TAR Milano, sez. II, sentenza 2021-02-19, n. 202100475

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. II, sentenza 2021-02-19, n. 202100475
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202100475
Data del deposito : 19 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/02/2021

N. 00475/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01649/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1649 del 2013, proposto da
Immobiliare Stefura s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato U G, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cesare Battisti n. 21;

contro

Comune di Desio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato D G D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, viale E. Caldara n. 43;

per l’annullamento

del provvedimento comunale prot. n. 15154 del 30 maggio 2013;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Desio;

Visti tutti gli atti della causa;

Tenutasi l’udienza di smaltimento in data 16 febbraio 2021, senza discussione orale ai sensi dell’art. 25 d.l. 137/2020 conv. in l. 176/2020, come specificato nel verbale, con relatore la dott.ssa Martina Arrivi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La presente vertenza ha ad oggetto l’impugnazione, proposta da Immobiliare Stefura s.r.l., avverso la nota prot. n. 15154 del 30 maggio 2013, emessa dal Comune di Desio in risposta a un’istanza di permesso di costruire presentata dalla società.

2. Ai fini del decidere è utile ricostruire sinteticamente la vicenda fattuale e processuale che ha interessato le parti.

2.1. Immobiliare Stefura s.r.l. è proprietaria di un terreno in Desio, ove ha realizzato un vasto complesso edilizio a destinazione commerciale, in parte locato ad altre società. Nel 2012 il Comune di Desio ha accertato l’abusività di alcune opere e, dopo aver comunicato alla società l’avvio del procedimento di repressione degli abusi, ne ha ingiunto la demolizione con ordinanza n. 102 del 23 maggio 2013.

2.2. Nella pendenza di tale procedimento, in data 26 aprile 2013 la società ha presentato istanza di rilascio di permesso di costruire per lavori di manutenzione straordinaria consistenti nel ripristino di una pavimentazione ammalorata e nel rifacimento di un tratto di recinzione crollata sul lato nord del terreno. L’11 giugno 2013, il Comune ha notificato alla società una nota prot. n. 15154 del 30 maggio 2013, con la quale, da un lato, ha comunicato che per il ripristino della pavimentazione non fosse necessario l’ottenimento del permesso di costruire, trattandosi di intervento di edilizia libera, e, dall’altro lato, ha manifestato alcune perplessità all’accoglimento della richiesta di rifacimento della recinzione. Su quest’ultimo punto, l’ente comunale ha evidenziato la mancata corrispondenza tra la rappresentazione grafica dimessa nel procedimento e lo stato di fatto dell’area d’intervento, stante la presenza di opere abusive per le quali era stata ingiunta la demolizione, nonché l’incompletezza e l’incongruenza della documentazione prodotta.

2.3. Con il ricorso in epigrafe, Immobiliare Stefura s.r.l. ha impugnato la nota, sul presupposto che costituisse un fattuale diniego dell’istanza o che determinasse un illegittimo arresto procedimentale. Con ordinanza n. 926 del 30 agosto 2013, questo T.A.R. ha rigettato la domanda cautelare presentata dalla ricorrente, qualificando la nota quale atto interlocutorio, insuscettibile d’impugnazione.

2.4. Frattanto, con separato ricorso, la società ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 102/2013. Il T.A.R., con sentenza n. 709 del 19 marzo 2014, ha rigettato il ricorso, mentre il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3346 del 23 maggio 2019, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado annullando l’ordine di demolizione con riferimento ad alcune opere (tra cui una recinzione apposta su altro lato del complesso edilizio), confermandola per il resto.

2.5. Con delibera n. 41 del 22 ottobre 2020, il Comune ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere risultate abusive in esito al giudizio e dell’area di sedime circostante, ricomprendente una parte della zona interessata dai lavori di rifacimento della recinzione per la quale era stata presentata istanza di permesso di costruire.

3. Come premesso, viene ora in decisione il ricorso presentato da Immobiliare Stefura s.r.l. sulla nota prot. n. 15154 del 30 maggio 2013, relativa all’istanza di permesso di costruire per i lavori di rifacimento del tratto di recinzione interessante il lato nord dell’appezzamento.

La società avversa detto provvedimento per vari profili di violazione di legge ed eccesso di potere, in sintesi lamentando:

- la violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 giacché la nota non è stata preceduta dal preavviso di rigetto;

- la contraddittorietà dell’atto sia con la precedente concessione edilizia del 1988, che autorizzava la recinzione esattamente nella posizione dove la società ha poi chiesto di ricollocarla, sia con la sentenza n. 158/2012 del Tribunale civile di Monza, che aveva condannato una delle società locatarie dell’area al ripristino della recinzione crollata, a tutela dei diritti del confinante;

- la violazione degli artt. 46 e 47 del Regolamento edilizio comunale, nella parte in cui impongono la recinzione di tutti i cantieri e degli spazi operativi imprenditoriali;

- lo sviamento di potere, poiché il Comune avrebbe fondato il diniego su asserite carenze documentali senza chiederne la produzione integrativa e sulla presenza di altri abusi estranei all’intervento per cui è causa, quale forma di indebita pressione sulla ricorrente;

- l’indebita lesione dello jus excludendi alios (art. 814 cod. civ.), giacché il diritto soggettivo a recintare l’area di proprietà non può essere sacrificato se non in funzione di superiori interessi pubblici, dei quali il Comune avrebbe dovuto dar conto in motivazione.

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