TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-03-06, n. 202303697

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-03-06, n. 202303697
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202303697
Data del deposito : 6 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2023

N. 03697/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04410/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4410 del 2022, proposto da
M s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati P F, A L, F B, A P e A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

G s.p.a., Acoset s.p.a., non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
G.A.I.A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Fornari, Andrea Cicala, Francesco Goisis, Giorgio Telarico e Miriam Allena, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento notificato il 16.2.22 con nota prot. 0020615 deliberato nell'adunanza del 1.2.22, a chiusura del procedimento I835 con il quale l'Autorità ha sanzionato, oltre a M, anche G2 Misuratori s.r.l., Itron Italia s.p.a. in solido con Itron Inc., Sensus Italia s.r.l. a socio unico in solido con Sensus Metering Systems (LuxCo 3) Sàrl e WaterTech s.p.a. in solido con Arad ltd per una presunta “intesa segreta, unica, complessa e continuata, restrittiva per oggetto, volta a condizionare, seguendo un comune disegno ripartitorio almeno da dicembre 2011 a settembre 2019, procedure pubbliche di affidamento della fornitura di contatori idrici per acqua fredda”;

e, ove occorrer possa, di tutti gli atti e provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali,

ancorché non conosciuti, ivi incluso in particolare il provvedimento di avvio dell'istruttoria I835

deliberato nell'adunanza del 29.10.19 e notificato il 6.11.19.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2022 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe M s.p.a. ha impugnato il provvedimento notificatole il 16.2.22, a chiusura del procedimento I835, con il quale l'Autorità ha sanzionato, oltre a M, anche G2 Misuratori s.r.l., Itron Italia s.p.a. in solido con Itron Inc., Sensus Italia s.r.l. a socio unico in solido con Sensus Metering Systems (LuxCo 3) Sàrl e WaterTech s.p.a. in solido con Arad ltd per una presunta “intesa segreta, unica, complessa e continuata, restrittiva per oggetto, volta a condizionare, seguendo un comune disegno ripartitorio almeno da dicembre 2011 a settembre 2019, procedure pubbliche di affidamento della fornitura di contatori idrici per acqua fredda”.

La ricorrente ha dedotto che, a seguito della ricezione di una segnalazione anonima che aveva già fornito una dettagliata descrizione del presunto schema collusivo poi contestatole, l’Agcm, dopo un periodo di sostanziale inerzia, nel quale si era limitata ad acquisire i risultati delle aggiudicazioni di 5 gare “da fonti pubbliche”, aveva deliberato l’avvio del procedimento in data 29.10.19 ;
in data 29.11.19 era stato acquisito un documento anonimo composto di 73 pagine, contenenti dei fax, alcuni dei quali datati, collocati tra il 2012 e il 2015, che poi erano stati ritenuti probanti in ordine alla sussistenza dell’intesa;
successivamente, l’Autorità aveva formulato richieste di informazioni a 60 diverse stazioni appaltanti, ricevendo riscontro da 54 di esse e arrivando a “mappare” 431 lotti banditi dalle stesse nel periodo 2012 – 2019;
tuttavia, nella comunicazione delle risultanze istruttorie, notificata il 26.7.21, l’Agcm aveva ristretto ulteriormente il perimetro della presunta intesa a soli 164 lotti, poi circoscritti a 161 nel provvedimento.

Alla luce di tali elementi, e rigettando le spiegazioni alternative prospettate da M nella propria memoria finale del 17.11.21 e nell’audizione del 22.11.21, l’Autorità aveva concluso per l’esistenza dell’intesa, irrogando a M una sanzione di € 3.465.384.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1.decadenza dal termine per la contestazione dell’illecito e per l’applicazione della sanzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 l. 689/81, 31 l. 287/90, 1 l. 241/90, 6 Cedu, 41 e 50 della Carta di Nizza.

L’Autorità, pur avendo ricevuto il 28.10.18 una segnalazione anonima in cui era stata fornita una dettagliata descrizione del presunto schema collusivo, aveva atteso 220 giorni per effettuare un semplice accesso sul sito web di 4 stazioni appaltanti, e ulteriori 103 giorni per un secondo accesso su un sito web di un’altra amministrazione, avviando l’istruttoria solo il 29.10.19.

La segnalazione anonima conteneva già tutti gli elementi contenuti nell’avvio, ed in particolare i presunti responsabili, consistenti nei “costruttori di contatori d’acqua” (“M WaterTech G2 Itron”), gli strumenti di comunicazione utilizzati per concertare le rispettive condotte (“I contatti si tengono solo via Skype e WhatsApp”), il meccanismo di coordinamento, tale per cui “ogni costruttore ha i suoi clienti e gli altri lo coprono”, il mercato interessato dall’asserita intesa consistente nelle gare pubbliche per la fornitura dei contatori, e il perimetro temporale.

Le uniche attività preistruttorie compiute erano consistite nell’acquisizione di atti di procedure aperte per l'affidamento di forniture per contatori, avvenute semplicemente consultando internet, nelle giornate del 5.6.19 (per una gara di Acea s.p.a., due di Abbanoa s.p.a. e una di Acqua Novara s.p.a.) e del 16.9.19 (per una gara indetta da SAL Acqua Lodigiana s.r.l.).

2. Sulla tardività della notifica del provvedimento. Violazione del termine di conclusione del procedimento.

Sebbene il procedimento, a seguito delle proroghe adottate dall’Autorità (del 23.2.21, 13.7.21 e del 14.12.21), avesse quale termine di conclusione il 1.2.2022, la notifica del provvedimento nei confronti di M era avvenuta soltanto il 16.2.2022, a distanza di 15 giorni dalla data fissata dall’Autorità per la conclusione del procedimento.

3. Sulla illogicità del perimetro dell’illecito. Difetto di motivazione e difetto di istruttoria. Eccesso di potere sotto il profilo della irragionevolezza e illogicità manifesta.

L’Agcm aveva imputato alle parti la partecipazione ad un’intesa che avrebbe riguardato 161 lotti, selezionati partendo da un insieme ben più ampio di lotti ricollegato alle 54 stazioni appaltanti da cui l’Autorità aveva ricevuto informazioni sulle procedure di gara bandite dalle stesse tra il 2012 e il 2019;
pertanto l’Autorità aveva avuto modo di esaminare quasi 850 lotti, ovvero il doppio rispetto a quello dichiarato al § 48 del provvedimento (in cui si faceva riferimento a soli 431 lotti che sarebbero stati analizzati e “mappati”), e nell’ambito di tale ampio insieme, aveva selezionato i 161 lotti i cui esiti – esaminati ex post – erano idonei a supportare la propria tesi accusatoria;
per la maggior parte dei lotti selezionati (ben 114 su 161), quindi, non era presente alcun elemento di prova, neppure di carattere indiziario.

Per tali lotti l’Autorità avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali, a fronte di comportamenti omogenei tenuti in più gare della stessa stazione appaltante da una specifica impresa, lo “schema collusivo” era stato rinvenuto soltanto in alcune di esse;
tale analisi non era stata effettuata, poiché l’Agcm – pur disponendo di informazioni molto dettagliate e precise in merito alle condotte di gara registrate in quasi 850 lotti, o almeno 431, riconducibili a 54 stazioni appaltanti – non aveva verificato se le condotte contestate fossero “anomale” o coerenti rispetto a quelle registrate nei quasi 700 lotti (o almeno 270) scartati dall’analisi, che pure rappresentavano un importante ed imprescindibile benchmark per la valutazione delle dinamiche di gara;
e ciò specie con riferimento ai 114 (dei 161 selezionati) per i quali non disponeva di alcun elemento di natura esogena.

4. Sul mancato assolvimento dell’onere probatorio. inutilizzabilità dei fax come elemento di prova. violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 3, l n. 241/1990. Difetto di motivazione e difetto di istruttoria. Eccesso di potere sotto il profilo della irragionevolezza e illogicità manifesta.

L’analisi del contesto di mercato renderebbe impossibile ritenere sussistente un’intesa unica e complessa dal 2012 al 2019, giacché a partire dal 2016 si erano verificati profondi mutamenti che non avrebbero comunque consentito alle parti una reiterazione degli asseriti schemi di coordinamento individuati per il periodo 2012-2015. In particolare, era intervenuto il recepimento della Direttiva 2014/32/UE (cd. “MID”) di armonizzazione delle legislazioni UE sugli strumenti di misura, con il d.lgs. 84/2016 e con il successivo D.M. 93/2017, che aveva portato ad un’accelerazione della domanda e ad un mutamento della tipologia di contatori richiesti;
l’adeguamento delle stazioni appaltanti alle previsioni del d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), che aveva comportato una diversa impostazione dei bandi di gara, sulla base del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
un “rimescolamento” delle posizioni di mercato e un sensibile aumento dell’interesse alla partecipazione alle gare da parte dei principali operatori europei.

La ricorrente ha contestato, inoltre, l’utilizzo di un documento anonimo (doc. 248 del fascicolo istruttorio), del quale non sarebbe possibile determinare la paternità e il mittente, trattandosi di un fax;
in aggiunta, l’assoluta non intellegibilità delle carte determinerebbe l’inidoneità ad attribuire qualsiasi rilievo probatorio al documento;
lo stesso contenuto dei fax in molti casi si scontrava con l’interpretazione fornita dall’Agcm, poiché, su 41 procedure di gara asseritamente condizionate tramite i fax, in 19 casi la condotta di gara era stata differente da quanto indicato.

Quanto alle gare non oggetto dei fax, l’Autorità, prendendo in esame gli altri affidamenti delle medesime stazioni appaltanti interessate dai fax relativi ad anni precedenti e/o successivi a quelli ivi menzionati, sul presupposto di un’asserita emersione “di alcune singolarità (…) alternativamente o in concorso tra loro”, aveva ritenuto rientranti nell’intesa anche ulteriori procedure, sulla base dell’applicazione dei medesimi prezzi unitari di offerta o sconti concordati nei fax, del medesimo pattern partecipativo di offerte rivelatore dell’applicazione di un’indicazione comune, e della mancata partecipazione alle procedure negli stessi termini indicati dai fax, a vantaggio del medesimo aggiudicatario ivi designato;
in tal modo era stata posta in essere un’inammissibile inversione dell’onere della prova.

Di contro, la condotta di gara tenuta da M in ciascuno dei 161 lotti contestati era stata pienamente razionale ed orientata da almeno quattro fattori: i) la disponibilità dei prodotti;
ii) i costi di produzione;
iii) la remuneratività della base d’asta;
iv) le richieste (in termini di personalizzazioni) delle stazioni appaltanti.

5. Sugli ulteriori asseriti elementi di prova. Violazione degli art. 101 TFUE, 2 del reg. (ce) n. 1/03, 2 e 3, 15. l. 287/90, 3 l. 241/90, 2727 cod. civ., 116 c.p.c. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti, erronea presupposizione in fatto e in diritto.

Quanto ai contatti tra le parti nel periodo preso in esame, la ricorrente ha dedotto che gli stessi si inserivano nell’ambito degli ultraventennali rapporti professionali tra le stesse intercorrenti, e ciò spiegava sia i toni informali che la necessità di frequenti interlocuzioni, dal momento che: i) le sedi delle parti erano dislocate lontano tra loro, ciò che favoriva le conversazioni via web;
ii) occorreva coordinare le azioni di lobbying in seno all’associazione di categoria ACISM;
iii) vi erano rapporti di fornitura incrociata tra le parti.

Benché, per stessa ammissione dell’Agcm, tali contatti non presentassero “una chiara indicazione di comportamento da riscontrare negli esiti di specifiche gare, né indicazioni volte a realizzare lo schema ripartitorio”, essi erano stati illegittimamente decontestualizzati ed utilizzati per dimostrare l’esistenza di un asserito “contesto collusivo”;
nel merito, poi, nessuno di tali contatti aveva carattere illecito.

6. Sul mancato assolvimento dell’onere della prova di una intesa unica, complessa e conseguente prescrizione dell’illecito. Violazione degli art. 101 TFUE, 2 del reg. (ce) n. 1/03, 2 e 3 l. 287/90, 3 l. 241/90, 25 del reg. 1/03 e 28 della l. 689/81. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti, erronea presupposizione in fatto e in diritto.

L’Autorità non aveva dimostrato l’esistenza di un piano generale delle imprese coinvolte finalizzato ad un obiettivo comune, né il contributo intenzionale di M a detto piano e il fatto che essa fosse a conoscenza (provata o presunta) dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti;
non essendo stata dimostrata la sussistenza di un’intesa unica e complessa, l’Autorità non poteva beneficiare delle agevolazioni probatorie collegate a tale qualifica, potendo imputare alle parti esclusivamente i lotti per i quali era possibile dimostrare una condotta anticoncorrenziale.

Considerando, poi, autonomamente ciascun lotto, le gare antecedenti al 29 ottobre 2014 non potrebbero comunque essere oggetto di accertamento, in quanto l’azione sanzionatoria dovrebbe ritenersi prescritta ai sensi dell’art. 25 del Reg. 1/03 e dell’art. 28 della l. 689/81.

In ogni caso, poi, ove dovesse ritenersi sussistente un’intesa unica e complessa, la stessa non potrebbe comunque estendersi oltre il 2015, a causa dell’assenza di evidenze idonee a provare una “continuazione” dell’asserito piano d’insieme, ed anzi a fronte di numerose prove nel senso opposto.

7. Violazione degli artt. 15 e 31 l. 287/90 e 11 l. 689/81, 23 e 97 Cost.;
violazione, in sede di determinazione dell’importo della sanzione comminata a M, del principio di proporzionalità rispetto alla gravità della condotta costatata;
violazione e/o falsa applicazione dei §§ 7, 8, 11, 12 e 18 delle Linee guida.

La sanzione irrogata a M risultava assolutamente sproporzionata rispetto ai lotti che le erano contestati e al loro valore: pur essendosi aggiudicata solo 24 lotti in 9 anni (a fronte dei 63 di G2 e dei 52 di WaterTech) M era stata destinataria di una sanzione pari a circa 3,5 milioni, mentre G2 e WaterTech erano stati destinatari di sanzioni pari rispettivamente a € 853.007,00 e € 4.458.536.

Quanto all’individuazione del valore delle vendite, a ciascuna parte avrebbero dovuto essere imputate le sole procedure direttamente riferibili ai fax di cui al doc. 248 svoltesi successivamente alla data del documento;
pertanto, sulla base di tale criterio, a M avrebbe dovuto essere contestata la sola procedura bandita da Salerno Sistemi nel 2015 (CIG 6232604B84), per un importo complessivo pari a € 383.738, trattandosi dell’unica gara successiva al 29 ottobre 2014 in cui l’AGCM potrebbe aver riscontrato una corrispondenza tra l’indicazione del fax e l’aggiudicazione della fornitura a M.

In ogni caso, poi, per quanto detto sopra avrebbero dovuto essere espunti dal calcolo del valore delle vendite i lotti banditi nel periodo 2016-2019, così portando il fatturato specifico a € 2.210.785,35.

Sproporzionata risultava, altresì, la determinazione del coefficiente di gravità del 15% e non era stata specificamente motivata l’applicazione dell’ entry fee .

Non avrebbe potuto, poi, essere applicata alla ricorrente l’aggravante organizzativa, in quanto il contributo delle parti alle condotte contestate risultava uniforme.

Infine, doveva ritenersi illegittima la scelta dell’Agcm di non accogliere l’istanza di applicazione del § 34 delle Linee Guida, che consente di discostarsi dall’applicazione dei criteri di quantificazione standard della sanzione qualora le circostanze del caso di specie lo richiedano, tenuto conto dell’emergenza epidemiologica che aveva comportato notevoli perdite per le imprese interessate.

Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato resistendo al ricorso;
ha spiegato intervento ad opponendum G.A.I.A. s.p.a..

All’udienza pubblica del 7 dicembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Partendo dal primo motivo di ricorso, quello concernente la tardività nell’avvio del procedimento, va dato atto dell’esistenza di due distinti orientamenti in seno alla giustizia amministrativa: un primo e più risalente indirizzo non reputa pienamente applicabile al procedimento istruttorio dell’Agcm la l. 689 cit., essendo l’osservanza della citata legge di depenalizzazione (prevista dall’art. 31 l. 287 cit.) circoscritta a quelle disposizioni «in quanto applicabili». Tale interpretazione esclude la precettività dell’art. 14 l. 689 cit., in ragione del fatto che il procedimento istruttorio dell’Agcm è regolato dal d.p.r. 30 aprile 1998, n. 217 che non prevede alcun tipo di termine per la conclusione del procedimento (in termini, v. Cons. Stato, sez. VI, 21 dicembre 2021, n. 8492). In aggiunta, l’enorme quantità di segnalazioni, spesso vaghe, generiche od anonime, impedirebbe l’effettivo tempestivo avvio dei procedimenti istruttorî, specie nel caso di valutazioni complesse da parte dell’Autorità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 febbraio 2020, n. 1047). Conseguentemente, il potere dell’amministrazione troverebbe come unico limite quello relativo alla ragionevolezza della decisione di iniziare il procedimento nel rispetto di un termine congruo, sindacabile dal giudice amministrativo (v. Tar Lazio, sez. I, 2 novembre 2022, n. 14271).

Viceversa, un più recente indirizzo pretorio – che appare anche consolidarsi – prevede la diretta applicabilità delle disposizioni della l. 689 cit. anche ai procedimenti delle Autorità amministrative indipendenti (salvo deroghe espressamente previste da parte di una fonte primaria), atteso che la legge sulla depenalizzazione detta regole generali valevoli per ogni procedimento amministrativo al cui esito viene irrogata una sanzione pecuniaria (v. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8505). Nondimeno, si precisa che il termine di novanta giorni, previsto dall’art. 14 l. 689 cit., è riferito alla comunicazione di avvio del procedimento (cfr. Tar Lazio, sez. I, 24 marzo 2022, n. 3335): quanto al dies a quo , esso va individuato non nel momento in cui la violazione si verifica, bensì in quello in cui l’amministrazione la «accerta», ossia ha raccolto gli elementi conoscitivi necessarî per formulare la contestazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8503;
similmente, nella giurisprudenza ordinaria, v. Cass., sez. II, ord., 25 ottobre 2019, n. 27405): circostanza inferibile dal disposto dell’art. 13 l. 689 cit. che individua le attività conoscitive che l’amministrazione può (trattasi, in realtà, di potere-dovere) compiere per giungere all’accertamento dell’infrazione (Cass., sez. II, 19 febbraio 2019, n. 4820).

Orbene, il Collegio osserva come, nel presente giudizio, indipendentemente dall’indirizzo giurisprudenziale sposato, l’Autorità avviava tempestivamente l’istruttoria, atteso che prendeva piena cognizione del fatto illecito solo in data 16 settembre 2019 e notificava il successivo 6 novembre 2019 (51 giorni dopo) la comunicazione di avvio del procedimento.

Difatti, contrariamente all’opinione della parte ricorrente, l’individuazione del dies a quo non può farsi coincidere con la ricezione della denuncia anonima in quanto l’esposto – in disparte la genericità – non è stato reputato sufficiente dall’Agcm per formulare un giudizio di sussistenza dell’intesa.

Appare opportuno puntualizzare che la c.d. fase preistruttoria (ossia quel segmento procedimentale anteriore alla comunicazione dell’avvio) costituisce il momento in cui, senza contraddittorio, l’Autorità raccoglie i primi elementi indiziari al fine di verificare l’effettiva esistenza dell’illecito antitrust. La durata di tale fase non risulta – a legislazione vigente – esser fissata rigidamente, atteso che l’Agcm può, con valutazione discrezionale, avviare il procedimento nel momento che più ritiene opportuno secondo le proprie priorità operative (v. il novello art. 12, comma 1-ter, l. 287 cit., disposizione non avente portata innovativa, come evidente dal precedente art. 5 del. Agcm 1° aprile 2015, n. 25411, recante il regolamento del procedimento istruttorio in tema di pratiche commerciali scorrette);
similmente, rientra nella discrezionalità dell’Autorità individuare il momento nel quale essa reputa conclusa l’acquisizione di tutti gli elementi per contestare l’infrazione ( rectius , per comunicare l’avvio del procedimento istruttorio). Ovviamente, l’esercizio dei poteri da parte dell’Agcm nella fase preistruttoria risulta sindacabile dal giudice amministrativo nei limiti della verifica estrinseca della ricorrenza del vizio di eccesso di potere (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2022, n. 3924;
similmente, Cass., sez. II, ord., 29 ottobre 2020, n. 27702, che considera valutazione di merito – preclusa al giudice di legittimità ove congruamente motivata – quella concernente «il momento in cui ragionevolmente la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento»).

Conseguentemente, l’Agcm, una volta raccolti gli elementi indiziari necessarî per contestare l’infrazione, deve comunicare – nel caso di adesione alla più rigorosa tesi propugnata dal Consiglio di Stato – l’apertura del procedimento istruttorio entro novanta giorni: la previsione indica, quindi, il termine per notificare la comunicazione di avvio, non per compiere tutti gli atti preistruttorî. A corroborare tale interpretazione è lo stesso art. 14, comma 2, l. 689 cit. che prevede un termine maggiormente dilatato (trecentosessanta giorni) nel caso di soggetti stabiliti fuori dal territorio della Repubblica: conseguentemente, salvo ipotizzare un’irragionevole disparità di trattamento in base alla nazionalità del sanzionato, il termine decadenziale deve intendersi decorrente successivamente all’accertamento dell’infrazione (per inciso, si rammenta che le legge di depenalizzazione è del 1981, ossia di un tempo nel quale le notifiche non avvenivano a mezzo Pec, bensì con sistemi postali assai poco efficienti, il che giustificava il tempo quadruplo per la notifica all’estero).

Una volta notificato l’avvio del procedimento, si apre la c.d. fase istruttoria, che allarga i poteri conoscitivi dell’Autorità, con previsioni che legittimano la violazione di alcune libertà costituzionalmente garantite (es. ispezioni con l’ausilio dei militari della Guardia di finanza), e che per tale ragione deve esser svolta con la partecipazione dell’interessato (v. art. 14 l. 287 cit. oppure artt. 8 ss. d.p.r. 217 cit.).

Conclusa l’esposizione generale sul tema della durata del procedimento antitrust, va rilevato che, nel caso all’odierno giudizio, la fase preistruttoria si chiudeva con l’acquisizione documentale presso le stazioni appaltanti conclusa in data 16 settembre 2019. Non appare possibile condividere l’argomentazione della parte ricorrente circa l’irrilevanza dei menzionati documenti ai fini della ricostruzione dell’intesa, ovvero la semplicità dell’acquisizione: invero, come già osservato, l’esercizio dei poteri amministrativi nella fase preistruttoria non appare qualificabile come manifestamente irragionevole o illogico. Difatti, a fronte di un’anonima denuncia di un’intesa restrittiva della concorrenza, risulta di immediata evidenza che l’Autorità dovesse procedere ad una serie di verifiche preliminari (in particolare circa il mercato rilevante) per poter formulare la comunicazione di avvio del procedimento: risulta quindi coerente che quest’ultima debba seguire l’acquisizione degli atti delle gare eventualmente falsate dall’intesa (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2021, n. 738, che annullava una sanzione dell’Agcm, atteso che, tra la ricezione dell’ultimo atto preistruttorio e l’avvio del procedimento trascorrevano 99 giorni).

Allo stesso modo non appare possibile retrodatare la piena conoscenza dei fatti all’epoca di ricezione dell’anonimo. Difatti, la segnalazione appare assolutamente generica e non esaustiva atteso che denunciava un cartello di quattro imprese intente a ripartirsi una generica clientela: viceversa, all’esito degli accertamenti preistruttorî emergeva una situazione di bid rigging ben diversa rispetto all’ipotesi avanzata dall’anonimo segnalatore. Ciò rende evidente la correttezza dell’operato dell’Autorità.

Infondata, in ogni caso, è la tesi che vedrebbe le imprese lese dall’eccessiva durata della fase preistruttoria: difatti, va tenuto presente che, proprio per garantire la certezza dei rapporti giuridici e l’immediatezza della repressione, l’art. 28 l. 689 cit. individua un termine di prescrizione (cinque anni dalla violazione) decorso il quale, indipendentemente dall’avvenuto accertamento, il potere di irrogare le sanzioni non è più esercitabile.

Con il secondo motivo la ricorrente ha lamentato la violazione del termine finale di conclusione del procedimento, fissato dalla stessa Autorità.

In merito deve rilevarsi che, mentre il regolamento dell’ARERA e il regolamento dell’ANAC fissano termini espliciti per la conclusione del procedimento, l’art. 6 del d.P.R. n. 217 del 1998, con riferimento ai procedimenti di competenza dell’Autorità Antitrust, si limita a prevedere che, con l’atto di avvio dell’istruttoria, l’Autorità indichi il termine di conclusione del procedimento;
tale termine, tuttavia, non presenta carattere perentorio, non essendo contenuta nel regolamento citato alcuna espressa previsione in tal senso (T.A.R. Lazio, sez. I, 10 marzo 2003, n. 1790).

Anche tale doglianza è quindi infondata.

Passando all’esame del terzo motivo, va premesso come la definizione di mercato rilevante da parte dell’Agcm sia espressione di una valutazione discrezionale (che inevitabilmente rischia di scontare un margine d’opinabilità), sindacabile dal giudice amministrativo solo per mancato rispetto dei generali principî di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, oltre che del vincolo di coerenza comunitario (Cons. Stato, sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4228): orbene, nel caso di specie, non si riscontrano i menzionati vizî (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 agosto 2021, n. 5992).

Nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, è stato precisato che la definizione del mercato rilevante risulta ex se funzionale all’individuazione delle caratteristiche stesse del contesto nel cui ambito si colloca l’illecito coordinamento delle condotte d’impresa, atteso che è proprio l’ambito di tale coordinamento a delineare e definire l’ambito stesso del mercato rilevante. Vale a dire che la definizione dell’ambito merceologico, operativo e territoriale in cui si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall’illecito concorrenziale risulta funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell’illecito (Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2014 n. 2837).

Nella specie, essendo in contestazione una fattispecie di bid rigging , il mercato rilevante è dato dall’insieme delle gare pubbliche alterate o condizionate dai varî partecipanti all’intesa (sul punto, v. Cons. Stato, sez. VI, 9 settembre 2021, n. 6239). D’altronde, l’Agcm non ravvisava un illecito nel generale mercato dei contatori idrici, bensì nella sua articolazione rappresentata dalle procedure indette dai gestori del Sii che appaiono omogenee sotto il profilo della presentazione delle offerte.

Conseguentemente, legittima appare l’individuazione del mercato rilevante, rappresentato dalle gare per le forniture dei misuratori d’acqua: in tal senso, l’aver circoscritto il mercato a 161 su oltre 800 lotti banditi nel periodo di interesse costituisce corretto modus operandi , dettato dalla necessità di limitare l’indagine ai fatti per i quali effettivamente era possibile provare l’illecito. Invero, per le procedure appena citate non risulta in alcun modo contestato che le imprese coinvolte si siano aggiudicate circa il 90% dei lotti di gara: circostanza che dimostra, da un lato, l’enorme potere di mercato delle imprese interessate e, dall’altro, l’effettivo conseguimento degli obiettivi di spartizione.

Come evidenziato ai parr. 585 e ss. del provvedimento, l’Autorità ha proceduto dapprima all’analisi delle procedure indicate nel documento anonimo, di cui poi si dirà, e negli altri documenti acquisiti nel corso dell’istruttoria, quali alcune comunicazioni via Whatsapp, Skype e e-mail, per poi passare all’esame delle altre procedure che presentavano le medesime caratteristiche, riguardo alla struttura delle offerte, all’individuazione dell’operatore aggiudicatario e, in generale, al comportamento tenuto dai potenziali offerenti, delle procedure per le quali esistevano elementi esogeni.

A tal fine si è tenuto conto dell’applicazione dei medesimi prezzi o dei medesimi sconti risultanti dai fax del documento anonimo, della ricorrenza di un identico “pattern competitivo”, fondato su un ribasso del soggetto aggiudicatario ben distanziato dai ribassi risultanti dalle “offerte di appoggio” presentate dagli altri concorrenti, e della mancata partecipazione di alcuni operatori, in coerenza con quanto indicato nei documenti acquisiti.

Al riguardo deve rammentarsi che l’esistenza di una pratica concordata, considerata la (estremamente) difficile acquisibilità della prova di essa in tal senso tra i concorrenti (c.d. “ smoking gun ”), viene ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza.

In materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti. Sempre in materia probatoria deve poi essere considerata la distinzione tra elementi di prova “endogeni”, afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi “esogeni”, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni. La collusione può essere provata anche “per inferenza”, dalle circostanze del mercato. La differenza tra le due fattispecie e le correlative tipologie di elementi probatori – “endogeni” ed “esogeni” - si riflette sul soggetto sul quale ricade l'onere della prova: nel primo caso, la prova dell'irrazionalità delle condotte grava sull'Autorità, mentre, nel secondo caso, l'onere probatorio contrario viene spostato in capo all'impresa.

In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell'Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell'ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti, se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall'Autorità e che consentano, in tal modo, di dare una diversa spiegazione in chiave concorrenziale dei fatti rispetto a quella accolta nell'impugnato provvedimento.

Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata solo sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti, ma dall'istruttoria emerga che le pratiche possano essere state frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni “in concreto” tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l'onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (Cons. Stato, Sez. VI, 13.5.11, n. 2925).

A ciò si aggiunga che le singole condotte delle imprese devono essere valutate tenendo conto del quadro complessivo della fattispecie esaminata dall’Agcm e non in modo “atomistico”.

Ciò perché, in materia di intese restrittive, i singoli comportamenti delle imprese, che presi isolatamente potrebbero apparire privi di specifica rilevanza “anticoncorrenziale”, qualora si rivelino elementi di una fattispecie complessa, come nel caso di specie, devono essere considerati quali “tasselli di un mosaico”, i cui elementi non sono significativi “in sé”, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della libertà di concorrenza.

In tale ipotesi, è sufficiente che l’Autorità tracci un quadro indiziario coerente ed univoco, a fronte del quale spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione “anticoncorrenziale” (Cons. Stato, Sez. VI, 2.7.18, n. 4010, 30.6.16, n. 2947 e 11.7.16, n.3047).

L’Agcm nella presente fattispecie ha ricostruito l’esistenza dell’intesa sulla base delle circostanze sopra indicate (offerta di medesimi prezzi o medesimi sconti, offerte provenienti dai medesimi operatori, mancata partecipazione di altri) che poi hanno trovato riscontro nei ricordati elementi esogeni, di natura documentale, delineando così un consistente quadro probatorio, composto da plurime evidenze riguardanti in particolar modo l’esistenza di ripetuti contatti tra le parti, la cui significatività è corroborata dall’esame dei risultati delle gare;
l’Autorità, inoltre, ha effettuato una adeguata analisi della portata anticompetitiva delle intese, tenuto conto del contesto economico in cui si sono concretizzate e del volume produttivo degli operatori coinvolti.

A fronte di tale ricostruzione spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione "anticoncorrenziale".

E, nella specie, deve rilevarsi che proprio con riferimento alla gara SMAT, che la ricorrente richiama quale esempio di omessa considerazione delle diverse risultanze di altro lotto rispetto a quello esaminato (il Lotto 3 rispetto al Lotto 8, che avrebbero presentato analoghi rapporti tra i ribassi), il “pattern competitivo” emergente dalla gara indicata nel documento anonimo (gara del 2012 per la fornitura di contatori a getto multiplo DN25) e riferito alle procedure successive non riguarda tanto le percentuali di ribasso, bensì piuttosto la quotazione, ad opera dei soggetti non aggiudicatari, di prezzi unitari superiori alla soglia, a sua volta ricavabile dal documento anonimo, di € 56,00. Pertanto, l’Autorità ha inserito tra le gare interessate dall’intesa il Lotto 8, al pari dei Lotti 5 e 10, proprio per la ricorrenza del predetto andamento dei prezzi, che la ricorrente non dimostra aver trovato riscontro anche nel Lotto 3.

A fronte di tale corredo probatorio, le spiegazioni alternative fornite dalla ricorrente per giustificare le proprie condotte sul mercato, quali le differenti caratteristiche tecniche dei contatori richiesti dalle diverse stazioni appaltanti, in una con la diversità delle procedure di gara da queste impiegate,

che impedirebbero di considerare unitariamente l’intesa anticoncorrenziale, non risultano verosimili.

Anche sotto il profilo degli elementi endogeni, infatti, l’Autorità ha individuato plurimi indizi di anomalia nello svolgimento di numerose gare pubbliche nel lasso temporale interessato dalla concertazione, che hanno consentito di ricostruire, secondo un ragionamento logico e razionale, la sussistenza di univoci pattern collusivi, che conducevano all’aggiudicazione delle gare secondo un meccanismo “ad incastro” volto a disinnescare una possibile pressione competitiva tra gli operatori di mercato e con ribassi di entità assai ridotta. Per contrastare la ricostruzione effettuata dall’Autorità, le parti hanno proposto nel corso del procedimento deduzioni difensive, riproposte dalla ricorrente nel presente gravame, che sono state puntualmente e validamente confutate dall’Agcm, la quale ha rilevato, sulla base di deduzioni del tutto logiche, come le spiegazioni alternative proposte dalle parti non fossero in grado di scalfire il quadro delineato, in quanto non convincenti o in taluni casi persino contraddittorie.

In particolare, con riferimento al carattere variegato dei contatori richiesti dalle diverse stazioni appaltanti, l’Agcm ha notato che tale circostanza avrebbe dovuto determinare un cospicuo ricorso ai raggruppamenti temporanei di imprese (RTI), tra i produttori e costruttori delle differenti tipologie di contatori, mentre nelle gare considerate il ricorso a questo strumento pro-concorrenziale è stato piuttosto limitato e circoscritto pressoché esclusivamente alle ipotesi nelle quali fosse necessario anche compiere le attività di posa in opera dei contatori (par. 35 provv.).

Del pari, è stato rimarcato nel provvedimento che la quota di mercato complessivamente detenuta dalle società partecipanti all’intesa accertata, nel periodo compreso tra il 2012 e il 2019, risulta pari al 92%, nonostante la presenza, nel settore merceologico di riferimento, di numerosi altri operatori, e che le società in discorso si sono altresì caratterizzate per un’assai ridotta percentuale media di ribasso sulle offerte economiche presentate, pari appena al 9,33%, in luogo del 21,44% ricavabile dalle offerte presentate dagli altri operatori;
tale quadro è mutato dopo l’avvio del procedimento, a partire dal 2020, quando si è assistito a un notevole incremento delle percentuali di ribasso offerte delle stesse società partecipanti all’intesa nelle procedure pubbliche indette e aggiudicate nel corso dell’anno da ultimo indicato, peraltro in controtendenza con i dati generali di mercato (par. 52 provv.).

Sull’utilizzabilità del documento anonimo, va rilevato come, pur assurgendo la sanzione dell’Agcm ad illecito para-penale secondo la giurisprudenza europea, non sia applicabile l’art. 240 c.p.p. sui documenti anonimi, seguendo il procedimento antitrust regole proprie: ne consegue, la piena utilizzabilità del documento anonimo, temperata solo da un maggior rigore nella valutazione delle informazioni riportate dal medesimo (in termini, v. Corte Giust. Ue, sez. I, 25 gennaio 2007, C-411/04).

In ogni caso, va rilevato come il doc. 248 costituisca unicamente la chiave di lettura di tutti i dati raccolti dall’Autorità: esso, infatti, è un collage di fax, appunti ed altre note che evidenziano da un lato la fitta comunicazione tra le imprese coinvolte nell’intesa, dall’altro gli accordi per le gare cui partecipare (ad esempio indicando chi dovesse risultare aggiudicatario, ovvero le percentuali di ribasso o ancora le ragioni per non partecipare ad una procedura). Conseguentemente, anche senza consultare il documento anonimo, un osservatore esterno (e molto esperto) avrebbe potuto cogliere, attraverso un ragionamento inferenziale, delle anomalie nelle condotte delle varie imprese: il doc. 248 semplicemente corrobora l’intuizione circa l’esistenza di un’intesa di bid rigging .

Va poi aggiunto che alcuni ulteriori elementi esogeni raccolti durante l’istruttoria (es. le conversazioni whatsapp del 31 agosto 2016 – v. § 557 provvedimento) confermano l’impiego del fax come strumento di comunicazione tra le aziende. Ne discende come siano pienamente credibili le informazioni riportate nel doc. 248.

Ciò premesso, va rilevato come, anche volendo applicare le categorie processual-penalistiche, il doc. 248 non può dirsi anonimo e, quindi, inutilizzabile. Infatti, le comunicazioni raccolte all’interno del documento in parola non sono state espressamente e puntualmente disconosciute dalle società coinvolte, compresa la ricorrente, che, al pari della società G2, ha addirittura riconosciuto alcune delle comunicazioni contenute nel documento come riferibili a propri rappresentanti. In particolare, M ha riconosciuto la “paternità” del messaggio inserito a pag. 31 del documento anonimo, nel quale si fa riferimento a condizioni e prezzi di fornitura ben precisi.

Il legale rappresentante di WaterTech, a sua volta sentito, si è del resto limitato a dichiarare di non ricordare le comunicazioni che gli sono state mostrate, senza mai provvedere a un loro formale ed espresso disconoscimento.

Pertanto, attraverso un esame complessivo del materiale istruttorio raccolto, è possibile imputare i documenti alle imprese ricorrenti: conseguentemente, le varie dichiarazioni ivi contenute non vanno considerate anonime (v. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2016, n. 52926).

Ne discende, quindi, la piena utilizzabilità nel procedimento – nonché nel presente giudizio – del doc. 248 (indirettamente, sul punto, Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8505). Quanto alla portata probatoria, essa è rimessa alla prudente valutazione del giudice. Nel caso di specie, come detto, il collage costituisce la legenda necessaria per comprendere le condotte degli operatori economici: esse, invero, acquistano una loro razionalità economica alla luce delle indicazioni riportate nel documento.

Nello stesso sono infatti contenute le copie di una serie di messaggi, all’interno dei quali, perlomeno nella maggior parte dei casi, sono indicati: i) l’acronimo del gestore del SII agente in veste di Stazione appaltante;
ii) le caratteristiche principali dei contatori oggetto di gara (ad esempio

GM, getti multipli, o GU, getti unici);
iii) la lettera iniziale della società designata come vincitrice della singola gara;
iv) il valore massimo del ribasso che potrà essere offerto dalle altre società, “in appoggio” all’offerta economica della società vittoriosa.

Queste indicazioni, all’esito degli accertamenti compiuti dall’Autorità, sono risultate, nella maggior parte dei casi, pressoché perfettamente corrispondenti alle informazioni ottenute tramite la consultazione delle medesime stazioni appaltanti: si è riscontrata, infatti, una tendenziale coincidenza tra la società indicata come vittoriosa e quella poi risultata effettivamente aggiudicataria della corrispondente commessa;
soltanto in sette casi ciò non è avvenuto, ma, in quattro di queste sette eccezioni, la gara è stata aggiudicata a un’impresa estranea all’intesa;
ciò non toglie che, nell’ambito dell’intesa stessa, la società designata abbia comunque presentato l’offerta di gran lunga migliore in termini economici.

In tre casi, invece, la gara è stata vinta da una società appartenente all’intesa diversa da quella indicata nel carteggio de quo;
tale circostanza, tuttavia, può essere giustificata dalla considerazione secondo cui un’intesa anticoncorrenziale, specie se sistematica e con un oggetto assai ampio, può comunque trovare delle parziali e momentanee “inadempienze”, legate alla conflittualità che resta in ogni caso latente tra le imprese, anche a fronte di un accordo volto a limitare e/o a indirizzare la concorrenza tra di loro.

Tali conflittualità emergono dallo stesso contenuto del documento anonimo, nel quale si rinvengono anche comunicazioni legate ad avvenuti o sospettati scostamenti rispetto alla ripartizione delle commesse pubbliche predeterminata: per esempio alla pag. 39 del documento compare una scrittura autografa, attribuita al legale rappresentante della WaterTech s.p.a. e riferita proprio alla ricorrente, in cui si lamenta il fatto che un cliente sia stato “ciullato” (vale a dire indebitamente sottratto, secondo la logica spartitoria propria dell’accordo anticoncorrenziale);
allo stesso modo, nella conversazione telefonica del 4 settembre 2018, relativa a una procedura di gara indetta da Acea s.p.a., i rappresentanti di M e della società G2 si danno reciproco riscontro dell’acquisizione dei totali degli altri offerenti, a segnalare una qualche sfiducia nella fedeltà agli impegni assunti.

A ciò va poi aggiunto che, in molti dei casi segnalati nel ricorso, la deviazione è stata minima e tale da non alterare, nel complesso, lo schema prefigurato.

Infine, in alcune ipotesi la differenza tra comportamento prestabilito e comportamento effettivamente attuato è stata verosimilmente dovuta ad ulteriori interlocuzioni tra le parti dell’accordo anticoncorrenziale, che trovano traccia nello stesso doc. 248, come evidenziato dall’Agcm al par. 555 del provvedimento.

Ad esempio, con riferimento alla procedura di gara indetta da Salerno Sistemi s.p.a., per la quale era stata designata come vincitrice M, indicata con la lettera iniziale “M”, WaterTech s.p.a. non si è attenuta all’indicazione di non rispondere alla richiesta di partecipazione della stazione appaltante adducendo, come giustificazione, l’insufficienza della base d’asta, e ha presentato una propria offerta, ma ciò è accaduto a fronte di una scrittura autografa, attribuita al rappresentante della stessa controparte, nella quale si preannunciava la volontà di assumere un diverso comportamento, alla quale è verosimilmente seguita una nuova interlocuzione tra le parti (par. 265 provv.);
la gara è stata poi comunque aggiudicata all’operatore designato, ovvero la ricorrente, e la WaterTech ha offerto una percentuale di ribasso dell’1,9%, assai inferiore alla percentuale del 5,25% offerta dalla M e, comunque, chiaramente non competitiva.

In particolare, può osservarsi come nel caso delle procedure indette da A2A nel 2012 (pag. 72), dall’Arin (pag. 40) dall’Acaop (pag. 24), dall’Acoset nel 2014 (pag. 17), dalle Acque vicentine (pag. 41), dall’Alto trevigiano (pag. 29), dall’Asm Voghera negli anni 2012, 2014 e 2015 (pagg. 71, 25 e 15), dal Ccam nel 2012 nel 2015 (pagg. 10 e 48), da Gaia (pag. 47), da Hera nel 2012 e nel 2013 (pagg. 28 e 68), da Iren nel 2012 (pag. 55 e 65), da Ruzzo reti (pag. 64), da Salerno sistemi (pag. 14), da Saronno servizî (pag. 8), da Sasi (pag. 73), da Smat (pag. 50) da Talete (pag. 43), da Valle umbra servizî nel 2015 (pag. 12), le aziende abbiano sempre puntualmente rispettato le indicazioni dei rispettivi fax acquisiti durante l’istruttoria: eventuali marginali scostamenti nelle percentuali di ribasso offerto non costituiscono circostanza che possa infirmare la ricostruzione offerta dall’Agcm. Alcune ulteriori gare indicate nei fax – come quelle condotte da Agesp (pag. 59), Asm Vigevano Lomellina (pag. 52), Brianzacque (pag. 67), Tea acque (pag. 51) – non presentavano un vincitore designato, bensì un generico «cliente I»: orbene, appare opportuno evidenziare come tale indicazione venisse concordemente riferita (dalle aziende) alla società Ica (che infatti si aggiudicava quasi tutti i lotti). Nondimeno, tale interpretazione non è univoca né avallata dall’Autorità (v. § 554), risultando pertanto le argomentazioni difensive sfornite della logicità necessaria per confutare la coerente esposizione motivazionale, che riconduceva le predette gare nel perimetro dell’intesa vietata stante la evidente concertazione delle offerte da parte delle imprese sanzionate (al di là dell’effettivo risultato).

In aggiunta, deve rilevarsi come in tutte le ipotesi in cui l’esito della procedura premiava un soggetto esterno al cartello, le offerte presentate dalle aziende interessate risultavano coerenti con i fax acquisiti dall’Autorità: v. le gare indette da Acque potabili (pag. 11), dall’Azienda multiservizi casalese (pag. 45) e da Umbra acque (pag. 7).

Inoltre, ulteriori gare indette nel periodo d’interesse da A2A, da Acoset, da Acque potabili, da Acque vicentine, da Asm voghera, da Ccam, da Gaia, da Hera, da Iren, da Ruzzo reti, da Salerno sistemi, da Saronno servizî, da Smat e da Valle umbra servizî presentavano identiche dinamiche tra le parti (sia sull’aggiudicatario, sia sulle offerte da presentare in appoggio): si tratta, dunque, di elementi sintomatici (e non confutabili) impiegati coerentemente e logicamente dall’Agcm per ascrivere le procedure menzionate all’intesa anticoncorrenziale.

Sulle gare Acea deve in primo luogo osservarsi il rispetto delle indicazioni del fax in relazione alle gare del gennaio e giugno 2014 (pagg. 16 e 27 doc. 248). In relazione alle ulteriori procedure rilevanti individuate dall’Agcm va evidenziato come le offerte replicassero un identico andamento: in aggiunta, assai rilevanti sono gli scambi di messaggi whatsapp (a ridosso della procedura del 2018) acquisiti durante le attività ispettive dall’Agcm nei quali i responsabili di G2 e M si assicuravano il rispetto degli illeciti accordi (che « Per scrupolo i TOTALI di tutto vanno bene? », manca solo « It che ho sollecitato »;
e poi ancora « Yes! Tutto quadra »): le argomentazioni difensive circa uno scambio informativo per analisi di mercato in àmbito associativo appaiono poco convincenti, soprattutto se rapportate alla tempistica ed all’esito della gara. Similmente, le considerazioni appena spese valgono mutatis mutandis anche per la procedura del 2019.

Palese è poi il rispetto del fax di cui a pag. 17 per la gara Acoset del 2014. Circa la sofferenza lamentata da una società (negli appunti vergati a mano in calce al fax), va evidenziato che ciò non dimostra una spietata concorrenza, quanto piuttosto un’insofferenza per gli esiti concertazione: tale deduzione discende logicamente dalla chiara osservanza delle indicazioni riportate. Identico svolgimento aveva poi la successiva gara indetta dalla stazione appaltante nel 2019.

Anche per la gara indetta da Acqua Novara nel 2013 risulta rispettato il prezzo da offrire indicato nel fax (pag. 32), ossia superiore alla tabella interna: si rammenta come la dizione cliente I non designi la società Ica (estranea all’intesa) come vincitore, dimostrandosi così infondato l’argomento difensivo. In aggiunta, il medesimo comportamento (sconti allineati da tutti gli offerenti tranne che dal vincitore designato) si è ripetuto al momento delle successive procedure indette dal gestore del Sii. Identiche riflessioni valgono anche per le gare di Acque (pag. 60) e Brianzacque (pag. 67).

In relazione alla gara indetta dalla Amiacque va rilevato come i prezzi riportati dal fax (pag. 63) venivano pienamente rispettati dai concorrenti: inoltre, il mancato possesso del particolare misuratore richiesto non esclude la partecipazione di G2 all’intesa, atteso che essa teneva in considerazione la menzionata procedura nel bilanciare le varie aggiudicazioni tra i concorrenti (cfr. l’email acquisita in ispezione). Inoltre, va rilevato come l’esito della presente gara (aggiudicata da WaterTech) potesse esser compensata con la procedura dell’Ags (doc. 39), in relazione alla quale M chiedeva l’assegnazione per sé: proposta però rigettata da WaterTech, che infatti risulterà poi miglior offerente. Le successive gare, invece, venivano aggiudicate a giro alle varie imprese, evidenziando palesemente la spartizione delle varie forniture.

Deve poi rilevarsi come effettivamente uno dei due lotti della gara Apm (pag. 30) veniva aggiudicato da G2 in luogo di M: nondimeno, lo scostamento dalle indicazioni e la singolarità dell’accadimento non esclude la bontà delle indicazioni attesa la possibilità (stante i ripetuti e dimostrati contatti tra le varie imprese) di una successiva pattuizione sulle offerte, circostanza corroborata dalla offerta di WaterTech pienamente in linea con il dato riportato nel fax.

Dall’esame di tali documenti risulta, pertanto, confermata l’anteriorità temporale delle comunicazioni raccolte rispetto alla presentazione delle offerte e, quindi, all’aggiudicazione delle procedure di gara, senza che siano state fornite attendibili ricostruzioni alternative rispetto al contenuto dei messaggi.

Quanto agli ulteriori contatti intrattenuti tra le parti, che la ricorrente ha sostenuto essere espressione di ordinari rapporti commerciali tra soggetti operanti nel medesimo settore, l’Autorità ha evidenziato il contenuto criptico e mai esplicito degli scambi in questione, in una con il carattere informale dei mezzi tecnici impiegati, espressivi di rapporti non cristallini e di incontri verosimilmente volti a perseguire scopi non dichiarati. In particolare, al paragrafo 541 del provvedimento l’Autorità ha osservato che «… l’intesa è stata posta in essere ricorrendo a una serie continua di contatti criptici, interrotti o eliminati, ricorrendo a molteplici mezzi offerti dalla tecnologia (fax, e mail e poi anche WhatsApp e Skype), nonché a incontri di persona, all’insaputa degli altri concorrenti presenti nel settore (“estendo anche al Bresciano? [ICA, n.d.r.]”, “Convoco I? (…) I…meglio di no”) e delle stesse stazioni appaltanti, intesa che è stato possibile ricostruire sulla base di evidenze di conversazioni circoscritte alle imprese coinvolte e non di pubblico dominio, in parte acquisite in ispezione e in parte pervenute in forma anonima, mettendo in luce così la carenza di trasparenza e pubblicità della concertazione ».

La ricorrente ha poi sostenuto che non sarebbe stato provato il suo coinvolgimento nelle concertazioni e pratiche concordate relative alle gare svoltesi nel periodo 2016-2019.

Al riguardo sono stati raccolti numerosi elementi esogeni, menzionati ai paragrafi 311 e ss. del provvedimento sanzionatorio: M s.p.a. compare in numerose delle conversazioni riportate, che comprovano la prosecuzione dell’attività concertativa, attraverso riunioni e conversazioni dal contenuto sempre criptico. Ad esempio, viene riportato nel provvedimento che “ il 15 febbraio 2019 alle 16:03, G2 scrive a M: “Ciao. È confermato per martedì?’”;
alle 18.14 M risponde: “Ciao. X Martedì niente da fare in quanto manca qualcuno. Come sai c’è l’assemblea d ACISM e se vieni possiamo fare due”, verosimilmente, chiacchiere o conti;
il 15 ottobre 2019, dopo alcuni tentativi di contatto non riusciti nel pomeriggio tra G2 e M, quest’ultima risponde: “Sono con il Grande Capo… domattina presto?” e G2 replica: “Ok, salutamelo. Al di là delle R, ti chiedo di tenere presente quanto ti ho detto prima”. La mattina successiva, G2 aggiunge: “Hai anche preso Acque Bre”
. In effetti, all’esito di verifiche effettuate sulla base di dati pubblicamente disponibili/forniti dalla stazione appaltante, risulta che due delle tre procedure bandite da Acque Bresciane S.p.a. per la fornitura di contatori idrici nel febbraio 2019 sono state aggiudicate a M e la terza a WaterTech ”.

Particolarmente significativo appare poi anche il punto 264 del provvedimento sanzionatorio, nel quale si dà conto della storicità e continuità nell’aggiudicazione delle forniture di contatori indette dalla Ruzzo Reti s.p.a., nonché nei comportamenti mantenuti da tutti gli operatori partecipanti all’intesa in discorso, nelle relative procedure di gara: « Nelle successive procedure bandite da Ruzzo Reti, si è registrata una costante aggiudicazione a favore di G2 fino al 2018 (CIG6099009571 del febbraio 2015, CIGZ1D208FA32 dell’ottobre 2017, nonché per gli affidamenti di aprile e ottobre 2018), frutto della mancata partecipazione di M, nonché di offerte non competitive da parte di WaterTech. In particolare, nella procedura del febbraio 2015 G2 applica uno sconto del 15,10% mentre WaterTech del 3,9% e la medesima distanza tra gli sconti si ritrova anche nella gara procedura del 2017, in cui, a fronte di un massimo di spesa previsto dalla stazione appaltante di 40.000 €, G2 ha offerto uno sconto del 10,75% e WaterTech dello 0,29%. Anche nelle due procedure negoziate del 2018, WaterTech si è posizionata dietro G2, con offerte superiori a quelle di quest’ultima del 16% nel mese di aprile, e dell’8% nel mese di ottobre ».

Ulteriori elementi che comprovano la prosecuzione della logica concertativa anche nel periodo ricompreso tra il 2016 e il 2019 riguardano i contatti qualificati intercorsi tra le parti, in particolare, tra G2 e M –e indirettamente Itron –per la procedura in 10 lotti di

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