, che gli stessi avrebbero dovuto impugnare (ad esempio la cartella di pagamento menzionata nelle intimazioni impugnate), potendosi porre in caso contrario un problema di ammissibilità dell’odierna impugnazione …” (v. ordd. n. 352/2022 del 10 dicembre 2022 e n. 353/2022 del 10 dicembre 2022).
E’ stata data ottemperanza solo all’ordinanza istruttoria relativa al ricorso n. 329/2021, con deposito – in data 13 giugno 2023 – di una relazione di AGEA e di documentazione.
All’udienza pubblica del 12 luglio 2023, dato avviso al difensore dei ricorrenti – ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod.proc.amm. – della possibile declaratoria di inammissibilità delle censure riguardanti vizi della presupposta cartella AGEA, le cause sono passate in decisione.
DIRITTO
Ritiene il Collegio che, ai sensi dell’art. 70 cod.proc.amm., si possa disporre la riunione dei ricorsi n. 328/2021 e n. 329/2021, visti gli evidenti profili di connessione. I ricorrenti, infatti, agiscono quali soci dell’Azienda agricola “Basili Fausto e Basili Marco” e impugnano intimazioni di pagamento emesse dall’Agenzia delle Entrate in relazione ad una medesima “cartella” AGEA del 2018 (n. ‘30020180000011592/000’), a titolo di «prelievo latte» per le campagne 1995/1996, 1996/1997 e 2000/2001.
Va preliminarmente osservato che, per rientrare tra le liti «relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari», le due controversie sono sottoposte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v. art. 133, comma 1, lett. t) , cod.proc.amm.) Invero, in ordine alla portata di tale disposizione, la giurisprudenza ha evidenziato l’ampiezza della norma “… come rivolta a comprendere nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche i casi di impugnazione del ruolo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2016, n. 2508) e di impugnazione della cartella esattoriale (cfr. Cass. civ., SS.UU., 2018, n. 31370) in quanto controversie aventi ad oggetto la fase dell’attuazione del prelievo supplementare …” (v. Cons. Stato, Sez. V, 19 aprile 2019 n. 2552), nell’ottica di dare piena attuazione al c.d. “principio di concentrazione delle tutele”, posto alla base di molte pronunce del giudice della giurisdizione (v. Cass. civ., Sez. un., 5 dicembre 2018 n. 31370). Dal che consegue che anche la lite relativa all’«intimazione di pagamento» va conosciuta dal giudice amministrativo, trattandosi comunque di un momento attuativo del “prelievo supplementare” (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 28 aprile 2022 n. 937).
Ciò premesso, il Collegio osserva che, come documentato da AGEA a seguito di ordinanza istruttoria, la cartella di pagamento del 2018 era stata a suo tempo notificata all’azienda agricola, sì che quest’ultima l’aveva impugnata nel 2019 innanzi a questa Sezione. Il giudizio si era poi concluso con una pronuncia di inammissibilità (v. sent. n. 254/2022 del 2 settembre 2022) e la decisione è divenuta definitiva perché non appellata.
Tale circostanza assume a questo punto rilevanza, perché consente di verificare quali preclusioni ne derivano al vaglio di censure formulate nei due ricorsi in modo del tutto speculare. Il che, del resto, è quanto ci si era prefissati di accertare in sede istruttoria.
Orbene, come è stato rilevato dalla giurisprudenza, se la ‘cartella di pagamento’ è divenuta definitiva, la successiva ‘intimazione di pagamento’ può essere censurata solo per vizi propri e non per questioni imputabili all’atto presupposto, oramai divenuto insindacabile (v. TAR Piemonte, Sez. II, 18 aprile 2023 n. 335). Tanto in linea con l’orientamento generale per cui l’intimazione di pagamento riferita ad una ‘cartella’ notificata e non impugnata può essere contestata solo per vizi propri e non già per vizi suscettibili di rendere nulla od annullabile la cartella di pagamento presupposta (v. Cons. Stato, Sez. III, 17 maggio 2022 n. 3910).
Ciò comporta l’inammissibilità delle doglianze incentrate sull’erroneo e incomprensibile computo degli interessi (2° motivo), sulla prescrizione della pretesa creditoria di AGEA (3° motivo), sull’impiego del meccanismo di “compensazione-riassegnazione” effettuato dall’Amministrazione italiana secondo un criterio normativo nazionale non conforme al dettato europeo (4° motivo) e sull’incomprensibilità del calcolo matematico effettuato da AGEA per determinare l’ammontare del prelievo supplementare ancora dovuto (5° motivo).
Le suindicate questioni, infatti, avrebbero potuto al più essere fatte valere avverso l’atto presupposto, regolarmente notificato all’azienda e dunque, quale atto autonomamente lesivo, tale da consentire in quella sede le contestazioni relative alla determinazione sostanziale del debitum – nelle parti ancora suscettibili di sindacato giurisdizionale –, determinazione rispetto alla quale la sopraggiunta ‘intimazione di pagamento’ ha natura di atto meramente consequenziale. Ma, come si è detto, la pregressa ‘cartella di pagamento’, comune alle due ‘intimazioni’ impugnate con i ricorsi in esame, è stata oggetto di ricorso dichiarato inammissibile e ciò la rende oramai insindacabile.
In particolare, a fronte di cartella di pagamento divenuta definitiva, non si può eccepire l’intervenuta prescrizione del credito dell’Autorità pubblica allorché si impugni la successiva intimazione di pagamento (v. Cass. civ., Sez. VI, 7 febbraio 2020 n. 3005). Né, evidentemente, una prescrizione del credito di AGEA può nella fattispecie dirsi intervenuta dopo la notificazione della cartella di pagamento, giacché le due ‘intimazioni’ qui impugnate risultano posteriori di meno di tre anni rispetto alla prima.
Quanto, poi, alla tematica del meccanismo di “compensazione-riassegnazione” in contrasto con la disciplina europea, non vi ricorre una forma di irregolarità causa di nullità dell’atto amministrativo. Va ricordato, infatti, che la violazione del diritto comunitario implica soltanto un vizio di legittimità con conseguente annullabilità dell’atto amministrativo – in quanto l’art. 21- septies della legge n. 241 del 1990 non include la violazione del diritto comunitario tra i casi di nullità del provvedimento –, salva solo l’ipotesi in cui ad essere in contrasto con il precetto del diritto dell’Unione europea sia la norma attributiva del potere, e non – come nel caso della “compensazione-riassegnazione” – le modalità di applicazione di essa, visto che in tale circostanza occorre solo dare diretta attuazione ad una disposizione i cui contenuti sono stati chiariti dalla Corte di Giustizia UE nel senso del non ammettere la preferenza di taluni imprenditori rispetto ad altri (v. Cons. Stato, Sez. II, 4 marzo 2022 n. 1560). Ciò in coerenza con il tradizionale indirizzo per cui la contrarietà del provvedimento amministrativo al diritto dell’Unione, sia essa “diretta” (laddove il contenuto del provvedimento contrasti in sé con tale diritto), sia essa “indiretta” (laddove il provvedimento sia conforme alla norma nazionale ma questa sia incompatibile con il diritto dell’Unione), si risolve in un normale vizio di violazione di legge che determina la semplice annullabilità del provvedimento amministrativo, da far valere entro il termine di decadenza con una ordinaria azione di annullamento (v. Cons. Stato, Sez. I, parere n. 698/2023 del 10 maggio 2023). Né, del resto, la sola finalità di porre rimedio ad una disciplina nazionale contrastante con il diritto dell’Unione europea consente di rimettere in discussione pronunce giurisdizionali divenute definitive o di riaprire rapporti che si sono esauriti per intervenuta inoppugnabilità di provvedimenti autoritativi (v. Cons. Stato, Sez. III, 17 maggio 2022 n. 3910).
Circa, invece, il computo degli interessi, le impugnate ‘intimazioni di pagamento’ non fanno che recepire i conteggi già riportati nella ‘cartella di pagamento’ del 2018, come si evince dal “dettaglio del debito” loro allegato e come risulta confermato anche dalla lettura della ‘cartella’ ora depositata in giudizio dall’Amministrazione. Sono dunque doglianze riguardanti quell’atto, insindacabile nella presente sede.
E a quell’atto si riferisce anche l’addotta incomprensibilità del calcolo matematico effettuato da AGEA per determinare l’ammontare del prelievo supplementare ancora dovuto. Peraltro, ove ci fosse un richiamo pure al periodo successivo alla ‘cartella’, va evidenziato che, a proposito dell’omessa considerazione di quanto detratto a loro danno dai contributi comunitari a titolo di compensazione, i ricorrenti non hanno dato la minima prova della titolarità di crediti di tale tipo né dell’intervenuta compensazione, e ciò in ragione del fatto che si tratta di elementi di conoscenza nella loro disponibilità, sì da essere onere degli interessati farli valere in giudizio, come disposto dall’art. 64, comma 1, cod.proc.amm.
Resta da esaminare, perché relativo ad un vizio proprio delle due ‘intimazioni di pagamento’, il primo motivo di impugnazione.
Con esso i due ricorrenti lamentano la mancata allegazione della ‘cartella di pagamento’ solo richiamata – omissione che sarebbe fonte di incertezza circa la natura del credito fatto valere e circa la campagna lattiera interessata –, sì da configurarsi un difetto di motivazione e la conseguente lesione del diritto di difesa. Sennonché, ad avviso del Collegio, la circostanza che sia stata a suo tempo notificata all’azienda la ‘cartella di pagamento’, peraltro impugnata con un autonomo ricorso, integra un fatto in sé risolutivo della questione, posto che, in caso di atti impositivi già in possesso del contribuente e pertanto da quest’ultimo già conosciuti, non opera l’obbligo di allegazione di cui all’art. 3 della legge n. 241 del 1990 perché un simile adempimento sarebbe a questo punto del tutto superfluo (v., tra le altre, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 23 marzo 2023 n. 730);non è, dunque, ravvisabile una compressione del diritto di difesa dei ricorrenti, in possesso di elementi sufficienti per tutelare la loro posizione.
In conclusione, i due ricorsi vanno in parte respinti e in parte dichiarati inammissibili.
Le spese di lite possono essere compensate, tenuto conto della peculiarità della materia.