TAR Potenza, sez. I, sentenza 2020-03-25, n. 202000214

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2020-03-25, n. 202000214
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202000214
Data del deposito : 25 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/03/2020

N. 00214/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00405/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 405 del 2013, proposto da
- M L P, rappresentata e difesa in giudizio dall'avv. D G, con domicilio digitale in atti e eletto presso lo studio del difensore, in Potenza, alla via Mazzini n. 23/A;

contro

- Provincia di Potenza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati E L e N S, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ente, in Potenza, alla piazza delle Regioni;

per la declaratoria

- previa, ove occorra, disapplicazione dell'art. 29 del "Regolamento sull'ordinamento degli Uffici e dei Servizi" della Provincia di Potenza", sostituito, a far data dal 2 aprile 2007, dall'art.16, del diritto della ricorrente ad essere assunta dalla Provincia di Potenza nella qualifica di dirigente, con decorrenza dall’1 marzo 2003, o dalla diversa data che sarà ritenuta di giustizia;

- per la condanna della Provincia di Potenza al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dalla ricorrente per la mancata assunzione in un posto dirigenziale vacante, e segnatamente di quelli patrimoniale, biologico, morale ed esistenziale, da liquidarsi in giudizio anche con l'ausilio di idonea c.t.u., con interessi e rivalutazione monetaria, come per legge.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Potenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2020, il Primo Referendario avv. B N;

Uditi per le parti i difensori presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. M L P, con atto notificato il 24 luglio 2013 e depositato il successivo 30 di luglio, ha inteso riassumere dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale il giudizio già proposto dinanzi al Tribunale di Potenza, sez. Lavoro, depositato in data 22 dicembre 2009, iscritto al n. 2909/2009 R.G. e notificato il 19 marzo 2010.

1.1. In punto di fatto, dagli atti di causa emerge quanto segue:

- la deducente è dipendente dell’Ente provinciale intimato con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e inquadramento nella categoria “D” del vigente ordinamento professionale;

- la stessa ha partecipato al concorso pubblico per esami per la copertura di un posto di dirigente amministrativo, indetto dalla medesima Amministrazione con determinazione dirigenziale n. 979 del 27 giugno 2001, classificandosi, all’esito, al secondo posto della graduatoria finale di merito, approvata con deliberazione della Giunta provinciale n. 193 del 17 giugno 2002;

- dopo l'approvazione della graduatoria, tuttavia, la Provincia intimata ha attribuito la titolarità di uffici dirigenziali resisi vacanti a dipendenti non vincitori di concorso;

- con istanza dell’11 giugno 2009 la deducente ha proposto il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto, ratione temporis , dagli artt. 65 e 66 d.lgs. n. 165 del 2001, chiedendo lo scorrimento della graduatoria;

- in data 11 settembre 2009, presso la Direzione provinciale del lavoro di Potenza, si è svolto il tentativo obbligatorio di conciliazione, con esito negativo;

- nel frattempo, con successivi decreti del Presidente della Provincia a partire dal 10 marzo 2009 alla ricorrente è stato conferito l’incarico di dirigente del Settore attività produttive;

- la ricorrente, quindi, sino ad oggi e senza soluzione di continuità, è sempre stata titolare di incarico dirigenziale;

- nondimeno, la stessa con il richiamato ricorso ha adito il Tribunale civile di Potenza;

- la Provincia di Potenza ha resistito in giudizio, eccependo il difetto di giurisdizione del Giudice adito e l’infondatezza della domanda;

- la deducente, con ricorso notificato il 29 giugno 2012 e iscritto al RG n. 16348/2012 della Corte di Cassazione, ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione;

- con ordinanza n. 10405/2013, depositata il 6 maggio 2013, il Giudice della giurisdizione ha dichiarato la giurisdizione del Giudice amministrativo competente, davanti al quale ha rimesso le parti.

1.2. In diritto, la ricorrente ha sostenuto l’antigiuridicità dell’avvenuto conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato a dipendenti interni dell’Ente, nonché di essere titolare del diritto soggettivo a essere assunta dall’Ente intimato quale dirigente, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e pieno, con decorrenza dall’1 gennaio 2003, o dalla diversa data ritenuta di giustizia, e ha chiesto la condanna della medesima Amministrazione al risarcimento di ogni danno.

2. Costituitasi in giudizio, la Provincia di Potenza ha eccepito in rito l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso, nonché, nel merito, la sua infondatezza.

3. Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2020, previo deposito di memorie e documenti, il giudizio è transitato in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è irricevibile, alla stregua della motivazione che segue.

Occorre prendere le mosse da quanto statuito dalla Corte di Cassazione in sede di regolamento di giurisdizione, con ordinanza n. 10405 depositata il 6 maggio 2013. Nell’occasione, la sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo è stata così motivata: «[…] la ricorrente in sostanza lamenta che l'Amministrazione provinciale di Potenza anziché conferire una serie di nuovi incarichi dirigenziali "prorogandoli di volta in volta per brevi periodi", "avrebbe dovuto o riorganizzare gli uffici eliminando i posti dirigenziali non coperti, o bandire nuovi concorsi pubblici o scorrere la graduatoria approvata", in tal modo chiaramente contestando la legittimità della scelta discrezionale operata dall'Amministrazione. Alla stregua di tale petitum sostanziale va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo competente, davanti al quale vanno rimesse le parti».

Dunque il petitum sostanziale fatto valere dalla ricorrente, per come perimetrato dalla Suprema Corte, e rispetto al quale soltanto si radica la cognizione di questo Tribunale, si innerva sulla contestata scelta del conferimento di incarichi dirigenziali a decorrere dall’1 gennaio 2003 con riguardo a G.P. (dirigente dell'Unità di direzione "Servizi finanziari", poi "Ragioneria, contabilità e bilancio", poi settore "Finanziario"). Non a caso, la ricorrente ancora a tale data la decorrenza giuridica della istata costituzione di rapporto di lavoro dirigenziale.

Ora, l’art. 11, co. 4, cod. proc. amm. così dispone: «se in una controversia introdotta davanti ad altro giudice le sezioni unite della Corte di cassazione, investite della questione di giurisdizione, attribuiscono quest'ultima al giudice amministrativo, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il giudizio è riproposto dalla parte che vi ha interesse nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della decisione delle sezioni unite».

Nel caso di specie, la pubblicazione dell’ordinanza della Corte è avvenuta il 6 maggio 2013, mentre il deposito dell’atto di riassunzione innanzi a questo Tribunale è del 30 luglio 2013, sicché il termine di tre mesi risulta rispettato.

Ciò, tuttavia, non giova alla ricorrente in quanto, come testualmente disposto dallo stesso art. 11, co. 4, restano ferme le preclusioni e le decadenze già intervenute. Ed è di palmare evidenza che rispetto alla data dell’1 gennaio 2003, la proposizione del ricorso dinanzi al Giudice del lavoro è avvenuta dopo oltre un lustro, sicché il termine decadenziale di cui all’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, applicabile ratione temporis , a tale momento era già abbondantemente spirato.

L’approdo della tardività non cambia neppure ove si prenda in considerazione, in ordine di tempo, l’ultimo degli incarichi dirigenziali di cui è questione, ovverosia quello conferito dal 4 febbraio 2008 a S.B. per il Settore attività produttive.

1.1. Non sussistono, poi, gli estremi dell’errore scusabile, trattandosi di orientamenti giurisprudenziali consolidati, come confermato dai contenuti dalla cennata ordinanza della Corte di cassazione.

2. Fermo quanto innanzi, di per sé dirimente, il ricorso sarebbe comunque inammissibile, stante l’omessa notificazione ad almeno un controinteressato. In effetti, si è ivi sostenuta l’antigiuridicità degli incarichi conferiti a L.S., S.B., C.F., P.G., V.V.. Costoro, quindi, rivestono la qualità di controinteressati in senso tecnico in quanto, oltre ad essere nominativamente indicati nei provvedimenti contestati, si presentano come portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto.

Ebbene, il ricorso non risulta essere stato notificato ad almeno uno dei controinteressati. Il Collegio, pertanto, non può che richiamare per tale versante il cristallizzato indirizzo pretorio secondo cui il ricorso col quale si propone una azione di annullamento deve essere notificato, a pena di decadenza, ad almeno uno dei controinteressati entro i sessanta giorni e poi depositato, in trenta giorni, con la prova dell'avvenuta notifica, sicché, ove - come nel caso di specie espressamente riconosciuto dall’odierna ricorrente - sussistano controinteressati, almeno uno di essi deve essere chiamato in giudizio prima del deposito dell'atto introduttivo e della instaurazione del processo, salva la facoltà di integrare dopo il contraddittorio nei confronti degli altri soggetti interessati a contraddire, pena l’inammissibilità del ricorso ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 594).

3. L’azione risarcitoria pure spiegata con ricorso è infondata.

Il tratto caratteristico della disciplina del rapporto di lavoro con qualifica dirigenziale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è dato dalla scissione tra l’acquisto della qualifica di dirigente, che avviene a valle della costituzione del rapporto di servizio contrattualizzato, con inserimento nei ruoli della dirigenza, e il conferimento delle funzioni dirigenziali, che determina l’insorgere del rapporto d’ufficio.

In tale assetto il legislatore ha espressamente contemplato, tanto per le amministrazioni dello Stato, all’art. 19 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, quanto per le autonomie locali, all’art. 110 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la facoltà di conferimento di incarichi di funzione dirigenziale, con contratto a tempo determinato nei limiti e con le modalità stabiliti dalla legge, a soggetti non appartenenti al ruolo della dirigenza dell’amministrazione conferente.

In particolare, viene qui in considerazione l’art. 110 del d.lgs. n. 267 del 2000, il quale, appunto, dà facoltà agli enti locali di coprire i posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato.

Non a caso, è incontestato che la stessa deducente svolge un incarico dirigenziale (pur non avendo in essere un rapporto di lavoro con qualifica dirigenziale) a decorrere dall’anno 2009, proprio in applicazione del descritto assetto normativo.

Orbene, ed è dato saliente, la ricorrente non ha formulato censure specifiche sulla scelta in sé di conferire tali incarichi - del resto legislativamente prevista - in luogo di quella di dare corso allo scorrimento di graduatoria per la copertura di tali posti con personale con qualifica dirigenziale.

Il generico riferimento alla regola del pubblico concorso per l’accesso agli impeghi, di cui all’art. 97 Cost., infatti, si rivela inconferente, sia perché tale regola sconta le eccezioni stabilite dalla legge, come è nel caso di specie, sia perché ciò che viene in considerazione non è la costituzione di un rapporto di lavoro, bensì il conferimento di incarichi a personale già in servizio, ovverosia meri atti di gestione del rapporto di lavoro. Del pari inconferente è il richiamo alla disciplina delle mansioni superiori, pure inapplicabile nel caso di specie.

3.1. La deducente si è poi diffusa nel contestare i requisiti di coloro che hanno beneficiato degli incarichi a termine, ma tale tematica esula dalla giurisdizione di questo Tribunale, non attenendo all’ an della scelta tra conferimento di incarichi dirigenziali a termine e scorrimento della graduatoria, ed essendo la questione rimessa alla giurisdizione del Giudice ordinario tanto dall’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 quanto dal costante indirizzo del Giudice della giurisdizione ( ex multis , Cass. civ., SS.UU., sentenza 20 ottobre 2017, n. 24877).

4. Dalle considerazioni che precedono discende in parte la declaratoria di irricevibilità e in parte il rigetto del ricorso.

5. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

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