TAR Catania, sez. IV, sentenza 2018-05-18, n. 201801023
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Pubblicato il 18/05/2018
N. 01023/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00094/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 94 del 2018, proposto da:
M N, rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio eletto presso lo studio Currao Giuseppe in Catania, via Verdi 127;
contro
Comune di Raccuja, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Germana' Bozza Giuseppe, con domicilio eletto presso lo studio Amato Francesco in Catania, via Luigi Capuana n. 32;
per l’accertamento della illegittimità
dell’inerzia dell’Amministrazione intimata pur dopo la nota del 19.09.2017 con cui, da ultimo, il ricorrente diffidava il Comune di Raccuja ad evadere la pratica relativa alla concessione di un contributo per la delocalizzazione della unità abitativa principale ai sensi della d.gls 504/1992:
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Raccuja;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2018 il dott. G G R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. M N è proprietario di un immobile sito in Raccuja c.da Zappa foglio di mappa nr. 10 particella nr. 41 cat A6 classe 1^ abitazione non principale, fatto oggetto (fra gli altri) della ordinanza di sgombero n. 26/2012 per tutti i cittadini domiciliati nell’area ricompresa nel perimetro rosso interessata da un imponente dissesto franoso che ha coinvolto diversi quartieri.
Alla luce della situazione illustrata fu avanzata dal sig. M N istanza per il contributo di ricostruzione e/o delocalizzazione della predetta unità immobiliare con la dichiarazione di voler usufruire del contributo per la delocalizzazione della unità abitativa principale ai sensi della d.gls 504/1992
Poiché l’accredito delle somme da utilizzare per la Delocalizzazione – che la Protezione Civile, con provvedimento del 5.07.2017 prot. 0038949, ha determinato in €. 28.632,87 - e quindi per l’acquisto di un nuovo fabbricato è condizionato, a norma L’art. 7 della Ordinanza nr. 3865 del 2010, dalla cessione dell’immobile danneggiato dalla frana al Comune di appartenenza e quindi, nel caso di specie, al Comune di Raccuja, lo stesso Notaio incaricato di redigere l’atto di cessione a titolo gratuito del relativo immobile chiedeva al predetto Comune di fornire copia della delibera di giunta per il suo acquisto a titolo gratuito dell’immobile
Poiché nessun effetto sortivano i solleciti verbali del sig. M N, con nota del 19.09.2017 egli diffidava il Comune di Raccuja, in persona del Sindaco pro-tempore ad evadere la pratica.
Ma con nota prot. 5973 del 24.10.2017 il Comune di Raccuja si limitava a rappresentare che la delibera di giunta non veniva adottata poiché l’acquisizione dell’immobile pericolante al patrimonio del Comune avrebbe comportato per l’ente un costo per la relativa demolizione;sicche esso riteneva di dovere attendere la risposta all’apposito quesito che era stato posto al Dipartimento di Protezione civile.
Il sig. M N proponeva pertanto, con atto di gravame depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 18/01/2018, ricorso ex art. 117 c.p.c. nei confronti del Comune di Raccuja, affinchè fosse accertata la contrarietà a diritto della condotta omissiva tenuta dallo stesso e l’obbligo dell’intimato comune di provvedere in tempi certi alla adozione della delibera che consentisse di perfezionare la cessione a titolo gratuito dell’immobile in precedenza indicato a tale ente locale.
L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio con deposito di memoria in segreteria il 27/03/2018, al cui interno si eccepiva innanzitutto la inammissibilità del ricorso in epigrafe per il suo non tempestivo deposito in segreteria dopo l’effettuata notifica.
In data 10/05/2018 aveva luogo la camera di consiglio per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione.
L’Amministrazione ha eccepito la inammissibilità del ricorso in epigrafe in quanto, dopo la notifica dello stesso al proprio indirizzo a mezzo PEC avvenuto il 02/01/2018, il deposito del ricorso presso gli uffici di segreteria del giudice adito sarebbe avvenuto (soltanto) il 18/01/2018: ovvero dopo 16 giorni dalla avvenuta notificazione del ricorso, in violazione del termine massimo di 15 giorni previsto dalla legislazione vigente in base al combinato disposto degli artt. 45, primo comma, e 87, secondo comma, lettera b), e terzo comma, c.p.a.
Osserva il Collegio che ad un primo esame degli atti di causa tale affermazione non sembrerebbe trovare in essi conforto, in quanto le evidenze informatiche esistenti evidenzierebbero una avvenuta notificazione del ricorso in epigrafe pel tramite di ufficiale giudiziario (piuttosto che a mezzo PEC), con invio a mezzo posta da parte di quest’ultimo del relativo atto un data 13/01/2018, e perfezionamento della notifica il 16/01/2018.
Tuttavia dall’esame della copia d’obbligo del ricorso notificato depositato in segreteria, risulta effettivamente un invio a mezzo PEC dello stesso all’indirizzo dell’Amministrazione intimata il 02/01/2018.
L’apparente contrasto fra evidenze informatiche relative alla notificazione dell’atto di gravame ed evidenze documentali concernenti la medesima fattispecie costituisce, piuttosto che una mera circostanza di fatto, una – fra le tante – questioni giuridiche che lascia aperto il passaggio dal processo amministrativo al PAT (ovvero, per acronimo: al processo amministrativo telematico), e alla quale il Collegio deve dare risposta nel definire il presente contenzioso.
In base al primo comma dell’art. 9 D.P.C.M. n. 40/2016, “ salvo diversa espressa previsione, il ricorso introduttivo, le memorie, il ricorso incidentale, i motivi aggiunti e qualsiasi altro atto del processo, anche proveniente dagli ausiliari del giudice, sono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale conforme ai requisiti di cui all'articolo 24 del CAD ”. Per quanto poi riguarda più specificatamente le notificazioni, in base al secondo e quinto comma dell’art. 14 del medesimo D.P.C.M., rispettivamente, “ le notificazioni di atti processuali alle amministrazioni non costituite in giudizio sono eseguite agli indirizzi PEC di cui all'articolo 16, comma 12, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, fermo quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 ”, e “ qualora la notificazione non sia eseguita con modalita' telematiche, la copia informatica degli atti relativi alla notificazione deve essere depositata nel fascicolo informatico secondo quanto previsto dalle specifiche tecniche di cui all'articolo 19. In tale caso l'asseverazione prevista dall'articolo 22, comma 2, del CAD e' operata con inserimento della dichiarazione di conformita' all'originale nel medesimo o in un documento informatico separato ”.
Dal sistema predetto appare, in primo luogo, che la notifica a mezzo PEC sia ormai il mezzo privilegiato per la evocazione in giudizio delle amministrazioni intimate;ed in secondo, che essa, ove eseguita ad uno degli “indirizzi PEC di cui all'articolo 16, comma 12, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 ”, integra gli estremi della avvenuta notificazione ove ciò possa evincersi con certezza dalla documentazione ritualmente acquisita agli atti di causa.
Nel caso di specie la notificazione del presente ricorso in data 02/05/2018 risulta effettuata presso un indirizzo effettivamente inserito nell’elenco IPA, per il quale non assume alcun rilievo giuridico se esso corrisponda o meno agli ulteriori requisiti di cui all'articolo 16, comma 12, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, fermo quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, stante la avvenuta costituzione in giudizio dell’Amministrazione sanante, e la sanatoria che ciò comunque produce con riguardo ad eventuali irregolarità della notificazione per giurisprudenza costante (cfr. da ultimo CGA, sent. n. 216/2018),. Quanto poi al fatto che ciò risulti, piuttosto che obiettivamente dagli atti contenuti all’interno del pertinente fascicolo processuale informatico, dalla copia cartacea del ricorso depositata dal ricorrente in segreteria in adempimento a quanto previsto dall’art. 1, comma 1150, L. n. 205/2017 – alla cui stregua è stato prorogato al 01/01/2019, “ per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalita' telematiche”, l’obbligo del deposito di “almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformita' al relativo deposito telematico ” -, occorre osservare come sia proprio la norma menzionata da ultimo a dare dignità di atto processuale ad un atto non digitale, in deroga alla regola generale di cui al primo comma dell’art. 9 D.P.C.M. n. 40/2016. Tanto premesso, ne discende che la documentata notificazione a mezzo PEC del presente atto di gravame al Comune di Raccuja in data 02/05/2018 costituisce, a norma dell’art. 2733 c.c., primo comma, confessione giudiziale di parte attrice circa la “ verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte ”;e più in particolare, della data di effettiva avvenuta notifica del ricorso nei confronti dell’Amministrazione intimata, che rende di conseguenza inammissibile il proposto gravame per tardivo deposito dello stesso presso la segreteria del giudice adito, in quanto avvenuto dopo 16 giorni anzicchè 15 – così come invece necessario nel rispetto del combinato disposto degli artt. 45, primo comma, e 87, comma secondo , lettera b), e terzo comma, c.p.a. -, e senza che ricorresse alcuna delle circostanze previste per la proroga di tale termine ultimo dall’art. 155, comma quarto e quinto, c.p.c., applicabile anche in relazione al processo amministrativo per il rinvio esterno di cui all’art. 39, primo comma, c.p.a.
Né hanno pregio le repliche contenute nella memoria depositata dal ricorrente in segreteria il 20/04/2018. Lì infatti egli ribadisce che “ l’atto introduttivo è stato dapprima notificato, dalla difesa del sig. Magistro, a mezzo pec in data 2.01.2018”: con ciò eliminando ogni possibile perplessità circa il buon esito della notifica effettuata a mezzo PEC all’indirizzo dell’Amministrazione intimata, ingenerata dalla mancata allegazione della ricevuta di consegna alla copia d’obbligo del ricorso depositato in segreteria: con una dichiarazione che, ancora una volta, piuttosto che giovargli, gli nuoce quindi in applicazione di quanto previsto dagli artt. 2730 e 2733 c.c.
Quanto poi alla possibilità di agganciare il termine per il deposito in segreteria del ricorso notificato non alla prima delle notificazioni effettuate alla medesima amministrazione intimata, piuttosto che alla seconda, occorre osservare quanto segue.
Il termine per il deposito del ricorso notificato presso la segreteria del giudice adito ha natura decadenziale. Ne consegue che sulla sua disciplina non possono incidere né cause di interruzione e/o sospensione ex art. 2964c.c., né atti dispositivi delle parti ex artt. 2965 e 2968 c.c., in una materia - quale quella delle regole del procedimento contenzioso che si svolge dinnanzi agli organi della G.A. - che certamente è sottratta alla disponibilità delle parti. A norma del primo paragrafo del primo comma dell’art. 45 c.p.a. (ed ancor prima, dell’art. 21, primo paragrafo, secondo comma, L. n. 1034/1971) “ il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si e' perfezionata anche per il destinatario ”. Una applicazione meramente letterale della predetta norma potrebbe quindi consentire di realizzare una – invece inammissibile – “disponibilità” del termine decadenziale per il deposito del ricorso in segreteria, attraverso un callido proliferare delle notificazioni di uno stesso atto di gravame. E ciò non è affatto sfuggito all’attenzione della prevalente giurisprudenza amministrativa. Con riguardo all’ipotesi di plurime notificazioni di uno stesso atto di gravame a soggetti diversi, si è infatti chiarito come “ la vigente disciplina processuale (in linea con quanto disposto dall'art. 45, comma 1, c.p.a. inapplicabile "ratione temporis"), stabilisce che il termine perentorio di trenta giorni per il deposito del ricorso decorre dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario;il concetto di ultima notificazione si riferisce alle notifiche necessarie ai fini dell'integrità del contraddittorio e non a quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente "ad abundantiam", perché diversamente sarebbe in potere della parte prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso;pertanto, una notifica non prescritta dalla legge è inidonea ad impedire la scadenza del termine per il deposito del ricorso, che decorre dall'ultima notifica utile ”( T.A.R. Campania - Napoli, sez. IV, sent. 13 febbraio 2017, n. 882). Il medesimo principio, a parere del Collegio, è applicabile, nell’ipotesi di plurime notifiche di uno stesso atto di gravame all’indirizzo della medesima amministrazione intimata. Anche in questo caso, infatti, la seconda notifica non è più necessaria “ ai fini dell'integrità del contraddittorio ”, perché è con la prima che si è già realizzata la evocazione in giudizio della pubblica amministrazione autrice degli atti e/o dei comportamenti in contestazione. La seconda notificazione rientra pertanto nel novero di quelle “ meramente facoltative o fatte dal ricorrente "ad abundantiam ", che non possono spostare in avanti il termine per il deposito del ricorso notificato in segreteria senza rendere, così come non ammissibile per le ragioni indicate in precedenza, lo stesso “disponibile” per la parte ricorrente. Ritiene pertanto il Collegio che, a fronte della perfezionata notifica di un atto di gravame all’indirizzo dell’Amministrazione intimata il ricorrente, avendo interamente realizzato il presupposto cui si correla l’onere (sanzionato a pena di decadenza, e consequenziale inammissibilità del ricorso) di cui al primo paragrafo del primo comma dell’art. 45 c.p.a., non possa giovarsi per il suo calcolo, in base al principio di autoresponsabilità, della data di notifiche successivamente avviate e perfezionate nei confronti di quello stesso soggetto.
La previsione del primo paragrafo del primo comma dell’art. 45 c.p.a., secondo cui ““ il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si e' perfezionata anche per il destinatario ”, trova dunque applicazione a parere del Collegio – onde evitare di prestare altrimenti avallo alla consumazione di un evidente abuso delle norme di diritto processuale, in contrasto con l’invece ritenuto assai commendevole orientamento del Consiglio di Stato nel sanzionarlo (cfr. Sez. IV, Sent. 27 febbraio 2018, n. 1188;Sez. V, sent. 7 febbraio 2012, n. 656;Sez. V, sent. 14 dicembre 2011, n. 6537) – soltanto nell’ipotesi di una pluralità di notifiche a soggetti differenti e tutte “ necessarie ai fini dell'integrità del contraddittorio ”, e non alla diversa ipotesi, così come nel caso di specie, di una pluralità di notifiche di uno stesso atto di gravame all’indirizzo della medesima P.A. (già) evocata in giudizio in qualità di parte necessaria dello stesso.
Il Collegio, definitivamente pronunciando dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe. Tenuto conto dell’assenza di precedenti giurisprudenziali sufficientemente specifici circa le problamatiche relative alla doppia notifica dell’atto introduttivo del giudizio alla medesima amministrazione, il Collegio, ritenendo che sussista la situazione di “ assoluta novità della questione trattata ” contemplata dal secondo comma dell’art. 92 c.p.a., dispone la integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.