TAR Catania, sez. II, sentenza 2016-01-13, n. 201600108

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2016-01-13, n. 201600108
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201600108
Data del deposito : 13 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01430/2013 REG.RIC.

N. 00108/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01430/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero di registro generale 1430 del 2013, proposto da:
Associazione Onlus Villa Sant'Antonio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. A M R e L M, con domicilio legale presso lo studio del primo sito in Catania, alla Via Vecchia Ognina n. 142/B;

contro

- Comune di Messina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. R C, con domicilio legale presso la Segreteria del T.A.R. per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, sita in Catania, alla Via Milano 42a;

- Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, alla Via Vecchia Ognina n. 149;

per il risarcimento del danno da ritardo comportamentale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Messina e dell’ Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il dott. Francesco Elefante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Con sentenza n. 440/2014 emessa dall’intestata Sezione in data 11.2.2014 nell’ambito del presente giudizio - avente ad oggetto, nello specifico, l'annullamento del silenzio serbato dal Comune di Messina sulla diffida, datata 1.3.2013, con la era stato richiesto di regolarizzare il rapporto relativo al ricovero di 10 soggetti ospitati presso la comunità alloggio per disabili psichici dalla stessa ricorrente gestita mediante stipula di apposita convenzione ovvero trasferimento in altra struttura;
l'eventuale esercizio di poteri sostitutivi nei confronti del Comune inadempiente da parte dell’Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro;
nonché, infine, il risarcimento dei danni subiti – il Collegio adito accoglieva il ricorso stabilendo testualmente “ che a fronte delle reiterate richieste dell’Associazione ricorrente di adeguare il rapporto intercorrente con l’Amm.ne comunale alla sopravvenuta tipologia e qualità delle prestazioni offerte dalle riqualificate strutture di ricovero – l’amministrazione non poteva limitarsi al rinvio alla tipologia di prestazione prevista in sede di ricovero e dalla originaria convenzione del 25.02.1998, della durata di mesi sei e con esclusione di rinnovo tacito (cfr. art. 17). L’Amministrazione avrebbe, invece, dovuto darsi carico di esaminare la situazione, anche alla luce delle sopravvenienze, regolarizzando il rapporto e pervenendo alla stipula di una nuova convenzione – alle condizioni eventualmente convenute – o ad una diversa sistemazione dei soggetti ricoverati.

3.2. Egualmente fondato appare il ricorso in quanto proposto avverso l’Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro. Osserva, infatti, il Collegio che l’intervento sostitutivo sollecitato dall’Associazione ricorrente non si configura quale generico intervento sostitutivi nei confronti di un ente locale ma quale specifico intervento ai sensi dell’art. 12, co. 2, lett. f) della l.r. n. 86/1986 recante norme in tema di “Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Sicilia”. La specificità dell’intervento richiesto radica, quindi, la competenza dell’Assessorato intimato, senza necessità di integrazione del contradditorio nei confronti dell’Assessorato Enti Locali.

3.3. Conseguentemente deve quindi affermarsi l’obbligo del Comune di Messina di provvedere sulla istanza dell’Associazione ricorrente nel termine di giorni 30 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, dando comunicazione di quanto praticato anche all’Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro. Per l’ipotesi di inottemperanza del comune a detto obbligo, deve affermarsi l’obbligo dell’Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro di porre in essere adeguati interventi sostitutivi nel successivo termine di 30 giorni decorrente dalla comunicazione che l’Associazione ricorrente darà dell’inottemperanza del Comune di Messina. 3.4. […] Ai sensi dell’art. 117, co. 6, c.p.a., la domanda risarcitoria dovrà essere trattata con il rito ordinario, sede alla quale si rimanda anche il regolamento complessivo delle spese di lite
”.



2. Con successiva ordinanza collegiale n. 480/2015, del 13.2.2015, l’intestata Sezione stabiliva altresì quanto segue: “ Rilevato che parte ricorrente ha allegato e provato che l’obbligo statuito nella sentenza richiamata in epigrafe non è stato ancora completamente adempiuto, nonostante l’intervento, in via sostitutiva, dell’Assessorato resistente, tenuto conto che non è stato ancora attuato il trasferimento con riguardo a n. 2 soggetti;
Rilevato altresì che nell’ambito della sentenza di cui in epigrafe fu in un primo momento rigettata la nomina di un Commissario ad acta proprio in ragione della possibilità di un intervento dell’Assessorato resistente in via sostitutiva rispetto al Comune di Messina, principale obbligato;
Ritenuto, tuttavia, che l’interevento sostitutivo dell’Assessorato resistente non ha effettivamente determinato il pieno adempimento agli obblighi giurisdizionali, per cui ricorrono le condizioni previste dall’art. 21 c.p.a.;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), dispone la nomina del Commissario ad acta nella persona del Prefetto di Messina, con facoltà di delega
”.



3. Con successive memorie di “riassunzione del giudizio risarcitorio” parte ricorrente coltivava quest’ultima domanda deducendo che nonostante la citata ultima sentenza il Comune resistente era rimasto persistentemente inerte abusando della circostanza che il servizio offerto ai disabili non poteva esser interrotto, così quindi determinando un aggravamento del danno.

Situazione che non era venuta meno nonostante i delegati inviati in via sostitutiva dall’Assessorato competente – che però a distanza di oltre due anni dalla diffida continuava a giustificarsi per il ritardo invocando l'asserita "opportunità di coniugare le esigenze organizzative del’ufficio scrivente" con quelle del "responsabile della comunità che accoglierà" l'ultimo dei dieci assistiti - e la nomina del Prefetto di Messina in qualità di Commissario ad acta, tant’è che alla data del 17.4.2015 permaneva ancora un ultimo ospite.

Ciò premesso, allegava quindi la ricorrente, in merito al danno subito, di aver subito una lesione molto grave che, a distanza di due anni dalla diffida del 1.3.2013, ammontava ad oltre 240.000 €. Nello specifico, evidenziava che il Consulente tecnico di parte dott. P S, sulla base di documenti oggettivi (quali il registro delle presenze vidimato e gli estratti conto attestanti i pagamenti effettuati dal Comune) aveva accertato con perizia giurata, relativamente al periodo 1.3.2013 al 28.2.2015, quanto segue: a) l'ammontare della retta prevista per le comunità alloggio per disabili psichici (composta da un compenso fisso mensile e una diaria giornaliera);
b) i giorni di presenza per ciascun ospite fino al trasferimento;
c) la data di cessazione dell'assistenza per ciascuno di essi;
d) l'ammontare dei pagamenti effettuati dal Comune;
e) l'ammontare di quanto ancora dovuto dall'Ente per l'assistenza prestata, determinato in € 241.574,33, pari alla differenza tra il totale dovuto di € 402.669,56 (colonna E) ed i pagamenti effettuati pari ad € 161.086,23 (colonna F);
f) la perdurante presenza di un ospite, per il quale maturava ancora il diritto ad un ulteriore compenso per il periodo dal1'1.3.2015 fino all'effettivo trasferimento.



4. Con memoria depositata in data 3.7.2015 l’Assessorato resistente deduceva, quanto nello specifico alla domanda risarcitoria, che tale richiesta “ investe principalmente le parti in lite: l’Associazione S. Antonio ed il Comune di Messina, atteso che la richiesta formulata da parte attrice verte sulla determinazione del danno ”.



4. Quindi, a mezzo di controricorso depositato in data 4.7.2015, il Comune resistente deduceva, in ordine alla domanda risarcitoria, quanto segue:

- Che nell’arco degli anni 1988-1992 assegnava all'Associazione ricorrente la gestione di 10 soggetti affetti a vario titolo da disabilità psichica, il cui inserimento avveniva nella tipologia residenziale della c.d. casa protetta giacché le loro condizioni cliniche non necessitavano di una forma di assistenza diversa e più intensa;

- che per la gestione di questi soggetti l'Amministrazione comunale aveva corrisposto una retta mensile quantificata secondo il citato regime delle case protette;

- che con nota del 14 marzo 2011 l'Associazione ricorrente le aveva comunicato l’intenzione di procedere alla trasformazione della struttura da “casa protetta” a “comunità alloggio per disabili psichici” invitandola quindi a provvedere, senza alcuna autorizzazione da parte sua, al trasferimento dei 4 disabili ancora in cura presso un altro centro così da consentirle l'esecuzione dei lavori di adeguamento;

- che riscontrava la predetta comunicazione con nota del 25 marzo 2011 con la quale precisava che “ l'importo che questo Comune corrisponderà per il ricovero nella suddetta struttura è quello previsto per la tipologia casa protetta” facendo altresì presente all'Associazione ricorrente, nel contempo, che per il trasferimento dei pazienti era necessario il parere vincolante del servizio sociale. Ciò anche perché aveva ritenuto assolutamente impensabile che, in virtù di una scelta unilaterale dell'Associazione, quest’ultima potesse mutare la tipologia di trattamento;

- che nel frattempo, ciò nonostante, l'Associazione decideva di avviare, mediante scelta personale, la trasformazione delle sua strutture in comunità alloggio per disabili psichici, mentre amministrazione comunale iniziava l'iter procedimentale per il trasferimento degli ospiti.

- che dopo circa due anni in cui i rapporti fra Amministrazione e Associazione rimanevano sostanzialmente regolati, relativamente agli ospiti, secondo il regime delle case protette, con atto di diffida dell' 1 marzo 2013 l'Associazione ricorrente le intimava di corrispondere la differenza fra quanto erogato per il regime delle casa protette e quanto asseritamente dovuto per il regime della comunità alloggio;

- che non avendo dato riscontro alla predetta diffida avendo già comunicato di aver attivato l'iter procedimentale di valutazione delle condizioni dei soggetti ospitati dall'Associazione, veniva comunque da quest’ultima proposto ricorso ex art. 117 c.p.a. deciso con la sentenza n. 440/2014 (di cui funditus in precedenza);

- che il 26 febbraio 2014 comunicava all'Associazione ricorrente che il successivo 27 marzo avrebbe provveduto al trasferimento di tutti i soggetti ospitati;

- che in data 27 marzo 2014, e quindi entro il termine di trenta giorni fissato nel citato provvedimento giurisdizionale, suoi rappresentanti si erano recati presso i locali dell'Associazione ricorrente al fine di procedere al trasferimento degli ospiti i quali, tuttavia, si rifiutavano categoricamente a qualsiasi forma di spostamento;

- che a quel punto, con nota 22 aprile 2014 prot. n. 103913, comunicava l'esito negativo del trasferimento degli ospiti direttamente all'Associazione ricorrente precisando che, stante il rifiuto opposto, le relative rette dovevano essere recapitate ai familiari o ai tutori degli stessi ospiti;

- che, in via preliminare, le pretese economiche avanzate dalla ricorrente non potevano quindi trovare accoglimento;

- che, inoltre, i conteggi effettuati erano comunque errati giacché non tenevano in considerazione la circostanza che in data il 27 marzo 2014 - cioè entro in termini assegnati dalla sentenza - si era comunque tentato di attuare il trasferimento, non avvenuto in concreto in ragioen del rifiuto opposto dagli stessi ospiti della struttura, sicché la successiva permanenza dei pazienti, per i quali veniva richiesta la corresponsione della retta, non poteva quindi essere posta a carico dell'amministrazione comunale;

- che, inoltre, le operazioni di trasformazione compiuta dall'Associazione ricorrente non aveva rispettato i criteri stabiliti dalla legge: l'ammissione di un disabile presso una struttura di Comunità alloggio, secondo quanto stabilito dal D.P.R. n. 158/1996, presupponeva infatti l'autorizzazione dell'ente locale, da attuare a seguito di una specifica relazione del competente DSM, previo parere vincolante del Servizio Sociale del comune interessato, con adozione all’esito del relativo atto di impegno della relativa spesa. Il che non era appunto avvenuto nella fattispecie;

- che, ad adiuvandum, il DSM Messina nord, nella relazioni trasmesse al Dipartimento servizi sociali del Comune di Messina aveva specificato che nella fattispecie i pazienti ospitati dall'Associazione Villa S. Antonio, ad eccezione di uno, potevano essere inseriti in una struttura per anziani avendo esigenze e bisogni assistenziali di intensità inferiore rispetto agli ospiti generalmente assegnati alle comunità alloggio;

- che, in sostanza, la trasformazione del regime dei pazienti assegnati all'associazione ricorrente in regime di comunità alloggio era avvenuta in assenza dei presupposti ed unicamente per una sua precisa ed autonoma della ricorrente considerato altresì che il problema di capienza numerica, cui si era fatto riferimento nell'atto di diffida del marzo 2013 non costituiva un'adeguata giustificazione in quanto gli standard qualitativi e numerici stabiliti dalle norme di settore per le case protette era identico a quello stabilito per le comunità alloggi. In sostanza, non vie era alcun problema numerico tale da imporre la trasformazione della struttura da casa protetta a comunità alloggi;

- che, in via gradata, il c.d. danno da ritardo non era dipendeva in ogni caso dall'inerzia dell'amministrazione, dovendo essere valutato anche la condotta del presunto danneggiato, secondo quanto stabilito dall'art. 1227 c.c., in quanto, da un lato, il trasferimento dei soggetti ospitati non poteva necessariamente avvenire in tempi stretti essendo necessaria l'individuazione di strutture alternative idonee;
dall’altro, che l'Associazione, in realtà, aveva aggravato la sua situazione debitoria, non avendo continuato a mantenere il trattamento di casa protetta posto che nulla le impediva di mantenere il predetto regime come aveva fatto per 11 anni.

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